Cella di Santa Rosa – Vasanello (VT)
Cenni Storici
Si tratta di un piccolo ambiente ipogeo situato in una forra selvaggia in località Cesurli, a poca distanza da Vasanello.
È situata in prossimità dell’area archeologica di Palazzolo, il luogo si presenta oggi impervio, ma le emergenze archeologiche della zona dimostrano una notevole attività umana in un passato neanche troppo remoto.
Lungo il percorso si trovano interessanti elementi attestanti la presenza antropica, un piccolo ambiente con una seduta, pestarole, una fornace, vasche, una scaletta scavata nella roccia che sembra non condurre a nulla.
La cella di Santa Rosa, è quel che rimane del piccolo santuario rupestre interamente scavato nel tufo dove, secondo la tradizione, si sarebbe rifugiata la Santa nel corso delle persecuzioni di Federico II.
Originariamente comprendeva una struttura esterna con travature in legno infisse nella roccia e poggiate su un antistante muro, ora in larga parte crollato.
Alcuni fori di sostegno a ridosso dell’ipogeo principale, probabilmente una parete absidale, suggeriscono la presenza di un’antica struttura lignea.
Lungo il pendio antistante sono stati rinvenuti numerosi blocchi di peperino, squadrati e di misure variabili, attribuibili a un crollo che ha interessato la struttura in un periodo successivo all’abbandono.
È probabile che tali blocchi siano stati parte integrante di infrastrutture murarie costruite a ridosso della parete rocciosa nella quale è ricavata la Cella, ipotesi avvalorata anche dal ritrovamento di numerose tracce di malta ancora legate al banco di tufo e peperino.
Uno dei conci mostra tracce di lavorazione per ricavarne un incavo con funzione di piccola vasca; su un lungo blocco è incisa una croce, forse era il portale della cella.
L’interno della grotta era ricco di affreschi di cui ormai restano tenui tracce.
L’eremo, da sempre presente nella memoria dei vasanellesi, è stato riportato alla luce e reso fruibile dai volontari di Poggio del Lago.
La struttura, cronologicamente collocabile tra il IX e il X secolo, rappresenta uno dei tanti esempi di romitorio di cui sono disseminate le forre dell’intera Tuscia.
La cella è costituita da due vani indipendenti, l’ingresso al primo è situato a parete, con orientamento sud-est, a circa 1,50 metri da terra.
L’estrema friabilità della base del banco di peperino in cui è ricavato il complesso, non ha permesso la buona conservazione degli scalini che permettevano un più comodo accesso allo stesso.
Sul vertice della parete di fondo si distinguono a fatica i resti di affreschi, mentre si notano ancora piuttosto bene i molti graffiti riferiti alla santa Viterbese, che la tradizione vuole da qui transitata durante l’esilio cui fu costretta nel 1250.
Il vano presenta una pianta approssimativamente circolare, largo 2,50 metri e profondo 1,70.
All’interno dell’ambiente lungo tutta la parete nord-occidentale, si sviluppa un bancone risparmiato nel peperino, sulla parete orientale, a pochi centimetri da terra, si nota una risega che, proseguendo oltre l’ingresso, forma un gradino rettangolare.
Sul margine occidentale del banco è identificabile una semicolonna tronca, risparmiata durante l’escavazione del sito; nella porzione est è presente una vasca con bordi erosi, è visibile la canaletta di scolo delle acque, sul lato sud.
Sulla parete nord-occidentale sono presenti tracce di pittura parietale policroma che si estendono fino al cielo dell’ambiente, la decorazione è in cattivo stato e difficilmente interpretabile.
A est della parete rocciosa è presente una nicchia rettangolare, che presenta i resti di una cornice, di pochi centimetri di spessore, risparmiata nella parete.
Poco al di sopra la nicchia, è presente un foro rettangolare, che mostra evidenti tracce di scavo.
A ovest, si sviluppa per circa sei metri, un banco di roccia su cui si evidenziano numerose tracce di malta dalla distribuzione irregolare, probabilmente riconducibili ad un avancorpo in legno e muratura, posto a completamento della facciata dell’ipogeo.
Al di sotto si apre un nicchione dalla pianta approssimativamente semicircolare.
Una parete di circa quattro metri divide i due ambienti, sulla cui superficie si evidenziano tre fori e un incavo rettangolare; a circa 1 metro e sessanta dal terreno si sviluppa un gradone tufaceo dall’andamento irregolare.
Il tipo di lavorazione e le tracce di scavo presentano caratteristiche analoghe a quelle riscontrate nel banco a ovest de primo ambiente.
Sulla superficie del gradone si notano un incavo parietale e diversi buchi di palo, elementi che indicano una preesistente presenza di strutture lignee.
Il secondo ambiente, anch’esso orientato a sud-est, ha una pianta di forma irregolare, presenta dimensioni nettamente maggiori rispetto al primo, è largo circa 4,50 metri e profondo 4.
Le pareti della cavità mostrano evidenti tracce di scavo, solo dove il tufo più malleabile si intervalla al peperino.
Il piano di calpestio presenta quote altimetriche variabili, con un’accentuata depressione verso il lato occidentale del vano, dove sono localizzati tutti gli elementi strutturali; due fori sagomati a scivolo e, poco al di sotto di essi, segni riconducibili all’incasso di un alloggio per una chiusura lignea mobile; a est si trovano due nicchie sfalsate a pianta semicircolare.
La parete, curvando verso ovest, termina con una lastra naturale di peperino posta fra due spaccature.
Poco distante, a est, la presenza di conci squadrati in peperino porta a ipotizzare che in passato vi fosse una struttura a chiudere questo lato dell’ipogeo altrimenti esposto alle intemperie.
Le caratteristiche sopra evidenziate permettono di ipotizzare un uso religioso degli ambienti, probabilmente con una prima fase di insediamento eremitico.
Nota di ringraziamento
Grazie all’associazione “Poggio del lago” che ha ripulito e reso accessibile il sito, grazie all’amico Pierluigi Capotondi, preziosa guida al territorio.
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
Fonti documentative
G. Pastura – Il Territorio Di Vasanello In Età Medievale. Vol. 1: La Realtà Rupestre