Castello di Montenero – Todi (PG)
Cenni Storici
Il Castello di Montenero, uno dei tanti castelli medioevali diffusi nel territorio di Todi, sorge a 409 m.s.l.m., in posizione dominante sulle valli del torrente Naia e del torrente Arnata, lungo il quale si articolava il percorso della via Amerina.
Il luogo era abitato fin dall’epoca romana, vari reperti riaffiorarono fin dal XVII secolo, tra cui una lapide sepolcrale che recava il nomen della gens Papinia.
Secondo la leggenda il nome del castello deriva dal Monte Enea, mentre l’erudito tuderte Pirro Stefanucci lo ritiene edificato da una nobile famiglia perugina che qui si rifugiò.
Le prime notizie sono relative al 1292, nel Liber Focularium del comune di Todi dove viene citato come “Castrum Montis Nigri” come pertinenza del plebato di San Gregorio della Naia; l’insediamento contava ben quarantacinque fuochi, vale a dire circa duecento persone.
Nel documento è citato come “castro Montis Nigri“, pertanto nel secolo XIII l’insediamento era già fortificato.
In documenti del XIV secolo è attestata la presenza di una chiesa dedicata a San Salvatore.
La struttura attuale risale però al XV secolo, apparteneva ai Benedettoni e doveva essere tra i più forti e muniti insediamenti del territorio.
Nel corso del XVI secolo, il castello divenne proprietà della potente famiglia Lamberti di Todi, che lo trasformò in una dimora signorile.
Nel 1574 il Vescovo Camaiani trova l’antica chiesa parrocchiale di San Salvatore ridotta in pessimo stato al tempo della visita, fu poi abbandonata nel secolo XVII, cosicché la sede della parrocchia era stata trasferita nella chiesa di Sant’Antonio presso il castello.
Nel 1591 Lamberto Lamberti, signore di Montenero, Camerata e Tenaglie morì senza eredi maschi e nel suo testamento espresse la volontà di lasciare in eredità i suoi beni alla prima delle quattro figlie femmine che avesse avuto un figlio maschio, fino a tale evento i beni sarebbero rimasti possesso della seconda moglie, Elisabetta dei Macinara di Perugia.
Ereditò quindi il possesso di Montenero la terzogenita, Violante, sposatasi con Tarquinio di Santa Croce, Marchese di Patrica.
Dopo la prematura morte di Violante, il marito e i due figli Francesco e Gerolamo, reclamarono l’acquisizione del castello e della tenuta come liquidazione della dote spettante alla congiunta, nel 1605 fu stipulato un concordato fra i Santa Croce e le tre sorelle Lamberti con i rispettivi consorti, che rinunciarono ai loro diritti previa corresponsione, entro tre anni, di duecento scudi ciascuna.
Quattro anni dopo si rese necessario un nuovo concordato, poiché Tarquinio Santa Croce, a causa di un dissesto finanziario, non aveva potuto onorare il debito con le cognate; ma solo nel 1613 il Marchese di Patrica riuscì a corrispondere le somme dovute.
Nel 1618 l’intera tenuta fu acquistata per ventimila e cinquecento scudi, da Mercurio Accursi, esponente del ramo tuderte dei conti Accursi di Montecastrilli, che saranno iscritti alla nobiltà cittadina nel 1635 con titolo comitale.
La data 1663, incisa su una pianella di una delle sale, indica come in quegli anni fossero in corso dei lavori a castello.
Altra data, 1672, incisa su una pianella inglobata nella muratura esterna degli annessi, aggiunti in quegli anni.
Questo nuovo volume, con i suoi due piani d’altezza, fu ancorato alla mole del palazzo da una loggia sopraelevata, che si affaccia verso l’esterno, così da chiudere il nuovo perimetro attorno alla stretta corte interna.
Il palazzo rimase di proprietà della famiglia Accursi fino al 12 maggio 1881, quando fu venduto ad Angelo Cortesi per la somma di 370.000 Lire.
Angelo, assieme al fratello Giulio, era esponente della famiglia Cortesi, che dalla prima metà del ‘700 aveva espanso i suoi affari in tutta Roma arrivando nella seconda metà del ‘800 a possedere una flotta commerciale e svariati ettari, oltre alla coltivazione delle proprietà fondiarie delle grandi famiglie principesche romane, per non parlare delle proprietà nel centro di Roma e delle basi commerciali nei principali porti europei.
Angelo nacque a Roma nel 1845 ma il primo contatto suo e della famiglia con Todi avviene nel 1881, quando compra tutti i fondi rustici ed urbani della famiglia Accursi, il cui ultimo erede Aquilio si era sovra indebitato.
A ciò segui nel 1884 l’acquisto, dalla Congregazione di Carità, della Villa dei Cappuccini e di moltissime altre tenute, nel frattempo il fratello Giulio era morto nel 1880 nominandolo erede universale.
Proprio a Montenero inizia la più scabrosa parte della sua vita, non era un mistero infatti che il defunto Giulio avesse una amante di nome Letizia Veralli, cantante lirica romana di origini partenopee, ma la sorpresa arriva nel 1881 quando Angelo inizia a scambiare epistole in amicizia con la cara Letizia.
Amicizia che ben presto si trasforma in amore, mentre il fratello superstite Gaetano si avvicina ai parenti Guglielmi di Civitavecchia allontanandosi dalla considerata depravazione fraterna.
