Castello di San Pietro al Carpina di sotto – Montone (PG)
Cenni Storici
L’Area territoriale dell’alto Tevere dopo il prosciugamento del lago Tiberino, che ha aperto nuove linee di comunicazione, creando una rete che si è consolidata nelle epoche successive fino ai nostri giorni, è diventata una cerniera tra Tirreno ed Adriatico; le mandrie transumanti portarono queste vie ad essere foriere di uno sviluppo economico, militare e poi culturale che si sono consolidate al tempo dell’Impero Romano con il collegamento fra Cassia e Flaminia, poi nel Medioevo, con i percorsi che mettevano in comunicazione la Via Francigena e le Romee orientali.
Considerando il Tevere come asse viario centrale, i Romani lo sfruttarono per portare il legname (e non solo) della Massa Trabaria a Roma, possiamo individuare tutti gli affluenti di destra e di sinistra disposti a lisca di pesce, come potenziali linee di comunicazione che attraverso le loro valli si inoltrano nelle parti montuose dell’Appennino.
Queste valli più o meno tortuose proiettano l’Altotevere verso la Toscana, attraverso le valli del Cerfone e della Sovara, mentre a levante si prolunga nella piana di Gubbio e quindi verso la via Flaminia.
I nodi della rete viaria che ricalca la maglia geografica scandita dall’alternanza di valli e rilievi costituiscono dei punti strategici nel controllo del territorio, dove nel tempo sono sorti mercati, si sono formate delle comunità con la costruzione di case, edifici pubblici, mulini e strutture d’accoglienza come ospedali, chiese e conventi.
In seguito questi insediamenti hanno assunto la dimensione di nuclei abitati che in parte sopravvivono ancora oggi come piccole frazioni, quando non sono divenuti centri più importanti; comunità unite sotto il simbolo dei campanili di pievi o di piccole chiese rurali.
Con il sorgere di questi insediamenti sparsi si crea pertanto la necessità di un controllo sistematico del territorio e della viabilità di collegamento, quindi le chiese vengono costruite in prossimità di fortificazioni che ne possono garantire la protezione, strutturate in una rete difensiva intrecciata con quella degli stessi insediamenti abitati.
Come stazioni di servizio del medioevo, costruite a distanze regolari lungo gli itinerari più frequentati, le abbazie svolgevano un servizio per i forestieri più che per le popolazioni del luogo, come strutture vocate all’ospitalità di mercanti, pellegrini e di chiunque vi poteva trovare ristoro per il corpo e per lo spirito.
Le piccole chiese e le pievi di campagna, invece, erano espressione di una tradizione religiosa locale e simbolo di comunità locali.
A conferma di questo diverso ruolo si sottolinea l’assenza del fonte battesimale nelle chiese abbaziali, che invece costituiva una prerogativa delle pievi.
Siti erano individuati in posizioni d’altura per assicurare un controllo del territorio a vasto raggio e per poter comunicare in modo agevole attraverso collegamenti ottici.
In questa rete viaria si colloca anche l’abitato di Montone, che costituisce un punto focale per la viabilità che risale le valli del Caprina e del Carpinella.
All’altezza di Montecastelli e Santa Maria di Sette la valle segna uno dei punti di massimo restringimento, creando condizioni favorevoli per l’attraversamento del Tevere.
Per questo già durante il medioevo venne costruito un ponte di importanza strategica, ben sorvegliato dalle alture circostanti fortificate.
Sulla riva orientale del fiume, lungo la “strada del bosco” e in prossimità di un’antica torre di avvistamento, si trova l’antica chiesa di San Cristoforo de Lamis Riparum, (Lame delle Ripe), secondo una tipica tradizione religiosa che vede diffuso questo culto in prossimità di ponti e guadi.
L’asse viario del Carpina e Carpinella si dirigeva verso Pietralunga e da qui verso le aree settentrionali delle Marche ed era controllato da fortificazioni che in contatto ottico tra di loro permettevano un’attenta osservazione dei movimenti di persone e merci; fra queste si ricorda la Rocca d’Aria, Cardaneto e lo scomparso castello di San Pietro delle Carpini, tutti esistenti sin dall’VIII secolo.
