Castello di Montemigiano – Umbertide (PG)

Il castello è stato completamente restaurato le abitazioni sono del tutto state acquistate da persone straniere.

 

Cenni Storici

Il castello è arroccato su un colle posto alla sinistra del corso del torrente Niccone, ad un’altitudine di 424 m. s.l.m. con amplissima vista circostante sul corso del Tevere a diretta comunicazione con il castello di Montalto e Romeggio ad est mentre verso nord-ovest è posto in osservazione diretta di castrum Verne e Monte Castelli.
Il suo nome era “Monte Mixano” o “Monte Mezzano“, da cui Montemigiano e il suo ruolo era quello di presidiare l’ingresso verso la valle del Tevere nei pressi della confluenza tra Torrente Niccone, a sud, e lo stesso Tevere, ad est.
Una zona aperta a commerci di terra e di fiume per la propria vicinanza alla strada di collegamento tra il comune tifernate e quello perugino.
I primi proprietari del castrum risultano i marchesi di Colle sin dal XI sec. infatti in un diploma del 1162 emesso dall’Imperatore Federico I veniva eletto Uguccione di Filippo in qualità di “ducem, marchionem et comitem” di molte località della zona, è possibile ipotizzare che ne fosse parte anche Montemigiano, dato che più volte nei documenti i marchesi di Colle comparivano fregiati anche del titolo di “Montemigiano“.
Notizie più dettagliate si cominciano ad avere a partire dal ‘200 quando cominciarono a presentarsi rapporti conflittuali tra il comune di Città di Castello e Giovanni II, vescovo della città.
Le mire del vescovo Giovanni II infatti erano quelle di estendere i domini del vescovato in questa zona che però era di proprietà del marchesato di Colle il quale aveva fatto atto di sottomissione al Comune di Città di Castello in modo da mantenere l’autonomia del casato e ottenere tranquillità e stabilità per i propri beni.
Questa situazione di incertezza costrinse Ranieri marchese di Montemigiano a fare atto di sottomissione al Comune di Perugia nel 1216, temendo la perdita di propri terreni a favore del vescovato o del comune tifernate.
Tale sottomissione si protrasse per un decennio fino a che tornarono stretti rapporti con Città di Castello.
Gli scontri tra i marchesi di Montemigiano e il vescovato di Città di Castello si rafforzarono fino a che nel 1210 un tale monaco Ardemanno fece da giudice in Montemigiano tra il marchese Guido e i figli del marchese Uguccione e che decise una controversia in favore del vescovo di Città di Castello contro Bonaccorso di Civitella e suo figlio Bonamino.
Il 31 dicembre 1226 Uberto di Armanno, podestà di Città di Castello, e Bernardino di Bugiamonte, camerlengo della stessa città, vennero nominati giudici e sentenziarono che Montemigiano doveva riconoscere ogni anno l’autorità di Città di Castello.
La cerimonia fu fissata per il mese di agosto; nel giorno stabilito gli abitanti di Montemigiano dovettero versare otto libbre di buoni denari pisani, aggiungendo due soldi per ogni abitazione che possedevano a Città di Castello.
Oltre a ciò Montemigiano fu tenuto a cedere il castello al podestà tifernate in caso di necessità e ad addestrare soldati; i suoi consoli dovevano infine recarsi ogni anno a Città di Castello per giurare obbedienza alla città.
Le vicende storiche riguardanti i contrasti fra guelfi e ghibellini interessarono inevitabilmente anche Montemigiano il quale sotto il dominio di Guido del Monte, figlio di Ranieri vicino alla fazione guelfa, negli anni cinquanta e sessanta del Duecento, portò allo scontro con il comune di Città di Castello appoggiato dai ghibellini.
Dopo la distruzione di Collevecchio (1270), edificato nelle vicinanze del Colle di San Cristoforo, Montemigiano ebbe come signori i marchesi del Monte.
Gli abitanti di Montemigiano furono chiamati nel 1276 a contribuire per pagare 30.000 fiorini d’oro al vescovo di Siena.
Le complesse vicende che riguardarono Montemigiano nella prima metà del Trecento erano condizionate dallo scontro tra guelfi e ghibellini e del loro ruolo nei Comuni di Perugia e Città di Castello.
Podestà di Montemigiano, nel 1306 fu Oddo Fortebracci di Montone, che fece atto di sottomissione a Perugia.
Nel 1332 un gruppo di fuorusciti attaccò Montemigiano, e, con l’aiuto del traditore Piero di Bartolomeo, riuscì ad impadronirsi del castello.
Il marchese Carlo del Monte, nello stesso anno, venne riconfermato da Città di Castello difensore di Montemigiano e, l’anno dopo, i Tifernati riacquistarono la fortezza, che intanto i Perugini avevano venduto ad un certo Gualdo di Gubbio.
Conclusa la guerra, si stabilì, fra l’altro, che il castello doveva essere lasciato a Perugia o, se ciò non si poteva, essere retto e governato per dieci anni dai Perugini; se anche questo non fosse stato possibile, le due parti dovevano accordarsi per far sì che il castello, per dieci anni, si fosse retto da solo; scaduti i dieci anni sarebbe tornato sotto la giurisdizione di Città di Castello.
Dopo una fase momentanea di giurisdizione tifernate, nel 1351 venne ripreso da Perugia e rimase in suo possesso per lungo tempo, finché non lo affidarono poi ai marchesi del Monte, nemici in questo periodo dei Tifernati.
I marchesi del Monte, il 9 febbraio 1371, cedettero Montemigiano a Città di Castello, dichiarando che avevano provveduto ad occuparlo durante il periodo di crisi del luglio 1368 perché non venissero danneggiati i loro possedimenti e quelli tifernati.
Il Comune di Città di Castello, oramai sottoposto al dominio papale, apprezzando positivamente l’intenzione ed il gesto dei marchesi, provvide a condonare a loro e a tutti gli abitanti di Montemigiano le tasse decorse e non pagate.
Il 14 novembre 1358 il vescovo di Città di Castello Buccio accordò alla badessa e alle monache di San Sperandio di fondare a Montemigiano un altro monastero sotto il titolo di Santa Maria della Misericordia.
Per la costituzione di questa nuova comunità vennero utilizzati i beni che fra’ Bertolino laico di Montemigiano aveva lasciato per erigere un ospedale per i poveri.
Il vescovo stabilì che nel convento dovevano risiedere una badessa e quattro monache.
Nel 1476 gli amministratori tifernati nominarono Massimo Gualterotti capitano del castello di Montemigiano.
Città di Castello, nel 1482, era in lotta con il Papa poiché questi aveva negato il vicariato.
I soldati del Pontefice intervennero rapidamente devastando il contado della città; Montemigiano, nonostante fosse difeso da cento fanti al comando di Giovanni della Vecchia, fu occupato e la stessa sorte subirono molte case dei dintorni.
Il castello fu preso e incendiato l’11 luglio 1482.
Dopo questa successione di alterni avvenimenti, nel 1487 Montemigiano si trovava in pessime condizioni; occorreva restaurarlo e i suoi abitanti, per rimetterlo in efficienza, vennero esonerati dal pagamento delle tasse per dieci anni.
Mantenne la propria autonomia politica grazie alla presenza di magistrature interne, elette localmente con lo scopo di organizzare le vicende politiche, ma attenendosi sempre alla giurisdizione di Città di Castello.
Gli stretti rapporti tra papato e nobili tifernati condizionarono il secolo XV con numerose e vicendevoli incursioni fino a che Montemigiano rientrò, in qualità di feudo, tra i possessi della famiglia Vitelli di Città di Castello, come testimoniano la presenza di stemmi corrispondenti a questo casato nella canonica del nucleo castrense.
Nel 1571 le vicine chiesette di Santa Mana del Niccone (demolita qualche anno fa) e di Sant’Ilario di Montemigiano appartennero ai monaci olivetani; beni e chiese vennero trasferiti poi ai frati camaldolesi dell’Abbazia di San Salvatore di Monte Acuto (Monte Corona).
La storia recente è condizionata dalle vicende che hanno riguardato Città di Castello fino agli anni Cinquanta quando il borgo, a causa dello spopolamento, è rimasto abbandonato e da quel periodo incominciò un lento degrado.
Nei primi anni del 2000 è stato interessato da un lavoro di recupero e attualmente numerose case sono state acquistate da stranieri che vi passano le vacanze.
Memorabili erano le feste in onore della Madonna del Carmine (16 luglio) e di S. Antonio abate (17 gennaio) che richiamavano a Montemigiano una gran folla da tutto il circondario.
 

