Castello di Preci – Preci (PG)
Cenni Storici
La Valle ove sorge Preci collega la Forca di Ancarano a Ponte Chiusita, ed è caratterizzata dalla presenza di una moltitudine di piccoli centri dove sorgono splendide chiese ricchissime di opere d’arte.
La sua morfologia aspra, è mitigata da una rigogliosa vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea, anche se alcune specie ora sono scomparse, come la canapa che era coltivata in piccoli appezzamenti detti “canapine“.
In passato abbondavano anche le erbe medicinali, le cui proprietà curative furono note ai monaci orientali, che vissero in eremitaggio nella Valle, e successivamente ai Benedettini.
Tutta la zona è ricca di acque e molte sono le sorgenti a regime carsico che sgorgano copiose da imponenti formazioni di roccia calcarea.
Il territorio di Preci si estende dall’area sud-est del Parco Nazionale dei Monti Sibillini all’estremità nord della Valnerina, con un’altitudine che va da un minimo di 422 metri ai 1493 del monte Cavolese.
Buona parte di questo territorio conserva habitat di particolare pregio inseriti nella rete ecologica europea Natura 2000 e compresi tra i confini del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e i “siti di interesse comunitario” Valle Campiano e Valnerina.
La bassa densità demografica e le grandi distese di boschi consentono di godere di un paesaggio agricolo di rara bellezza, dove ancora sono rintracciabili piccoli residui di viti “maritate” (sostenute da alberelli di acero), mantenute per rispetto della tradizione.
Una straordinaria varietà di orchidee selvatiche è rinvenibile lungo la fitta rete di percorsi escursionistici della Valcastoriana.
Secondo la tradizione fu fondata dal monaco siriano Eutizio alla fine del V secolo d. C.
La presenza in quell’epoca di numerosi eremi pre-benedettini è testimoniata nel Dialogorum Libri di San Gregorio dell’anno 594 d. C. ed è probabile che il primo insediamento sia sorto intorno ad uno di questi eremi, da cui probabilmente ne assunse il nome “Preces“, cioè preghiera.
Ai tempi dei Longobardi, Preces faceva parte del Gastaldato di Ponte governato dai duchi di Spoleto.
Eletti in seguito dagli imperatori, i duchi governarono la Valnerina fino a quando Papa Innocenzo III, nel 1198, annesse ai domini della Chiesa il Ducato affidandone la reggenza a “rettori” di nomina pontificia.
Preci,non ancora cinta da mura, era tra i luoghi che pagavano a Spoleto il tributo del fodrum.
Il primo documento nel quale si trova esplicitato il nome Preci risale al 1232.
Il castello fu eretto nella seconda metà del XIII secolo, tra il 1259 e il 1288, a protezione del villaggio sito nel punto d’incontro tra il percorso per Visso e quello per la Valle Oblita, l’antica villa, ora castello di pendio, cambiò il nome in “Castrum Precis“.
Inizialmente continuò a far parte dei possedimenti di Spoleto per poi passare, nel 1276, sotto l’autorità comunale di Norcia, che in quegli anni era in piena fase di espansione territoriale e che estendeva la sua signoria anche ai castelli di Roccanolfi, San Marco, alla Valle Oblita e a quelli prima soggetti all’Abbazia di Sant’Eutizio: Campi, Abeto, Todiano, Colle di Presenzano.
Nel 1328 fu semidistrutta da un violento terremoto che causò la morte di quasi tutti gli abitanti e degli animali.
Prontamente ricostruita, Preci fu spesso coinvolta nelle lotte di potere tra l’autorità pontificia, il Comune di Norcia e le signorie di potenti famiglie.
Nel 1329, papa Giovanni XXII chiese a Norcia la restituzione del castello di Monte San Martino ma, approfittando della presenza degli imperiali di Ludovico il Bavaro, i nursini rifiutarono.
Giovanni d’Amelio, rettore di Spoleto, riconquistò il castello occupando Collescille e Campi.
I contingenti nursini, in risposta, cinsero d’assedio Campi, presero prigioniero Amerigo de Savignaco capitano delle truppe spoletine e riconquistarono Collescille.
