Castello di Volperino – Foligno (PG)
Cenni storici
Durante lavori agricoli, nel territorio della frazione di Volperino, in località “La Sala”, sono emersi alcuni frammenti di bucchero grigio che appartengono a due diverse coppe. Molto probabilmente le ceramiche potevano essere state deposte in una tomba, come corredo per il defunto.
Il recupero di questi elementi permette pertanto di documentare la presenza di un piccolo insediamento già nel IV-III sec. a.C. anche a Volperino, ai limiti del territorio dei plestini che abitavano l’altopiano di Volperino e le zone circostanti.
Il paese, che si sarebbe chiamato Gulperinum, è a Sud del monte Cupigliolo a quota 830 ma secondo la tradizione sarebbe stato ubicato verso l’attuale cimitero, dove esistono resti di case.
Esso venne distrutto per cause ignote ( forse un terremoto nel V° secolo) ma risorse nella località detta Fonte di Stregne, per essere poi nuovamente abbattuto da scosse telluriche del 1703 e ricostruito nell’attuale sito.
La posizione geografica, la fertilità dei terreni, l’estensione boschiva, la presenza i vasti prati ad alta quota ha favorito lo stanziamento umano.
Dal primo Medio Evo la zona venne scelta dai Benedettini di Sassovivo per un loro insediamento. Ne 1096 il conte Michele di Uppello, dopo aver partecipato alla prima Crociata, riportò in patria la reliquia di un Santo Abate, Marone e la donò alla famosa Abbazia Benedettina di Sassovivo, la quale a sua volta, nel’ ottavo secolo la lascio alla chiesa parrocchiale di Volperino.
La chiesa di San Mauro (Marone) è citata nella Bolla di Innocenzo II del 1138, in cui viene localizzata ai limiti dei confini del Vescovado di Foligno come “CRUCEM SANCTI MAURI”. E’ la prima volta che si nomina San Maroto o San Mauro questo è il titolo della chiesa principale e parrocchiale di Volperino, che dipendeva dall’Abate di Sassovivo.
Con la nascita del Comune, la località entrò nella giurisdizione civile della città di Foligno, di qui l’obbligo a provvedere 2 “baiuli” al comune.
Nel 1467 Volperino entrò in liti con Serrone per ragioni di confine di proprietà, una delle tante controversie che si sono succedute nel tempo.
Nel 1490 il Vescovo Luca Cibo decise di dare maggiore dignità al Teschio di San Marone sottraendolo ai Volperinesi e facendolo porre tra le sacre reliquie della Cattedrale.
L’interesse di alcuni nobili folignati per questo paese risulta anche dalla notizia di Ludovico Iacobilli che asserisce che Francesco Iacobilli costruì un palazzo in Volperino oltre a quelli edificati in Foligno; il palazzo in questione ancora esiste ed è chiamato “Palazzo tre palle” per l presenza di tre sfere di pietra murate nella facciata sopra la porta.
Mentre la città di Foligno fece sorgere castelli nel territorio per esigenze politiche e di difesa, l’abbazia di Sassovivo, da cui dipendeva Volperino, non aveva bisogno di fortificazioni in questo luogo, quindi il paese rimase Villa aperta fino ai nostri giorni.
Nel 1646 lo storico Jacobilli elenca Volperino nei villaggi del territorio e della Diocesi di Foligno con 46 “Fuochi” (famiglie) e 210 anime, cosi pure farà Bragazzi nel 1858, senza però ragguagliarci sul numero degli abitanti.
Nel Cabreo della Cappella di Santa Maria di Loreto di Volperino, datato 1842, risultano ancora numerose le proprietà dell’Abbazia di Sassovivo confinanti con i beni della parrocchia di San Mauro.
Sempre a questa data figurano tra i possessori di beni agrari anche alcune famiglie nobili di Foligno, come quella di Barugi Girolamo di Degregori Brandolice, di Orfini Alessandro.
Nel 1860, con il decreto Pepoli, vengono incamerati tutti i beni ecclesiastici e religiosi dallo Stato Italiano, ne consegue che la proprietà dell’Abbazia di Santa Croce di Sassovivo dovettero essere confiscati, tanto che nel 1934, tra i beni parrocchiali non risulterà più che questo abbiano come confine le proprietà di Sassovivo.
Nel 1891 la confraternita del Santissimo Sacramento in Volperino era trascritta nell’elenco esistente al Comune di Foligno con la relativa rendita di £ 1133.
Volperino è con Roviglieto e Scopoli, il paese che compie annualmente l’antica processione al santuario della Madonna di Rasiglia.