Aspetto

Il borgo è tenuto in una maniera eccellente, è attraversato da una sola stretta stradina che si sviluppa in maniera pressoché rettilinea da est ad ovest su cui si affacciano casette di piccole dimensioni attaccate tra loro formando due ali, con quella a destra molto corposa nella parte più alta dell’abitato.
Nella parte finale del castello, attaccata alla chiesa, esiste ancora una porta con la struttura ad arco attaccata alle mura.
E’ probabile che il castello fosse stato difeso da un fossato o una ripida scarpata che ancora oggi si nota fuori dalla porta nord.
Nella parte alta del borgo c’è un cortile interno totalmente pavimentato con conci regolari, aperto su di una piazza con largo terrazzamento affacciato sulla vallata in cui scorre il fiume Niccone da dove si può vedere l’ampio panorama ed i castelli di Montalto e Romeggio.
Sulla piazza svetta il campanile della chiesa della Madonna del Carmine (ma che in realtà è dedicata ai SS. Ilario e Nicola), l’altra chiesa dedicata a Sant’Antonio, protettore del castello, è sempre entro le mura ma più in basso, ora è sconsacrata e trasformata in civile abitazione.
Sulla parete del campanile è stato apposto un orologio al posto dove in origine vi doveva essere una meridiana.
A poca distanza dalla porta nella parte est è visibile una torre, seppure poco più alta delle mura.
Tutti gli edifici nel lato nord, comprese la torre e la porta con l’apposizione di ogni muratura corrispondente, costituiscono la medesima struttura perimetrale esterna dell’insediamento e creano una muratura continua e irregolare con ampio basamento a scarpata.
Nella parte sud dell’abitato doveva esserci un’altra porta che però si è persa nel tempo.
 

Fonti documentative

Giovanna Benni – Incastellamento e signorie rurali nell’Alta valle del Tevere: il territorio di Umbertide – 2006
Bruno Porrozzi – Umbertide e il suo territorio Storia e Immagini – 1980
 

Mappa

Link coordinate: 43.327252 12.280622

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