Nei difficili rapporti col papato, per secoli Preci rimase quasi sempre fedele a Norcia: una pergamena del 1379 documenta il giuramento pronunciato dal procuratore della rocca Egidio Accoramboni dinanzi al podestà Gentile da Varano, duca di Camerino.
Nella prima metà del ‘400, assieme a Norcia, Preci sostenne i Varano di Visso che tentavano di affrancarsi dal giogo papale, inviando soldati in soccorso della città assediata.
La caduta di Visso, la resa di Mevale al legato Nicolò Piccinino e la firma del trattato di pace provocarono, nel 1438, l’intervento delle compagnie di ventura di Francesco Sforza, ribelle alla Chiesa, che occupò i castelli di Riofreddo, Mevale, Preci, Roccanolfi, Montebufo, Abeto e Todiano imponendo a Norcia un riscatto di 10.000 fiorini.
Nel 1442, con la collaborazione di truppe napoletane, Piccinino occupò Norcia ed ebbe ragione dell’indomita Visso costringendola ad arrendersi al re di Napoli Alfonso di Aragona.
Nel 1495, assieme a Riofreddo, Collescille, Forsivo e Triponzo, il castello di Preci si ribellò a Norcia divenendo rifugio di sediziosi banditi.
Durante la legazione del Card. Bonifacio Ferrer (1524-1528) Preci dette asilo all’esule Rodolfo Varano e alla consorte Beatrice, sorella di Sciarra Colonna capitano di Carlo V, messi al bando per aver tentato di riconquistare il Ducato di Camerino.
Cinta d’assedio dalle truppe pontificie, Preci fu difesa con valore da Pietro Antonio Cattaneo fino a quando, privi di cibo e acqua, gli assediati tentarono nottetempo la fuga per la porta di Santa Croce. Tradito da una spia, il duca fu fatto prigioniero assieme ai consiglieri del castello e ai massari; Beatrice Colonna trovò rifugio a Roma.
Papa Clemente VII concesse il restauro della rocca sconvolta dai combattimenti.
Nel 1527, un gran numero di ribelli a Norcia trovò asilo a Preci trasformandola di nuovo in focolaio di continue razzie.
Norcia si rivolse allora a Pompeo Sciarra Colonna perché ristabilisse l’ordine; questi, non avendo ottenuto i 5.000 ducati richiesti per le paghe dei soldati, iniziò a saccheggiare campagne e borghi assieme ai ribelli risparmiando Preci per riguardo alla sorella Beatrice.
L’anno seguente, dopo mesi d’assedio, le truppe di Norcia espugnarono il castello di Preci e, per ordine del legato pontificio Card. Francesco Armellini, lo distrussero fin dalle fondamenta.
Fino al 1533 fu vietato agli abitanti ricostruire case dentro la cinta muraria.
I fautori della ribellione furono banditi e esiliati nell’impervia Castelluccio, da cui ne derivò l’antico nome di Castel Precino.
Nel 1533 il Pontefice Paolo III acconsentì alla ricostruzione di Preci a condizione di una definitiva riconciliazione con Norcia.
La ricostruzione avvenne l’anno seguente a spese della Camera Apostolica.
La riedificazione del Castello coincide con l’accrescersi della fama dei medici Preciani in tutta Europa; Preci iniziò a godere di prosperità e benessere anche grazie al cospicuo flusso di pazienti diretti alla sua celebre scuola chirurgica specializzata in oculistica, trattamento delle ernie e cura del “mal della pietra“: la “litotomia“.
Le origini della scuola chirurgica, attiva fino alla metà del Settecento, risalgono agli “infirmarii“, monaci dell’Abbazia di Sant’Eutizio cui la Regula benedettina imponeva “prima e sopra d’ogni cosa la cura dei malati“.
È però plausibile che, nel generale disastro prodotto dalle invasioni barbariche, le comunità anacoretiche attive nella Valle Castoriana dalla II metà del V secolo praticassero già, pro salute populi, medicina ed erboristeria.
Forse le origini risalgono ancor più lontano come suggerisce l’antico nome della valle castoriana, memore d’un culto a Castore e Polluce, divini gemelli protettori della salute cui si sostituirono in epoca cristiana Cosma e Damiano, santi patroni della schola medica di Preci.
