Castello di Solomeo – Corciano (PG)

Il castello che si affaccia sulla valle del Caina negli ultimi anni sta rivivendo una seconda giovinezza grazie agli intelligenti interventi di restauro operati da Brunello Cucinelli.

 

Cenni Storici

Piccolo castello di poggio lungo la direttiva Perugia-Chiusi, in Comune di Corciano, a ridosso dell’antica direttrice che da Perugia portava verso il Lago e la Toscana, che insieme a Capocavallo, Castelvieto, Chiugiana, Mantignana, Migiana e San Mariano, disposti a semicerchio attorno al Montemalbe, erano parte del sistema difensivo perugino verso il Trasimeno.
Anche se il castello ha origini medievali, la località era abitata dagli Etruschi fin dal secolo III a.C. come testimoniano le numerose necropoli ritrovate nelle vicinanze che testimoniano l’esistenza di sobborghi o di più modesti nuclei insediativi distribuiti nella campagna, il cui diffuso benessere derivava dallo sfruttamento dei suoli.
Il nome è forse da associare ad una divinità etrusca “lumn ?”, divenuto poi, nel volgere dei secoli Sancti Lomei , Sanlomei, Salomeio.
Con la fine della cultura etrusca e la conseguente romanizzazione si assiste anche in questa parte di Umbria al moltiplicarsi di villae rusticae, cioè di fattorie agricole e tracce di questi insediamenti sono stati rinvenuti lungo le pendici del colle di Solomeo, presso le vicine colline di Rugolano, Montefrondoso e Mandoleto e forse furono questi agricoltori che fornirono il grano allorquando Perugia inviò aiuti a Roma nel corso della seconda guerra punica, come narra lo storico latino Tito Livio nel libro XXVIII delle Historiae.
Nei primi anni del secolo XII tutta la zona subì un’imponente opera di bonifica ed era controllata da un nuovo insediamento, questa volta arroccato sulla cima di una collina e protetto da mura, il castrum Muniti Frondusii, così denominato già nel 1258.
Nel 1282 era villa e vi si contavano 13 fuochi mentre nel 1361 la comunità era costituita da un palazzo, un casamentum (casamento), dodici domus (case), due casalini e la chiesa di San Bartolomeo.
Il palazzo era di proprietà di Angelello “Sensoli Iohannis Cole” che lo deteneva assieme allo zio Meo “lohannis Cole“, entrambi accatastati in Perugia, rione di porta Sant’Angelo, parrocchia di San Fortunato.
Il casamento ere di proprietà di donna Nicoluccia figlia di Chiercolo e moglie del defunto Lippolo Calassi, anche lei accatastata in Perugia rione di porta Sant’Angelo parrocchia di San Fortunato, mentre le case e i due casalini erano di proprietà di persone di Solomeo e Monte Frondoso.
Il suo utilizzo come castrum avvenne a partire dal 7 settembre 1391 quando la magistratura perugina ne concesse la fortificazione a Meo di Giovanni di Nicola Calassi e a Cristoforo Tanoli e la giurisdizione ricadde su porta Santa Susanna.
Fu stabilito di edificare il Castrum Solomei, vicino al palazzo di Meo, e gli abitanti del luogo furono obbligati a lavorare, pena la prigione, mentre i tre richiedenti, proprietari di quelle terre, non potevano sollecitare a Perugia alcun contributo essendo la fortificazione utile a loro.
Alla fine del ‘300 il castello era ultimato in forma quadrangolare con due ingressi: uno sul lato orientale e l’altro a sud in direzione di Monte Frondoso.
Nel 1402, con la sottomissione di Perugia a Gian Galeazzo Visconti, tutto il territorio subì scontri e devastazioni tra le truppe pontificie di Bonifacio IX e quelle fiorentine guidate da Grasso da Venosa e Bindo da Monopoli.
Anche Solomeo insieme all’Ospedale di Fontignano, a Morleschio Solfagnano Montali e Montesperello, subì la stessa sorte ma gli invasori furono scacciati dai popolani perugini.
Gli abitanti del castello, però, non vollero sottostare alle imposizioni dettate dalla Camera apostolica per cui si ribellarono.
Il 16 dicembre 1402 la rivolta fu sedata e i priori perugini concessero a messer Coluccio di Arquata la facoltà di inquisire i rivoltosi, i forestieri e gli abitanti del contado contrari al nuovo regime.
Nel 1495 era ancora considerato castello, quattro anni dopo villa e nel 1501 nuovamente castello.
Questo cambiamento di status in così breve tempo potrebbe essere dovuto all’invasione del territorio perugino nel 1498 da parte di Guidubaldo da Montefeltro che, con l’aiuto del cognato Giovanni della Rovere, aveva messo insieme un poderoso esercito contro i Baglioni.
Partite da Gubbio, le milizie si rivolsero contro tutti i castelli del contado saccheggiandoli, depredandoli e scaricando anche le strutture difensive.
Il 15 dicembre del 1503 il consiglio dei priori approvò la realizzazione di un pozzo di 50 piedi (m 18) nelle vicinanze del castello con lo stanziamento di 16 fiorini.
Constatata l’indigenza in cui versavano gli abitanti del luogo, Simone de Fumagiolis si accollò l’onere di integrare di tasca propria quanto stanziato dal governo perugino.
Il 4 marzo 1578 furono concesse dai magistrati perugini alcune licenze per edificare abitazioni a ridosso delle mura di cinta del castello.
Durante la Repubblica Romana (1798-99) fece parte del cantone di Perugia e, insieme ad Agello, Mugnano, San Mariano, Mandoleto e Capanne, fu retto dall’edile Sante Santicchi e dell’aggiunto Francesco Boni.

