Castello di Pietralunga – Pietralunga (PG)

Pietralunga è una tappa, del sentiero francescano che si sviluppa dalla Verna ad Assisi.

 

Cenni Storici

Il paese si erge maestoso a 565 m. s.l.m. sulla valle dove scorre il fiume Carpinella circondato da una vasta area montana ammantata di boschi e priva di centri abitati di una certa rilevanza.
Negli atti civili, Pietralunga è nominata solo nel secolo XI, mentre lo è molto prima in quegli ecclesiastici.
Materiale ritrovato nei secoli scorsi, fa pensare a insediamenti pre-umbri, lungo il torrente, di pastori, un po’ più in basso dell’attuale paese.
Del periodo etrusco resta il famoso flauto pietralunghese, “Flauto su tibia umana“, conservato al museo etrusco di Perugia.
Queste zone furono occupate dai celti, fino dal III secolo a.C., lasciando l’impronta nel dialetto, oggi classificato come gallo-italico.
La fondazione del centro urbano col nome di Tufi(ernu), tuttavia, la si fa risalire al popolo Umbro.
Nel periodo romano, il più florido, è conosciuta col nome Forum Concubiense o Conculpiense, o Concubicurtium, dato dagli stessi dopo la battaglia di Sentino (295 a.C.); era collocata nei pressi di Ca’ Bartolla e l’oppidum dei foroiulienses cognomine concupienses, elevato a Municipium nell’età Augustea, è citato anche da Plinio nella “Naturalis Historia“; fu stazione commerciale assai importante, per cui cambiò nome in Forum Julii.
Del periodo romano restano significative testimonianze, come ville, acquedotti, “fistulae acquariae“, monete ed importanti strade (diverticula), delle quali tre tratti interamente basolati; un tubo dell’acquedotto reca questa iscrizione: Phosphorus C.N. Pedi Kari. Ser. Fec.
Dell’affermazione del Cristianesimo, ci è pervenuta notizia attraverso il martirologio di San Crescenziano, legionario romano al quale la leggenda Sacra attribuisce l’uccisione del drago (simbolo del paganesimo) alle porte di Città di Castello; venne martirizzato e a Pieve de Saddi; questa sorse, sopra un tempio romano, ed è la più antica chiesa della Diocesi di Città di Castello, comunque nella zona la nuova fede era già bene organizzata già nel 416.
Durante l’infuriare dei barbari, come la vicina Tiferno e Fratta, furono rase al suolo da Totila, stessa sorte toccò anche a Pietralunga; venne riedificata (VI-VII sec.) più in alto, su una collinetta di tufo e per questo venne chiamata Plebs Tuphiae ed a questo periodo si fa risalire la costruzione della Pieve di Santa Maria e della Rocca Longobarda pentagonale (VIII sec.); il paese visse attorno alla Pieve, nell’ambito della diocesi di Tiferno.
Col passare dei secoli, il territorio pietralunghese divenne una terra popolata e florida ed il nome della città mutato in Pratalonga, (Leonardo in volgare la chiamava Pratomagno) dai pingui ed estesi pascoli che la circondavano.
Pratalonga visse molti secoli nell’ambito del distretto tifernate; al tempo di Arrigo IV (1050-1106), tentò di darsi un governo proprio con un console, o un vicario imperiale; ma poi rinnovò la sottomissione a Città di Castello con l’obbligo di fedeltà, milizie, gabelle, in cambio della protezione restandovi fino al 500.
A questo periodo risale lo stemma e il gonfalone della comunità: una piramide su solido piedistallo, con un cartiglio svolazzante: solida validis, coronata da corona baronale.
Città di Castello fortificò Pratalonga, che le serviva come punta avanzata contro il distretto eugubino e il Castello di San Benedetto, che era in quel territorio; fu proibito a quelli di Pratalonga di soggiornare nel territorio di Gubbio in tempi di sommosse.
La comunità fuse nel 1265 la campana del popolo con la scritta:
A Fulgure et tempestate libera nos Domine, comunitas Terrae Petrae Longae fecit“.
Cosi per la prima volta fu usato il nuovo nome di Pietralunga.
Verso il 1340, per breve tempo, fu comune indipendente con un capitano (che assumeva il titolo di barone), inviato da Città di Castello e “scelto dai cittadini originari, antichi abitanti della città, non familiari di alcun nobile, con l’autorità di giudicare fino a 100 fiorini, con l’appello al sindico maggiore di città, possa metter dazi, fare i mercati del giovedì, ecc.“.
Tale procedura perdurò fino al 1817, anno in cui Pietralunga, venne elevata al grado di Comune.
A questo periodo (sec. XIV) risale il fatto, storicamente provato, della Mannaja del boia, conservata ancora oggi dal 1334 presso la Cattedrale di Lucca, che si rievoca ogni anno ad agosto con il Palio della Mannaja.
La città restò quasi sempre guelfa tanto che Città di Castello inviò sul posto un forte presidio nel 1360 per difendere il castello da eventuali attacchi di ghibellini, allora molto prepotenti a Perugia; nel 1385 subì un lungo assedio degli Ubaldini, nobili ghibellini di Piobbico, che furono respinti.
In questo periodo divenne anche rifugio di fuorusciti.
Nel 1394 furono istituite le confraternite dei Disciplinati, del comune, del gonfalone e (forse) quella di Santa Maria dei Pucci; nel 1400 quella della Buona Morte e del SS. Sacramento.
Nicolò Piccinino, nel 1439 difese alcuni castelli umbri, tra cui Pietralunga dal potente esercito guidato dal cardinale Giovanni Vitelleschi, respingendolo, poco prima che egli stesso fosse battuto ad Anghiari (1440).
Nel 1808, durante l’occupazione francese, appartenne al cantone di Città di Castello, ma costò a Pietralunga la requisizione degli oggetti preziosi delle sue chiese, tra cui una lampada di argento di due chili della pieve, navicelle e calici.
Nel 1814 Pietralunga tornò al papa, comune autonomo mentre due anni dopo fu appodiata a quello di Fratta (Umbertide), cambiando spesso tipo di governo: ora ebbe un podestà, ora un vice governatore, ora tre uditori legali.
Solo nel 1847 la città tornò sotto il Comune tifernate; ora è un Comune autonomo.
Durante le due guerre mondiali la città pagò il suo tributo di sangue con i suoi oltre 100 morti, tanto che è l’unico comune in Umbria, decorato al Valor Militare e per questa ragione a Pietralunga è stato realizzato il Monumento Regionale al Partigiano Umbro.
 