Nel Rinascimento, illustre caposcuola fu Durante Scacchi, autore del Subsidium Medicinae (1596) tradotto in volgare nel 1609.
Altro celebre trattato, dedicato alle operazioni di oculistica e litotomia, fu quello di Girolamo Marini edito a Roma nel 1723.
I discepoli della scuola chirurgica di Preci, appartenenti a una trentina di famiglie, oltre che in Italia, esercitavano la loro professione in Francia, Germania, Inghilterra, Austria, Turchia e Dalmazia.
Fra i pazienti più illustri dei chirurghi di Preci si annoverano Elisabetta I di Inghilterra, l’Imperatrice Eleonora Gonzaga a Vienna, il Sultano di Costantinopoli e il Duca d’Austria.
La parte alta del castello ospita ancora le dimore delle famiglie Scacchi e Mensurati.
Celebri i ferri disegnati dai chirurghi di Preci, prodotti da abili artigiani locali, dei quali si conserva un ricco corredo nel Museo della Chirurgia.
Grazie a tale prosperità economica le facoltose e ricche famiglie dei medici fecero costruire da maestranze lombarde operanti nella zona, eleganti palazzi dentro le mura del nuovo castello.
Anche l’edilizia minore si sviluppò, non priva di interessanti elementi architettonici.
Il 5 novembre 1599 vi fu un’altra intesa scossa sismica, con repliche che proseguirono per tutto il mese di gennaio del 1600.
Il 14 gennaio 1703 anche Preci fu severamente danneggiata da quello che è ricordato come uno dei più rilevanti eventi sismici del nostro territorio “Le Preci contado di Norcia = anime 500. Morti 1. Notabilmente scosso“.
Gli effetti di questo disastro perdurarono a lungo e innescarono anche una notevole crisi economica, con consistente incremento dei flussi migratori e crisi demografica.
Ad aggravare la situazione sopraggiunsero altre scosse di rilevante entità il 27 giugno 1719, il 12 maggio 1730, vi fu una vittima a Preci, gravemente danneggiato ed esentato per 10 anni dal pagamento dei pesi camerali.
Un ulteriore evento sismico, ancorché meno catastrofico dei precedenti, è documentato in data 3 settembre 1815.
Proclamato comune dello stato pontificio nel 1817 da Pio VII, ne entrarono a far parte le comunità di Abeto, Acquaro, Belforte, Collazzone, Corone, Montaglioni, Montebufo, Piè di Valle, Poggio di Croce, Roccanolfi, Todiano, Valle, Villa Collescille e Villarella.
Successivamente si aggiunsero Castelvecchio e Saccovescio; ha mantenuto la sua autonomia comunale anche dopo l’Unità d’Italia e lo è rimasto ai giorni nostri.
Nel 1859, a seguito di un ulteriore terremoto del 22 agosto le Autorità Pontificie, memori delle distruzioni derivanti dagli eventi sismici soprattutto del 1703 e seguenti,affidarono all’ingegnere Luigi Poletti l’incarico di coordinare le regole basilari dell’ingegneria antisismica del tempo, confluite nei primi regolamenti edilizi organici dei comuni della zona.
Tra il 1898 una nuova sequenza colpì per diversi mesi alcune località poste nei monti tra Visso e Sellano, interessando anche Preci.
In epoca più recente da ricordale l’evento del 2 dicembre 1974, quello ancor più violento del 19 settembre 1979 e la serie sismica iniziata col terremoto del 26 settembre 1997.
Nel corso dei secoli Preci ha quindi subito molti danni dai frequenti terremoti, disastrosa l’ultima serie, iniziata il 24 agosto 2016, e culminata con la tremenda scossa del 30 ottobre, che ha raso al suolo gran parte del più fulgido gioiello di Preci, l’Abbazia di Sant’Eutizio; però grazie all’opera di prevenzione e di rispetto delle norme antisismiche, ai pronti interventi di messa in sicurezza da parte dei Vigili del Fuoco. non si sono avuti morti o feriti.