Aspetto

Il borgo conserva intatto il suo impianto medievale, e ad oggi risulta completamente restaurato e riportato all’antico splendore per opera di Brunello Cucinelli, nato a Castel Rigone nel 1956, uno dei più grandi stilisti del mondo nel settore del cachemire che ha recuperato con pazienza, intelligenza e grande senso umanistico tutta la struttura castellana facendone la sede della propria attività in cui lavorano 500 addetti.
Del piccolo castello di poggio di forma rettangolare resta un nucleo di edifici raggruppati attorno a un cortile.
La parte pi antica si può probabilmente individuare nella torre alla quale si appoggiano gli altri edifici del castello.
 
 
 

Chiesa di San Bartolomeo Apostolo

La chiesa di San Bartolomeo fu edificata tra la fine del XII secolo e la metà del XIII ed era membro della cattedrale di San Lorenzo di Perugia.
Sprovvista di fonte battesimale, dipendeva dalla Pieve di Santa Maria del Mandoleto.
Nel corso del tempo cadde in degrado a tal punto da essere ridotta quasi a rudere.
Nel 1748 la popolazione ne costruì una nuova sulle rovine della precedente e successivamente ampliata nel 1891 per merito di Raffaele Biscarini.
E’ inserita nelle oltre cinquanta chiese leonine presenti nel territorio della diocesi accomunate dal fatto di essere state realizzate o complessivamente ristrutturate negli anni compresi tra il 1846 e il 1878 per volere dell’allora Arcivescovo di Perugia Vincenzo Gioacchino Pecci, il futuro papa Leone XIII.
Le chiese leonine presentano caratteri stilistici omogenei: hanno generalmente un’impostazione neoromanica o neogotica, che si manifesta sia in pianta (frequentemente a croce greca o latina) sia in prospetto (spesso a capanna semplice o a salienti).
La loro riconoscibilità deriva anche dalla presenza di elementi architettonici ricorrenti quali un rosone, un portale e un sottogronda riccamente decorati, oltre a una torre campanaria integrata, accorpata o isolata rispetto al volume principale della chiesa.
inoltre, le chiese presentano in facciata numerosi elementi in laterizio, utilizzato sia nella tessitura muraria sia nell’apparato decorativo sotto forma di terrecotte architettoniche.
Proprio l’impiego del laterizio costituisce uno dei principali elementi ricorrenti in queste chiese, che non a caso sono piuttosto concentrate lungo la via Marscianese, nota in Umbria come “via del laterizio” per l’addensarsi lungo questa direttrice di numerose fornaci storiche.
Negli ultimi anni la chiesa è tornata a rivivere a seguito di un restauro commissionato da Brunello Cucinelli.
 

Fonti documentative

D. Amoni – Castelli Fortezze e Rocche dell’Umbria – Quattroemme 2010

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiese_Leonine

http://www.solomeo.it/

 

Mappa

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