La data di inizio del pellegrinaggio di questo paese insieme a Cupigliolo è attestata, da un ex voto del 20 Maggio 1865 donato per ottenere la pioggia.
Da allora la cerimonia si ripete tutti gli anni nella seconda domenica del mese di Giugno.
Nei primi anni del secolo il paese era abitato da agricoltori e traversari, operai che salivano ai boschi per tagliare le querce e ridurre in traverse per linee ferrate.
L’operazione avveniva sul posto in quanto facilitava il trasporto a valle delle traverse. L’attività durò fino al 1935, probabilmente a causa del completo disboscamento delle querce.
Una fonte di ricchezza era costituita anche dalle numerose mandrie condotte al pascolo al mattino e lasciate libere sui piani fino a sera quando erano ricondotte nei ripari.
Le greggi erano guardate a turno da un proprietario che sorvegliava anche le pecore di altre quatto o cinque famiglie.
I pascoli di proprietà di queste famiglie erano tenuti sotto controllo, affinché i contadini non invadessero le loro proprietà.
L’antico pozzo e l’abbeveratoio a quota 1004, con il toponimo “Monte del Pozzo” è illuminante sull’importanza che questo luogo ha rivestito in passato per la pastorizia, come pure il toponimo “Mandre“, cioè mandrie.
Ai margini del territorio di Volperino passava la via della Spina, che da Plestia, (Colfiorito) transitando per Popola e Verchiano, conduceva a Spoleto.
La gente la chiama ancora “Strada romana”.
Era una via per lo spostamento in inverno delle greggi verso la pianura romana caratterizzata da stagioni più miti per svernare.
La frazione isolata e fuori delle normali vie di comunicazione, raggiungibile dai paesi confinanti con ripide stradine, fu intorno agli anni Venti del secolo collegata con la nuova viabilità che dal Cifo ancora conduce a Popola.
Durante il periodo fascista troviamo la scuola elementare, le terre nei dintorni vengono disboscate, lavorate e seminate, si impiantano vigneti, numerosi sono gli animali delle stalle e al pascolo (bovini, suini, ovini).
Volperino pianse i suoi caduti della guerra del 1915-1918, ricordati nel 1927 con una lapide sulla piazzetta.
Nella seconda Guerra Mondiale la zona fu rastrellata più volte dai tedeschi a causa di partigiani rifugiati sui monti, ma a fine guerra non si contavano morti ad eccezione di un solo paesano deceduto in Grecia.
Negli anni 50 iniziò l’esodo dei giovani, che lasciò il paese senza forze e in mano agli anziani.
Della passata realtà sociale ed economica attualmente non c’è più traccia: né pascoli né semine, una sola stalla, con pochi animali, una scuola è ormai chiusa, rimane solo la “Comunanza” un beneficio importante per chi è rimasto, che può usufruire di legna per il riscaldamento durante il gelido inverno.
La Comunità Montana tutela macchie di cerro, querce, carpine e pochi frassini.
Prodotti naturali (noccioline, tartufi, funghi) tutta a carattere stagionale, integrano i pasti dei paesani, che ormai sono costretti a rifornirsi nei supermercati di Foligno, perché in paese non vi è più il vecchio negozio di alimentari.
Aspetto
Il paese non ha mai avuto una fortificazione, tant’è che è stato sempre definito “Villa aperta“, cioè un gruppo di case non protette da un sistema difensivo. Il nucleo più antico però si può individuare a ridosso della piazzetta dove c’è la statua dei caduti, infatti la casa soprastante di proprietà Venanzi, immersa in parte nell’edera ha una struttura muraria molto antica si può facilmente notare che si tratta di una precedente torre adattata ad esigenze abitative recenti. La stessa casa nella memoria e nella toponomastica è definita “Torre“; inoltre proprio a fianco della stessa insiste la suddetta “Casa tre palle” edificata dopo il 1559 e provvista di contrafforti nelle pareti esterne.
Reperti Archeologici
Nell’anno 1960, nel gruppo di case del paese chiamato Casale, durante i lavori di scavo dell’acquedotto Rasiglia – Volperino furono portati alla luce molti frammenti di Vasi appartenenti ad una sepoltura risalente al V e VI secolo A.C.; frammenti di bucaroide (buccaro grezzo), nero lucido nella parte esterna, opaco all’interno.
Raccolti, per quello che fu possibile senza ulteriori scavi, rimessi insieme con pazienza certosina vennero fuori tre vasi non completi.
Un’urna cineraria biconica alta 55-60 cm con una sola ansa nella parte centrale e nello stesso punto una incisione a graffio a zig-zag, per tutta la circonferenza.