Aspetto
L’abitato di Preci, ha mantenuto il suo aspetto cinquecentesco, tipico, dei villaggi fortificati costruiti sulle alture; molto raccolto, è attraversato da una ragnatela di stradine che, tortuosamente, si inerpicano e confluiscono nella sommità del villaggio, ove si erge il palazzo comunale, nella parte retrostante si trova la Chiesa di Santa Caterina.
La piazza principale è dominata dalla Pieve di Santa Maria, edificata nel XIII secolo dai monaci di Sant’Eutizio.
Fuori della cinta muraria, nell’insediamento abitato sorto come borgo commerciale del castello già in epoca cinquecentesca, da visitare il Molino di Borgo Garibaldi, oggi sede di un utile infopoint per i turisti, e la chiesa seicentesca della Madonna detta della Peschiera.
La costruzione si trova lungo la strada che collegava il borgo con il castello, prende il nome dagli allevamenti di trote che ancora oggi costituiscono, insieme alla lavorazione e stagionatura del prosciutto, una delle principali risorse economiche di Preci.
Sono ancora visibili i canali di adduzione dell’acqua e le due vasche per l’allevamento delle trote.
La chiesa fu probabilmente edificata su un antico oratorio nei primi anni del XVII secolo.
Il vescovo Lascaris, nel 1712, definì la Chiesa della Madonna della Peschiera di ampia e bella struttura, con un’unica navata e tre altari, dedicati al Santissimo Salvatore, alla Vergine di Loreto e, quello maggiore su cui era posta l’immagine venerata della Madonna; tuttavia rilevò che le condizioni degli arredi erano pessime e diede ordine di controllare i libri d’amministrazione dei santesi.
Architettonicamente l’edificio, costruito sopra una sorgente, ora posta all’esterno della parte absidale, in seguito all’apparizione della Madonna ad una giovinetta sordomuta del luogo, si presenta a pianta quadrata con corpo avanzato verso l’ingresso, mostra un bel portale rinascimentale ed un altare maggiore barocco decorato da un dipinto a fresco della titolare, di epoca cinquecentesca, attribuito a Fabio Angelucci da Mevale.
Lungo la strada per Campi si trova la modesta Chiesa dei Santi Silvestro e Gaetano, ora trasformata in abitazione privata.
Sull’architrave del portale si legge una dedica a Carlo Antonio Mensurati, sotto la data 1696.
Fonti documentative
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FABBI A. Storia dei comuni della Valnerina Abeto (PG), presso l’autore, 1976
FAUSTI L., I Castelli e le ville dell’antico contado e distretto della città di Spoleto, Editoriale Umbra, Perugia, 1990
FAUSTI L., Le Chiese della Diocesi di Spoleto nel XIV secolo secondo un codice del XVI secolo, Archivio per la storia ecclesiastica dell’Umbria, Foligno, 1913
GENTILI, GIACCHÈ, RAGNI, TOSCANO, L’Umbria – Manuali per il territorio – La Valnerina, Il Nursino, Il Casciano – Edindustria Roma, 1977
GUERRINI G.,Le chiese di Santa Maria
Sacra visita di Carlo Giacinto Lascaris vescovo di Spoleto, 1715, in Archivio Storico Diocesano di Spoleto
Sacra visita di Pietro de Lunel vescovo di Gaeta, 1571, in Biblioteca Comunale di Foligno
SANSI A., Storia del Comune di Spoleto, Accademia Spoletina, Spoleto, 1876
SANSI A., Studi storici, Accademia Spoletina, Spoleto, 1869
SPERANDIO B., Chiese romaniche in Umbria, Quattroemme, Perugia, 2001
TABARRINI M., L’Umbria si racconta, Editoriale Umbra, 1982
PRECI Oltre il sisma a cura di Rita Chiaverini
http://www.comune.preci.pg.it/page.asp?c=4&r=&tipor=0
http://www.lavalnerina.it/comuni/36/Preci.html
http://borghipiubelliditalia.it/project/preci/#1480496816106-48a7f6ef-54ab
http://www.marcovalentini.it/schede%209/Preci.htm
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
Da vedere nella zona
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Abbazia (Lebbrosario) di San Lazzaro in Valloncello
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Castello di Todiano