Castello di Roccascalegna – (CH)
Cenni Storici
Roccascalegna è un piccolo centro di 1.200 anime, situato sulle colline che circondano il fiume Sangro. Con tutta probabilità, i fondatori di Roccascalegna furono i Longobardi che, a partire dal 600 d.C., occuparono stabilmente l’attuale Molise e l’Abruzzo meridionale, dopo essere discesi dall’Italia settentrionale. Conseguenza di ciò fu l’allineamento delle guarnigioni Bizantine sulle rive dell’Adriatico. Nella logica di tale conflitto si spiega la costruzione della Torre d’Avvistamento, prima, e del Castello, in seguito, sull’imponente ammasso roccioso che domina la valle del Rio Secco (affluente dell’Aventino) proprio ad opera dei Longobardi. Una volta finite le ostilità tra i due popoli, escludendo una nota di carattere contabile del 1320, non troviamo nessuna fonte storiografica che parli del Castello di Roccascalegna sino al 1525. In tale anno possiamo rilevare una descrizione della struttura restaurata del Castello, in ottemperanza alle nuove esigenze necessarie con l’avvento delle armi da fuoco. Un ulteriore atto notarile descrive il restauro della gradonata d’accesso del Castello di Roccascalegna, ma ormai siamo già nel 1705. Dal 1700 il Castello di Roccascalegna ha conosciuto tre secoli di abbandono, nei quali lo stesso è stato preda delle intemperie e dei saccheggi della popolazione locale, sino alla donazione al Comune di Roccascalegna, avvenuta nel 1985, da parte dell’ultima famiglia feudataria, ossia quella dei Croce Nanni. Immediatamente sono iniziati i lavori di restauro che hanno riportato il Castello di Roccascalegna al suo antico splendore nel 1996. Il termine Roccascalegna può avere una duplice etimologia. La prima ipotesi, risalente al termine “Rocca-scarengia”,documentato nel Catalogus Baronum nel 1379 come possesso del Conte di Manoppello. Secondo uno studio francese “scarengia”, derivante da “scarenna”, sta ad indicare il fianco scosceso di una montagna. La dissimulazione successiva di r-r in r-l ha dato luogo in tempi recenti alla trasformazione di Scaregna in Scalegna. Leggenda vuole che anticaamente vi fosse una scala per entrare nella torre, sistema riportato, peraltro, dallo stesso stemma comunale. Altri studiosi propendono per un origine da un nome personale longobardo “Aschari” da cui Rocc.Aschar.enea e, successivamente, Roccascalegna. La leggenda più famosa inerente il Castello di Roccascalegna ha per protagonisti Corvo de Corvis e l’editto dello“Jus Primae Noctis”. Pare che nel 1646 il fantomatico Barone abbia reintrodotto questa prassi medievale, in forza della quale ogni novella sposa del Feudo di Roccascalegna dovesse passare la prima notte di nozze con lui invece che con il marito. Non si sa bene se una sposa novella, o se il marito, travestito a sua volta da sposa, abbia accoltellato il Barone nel talamo nuziale ed egli, morente, abbia lasciato la propria impronta della mano insanguinata su di una roccia della torre, crollata poi nel 1940. Benché si provasse a lavare il sangue dalla roccia, esso continuava a riaffiorare e ci sono tutt’oggi persone anziane che sostengono di aver visto la “mano di sangue” anche dopo il crollo.
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Il nome del paese deriverebbe, come nel Catalogus Baronum del 1379 come Rocca-scarengia feudo del Conte di Manoppello. Alcuni studi francesi non ben identificati hanno appurato che scarengia deriverebbe da scarenna cioè dirupo, scarpata o burrone, indicante il fianco scosceso del dirupo dello sperone roccioso in cui si trova la rocca-castello, altri da Rocc-aschar dal longobardo Aschari, una rotazione consonantica del nome del paese trasforma la r in l facendolo diventare man mano, dopo varie e nuove trasformazioni, nel nome attuale. Una leggenda popolare vuole invece che il nome del paese derivi da “Rocca scale di legna”, dalla scala a pioli, ovviamente in legno, che dal paese portava direttamente nella torre del castello (scala raffigurata anche nello stemma comunale). Come riferito dal suddetto Catalogum Baronum, l’origine del paese è del XII secolo, più precisamente nel 1160, forse su di un insediamento preesistente. Certo però e che in località Collelongo sono stati ritrovati dei ruderi dell’Eneolitico ed a Capriglia ed a Colle Cicerone dei ruderi di epoca romana. Tuttavia dei monaci, verosimilmente già esistevano in zona come per la Chiesa di San Pancrazio già esistente nell’829. Foto StoricheLa chiesa attuale risale al 1205 come ricostruzione della preesistente chiesa. Originariamente il borgo è sorto come avamposto longobardo per il controllo della Valle del Rio Secco per difendere