Castello di Popola – Foligno (PG)
Cenni storici
Lungo l’antica via della Spina a metà strada tra Colfiorito e Verchiano, ad una altezza di 848 metri, posto su di uno sperone che domina la pianura circostante, si trova il castello di Popola. Poche sono le notizie giunte fino a noi circa le sue origini, ma poiché l’altipiano circostante rappresentò fin dalla preistoria un punto nodale degli itinerari transappenninici, si presume che esso sia sorto su un preesistente castelliere antecedente all’anno 1000. La stagione dei castellieri infatti si protrasse fino al XIII secolo, allorquando gli abitanti abbandonate le alture, si riversarono lungo le pianure e le valli circostanti in cerca di terre fertili.
Ed è da qui che ebbero origine le così dette ville.
Alcune di queste comunità però, che si pensava potessero svolgere ancora un ruolo di primo piano nella strategia militare, vennero incastellate, furono cioè munite di mura e torri allo scopo di crearne fortezze atte ad accogliere gli abitanti di pianura in caso di pericolo, ma anche e soprattutto per controllare militarmente le grandi vie di comunicazione dell’epoca.
Ed è tra queste che si colloca Popola ed il suo castello.
Secondo alcuni il nome deriverebbe dalla parola “Popoli” riferito ad Annibale che qui portò i Cartaginesi allo scontro con le truppe di Centenio nel 217 a.C. e la stessa adiacente frazione Fraia pare derivi da “Afros” riferito sempre ai Popoli africani del Cartaginese; altri toponimi si farebbero derivare dallo scontro quali per esempio il colle l’Aia dei Cavalieri.
Vale la pena infatti ricordare che qui si combattè una cruenta battaglia tra i Romani ed i Cartaginesi il 26 giugno 217 a.C nel corso della seconda Guerra Punica con l’annientamento dell’esercito romano; lo scontro avvenne nella breve pianura tra Popola e Cesi, detta Valletta di San Martino.
Durante i lavori agricoli che vengono operati nella zona facilmente affiorano piccoli oggetti di quel fatto memorabile; verso la metà del ‘700, operai del comune di Foligno, nel costruire la strada per Popola, rinvennero una vastissima e profonda fossa, ove, frammisti insieme, giacevano grandi quantità di ossame umano e di cavallo, ed anche spade, corazze, elmi, lance, resti di selle, briglie e staffe (relazione del Prof. Antonio Maneschi).
Il castello fu costruito su di un preesistente insediamento, fu acquistato dai folignati nel 1264 ed ebbe un molo rilevantissimo durante la dominazione dei Trinci (1305-1439). Dal castello di Popola proveniva Mons. Giovanni Angeletti vescovo di Foligno dal 1364 al 1397.
Essendo anche tale castello considerato di confine, non gli furono risparmiate continue scorribande da parte dei vicini. L’ultimo attacco subito del quale si ha notizia certa è del 1462, allorquando mentre Spoleto tentava l’ennesimo attacco a Roccafranca, i soldati dei Varano di Camerino apportavano gravi danni ai castelli di Colfiorito e Popola, tanto è vero che da parte di quegli abitanti, si era prospettata l’idea di abbandonarli.
La fine delle beghe confinarie, si ebbe dopo l’intervento di papa Adriano VI, che nel 1522 con un breve ordinò la repressione dei misfatti e fece mettere a punto i Capitoli riguardanti i Castellani da una commissione formata da Girolamo Baldoli, Giulio Maccioni e Cesare Merganti.
La stessa definì una volta per tutte i confini tra i territori di Foligno, Spoleto e Camerino. L’ambito di giurisdizione del castello di Popola fu il castello medesimo, Macchia, Fragaia e sue pertinenze. Successivamente con l’avvento diretto dell’Amministrazione pontificia, anche il castello di Popola, non ebbe più ragione di esistere.
Dopo un lungo periodo di abbandono, papa Pio VI donò lo stesso alla famiglia folignate dei Barugi, insignita nell’occasione del titolo di marchesi. Antonio, Domenico e Girolamo Barugi nel 1780, restaurarono la torre poligonale quasi completamente distrutta (turrim et mocnia vetustate corrupta), nonché le mura castellane.
Il castello a pianta quadrangolare era difeso da quattro torri, delle quali attualmente rimane in piedi solo quella affiancata alla porta di accesso.
Nel Catasto Gregoriano il palazzo di 960 metri quadri è classificato come “casa da villeggiatura” del Marchese Girolamo Barugi che possedeva nei territori di Rasiglia, Volperino e Roccafranca 162 ha di terreno per la maggior parte seminativi.
Nel Catasto Fabbricati dell’Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette di Foligno è ancora classificato come “casa da villeggiatura” con 13 vani.
Con l’estinzione della nobile famiglia Barugi, la proprietà del castello passò alla Congregazione di Carità di Foligno, la quale per alcuni anni lo adibì a colonia estiva per gli orfani. Successivamente fu venduto a cinque proprietari diversi, due dei quali lo abitano stabilmente, mentre gli altri lo utilizzano come residenza secondaria.
