Chiesa della Madonna delle Grazie o delle Piagge – Capocavallo di Corciano (PG)
Cenni Storici
In origine la chiesa era la Madonna delle Piagge, ora conosciuta come la Madonna delle Grazie e per la popolazione locale è della Natività della Vergine in quanto all’interno è conservata una teca con la Madonna bambina, tant’è che vi veniva celebrata la festa l’8 settembre giorno della Natività di Maria.
Non si conosce con precisione l’anno della sua edificazione, ma l’impianto, il portale, le finestre ed i modi costruttivi sono del XV secolo.
Le origini di questa chiesa non sono chiare, la tradizione vuole che sia stata edificata per volontà del Duca Sforza della Corgna.
Si racconta che questi avesse un bambino molto ammalato e che nella speranza di salvarlo, avesse invocato la grazia con il figlio in braccio davanti all’immagine della Madonna che si trovava
in una piccola edicola, (edificata in seguito ad un miracolo che la tradizione popolare tramanda) nello stesso luogo in cui oggi sorge la Chiesa.
Tornando a casa, lungo la strada, il bambino dette davvero segni di miglioramento ed in poco tempo si ristabilì.
Per ringraziare la Madonna della grazia ottenuta, il Duca fece costruire questa Chiesa e dispose, con adeguato lascito, che dopo la sua morte, vi si dovessero celebrare 72 Messe.
La chiesa, come ricorda una lapide murata sopra la porta, fu da sempre in dotazione della Confraternita di Santa Maria le cui origini risalgono al XVI secolo tuttora esistente definita del SS. Sagramento, detta anche della Madonna delle Grazie costituita di sole donne.
La chiesa la troviamo già attestata nel 1564, quando nella Visita pastorale si dice che “corpus (ecclesiae habet) bonam et honestam formam“, cioè “amplam et decenter retenta de novo constructa” non potrà, però, più essere officiata fino a che “gli uomini che l’hanno fondata non la provvederanno degli arredi necessari“.
Nel 1580 il Vescovo Ercolani, nella sua Visita pastorale, la definisce “honuste magnitudinis“: aveva il tetto di pietre e mattoni; le pareti imbiancate, il pavimento di mattoni; tre altari e un quadro con l’immagine della Beata Vergine Maria abbastanza “decens“.
Nel 1581 sono presenti tre altari, “due senza icone e paramenti e uno con l’immagine della Madonna“.
Nel 1584 risultano decorati tutti e tre: quello all’ingresso con la figura di San Sebastiano dipinta nel muro e l’altro con l’immagine di Cristo “opere elevato” ma nella Visita del 1585 si ordina di ridipingere il San Sebastiano, entro trenta giorni.
Da queste informazioni sappiamo che la famosa statua in legno del Santo (di cui si parlerà più avanti) è citata qui solo dal 1819 all’altare a lui dedicato, si suppone quindi, che la scultura sia stata portata in questa chiesa in un secondo momento.
Nel 1593 sono attestati due altari dedicati alla Madonna, è probabilmente questo il riferimento più antico per un’altra pregevole opera d’arte, il Gonfalone di scuola peruginesca che, quindi, non fu realizzato per questa chiesa.
Nel 1615 la chiesa ebbe una trasformazione e in questa data è attestata la costruzione di almeno
una delle mostre d’altare come riporta la data sulla base della colonna di destra e probabilmente in quest’occasione venne ripristinata anche la facciata, nella quale venne murata la piccola terracotta votiva raffigurante la Madonna con il Bambino chiaro recupero seicentesco di scuola derutese di caratteristiche già peruginesche.
Nel 1768, invece, già mostra segni di decadenza, in quanto il Vescovo Amadei ordina di riattare il
baldacchino sopra l’altare maggiore e di togliere “con ogni arte l’umidità che rovinava la chiesa“.
Un ospedale, “istituto per uso dei poveri“, sorgeva nei pressi della chiesa fraternale delle Piagge, venne eretto per volontà di Antonio di Capocavallo che il 27 giugno 1400 lo dotò dei beni e lo intitolò a S. Antonio e nominò suo fratello esecutore testamentario; qui il giorno di sant’Antonio veniva distribuito il pane per i poveri.
Nel 1403, su richiesta del fratello, Agostino di Pascolo, fu accatastato nel Comune di Perugia.
Nella denominazione generica di “poveri” si comprendevano anche i “trovatelli“; dai registri delle morti della parrocchia, riguardanti gli anni 1593 e seguenti, notiamo che molti bambini trovatelli vennero affidati dall’Ospedale della Misericordia a balie del luogo, per evitare che morissero durante il primo anno di vita.
Ai lati del portale due finestrelle chiuse, e pare che una di esse contenesse una ruota per depositare i trovatelli per affidarli all’Ospedale.