Questo castello sorge su un rilievo conico posto alla confluenza dei fiumi Carpina e Carpinella e come era in uso nel medioevo la caratteristica di tali insediamenti necessitava di tre punti fermi costanti cioè un mulino, una chiesa ed un castello posti in uno spazio areale ristretto.
Nel caso di Pietro delle Carpini questi tre elementi sono tutti presenti, infatti troviamo il mulino a ridosso della confluenza dei due fiumi i località “Tre Ponti“, la chiesa nella stretta valle a ridosso della collina ed il castello sulla sommità.
Questo castello è talmente antico che Lucantonio Canizi, autorevole storico locale del XVII secolo, sostiene che Montone avrebbe avuto origine dalle popolazioni che abitavano il castello d’Aria (Aries) e nel 1626 scrive che: “Montone fù edificato circa l’anno di Christo 800, essendo Imperatore Romano Carlo Magno, da’ popoli Arienati dell’Umbria, che all’ora erano divisi in sei Castelli, il primo de’ quali si chiamava Castello d’Arie, il secondo Capanneto incluso dentro Montone, che ora si dice Castel Vecchio, il terzo Cardaneto, il quarto Montefalcone, il Poggio il quinto, e il sesto San Pietro“.
L’orografia naturale dei colli di Montone ha fatto sì che almeno quattro dei sei castelli che costituirono il primo insediamento altomedievale, costruiti sulle alture principali, si siano trovati sullo stesso allineamento ottico, condizione che ha accresciuto le potenzialità difensive di questo sistema di strutture fortificate disposte sui crinali delle vie di comunicazione.
L’allineamento di castelli era formato da Rocca d’Aria, Cardaneto, Capanneto e il Poggio; ai lati di questa linea strategica, esistevano altri due castelli, quello di Montefalcone, cui toccava presidiare la via che risaliva il torrente Lana verso Salto e Pieve de’ Saddi e il castello di San Pietro sulla valle del Carpina, disposti come sentinelle a nord e a sud dell’abitato di Montone.
Tra l’altro il castello di Cardaneto e di San Pietro al Carpina di sotto si fronteggiavano ed erano perfettamente a vista tra di loro e posizionati com’erano all’imbocco della valle del Carpina costituivano un punto strategico difensivo di alta efficienza.
Entrambe queste due fortezze sono scomparse ne restano solo modeste alzate e tanto pietrame sparso.
Del castello di San Pietro era certa la sua esistenza, sebbene fino a qualche anno fa non se ne conoscesse l’esatta ubicazione; le indagini condotte nell’ambito di una ricerca, supportate da analisi tipologiche di questi insediamenti fortificati, oltre che da dati archivistici, hanno condotto all’individuazione del sito sulla sommità di una collina che segna la biforcazione fra le valli del Carpina e del Carpinella.
La struttura era collocata in felice posizione, che dal suolo scosceso traeva il suo potenziale difensivo e le cui vicende sono legate a quelle della chiesa omonima che sorgeva ai piedi della stessa collina in località in prossimità dei “Tre ponti“.
La citazione più antica del castello di San Pietro e della chiesa omonima risale al 1220, al tempo di Federico II, riportata in un documento in cui si menziona il “Castrum Carpinae inferius, cum Ecclesia et omnibus suis pertinentiis“.
La storia del complesso edilizio è strettamente legata a quella di Montone e del feudo delle Carpini che fra il XIII e XIV secolo fu degli Ubaldini della Carda, quindi la proprietà passò ai Montefeltro nel XV sec. infine ai Bentivoglio nel XV-XVI secolo.
Nel XVI-XVIII sec. passò ai Cantalmaggi, quindi fra il 1701 e il 1728 alla Reverenda Camera Apostolica e infine dal 1728 ai Conti Della Porta.
Alcuni documenti d’archivio attestano proprietà in questi luoghi del Monastero di Monte Corona e di Camporeggiano.