Aspetto

Il borgo si mostra compatto, con le vecchie case addossate le une alle altre, raccolte attorno alla chiesa parrocchiale del ‘300 e ai ruderi della rocca, ancora racchiuso nelle mura medioevali.
Delle antiche 3 porte ne resta integra solo una quella esposta a nord chiamata del Cassino.
L’interno del nucleo abitato ha mantenuto l’aspetto medievale con vicoli stretti, antichi portali e scalinate nei vicoli che scendono verso valle.
 
 
 

La Rocca Longobarda

La base della torre pentagonale, che si eleva maestosa sulla piazza del paese è del periodo longobardo e sicuramente costruita per il controllo del valico.
L’antico maniero risale intorno all’VIII secolo d.C. e costituiva la sede gastaldale e avamposto militare; sembra che il castaldo longobardo fosse un certo Reginaldo, che si rese tristemente famoso.
All’interno della cinta muraria del fortilizio erano collocati il mastio, gli alloggi per le truppe, le cucine, le stalle ed il pozzo per il rifornimento idrico.
La struttura è stata più volte modificata nel corso dei secoli.
Originariamente il piano di campagna del Castello si trovava all’altezza della porta di ingresso che, come si può notare, corrisponde a quella della Pieve di fronte; il livello odierno più basso, è dovuto a scavi e rimozioni, eseguiti nel volgere del tempo, per costruire nuovi edifici.
 