Nella descrizione delle generalità dei nati, che non esistendo ancora il cognome insieme al nome veniva attribuito il nome del padre, in questo caso i trovatelli venivano definiti “figlio dell’Ospedale“.
Ora sui resti di quest’edificio sorge su una porzione una casa colonica e in un’altra un salone parrocchiale.
Nonostante i terremoti che si sono susseguiti negli ultimi anni la chiesa non ha mai subito lesioni e non ha mai avuto problemi di agibilità, tanto che è stata utilizzata negli anni quandola parrocchiale di San Lorenzo all’interno del castello nonostante fosse di recente costruzione ha subito serie lesioni in seguito al terremoto del 1997.
Essendo isolata lungo la strada di pendio che dal castello di Capocavallo conduce al fondovalle, ha subito tentativi di furto con lo sfondamento della porta.
Le opere d’arte che vi erano contenute in parte erano già state portate altrove.
Persino la formella della porta è stata oggetto di tentativo di furto, infatti per asportarla , senza riuscirci, è stata gravemente danneggiata.
Aspetto esterno
Originariamente doveva essere un’edicola in quanto l’affresco ha un disegno ad arco e la muratura esterna a mattoni evidenzia un prolungamento della chiesa, leggibile lateralmente, sul paramento a mattoni; sul lato sinistro è stata tagliata la roccia per l’edificazione del tempio.
Sopra la porta d’ingresso, incastonata nel muro, una formella di ceramica a colori, raffigurante sempre la Vergine con il Bambino, attribuita alla bottega dei Della Rabbia, sotto di essa una lapide che ricorda l’attribuzione della chiesa: “Eccl. Confrat.is S. Mariae Capitis Cab.li” cioè della Confraternita di Santa Maria di Capocavallo (Capitis caballi).
Sempre sopra il portale due finestroni garantiscono l’illuminazione interna; ai lati due finestrelle chiuse, una di esse pare contenesse una ruota per depositare i trovatelli per affidarli all’Ospedale.
La parete laterale destra, con piccole feritoie in alto, termina con la canonica e campanile a vela; quella di sinistra ha, al centro, una porta arcuata chiusa con mattoni e una piccola finestrella in alto in corrispondenza dell’altare maggiore.
I lati est e ovest sono molto alti lungo il ripido pendio; la parete ad est e tutta la parete a sud sono ricavate, in parte tagliando la roccia e, in parte, costruendo con la stessa la base fondale.
Il tetto è in legno con cinque capriate e orditura muraria con manto in coppi e tegole; la chiesa è stata restaurata per intervento della Soprintendenza dell’anno 1990, ma ad oggi presenta evidenti segni di umidità.
Interno
Ha pianta rettangolare con una porticina a destra dell’altare che introduce alla sacrestia.
Il pavimento è originale in cotto su una base ricavata dalla nuda pietra.
La chiesa conteneva importanti opere d’arte ora in parte conservate al Museo Diocesano che in seguito descriveremo.
Entrando da destra in controfacciata acquasantiera in pietra nera e nella parete destra una prima nicchia che ora contiene una recente immagine di Santa Rita e a seguire un altare ora con un Crocefisso posticcio ma che un tempo conteneva il Crocefisso cinquecentesco ora conservato presso la parrocchiale di San Lorenzo di Capocavallo.
Nel presbiterio la porta della sacrestia e l’altare maggiore con l’immagine sacra della prima edicola, la Madonna in trono con Bambino tra due angeli incorniciata in stucco con colonne a forma di tempio con in alto Dio Benedicente datato 1615.
Scendendo lungo la parete sinistra un altare vuoto ma che un tempo conteneva l’immagine della Mater Misericordiae, un gonfalone su tela del primo decennio del XVI secolo.
A seguire una nicchia vuota che conteneva una statua di San Sebastiano a grandezza naturale scolpita in legno di noce nel 1482.
A sinistra accanto all’altare era presente anche un carro decorato (ora trafugato) con due putti che ora sono nella sacrestia della chiesa di San Lorenzo.
OPERE D’ARTE che erano nella chiesa
San Sebastiano
Statua in legno policromo datata 1482.
La statua di San Sebastiano, rappresentato a grandezza naturale, venne modellata su un unico pezzo di legno di noce, comprendente anche parte del basamento interno, al quale furono unite due giunte per le braccia mentre gli avambracci e le mani sono realizzati nel medesimo blocco.
Il santo è rappresentato con il solo perizoma con una particolare annodatura sul retro, scolpito anche questo nello stesso pezzo !igneo del busto e non è realizzato con la tecnica della colatura su stoffa più agevole, è legato a un tronco nodoso, trafitto da nove frecce non originali.
La bocca ben modellata, vermiglia e semiaperta, mento prominente con foro centrale, gli occhi grandi, i capelli richiamano un’ideale di bellezza classicheggiante.