la zona contro i Bizantini. I Longobardi eressero, ov’è ora il castello di Roccascalegna, una torre d’avvistamento. Indi si susseguirono dapprima i Franchi, poi i Normanni. Il vero e proprio castello, tuttavia, è, verosimilmente, di epoca normanna. Nel 1320 Roccascalegna viene nominata nel periodo angioino “cum castellione”, all’epoca, quindi, il castello già esisteva. La successiva menzione è del XV secolo, nel regno di Giovanna II di Napoli durante le gesta di Giacomo Caldora, con la ribellione del figlio Antonio, i soprusi di Raimondo Caldora e l’ascesa al trono degli Aragonesi al trono del Regno di Napoli. In questo periodo un soldato sotto il comando di Giacomo Caldora, Raimondo Annechino è feudatario del paese, la sua famiglia rimase feudataria del borgo fino al 1525 quando Giovanni Maria Annechino fece ricostruire il castello. Foto StoricheCon l’avvento dell’evo moderno vi è il solito avvicendarsi dei feudatari e vari passaggi dai feudatari stessi alla Regia Corte e da questa ad un nuovo signore cui far accettare i Capitoli. Nel 1531 Diego Sarmemto conferma questi Capitoli o Statuti, ma subito dopo il paese ritorna alla Regia Corte che la vende a Giovanni Genovois di Chalem che la rivende ai Carafa. Orazio Carafa oppresse i paesani fino a che, il 15 ottobre 1584 insorgono e, aiutati dal prete, lo uccidono. Gli succedono il fratello Giovanni Girolamo e Girolamo. Alla fine del secolo i Carafa, oberati di debiti, sono costretti a vendere il castello. Ai Carafa succedono i Corvo o de Corvis. Gli ultimi feudatari di Roccascalegna furono i Nanni. Il castello, all’epoca versava in pessime condizioni. La loro residenza fu spostata più in basso, in un luogo ritenuto più comodo. Oggi tale palazzo è adibito a residenza privata, ma vi sono anche un forno ed un laboratorio di un artigiano. Con l’unità d’Italia prosperano lutti, ruberie, emigrazione e brigantaggio mentre i ricchi borghesi speculano sulla proprietà fondiaria. Il castello per essere restaurato dovrà attendere il finire del millennio.
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Il Castello rappresenta al meglio questo crogiolo di sensazioni; la costruzione si erge maestosa, affacciata a un dirupo, e si compone di quattro torri e di una cinta muraria, conservando l’atmosfera degli antichi combattimenti e degli assalti. La creazione della struttura si colloca tra il 1200 e il 1400, e il primo documento ufficiale in cui si fa riferimento al castello è datato attorno al 1520. In questo documento si attesta la ristrutturazione del castello con l’aggiunta di quattro nuove torri cilindriche, ancora oggi visibili, che vanno ad accompagnare una già preesistente di base quadrata. Gli studiosi, riguardo quest’ultima, intorno agli anni ‘90 del novecento, hanno detto essere un’antica torre longobarda o normanna. L’ingresso al castello avviene mediante una scalinata ed è possibile passare da una torre all’altra percorrendo altre rampe di scale scavate nella pietra: così è possibile visitare la Torre del Cuore, chiamata così per un bassorilievo scultoreo a forma di cuore; la Torre del Carcere che portava alle segreta del castello e che incute terrore solo a guardarla; la Torre del forno dove si cucinava il pane e la Torre di Guardia che domina il territorio e che offre una vista spettacolare ai visitatori. Sul castello aleggia una leggenda cruenta, di cui conservano memoria tutti gli abitanti. Pare che nel 1646 l’allora signorotto del luogo Corvo de Corvis, reintrodusse lo “ius prima noctis“, con il quale si accaparrava il diritto di giacere con ogni novella sposa del paese. Qualcuno ben presto si oppose a questa imposizione e uccise il barone a coltellate. rocca-scalegna-abbruzzoNon si sa chi di preciso compì l’atto: c’è chi dice che fu il marito di una giovane sposa che, travestito da donna, diede il ben servito al padrone del borgo; c’è, invece, chi afferma che fu proprio una sposa a uccidere Corvo. Fatto è che sulle mura della torre, crollata nel 1940, rimase impressa un’impronta di una mano bagnata con il sangue del signore. I più anziani raccontano di averla vista prima del crollo e di aver provato invano a lavarla via, ma questa tendeva sempre a ricomparire. Addirittura qualcuno sostiene che il pezzo di pietra con la mano impressa fosse rimasto intero. Non ci è dato sapere chi abbia ucciso il barone, però è bene ricordare che questo personaggio fu realmente esistito e che effettivamente aveva riportato in auge la famigerata legge.Descrivere la bellezza di questo luogo è impossibile; è più facile visitarlo per poterne assaporare le sensazioni e per lasciarsi estasiare dalla sua atmosfera.