Castello di Sasso Palombo – Capodacqua d’Assisi (PG)

Il possente rudere visibile dalla valle colpisce per la posizione a strapiombo su un alto scoglio.

 

Cenni Storici

Proprio sopra la frazione di Capodacqua di Assisi sorgono quelli che oramai sono i resti di due importanti castelli medievali di confine del territorio Assisano, Sassorosso e Sasso Palombo; entrambi, compresi nella “Balìa” di Gabbiano (Balìa era una suddivisione territoriale per l’amministrazione del Comune) prendono il nome dagli scogli o spuntoni rocciosi del monte su cui sorgono che nel primo caso derivano la denominazione dal colore rossastro della roccia e, nel secondo, “Palombo” ricorda la presenza di colombi e altri uccelli di passo che erano soliti posarsi su quelle rocce.
Entrambi i manieri avevano il compito di controllare la sottostante viabilità di pianura e soprattutto di tenere a bada il confine e le intenzioni di espansione del Comune di Spello.
Il castello è posto sulle estreme pendici del monte Subasio verso Spello, visibile dalla pianura che esso domina, sopra alla vecchia strada tra Assisi e Spello un tempo chiamata “strada Francesca”.
Il vocabolo “Sasso Palombo” compare, tra l’altro, in un documento dell’anno 1415.
Nel 1437 non restava che un robusto torrione situato in mezzo ad una “Chiusura” della balìa di Gabbiano su cui ricadeva la giurisdizione ed è ricordato ancora nel 1461.
Più a valle sorgeva il “torrione di Magassio“, ricordato negli Statuti di Assisi nel 1469, più tardi detto “il Massaccio“, oggi nel Comune di Spello, il rudere è posizionato accanto al Centro Polivalente di Capitan Loreto nei pressi di casa Laloni e Ciancabilla.
Nel Catasto di San Rufino del 1354 oltre al toponimo “Sasso Palombo” e “Renarii” compare anche il vocabolo “Sancte Luarccie” cioè Santa Lucia piccola chiesa oggi poco al di là di Capitan Loreto verso Spello.
Sasso Palombo, compare nella “Pianta“, fatta eseguire dal commissario apostolico mons. Tiberio Soderini nell’anno 1772 per concludere la controversia tra Assisi e Spello a proposito dei confini (storia riportata integralmente nel post di Rocca Paida), fra i toponimi allora esistenti nel territorio di Assisi compaiono anche Mortara Grande, Mortaiolo, Fosso Vettuvio, Fonte Bregnola, Fosso (di Fonte Bregnola), Podere Sermattei, Fonte Gabbiano, Fosso di Gabbiano, Fosso Renaro, Podere Ciofi, Caprareccia, Podere dei Conventuali, Sassorosso, Scogliera di Sassorosso, Casella della Compagnia e Chiesa di Capodacqua, li Colli, Casalino, Case del Renaro, Strada del Renaro, Podere Tili, Case Tili, Formella della discesa dell’acqua di Capodacqua, Beni di S. Paolo, Strada dei confini, Con(fin)e di S. Paolo, Maestà di Buccioni.
Il castello è citato nel 1677 in un lascito al parroco pro-tempore di un pezzo di terra arativo e olivato posto nella balìa di Capodacqua, al vocabolo “Sasso Palombo” o “Satriano” per obblighi di sei messe all’anno, in perpetuo, da celebrarsi nella stessa chiesa per l’anima del fu don Girolamo Cannelli di Assisi e di Simone di Tile di Capodacqua.
Sasso Palombo compare nella tavoletta III SE del F . 123 della Carta d’Italia (I.G.M.), edizione 1954 dove è menzionato come toponimo del territorio di Capodacqua d’Assisi.
Il castello fu coinvolto nella battaglia tra l’esercito della lega e gl’imperiali avvenuta il 31 marzo 1246 nella piana tra Foligno e Spello dove le truppe imperiali ebbero la meglio su quelle della lega asserragliate a Sassorosso e lungo il fosso Renaro, il castello di Sassorosso fu distrutto e non rimasero che macerie, Sasso Palombo subì danni minori.
Nello Stato delle anime della parrocchia di Capodacqua del 1717 Sasso Palombo risulta di proprietà dei signori Ciofi, oggi è nella proprietà della tenuta di Gabbiano dei discendenti dei Conti Fiume.
Nelle vicinanze di Sasso Palombo sorge un gruppo di case, presenti sin dal medioevo, denominato Satriano da non confondere con il castello di Satriano situato sul versante opposto del Subasio dove si fermò la scorta per far riposare San Francesco morente che veniva trasportato da Nocera Umbra ad Assisi.
La località Gabbiano, balìa da cui dipendeva Sasso Palombo, deve il suo nome al suo bianco colore e alla sua configurazione che ricordava l’uccello marino omonimo.
I resti del castello ricadono nella proprietà della Villa Gabbiano (nome dell’omonimo agriturismo) di proprietà dei Conti Fiume pertanto non sono visitabili però un soggiorno all’agriturismo è consigliabile.
 