 
 

Palazzo Comunale

Alla destra della chiesa si erge il Palazzo Comunale sul portale del quale si può ammirare un altro stemma dei Fiorucci, proveniente dalla chiesetta di Colle Antico ed inseritovi circa cento anni fa. Questo Palazzo è stato edificato, sopra una parte del mastio della fortificazione longobarda, tra il 1498 e il 1502, su commissione di Mons. Giulio Vitelli, come sede di rappresentanza dell’Arcipretura pietralunghese.
Successivamente, dal secolo XVII, venne utilizzato dal Sacro Ordine dei Cavalieri di Malta e fino al 1888, quando divenne sede del Municipio di Pietralunga.
All’interno, nelle sale più importanti, sono conservati alcuni camini sui quali è scolpito lo stemma della famiglia Vitelli.
Questa famiglia fu storicamente la più importante di Città di Castello; assunse la Signoria della città nel XV e XVI secolo e la abbellirono con numerosi edifici, il loro dominio arrivava fino a Pietralunga.
 
 
 

La chiesa del Gonfalone

Di fronte all’entrata del Campanile si può vedere, oggi non più officiata, la chiesa del Gonfalone dove, nei secoli passati, venivano celebrati anche i Consigli generali della Comunità e conservato lo stemma della stessa.
Oggi è usata come sala parrocchiale; al suo interno si conservano due dipinti mariani: il primo è la Madonna che regge un libro in mano e il Bambino, ai suoi piedi San Giovanni evangelista, Sant’Antonio da Padova e San Paolo con la spada il secondo è una Madonna in piedi con il Bambino che con una lancia trafigge il serpente, il tutto contornato da Angeli.
 
 
 

Convento di Sant’Agostino

La sua costruzione risale al XIII secolo, ma subì interventi strutturali nel 1441.
Nel XVII sec. il convento venne soppresso e trasferito a Cantiano, in provincia di Pesaro.
Questa entità ha svolto una funzione vitale nella vita sociale e religiosa della Comunità pietralunghese, qui, infatti, aveva sede anche la pubblica scuola, aperta nella metà del 1500, con regolari lezioni tenute dai frati agostiniani.
All’interno della Chiesa, sopra l’altare maggiore, era conservato il “Polittico” di Ottaviano Nelli, una delle migliori opere del pittore eugubino, che aveva dipinto qui a Pietralunga nel 1403 e che, dal 1955 è conservato presso la Galleria Nazionale dell’Umbria.
Gli agostiniani si trasferirono qui perché Pratalonga aveva raggiunto in quei anni un discreto grado di autonomia politica, economica e sociale; vi erano le condizioni adatte per garantire una sicura permanenza ai religiosi e le importanti via che vi passavano offrivano la possibilità di assistere i viandanti e propagare l’ordine religioso in altri luoghi dell’Umbria e delle Marche.
La struttura conventuale e la chiesa, sono stati restaurati e ristrutturati recentemente ed adibiti a Biblioteca Pubblica Comunale.
 
 
 

Il Carmine

Scendendo le scale, che costeggiano il convento, dove, sui muri delle case limitrofe, si possono notare le tipiche porte medioevali del “morto” (sempre murata, che veniva aperta solo per farvi passare i cadaveri) e del “vivo” (la comune porta d’ingresso), si perviene alla piazzetta del Carmine, dove un tempo, esistevano l’omonimo convento con lo “Spitale degli infermi” e la chiesa.
Da qui, continuando a scendere le scale, si arriva in Via dell’Ospedale così chiamata per la presenza dell’omonima struttura realizzata tramite il lascito di Giovan Paolo Paolucci, l’Ospedale, pur continuando a funzionare autonomamente, venne accorpato a quello di Città di Castello nel 1780, per ordine del Delegato Apostolico Gazzoli.
L’edificio, in parte di proprietà comunale, dopo un’accurata opera di restauro, è utilizzato quale sede del Centro di Documentazione Storica ed Archivio Storico di Pietralunga.
Tutta la via dell’Ospedale è interessante da vedere con i suoi edifici medioevali a schiera, con le case torri ed i suoi vicoli in salita che la raccordano al borgo superiore.
In fondo alle scale, guardando a destra si nota il luogo ove era collocata la seconda Porta di Pietralunga, chiamata “carraia“, perchè da qui avevano accesso i carri che trasportavano le merci e i prodotti commerciali ed artigianali.
 