Le due vene giugulari suggeriscono lo sforzo e il dolore del giovane martire.
L’accurate esecuzione della parte posteriore dell’opera induce a ipotizzare che la statua venne pensata per essere ammirata a tutto tondo.
Il Crocefisso
Il Crocefisso che campeggia sopra l’altare maggiore della chiesa di San Lorenzo, proviene da questa chiesa, è in legno, alto un metro ed è stato realizzato da un ignoto artista tra il 1581 e il 1584.
L’opera era conservata all’interno di un pregevole altare ligneo barocco scolpito agli inizi del XVII secolo, purtroppo oggi scomparso; l’altare era decorato con pampini, grappoli, spighe e altri motivi vegetali, dal chiaro significato eucaristico.
Non viene nominato nella Visita Pastorale del 1581 ma compare nella successiva tre anni dopo come “Crocifisso opere elevato“.
Anche se il volto è quello di un uomo ormai tranquillo, ma che reca i segni evidenti della passione, inseriscono il Crocifisso nella tipologia dei dolenti.
L’esecuzione mostra una buona condotta plastica del modellato del corpo, del quale si rilevano tendini, muscoli, sagomatura del costato, braccia innervate.
Anche se progettato per stare all’interno di una nicchia d’altare, la scultura presenta una buona esecuzione anche del lato posteriore.
Il corpo pende dalle croce e il particolare dell’inchiodatura più alta del capo rende maggiormente sensibile questo dato.
La testa, fortemente reclinata in avanti, trascina con sé la parte superiore del busto e fa tendere in avanti le braccia ruotando le spalle; gli occhi e la bocca sono socchiusi.
L’inchiodatura sul palmo delle mani ha provocato la rottura del nervo mediano e la conseguente contrattura del pollice, che è qui è stata rappresentata accartocciando le dita sugli stessi chiodi.
Notevole è il modellato dei capelli, della barba ricciuta e dell’estemporaneo perizoma a velo, modellato sullo stesso tronco con una tipologia simile a quella di Donatello.
Madonna e San Giovanni dolenti
Olio su tela di ignoto pittore umbro del XVIII secolo.
Per tanto tempo pendant del Crocifisso le due sagome dei dolenti costituiscono la traduzione iconografica di drammi sacri.
Questo genere di rappresentazione, a volte musicata, altre volte semplicemente recitata, incentrata sul simulacro del Crocifisso, nacque nel corso del duecento ed ebbe uno grande rifioritura in età controriformistica e barocca.
I dolenti divengono così parte integrante dei memoriale del sacrifico, evidenziando ancora di più il lato umano del figlio di Dio.
Gonfalone di Capocavallo
Tempera su tela di Sinibaldo Ibi (?) datato 1475 raffigurante la Madonna della misericordia tra i Santi Girolamo, Francesco, Antonio da Padova e un francescano.
Raffigura la Madonna con il manto aperto nell’atto di proteggerei fedeli roccolti sotto di lei con gli uomini a destra e le donne a sinistra, alle sue spalle i quattro santi francescani.
In primo piano, rispetto alla folla, è raffigurato un bambino dai biondi riccioli dove si può immaginare in lui il movente “miracolato” dell’opera, commissionata dal nobile (padre?) che gli sta accanto, ritratto di profilo con vesti e acconciatura di rilievo e caratterizzazioni fisionomiche tali da far pensare ad un ritratto.
A questa figura fa da pendant una dama riccamente abbigliata e distinta dalle altre donne del popolo, probabilmente la madre.
Questa rappresentazione ben si addice alla storia della costruzione della chiesa da parte dei Della Corgna che ebbero una grazia dalla Madonna proprio riferita alla guarigione del loro bambino.
Molti caratteri stilistici, tra cui il finto broccato dorato in alcuni punti, fanno pensare ad una paternità di Sinibaldo Ibi, opera del primo periodo del maestro, direttamente ispirato dal Perugino.
Madonna dell’umiltà tra angeli
Affresco degli anni settanta del XV secolo attribuito a Benedetto Bonfigli e bottega.
L’affresco, posto sull’altare maggiore della chiesa rappresenta la Madonna con il Bambino, nell’iconografia tipica della Madonna dell’Umiltà.
La Vergine è raffigurata seduta su un doppio cuscino un tempo tutto dorato, del quale si vedono
le estremità laterali emergere dal mantello, poggiato su un verde prato.
La Madonna indossa una bella veste di broccato, con manto rivestito di vaio che le ricopre parzialmente la testa; da questo fuoriescono i biondi capelli con scriminatura centrale, coperti da un impalpabile velo ai bordi del quale sono applicate piccole perle bianche.
Due anelli in foglia d’oro impreziosiscono il pollice e l’indice della mano sinistra.
Il Bambino con aureola crocesignata, avvolto in un drappo, ha la mano destra appoggiata sul seno della madre, in un atto che ricorda quello della Madonna del latte.