Aspetto

I ruderi ancora maestosi si elevano fieri a strapiombo sullo scoglio di Sasso Palombo; nella parte a strapiombo si apre una porta ad arco di dubbia interpretazione in quanto non può trattarsi di una porta utilizzabile in quanto a strapiombo, l’unica interpretazione plausibile è che sia stata un’apertura per il deflusso delle acque di un probabile mulino.
Tale tesi è avvalorata dal colore rossiccio quasi rugginoso in quel tratto dello scoglio sottostante.
È probabile che una parte del fabbricato sia stato utilizzato come mulino utilizzando l’acqua proveniente dal pendio soprastante e dal fosso Renaro, nonché da una sorgente copiosa che sgorga nelle immediate vicinanze, ipotesi tutte da verificare.
 

Leggenda

Fra gli abitanti della valle è diffusa la leggenda che nelle mura del castello a strapiombo sullo scoglio ci siano murati degli anelli di ferro che secondo la convinzione popolare servivano a legare le barche che li attraccavano, convinti che nella pianura ci fosse stato un mare molto profondo almeno 240 metri, visto che lo scoglio è a quota 430 metri sul livello del mare e la pianura è a 190 metri.
Che di fatto la nostra pianura in origine sia stata invasa dalle acque è fuor di dubbio lo dimostrano i toponimi presenti: Cannara (da canne palustri) Foligno(fu di legno perché su palafitte) e nella pianura di Spello il “Barco” “Navello” “Acquatino” ed altri, non solo ma la stessa Spello deriva da “Speculum” cioè che si specchiava nel sottostante lago, il primo stemma del Comune era uno scudo con una banda centrale e due cerchi contrapposti come un’immagine nello specchio.
Ma a fare chiarezza sulla presenza di questo enorme bacino creato come ansa del Tevere è Plinio che lo chiama “Lacus Umber” che arrivava alle porte di Spoleto, tanto che il Clitunno era navigabile e usato in questo senso dai Romani.
I primi che tentarono di prosciugarlo furono gli Etruschi che cercarono di tagliare la Sella di Torgiano ma chi poi risolse il problema furono i Romani provetti ingegneri idraulici che bonificarono la pianura.
Tutto questo per dire che nessuno smentisce la presenza dell’acqua nella valle, ma quando (e se mai) arrivava a Sasso Palombo la presenza umana non c’era o se c’era non era a livelli di conoscenza e tecnologia da costruire castelli; forse se c’era acqua a quel livello l’uomo non era nemmeno comparso sulla terra.
Questa è una mia affermazione sulla base di conoscenze scientifiche e geologiche, ma disponibile ad ascoltare altre ipotesi fondate.
 

Fonti documentative

F. Santucci – Capodacqua di Assisi –
A. Fortini – Nuova vita di San Francesco – 1981
 

Mappa

Link coordinate: 43.026738 12.665195

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