Castello di Monteruffiano – Magione (PG)
Cenni storici
Intorno al nome così singolare corre una leggenda che deriverebbe da un avvenimento amoroso e contrastato:
“un ragazzo invaghitosi di una pudica e bellissima signora, venne alla determinazione di rapirla. Ma dove portarla? Questa torre isolata non poteva essere che il luogo ideale.
Qui la poteva tranquillamente tenere nascosta e incontrarla segretamente.
E qui per qualche tempo si protrassero gli incontri amorosi fino a quando il marito scoperto il nascondiglio segreto, riportò a casa, impunita, la sposa infedele“.
Secondo altri si vuole invece che il nome derivi dalla sua particolare posizione e dalle peculiari caratteristiche della facciata che permettevano di spiare in qualsiasi direzione le mosse che i nemici potessero fare per attaccarla.
Prima che le si attribuisse il nome attuale pare che fosse chiamata “Torre di Monte Reale“.
In realtà il toponimo potrebbe essere di origine romana e derivato dal nome Rufus, forse proprietario del piccolo monte e costruttore della prima torre di avvistamento (nell’antichità, infatti, il luogo era denominato Mons Rufianus o Rufinus) o derivante dall’estensione al castello dell’intitolazione della chiesina che vi era preesistente: San Rufino de Forcella lacus (punto di congiunzione delle strade sotto al castello).
L’origine romana, potrebbe essere confermata dal fatto che proprio in questo periodo, vennero erette a Passignano torri d’osservazione, fortificazioni e insediamenti romani e per la presenza nelle vicinanze di un’area archeologica di origine romana chiamata Quarantaia dove è venuta alla luce una vasta villa.
La fortezza, secondo i documenti a nostra disposizione, fu eretta dai perugini sulle colline tra Passignano, Castel Rigone e Magione prima dell’anno Mille sulla “via toscana“, l’unico passaggio, per secoli, dal centro Italia al nord e vi figurava una guarnigione di soldati per tenere a bada il confine con l’insidiosa Arezzo.
Era un luogo abitato non solo dai miliziani ma anche dalle loro famiglie: lo testimoniano i ruderi tra cui la vecchia cisterna abbastanza ben conservata e i resti che indicano l’esistenza di altre costruzioni come quella di un vecchio mulino a olio del quale si conserve la massiccia macina che, non si sa per quale accidente, giace in fondo al fosso sottostante.
In origine pare che all’interno del castello ci fossero ben 4 chiese di cui una inglobata nel piano terra del castello e un’altra più tarda ebbe il titolo di Parrocchiale dedicata e Santo Stefano fin dal 1238.
Nel 1014 Enrico II la sottomise all’abbazia di Farneta insieme a San Vito e San Donato e ogni anno dovevano alla Badia un canone di “dieci staia di grano e di quattro para di capponi“.
La conferma alla sottomissione di Farneta si ebbe con papa Gregorio IX con una sua Bolla vi sottometteva diverse chiese tra cui “Ecclesiam Sancti Stephani de Monte Ruffiano cum omnibus pertinentiis et iuribus suis..”.
Nel 1301 la comunità si ribellò a Perugia e nel 1380 faceva parte del contado di Porta Susanna.
Nel 1292 intorno al castello, era vivo un copioso agglomerato urbano, tanto da raggiungere il numero di 230 abitanti ma successivamente la sua popolazione diminuì per la struttura alquanto arcaica del fortilizio che lo rendeva poco difendibile.
Nel 1438 vi vivevano 9 famiglie che salirono a 13 del 1456.
Verso la fine del XV° secolo la sua popolazione si assesta tra le 110 – 130 unità.
Nel 1526 incominciando a perdere la sua importanza fu unita alla parrocchia di San Vito (che si trova a poca distanza nel versante orientale) con quella di S. Donato; tutte e tre le chiese divennero poi membri della Badia di Santa Maria di Val di Ponte, di cui era abate il Cardinale Armellino di Perugia.
Questa chiesa aveva un discreto patrimonio e ne fu Rettore Don Camillo della Cornia fino al 1567.
Nel 1584 il Vescovo di Perugia nella sua visita pastorale ebbe la sgradita sorpresa di trovarla con il tetto completamente rovinato: ordinò che fosse demolito e rifatto.