Altre due “olle” più piccole, tondeggianti con anse bilaterali, a base piccola e apertura.
La presenza di tale sepoltura fa pensare sicuramente ad una piccola Necropoli.
Questa sepoltura, scoperta solo in parte, nasconde sicuramente altro materiale.
La zona certamente è stata abitata fin dal neolitico (vedi zone vicine: Annifo, Colfiorito, Cesi) con insediamenti facilmente difendibili i così detti Castellieri abitati dal IV millennio A.C.
A Volperino probabili Castellieri si possono individuare nella zona dell’attuale Chiesa e nei pressi del Cimitero.
Contratto per la costruzione della “Casa tre Palle“
Riportiamo integralmente il contratto stipulato il 19 ottobre 1559 fra Francesco Jacobilli e il muratore (un certo Galiasse) per la costruzione a Volperino della casa di Francesco denominata oggi “Casa tre Palle” (come detto per la presenza di tre sfere in pietra murate nella facciata sopra la porta) che risponde strutturalmente ancora oggi alla descrizione che viene riportata nel contratto.
La particolarità della casa è che nel contratto si parla della presenza di gabinetti (Destri) uno dei quali ancora oggi si può vedere all’interno, costituito da un localino stretto appartato dove è presente una buca su una tavola di legno dove ci si sedeva per fare i propri bisogni.
“Actum in Villa collis Casure.
Mastro Galiasse promette a Francesco Jacobilli facet et construere infrascriptas mansiones vidalicet.
In prima far doi camere da novo a canto la sala della casa de detto messer Francesco, in la Villa Vulperino, per lato la strada et Octaviano Orphino e altri lati et entrare i muri dalli fundamenti, di modo che di sotto resti una stantia sola con un arcano voltato, sopra il quale si possa tirare il muro che divida una camera dalla altra, al piano della sala et detta stantia sia fatta in volta a lunette et li muri d’ogni banda s’hanno da tirare tant’altri quanto dirà detto M. Francesco, il quale gli darà ancora la norma del loco delle fenestre delle porte, destri (gabinetto), camini et d’altro ce vorrà a sodisfatione sua.
Item promette di fare un altra stantia in capo alla sopra detta, di quella grandezza et altezza che dirà m. Francesco.
Item un altra camera tra l’altre che vi sono al presente et la strada, con quelli intermezzi et comodità che determinerà detto m. Francesco.
Item alzare il tetto della sala doi piedi, o quel più o manco che vorrà il detto m. Francesco, et refare esso tetto pianellato nel medesimo modo che sta al presente, remettondoci li medesimi lignami o altri che farà di bisogno, et secondo facesse provedere esso m. Francesco a sodisfatione sua.
Item detto mastro Galiasse promette fare tutti li muri et volte sopradette e tutte a sue spese et ad ogni cosa necessaria et cominciare a lavorare con tre mastri pratichi et diligenti alli nove del mese de settembre prossimo da venire.
Et non di mettere il lavoro continuando con detti tre mastri sino alla intera perfectione sua.
Et che le mura debbiano essere di larghezza de doi piedi almeno.
Et fatti con ogni diligentia a giuditio delli periti et di modo che sieno atti a sostenere la volta.
Item che il detto m. Francesco sia obbligato a pagare al detto maestro Galiasse fiorini sei di moneta di marca per ogni mezzengha di muro che farà, alla giusta mesura di Foligno, et delle volte et del rifar del tetto quel tanto che giudicarà don Bastiano et dai muratori esperti.
Et acciò che possa far la provision de calce, pietra et altre cose necessarie, il detto m. Francesco promette sborsiargli anticipatamente fiorini quaranta et il resto di mano in mano.
Li quali fiorini quaranta et un forino et bel…..de più.
Detto Galiasse confesso li avere havuti et ricevuti dal detto m. Francesco, et per resto ne hebbe in presensia sia de detti testimoni et menoy (?) scudi sette d’oro per le mani de Scipione Barnabei.
Et secondo che verrà lavorando et facendo le previsioni di modo che finita l’opra debbia essere finito de soddisfare interamente, et mancando detto maestro Galiasse in alcuna delle sopra dette cose di cominciare al detto termine, et de seguitare sino alla perfection, caschi in pena di scudi cinquanta d’applicarsi al detto m. Francesco il loco de suoi danni et interessi:
Pro quibus etc.”
Fonti documentative
Vladimiro Cruciani Don Luigi Moscatelli – Volperino e l’Abbazia di Santa Croce – 1996
Mario Simonetti – Volperino la Storia, la Vita, i Fatti – 2001