Le vicende più significative di questo castello si concludono molto prima, già nel 1280, durante le lotte fra Guelfi e Ghibellini montonesi, quando fu teatro dello scontro che vide contrapposto Faziolo degli Olivi, di parte ghibellina, ai Fortebracci, che governavano Montone, sottomessa alla guelfa Perugia.
Faziolo degli Olivi trovò l’appoggio di Tano degli Ubaldini, capostipite dell’illustre casato e nipote del Cardinale Ottaviano Ubaldini della Carda, che al territorio avuto in enfiteusi da parte del Vescovo di Città di Castello, nella prima metà del 1200, aggiunse il dominio dei territori confinanti conquistati dal nipote, compresa la valle del Carpina con il castello di San Pietro.
L’incerta situazione politica e militare che si creò a Montone in seguito al tentativo degli Olivi di occupare la città, potendo contare anche sull’appoggio di Città di Castello, determinò l’intervento dei perugini che assediarono il castello.
Il 17 ottobre 1280 Tano Ubaldini fu costretto alla resa e consegnò il maniero ai perugini che in seguito lo ridussero in rovina.
Sorte peggiore toccò a Faziolo degli Olivi, che venne fatto prigioniero e decapitato nella piazza di Perugia.
Aspetto
L’accesso all’area castellare avviene dalla strada comunale antica di Carpini che risale la sinistra del torrente per inerpicarsi lungo la linea di crinale verso Pietralunga.
La fortificazione si sviluppava sulla cima della collina su una superficie complessiva racchiusa dalla cinta muraria in circa 2400 mq.
Del castello si riconoscono a terra alcuni tratti d’impianto degli ambienti costruiti lungo il perimetro della fortificazione, costituiti da moduli pressoché identici, mentre nel punto più elevato della collina emergono i resti di un muro di pietrame di notevole spessore, che porta segni di crolli dovuti anche a fenomeni sismici, che probabilmente hanno segnato la storia di queste fortificazioni come le battaglie stesse.
Poco è rimasto in alzata sia delle mura di cinta che delle costruzioni interne si riconosce un tratto di parete in muratura di pietrame a filari orizzontali e malta di calce, con elementi squadrati d’angolo per innesto di una scala trasversale.
Chiesa di San Pietro
Se del castello restano solo poche tracce della piccola chiesa di San Pietro non vi è più alcun segno evidente, tuttavia è grazie alle notizie sulla chiesa che si è potuto individuare il sito fortificato, attraverso la mappa del catasto gregoriano del territorio di Bacciana e Pieve che riporta la pianta della chiesetta al centro di una piccola radura.
Un edificio che era orientato, con una rotazione di circa 32° sud-est, nella direzione della levata del sole all’alba del solstizio d’inverno, secondo uno schema planimetrico normalmente adottato nelle chiese romaniche per motivi di carattere simbolico-religioso.
L’orientamento dell’edificio sacro al solstizio d’inverno, in coincidenza col Natale di Cristo, non è casuale e costituisce una caratteristica comune ad altri credi religiosi, anche più antichi del cristianesimo.
L’orientamento della chiesa è stato desunto dall’esame della planimetria ricavata dalla mappa del catasto gregoriano.
L’edificio religioso compare nell’elenco delle Rationes Decimarum Italiae dell’anno 1349 fra le chiese sottomesse alla pieve di San Gregorio esistenti nel XIV secolo.
Nella prima visita pastorale di Mons. Muzi ai primi dell’800 si legge che alla chiesa parrocchiale di S. Pietro delle Carpini era posta la chiesa della Beata Vergine dei Confini.
Fonti documentative
Giovanni Cangi – Itinerari Storici Altotiberini fra antiche pievi, abbazie e fortificazioni medievali – Polo Tecnico Franchetti-Salviani Città di Castello Architettura e territorio Quaderni, 04.
Giovanni Cangi – La Pieve Antica di San Gregorio e le Origini di Montone (Estratto)- Polo Tecnico Franchetti-Salviani Città di Castello Architettura e territorio Quaderni, 9.
Mappa
Link alle coordinate: 43.372501 12.344170