Dall’epistolario ci perviene un carattere scontroso di Cortesi, poco fiducioso del prossimo ed attentissimo all’amministrazione ed ai suoi “quatrini“.
Letizia prese a vivere more uxorio con Cortesi, legati da grandissimo affetto, fin quando ella non iniziò mostrare segni di depressione che scaturivano in continue crisi che peggiorarono negli anni, morì infine nel 1896, sotto i ferri di una operazione di applicazione di una sonda per alimentazione esterna per infarto.
Il Cortesi fu profondamente scosso e ciò peggiorò il suo carattere.
Morì infine a Roma il 10 febbraio 1917 assistito da Ettore Feroci, nipote di Letizia Veralli ed unico e stretto amico, lasciava parte di un palazzo ed alcuni locali a Roma, una cappella monumentale al Verano e 4 enormi poderi composti da Pantalla, Montenero, Collevalenza ed Orvieto per non parlare di pregiatissimi ori e suppellettili, il tutto passò al Comune di Todi con vincolo che venisse usato per la costituzione di un centro per inabili al lavoro e che le rendite dei terreni permettessero di dar lavoro a famiglie e pagare le cure ai bisognosi.
Unici desideri per la sua salma e il suo ricordo furono la sistemazione ed il completamento della cappella al Verano dove avere seppellita accanto a sé anche la salma di Letizia Veralli e la sistemazione di una sala “del museo” presso la sua residenza preferita di Montenero dove esporre le preziose collezioni di ori e altri oggetti.
Fu, a tale scopo, istituito l’Ente Morale intitolato a Letizia Veralli ed a Giulio ed Angelo Cortesi.
Il palazzo fu poi lungamente abitato dalle famiglie dei fattori che si occupavano della gestione dell’azienda agraria dell’Istituto.
Al termine della prima guerra mondiale parte del Castello fu utilizzato come luogo di custodia per i prigionieri di guerra, che si occuparono durante il loro soggiorno della piantumazione della Pineta di Montenero e che lasciarono i loro cognomi scritti sul camino, da una ricerca fatta su di essi risultano provenire in gran parte dalla Galizia, una regione compresa nell’attuale sud-ovest della Polonia.
Il Castello di Montenero, attualmente è proprietà dell’istituto Veralli-Cortesi, Ente di rilevanza storica fondamentale, proprietario di terreni in 7 comuni e di beni immobili sparsi tra Roma e l’Umbria trai cui il castello di Pantalla.
L’Istituto, comunemente chiamato solo Veralli-Cortesi insieme all’ETAB è una delle istituzioni storiche più importanti della città, nonché una delle più antiche ed importanti istituzioni per la cura e la difesa degli interessi dei deboli ed in, particolare degli inabili al lavoro.
Aspetto attuale
Il Castello si mostra oggi come uno tra i più suggestivi e meglio conservati dell’intero territorio tuderte. Circondato da una vasta pineta, presenta una struttura intatta nelle sue linee ed è sito al termine di un viale alberato al centro di un’ampia corte.
Restano, intorno alla superba mole architettonica, alcune vecchie casette, caratteristiche per certi archi quattrocenteschi e per i “pianélli“, pianerottoli in cima alle brevi scale esterne, spesso adorni di garofani e di maggiorana.
II Castello, nelle forme attuali, è spoglio di arredi e pavimenti, (pianelle accatastate) poiché ha subito, un importantissimo intervento di restauro post sismico ed ora è in queste forme, pronto per essere completamente riassemblato, solo dopo l’individuazione di una destinazione degna del luogo.
Si sviluppa su tre piani con stanze ampie e qualcuna ancora mantiene delle decorazione in affresco.
Altro edificio interessante è il grande stabile tradizionalmente chiamato Granaio del Castello.
Il lungo edificio appare nelle mappe catastali nel 1898 ed è opera della famiglia Cortesi: memorie tramandatesi oralmente raccontano che il corpo di fabbrica era stato originariamente progettato alcuni metri più avanti sulla piazza antistante il castello, scatenando le ire del parroco che, vedendo scomparire la facciata della chiesa dietro la sagoma del granaio, sollecitò l’intervento delle “Belle Arti” che fecero arretrare il fronte di fabbrica sull’allineamento attuale.
L’opera si uniforma ai canoni architettonici classici in chiave ottocentesca e propone nella facciata principale, prospiciente il castello, un primo ordine relativamente imponente, basato su tre grandi portali ornati da conci lapidei bugnati, ripetuti anche agli angoli e corredati di portoni in legno massiccio di disegno e fattura adeguati al contesto di una “villa” signorile rurale.
L’impianto planimetrico è costituito da due navate parallele, voltate con calotte a vela molto ribassate, realizzate in elementi di laterizio in foglio e poggianti su archi perimetrali in laterizio ai cui angoli si innestano i pilastri, sempre in laterizio, addossati ai muri portanti, come paraste, ma di sezione più affine a veri e propri pilastri.
Fonti documentative
AA. VV. Todi e i suoi circuiti del Paesaggio – AUR – Agenzia Umbria Ricerche – febbraio – luglio 2004 letto da http://www.aur-umbria.it/public/images/P18%20-%20300.pdf
PENSI – COMEZ Annuario di Todi per l’anno MCMXXVII, Todi 1927
MANCINI FRANCO Todi e i suoi castelli
ROCCHI BLIANCINI MASSIMO – L’acqua dei castelli
www.verallicortesi.it
https://jacopinodatodi.wordpress.com/