Il suo quasi completo abbandono si ha dopo la “Guerra Barberina” (o guerra di Castro), avvenuta nel 1643 tra le truppe papali e quelle toscane del granduca Ferdinando II (in seguito alla quale Passignano fu ceduta al granducato di Toscana), nel villaggio ormai non c’erano più abitanti; la rocca veniva frequentata dai contadini locali perché al suo interno c’era una chiesa, dedicata a Santo Stefano, ancora oggi distinguibile al piano terra della costruzione.
Mentre Monteruffiano andava perdendo d’importanza come luogo fortificato rimaneva sempre un centro di rilievo per il numero consistente di fedeli che lo frequentavano.
Si sa che nel 1763 vi si celebravano tutte le funzioni parrocchiali e con particolare solennità si veneravano alcuni Santi per i quali gli abitanti del luogo avevano una particolare devozione.
Agli inizi dell’800 vi accorreva ancora una gran folla, proveniente da ogni parte per onorare l’immagine su tela di Sant’Antonio da Padova (13 giugno) e per ricevere, con grande devozione, l’elemosina del pane benedetto.
Alla metà del secolo scorso e precisamente nel 1844 la chiesa aveva subito delle modifiche sostanziali; era stato eretto un divisorio dinanzi all’altare per ricavarne una camera o una cucina colonica.
Essa conservava sempre i suoi beni e il parroco dia San Vito si recava ugualmente a celebrare qualche funzione religiosa, poiché si conservava sempre la pietra consacrata.
Sopra la porta d’ingresso si leggeva: “Ecc. D. Stefani – Unita S. Vito“.
Nella cella campanaria vi era una campana in cui era scritto: “Nicolae Benadicti de Cortonia me fecit. A. MCCCCVII“.
Il castello ed i suoi terreni nell’800 ne furono proprietà della contessa Anna Baglioni Baldella e nella prima metà di questo secolo tra i vari proprietari il più sensibile fu Carlo Gogoli di Bologna che considerando ancora ospitale il luogo e la vecchia Torre la rese abitabile al piano terra ripulendola di tutte le macerie che vi si erano ammassate.
Sistemò le inferriate e chiuse l’ingresso con una porta massiccia; la stanza ben mobiliata accoglieva brigate di amici.
Ora di tutto questo non vi è traccia e rimane li isolato in compagnia delle cornacchie di giorno e di gufi e civette di notte, completamente abbandonato in attesa che i secoli e l’inclemenza del tempo lo distruggano fino a renderlo un cumolo di pietre.
La Leggenda
Questo luogo così lontano dalla principale via di comunicazione e nascosto da una fitta vegetazione alimentò molte fantasticherie.
I contadini durante la settimana santa vedevano dei lumi nella notte e così fitti da sembrare una processione.
C’è un crocevia nei pressi della torre che è chiamato ancora “l’incrocio delle streghe” perché era credenza popolare che nella notte di San Giovanni, il 24 giugno, a mezzanotte, esse vi tenessero convegno.
Per questo il rudere è anche chiamato “La torre delle streghe“.
Aspetto
Di tutto l’agglomerato urbano, le attività produttive e la chiesa sopravvissute fino alla fine dell’800 non rimane traccia solo ammassi di rovi e pietre, la massiccia torre è monca del terzo piano da circa due secoli e sta per essere sopraffatta dalle piante infestanti che nella facciata sud sono arrivate fino in cima.
Nel piano terra è rimasto abbastanza integro il locale voltato della chiesa con il pavimento originale in lastre di pietra, anche se vandali hanno cominciato a scavare buche.
All’interno della parete nord-est è evidente un condotto che corre dentro il muro che scende dai piani alti e sicuramente aveva il compito di scarico delle latrine dei piani superiori ora crollati.
Nel piazzale antistante fra le sterpaglie ed i rovi è ancora in buono stato la cisterna per la raccolta delle acque (ancora presenti) che conserva una muratura circolare sotterranea in pietra di straordinaria fattura.
Fonti documentative
Publio Trento Bartoccini – Castelli e Isole del Trasimeno -1974
M. Tabarrini – L’Umbria si racconta Dizionario – 1982
http://www.perugiatoday.it/cronaca/viaggio-umbria-nascosta-castello-monte-ruffiano.html
http://www.umbriamo.it/rudere-monte-ruffiano-la-torre-delle-streghe/
http://www.montitrasimeno.umbria.it/it/monte_ruffiano
http://www.turismocongusto.it/news/leggi/562/Le-streghe-di-Monte-Ruffiano-nei-pressi-di-Passignano.html