 
 

Palazzo del Capitano del Popolo

Oltrepassato il giardino della Canonica, a destra sorge il Palazzo del Capitano del Popolo, edificato nei primi anni del’ 400, dove avevano sede il Capitano giusdicente, il Governo della cittadella ed il Tribunale civile e penale.
Nei fondi a piano terra erano collocate le patrie galere.
Nella parte posteriore del palazzo, recentemente restaurate e ben conservate, si possono ammirare le antiche mura castellane che cingevano tutto intorno.
Scendendo le scalette di Via Santa Maria, la cui originaria realizzazione risale al 1599, che collegano la parte superiore della cittadella alla via sottostante, ci troviamo in pieno centro storico, nell’odierno Corso Matteotti (già Via della Banca), fulcro delle attività commerciali ed artigianali della città fino agli anni cinquanta.
 
 
 

Palazzo dell’orologio

Si tratta del palazzo che ospita l’orologio e le campane comunali; in origine l’orologio era collocato sul vecchio campanile della Pieve (dal 1645), in seguito a disaccordi sorti tra l’arciprete e il governo della città, nel 1761, decise di spostare Orologio e macchinari, insieme a nuove campane, in questo palazzo.
 
 
 

Porta del Cassino

La Porta del Cassino è così chiamata perché, fungendo anche da posto di guardia, nei tempi passati vi era collocata la guardiola o cassino, dove i soldati a turno sorvegliavano l’accesso alla fortezza.
É l’unica rimasta, ben conservata, delle tre porte d’ingresso a Pietralunga.
Uscendo dalla porta, sulla parete a destra sono tuttora visibili le feritoie di difesa e di controllo, mentre su quella sinistra, due lapidi, con la seguente iscrizione:
Sumptibus Huius oppidi ac tributis aliorum subditorum locorum
ricordano il rifacimento delle mura castellane, avvenuto nel 1599, con il contributo della città e di tutti i luoghi ad essa sottomessi.
Dal balcone antistante, si può spaziare verso il verde panorama, che a Sud circonda Pietralunga, e scorgere, a metà costa del Monte delle Croci, immerso nella pineta, il moderno Complesso turistico di Candeleto e, a valle, la zona industriale ed artigianale

Secondo precisi canoni urbanistici, tutti coloro che esercitavano la stessa professione artigiana avevano bottega sulla stessa via; a Pratalonga esistevano quindi:
La contrada dei Fabbri e dei Macellai ancora visibili le insegne in via del Forno e nei pressi di porta del Cassino.
Quella dei Fornai – via del forno, dei falegnami – via di S. Agostino, dei pellai, tintori e Calzolai via di S. Agostino e via dell’Ospedale, dei mercanti, tessitori e banchieri – via della banca.
Pratalonga aveva due piazze quella religiosa difronte alla pieve di Santa Maria e quella politico-economica attuale piazza dell’orologio, attraversata dalla via principale, dove gli uomini sbrigavano gli affari pubblici e lavoravano nelle oscure botteghe.
Le donne ricche uscivano poco di casa, filavano tessevano e si facevano belle.
Le popolane si raccoglievano in strada filavano e spettegolavano in compagnia.
Al tramonto del sole la vita della cittadella si quietava, tutti si ritiravano in casa, perché le vie erano buie ed insicure, durante la notte passava la ronda.
Splendide feste rompevano la monotonia quotidiana, la più grande era quella di San Gaudenzio patrono di Pietralunga.
 

Fonti documentative

Mario Tabarrini – L’Umbria si racconta Dizionario P-Z – 1982

https://wikimapia.org/35606198/it/Palazzo-dell-Orologio

http://pietralunga.infoaltaumbria.it

https://it.wikipedia.org/wiki/Pietralunga

https://www.calino.it/Turismo/Umbria/Pietralunga.pdf

 

Mappa

Link alle coordinate: 43.441877 12.435908

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