Il putto è raffigurato di fianco come se fosse stato inquadrato nell’atto di una improvvisa chiamata del fedele al quale rivolge lo sguardo.
La composizione è dipinta sullo sfondo di una preziosa cortina damascata.
Subito dietro al drappo è una balaustra lignea curvilinea dalla pellicola pittorica alquanto deteriorata.
Da dietro alla balaustra si affacciano due angeli adoranti, rappresentati dalla cintola in su.
Lo spazio scenico è inquadrato all’interno di una finta architettura centinata, costituita da archetti trilobati, conclusi da un capitello sapientemente elaborato.
Il volto della Madonna è di una bellezza straordinaria, aulica, resa ancor più affascinante dall’occhio
sinistro leggermente allungato.
La composizione, racchiusa all’interno da un fasciame decorativo a finto intaglio, si presenta tuttora
mutila nelle due parti laterali e in quella inferiore per la realizzazione dell’altare nel 1615 che ne ricoprì circa un quarto della superficie pittorica.
Intaglio
Legno intagliato e dorato del XVI secolo di autore ignoto.
Il fregio era montato su una struttura di un armadio da sacrestia, come risulta nella catalogazione
Santi del 1974 che la scheda come “opera toscana della seconda metà del XVI secolo“.
Presenta una decorazione alquanto particolare costituita da due grandi specchi ovali nei quali sono raffigurate due creature mostruose per metà pesci e per metà uomini, affrontate, cavalcate da putti ignudi e alati che solcano acque leggermente mosse, realizzate con tanti flessuosi intagli.
I mostri, che portano alla mente i celeberrimi pistrici di Giona scolpiti nei sarcofagi paleocristiani, hanno delle caratterizzazioni fisionomiche piuttosto particolari: quello di destra è ritratto nella facies di un vecchio satiro, barbato con le orecchie a punta e con piccole corna che fuoriescono dalla fronte; quello di sinistra giovane, imberbe con una capigliatura a fiammelle che gli copre l’orecchio, potrebbe riprodurre anche fattezze femminili.
Entrambi hanno una connotazione buffonesca e caricaturale che li inquadra subito nell’ambito delle grottesche.
Anche i due putti presentano delle differenze; quello di sinistra mostra entrambe le ali mentre, forse per un errore tecnico, l’altro ne ha solo una.
Il primo stringe nel pugno sinistro qualcosa di difficilmente identificabile, una corda o frustino, forse nell’atto di incitare il mostro alla corsa; il secondo è invece ritratto con entrambe le braccia sollevate.
La scena disgiunta potrebbe raffigurare l’Incontro tra Sirena e Tritone entrambi parte del corteo nuziale delle divinità marine.
Gli specchi sono inquadrati da eleganti cornici intagliate la cui flessuosa decorazione prende il via da due mascheroni centrali, posti in corrispondenza verticale con la testa dei putti.
Nello spazio di risulta tra lo scudo e la parte inferiore della cornice è un finto drappo attorcigliato.
Al centro della fronte, all’interno di uno scudo, coronato da una mitria, è l’Agnus Dei.
La decorazione fa, però, escludere ogni utilizzo liturgico del pezzo associabile molto meglio ad una destinazione d’arredo.
La presenza dell’arredo è taciuta in tutti gli inventari ecclesiastici però di fatto era sopra un armadio conservato in sacrestia che con il tempo si è deteriorato essendo fatto di legno dolce forse pioppo per cui è stato divorato dai tarli, si è salvato l’intarsio essendo fatto di legno più duro.
Nota di ringraziamento
Ringrazio la signora Rita Tosti per la sua preparazione, la sua disponibilità e per la pazienza manifestata nei miei confronti.
Nota
Le foto della Madonna della Misericordia, San Sebastiano, Crocefisso ed intaglio sono state tratte dal volume: Perugino pittore devozionale; modelli e riflessi nel territorio di Corciano – a cura di Francesco Abbozzo e Alessandra Tiroli – edito da Silvana editoriale 2004
Fonti documentative
R. Collesi – Memorie storiche del Comune di Corciano – 1990
Comune di Corciano – Dossier preliminare per la redazione del Quadro Strategico di Valorizzazione del Comune –
GIUSEPPE LETI ~ LUIGI TITTARELLI – LE FONTI PER LO STUDIO DELLA POPOLAZIONE
DELLA DIOCESI DI PERUGIA DALLA METÀ DEL XVI SECOLO AL 1860 – 1976
Perugino pittore devozionale; modelli e riflessi nel territorio di Corciano – a cura di Francesco Abbozzo e Alessandra Tiroli 2004
Parrocchia di San Lorenzo in Capocavallo – Capocavallo; un paese si racconta – Testo a diffusione locale
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&type=auto&code=3347