Condizione attuale
Il castello era difeso da quattro torri attualmente rimane in piedi solo quella affiancata alla porta d’ingresso mentre sui ruderi di una seconda è stato costruito il campanile della chiesa.
Le mura sono a tutt’oggi ben conservate, ad eccezione di un tratto demolito sulla parte orientale.
Entro di esse sorge la chiesa parrocchiale tuttora consacrata e agibile.
All’interno della chiesa si può ammirare un bell’affresco del XV secolo raffigurante Gesù in croce tra S. Giuseppe e la Madonna, attorniato da quattro angeli, due dei quali raccolgono in una coppa il sangue che sgorga dalle ferite delle mani del Cristo.
Attualmente, dopo il tremendo terremoto del settembre del 1997 durante il quale subì ulteriori danni, il castello è in fase di ristrutturazione.
Lapide della Porta
In essa si parla del castello, edificato dai folignati nel 1264, donato da papa Pio VI alla famiglia Barugi, (nell’occasione insignita dallo stesso del titolo di marchesi), nonché dei fratelli Antonio, Domenico e Girolamo Barugi che ne riedificarono la torre poligonale e ne restaurarono le mura nell’anno 1780.
La lapide testualmente recita:
PIUS VI PONT. OPT. MAX.
BONO REIP. NATUS
CASTELLUM QUOD FULGINATES
AD TUTANDOS REGIONIS FINES
AN. MCCLXIV EXTRUXERANT
URBANI FEUDI IURE DECORAVIT
ET NOBILI BARUSIAE GENTI
EIUSQUE POSTERIS PERPETUO ADDIXIT
GERMANI FRATRES HIERONIMUS ANTONIUS
ET DOMINICUS MARCHIONES BARUSU
CLEMENTISSIMI PRINCIPIS BENEFICIO DEVINCIT
TURRIM ET MOENIA VETUSTATE CORRUPTA
RESTITUI EXORNARIQUE CURABUNT
AN.R.S. MDCCLXXX
“Papa Pio XI Pontefice Massimo nato per il bene della Repubblica decorò con il privilegio di feudo urbano il castello che i folignati avevano innalzato nell’anno 1264 per difendere i confini della regione e lo assegnò per sempre alla stirpe degli abili Barugi e ai loro discendenti.
I fratelli Germani di padre e di madre Geronimo, Antonio e Domenico Barugi soggetti al beneficio dell’indulgente principe avranno cura di ricostruire ed abbellire la torre e le fortificazioni rovinate dai tempo. Anno 1780“.
Una contestazione per motivi di confine
Una delle vicende più dolorose che accese gli animi di vendetta e di sangue tra le miti fazioni di Popolo e Cesi fu quella del 6 maggio 1650.
A mezza strada tra Cesi e Popola scorre un rigagnolo chiamato volgarmente “Rio” che segna i confini di due province Umbria e Marche, di due diocesi Foligno e Camerino e di due comuni Foligno e Serravalle del Chienti.
Su questo fiume erano solite andare a lavare i panni le donne dei due paesi e il 6 maggio 1650 alcune di esse, tanto di Popola che di Cesi, imbiancavano il bucato.
Ad un certo punto le donne di Cesi non potendo stendere i panni al sole per asciugarli perché i prati e le siepi erano occupate da quelli di Popola reagirono malamente affermando che Popola non aveva il diritto di lavare i panni in quel ruscello.
La rissa si accese così tanto che cominciarono a volare stracci e ceffoni fino a che gli uomini del paese sentendo le urla accorsero e la rissa si ampliò così tanto che nello scontro rimasero uccisi sei uomini.
Questo portò ad una tensione tale tra i due paesi che nessuno poteva più oltrepassare il suddetto confine segnato dal Rio.
Per risolvere la questione intervennero quattro cardinali dei quali si ignora il nome per comporre le pace tra le due fazioni.
D’accordo fu stabilito che sul posto dove avvenne la strage si erigesse un’edicola dedicata alla Madonna della Concordia avendo genuflessi ai piedi S. Feliciano protettore di Foligno e S. Venanzo di Camerino.
Ancora oggi per ricordare la pace fatta fra i due paesi il 6 maggio da Popola parte una processione
Che dal paese arriva al Rio durante la quale si intonano le litanie dei santi.
Raggiunto il “Rio” al grido “Ave Maria del mazziere” tutti si inginocchiano incominciando le litanie Lauretane mentre Cesi, fino a quando la processione di Popola non si perde di vista deve suonare a distesa le campane.
Bibliografia
Santuari e Castelli del Folignate e della Valtopina di Capodimonti Sandro edizioni Dimensione Grafica
http://www.lamiaumbria.it/scheda_comuni.asp?pag=1842
Autori vari – Rocca di Popola dal terremoto alla ricostruzione, storia di un ambiente ritrovato