Castello di Monteleone di Spoleto (PG)
Cenni Storici
Monteleone di Spoleto ricade geograficamente nell’Alta Valle del Corno, in un’area prevalentemente montuosa di notevole pregio ambientale, ricca di bellezze naturali e siti d’interesse comunitario per le specie floristiche e faunistiche presenti.
È uno degli angoli più suggestivi della Regione Umbria, ricco di storia e tradizioni, grazie anche alla presenza dell’uomo sin dai tempi delle prime popolazioni italiche.
Il territorio di Monteleone di Spoleto è caratterizzato da due unità paesaggistiche: la prima è costituita dai rilievi della dorsale Monte Coscerno e Monte Aspra ad ovest e di Monte Cornuvolo ad est, la seconda è costituita da unità sub pianeggianti dove scorrono corsi d’acqua, fra cui il principale è il Fiume Corno.
I rilievi, di natura calcarea, hanno sommità piuttosto ampie e versanti acclivi; la vetta più elevata, situata a sud ovest rispetto all’abitato di Monteleone, è il Monte Aspra a 1654 m s.l.m.
Il fiume Corno ha una lunghezza complessiva 56 Km, ed è un affluente di sinistra del Fiume Nera. Scorre su un substrato caratterizzato dalla prevalenza di terreni calcarei per l85% ad elevata permeabilità.
La storia di queste montagne inizia nel periodo Giurassico, circa 200 milioni di anni fa in quel periodo vi era un paleo ambiente simile a quello delle attuali Bahamas, con isole coralline e mare poco profondo e caldo.
Le rocce calcaree si sono quindi formate in ambiente marino, come dimostrato dalla presenza di fossili, ammoniti, gasteropodi, bivalvi, crinoidi, foraminiferi, ecc., che vanno dal Giurassico inferiore fino al Paleogene, circa 10 milioni di anni fa.
Il territorio di Monteleone di Spoleto (PG) è stato abitato sin dall’antichità, come ampiamente documentato da rinvenimenti fortuiti e da scavi scientifici, attestanti la presenza in loco di piccoli abitati, necropoli (protovillanoviane, sabine e umbre) e reperti di epoca romana.
In particolare è stata rinvenuta sul pendio settentrionale del Colle del Capitano, una necropoli con 44 tombe a pozzetto, nelle quali furono trovate urne di ceramica contenenti, oltre alle ceneri dei defunti: spilli, fibule ed anelli contorti dal fuoco.
I reperti, che risalgono al passaggio dall’età del bronzo a quella del ferro, presentano affinità con quelli scoperti a Pianella della Genga, alla Tolfa ed Allumiere e con il protovillanoviano della Val Padana.
Contatti con la civiltà etrusca nel territorio di Monteleone sono testimoniati dalla celebre biga rinvenuta, nel 1902, a Colle del Capitano, la cui decorazione è probabilmente opera di un artista greco-ionico immigrato in Etruria.
La presenza di Roma è segnata soprattutto nella frazione di Trivio (anticamente Trebia o Trebula).
L’attuale chiesa di Sant’Erasmo a Trivio è costruita sui ruderi di un tempio pagano; all’esterno era posta una statua marmorea romana.
Durante il periodo di dominazione romana la zona di Monteleone dipendeva, probabilmente, dal Municipium Interamna Nahartium che comprendeva tutta la Valnerina.
Crollato l’Impero Romano, sorsero sul territorio luoghi fortificati e castelli dove trovavano rifugio e scampo, dalle scorrerie di barbari e invasori, i nativi ed i profughi delle città.
I primi castelli del contado furono: Vetranula, Brufa, Astaquano, Pizzolo, Polvaria, Trogia.
In seguito alle invasioni longobarde, presso la colonia di Trebula, sorse una curtis longobarda.
Il territorio sabino fu conquistato dal duca Ariulfo di Spoleto, fino al confine con il Ducato di Benevento.
A partire dal 757 re Lotario II, per limitare il potere del duca Alboino, divise il ducato in gastaldati e Monteleone fu sottomesso a quello di Equa-Ieranda, che comprendeva il territorio da Leonessa a Norcia.
In una bolla del 856 di papa Benedetto III, per la pima volta ricorre la menzione della famiglia dei Tiberti, per secoli signori del territorio di Monteleone: “PER TERRAM TIBERTI USQUE NURSIAM ET INDE USQUE CLAVANUM, ET INDE USQUE TERSONEM, ET INDE FURCA MELONIS” .
Si parla anche di “PLEBS FURCA MELONIS, ECCLESIA DE CONTRA CORNI” .
Il figlio del conte Lupone, Attone esule dalla patria, andò ad abitare nella bassa Valnerina costruendovi il castello di Arrone.
Estese poi il suo possesso ad altre terre e nell’880, costruì il castello di Brufa.
Questa è la data che si può ritenere quella della fondazione di Monteleone.
I figli di Attone si divisero il territorio, a Tiberto spettarono i castelli di Brufa, Rivostequano, Vetranula, Terzone, Torre, Croce, Fiscelli, Rocca del Corno, Collefaggio, Battiferro e altri.
Successivamente, intorno al 1100 il castello di Brufa fu distrutto; Tiberto, figlio di Attone II, riedificò sulle rovine l’attuale Monteleone e, nel novembre del 1190 i suoi figli concedevano agli spoletini il libero e sicuro passo per tutti i loro possedimenti e perpetua franchigia da ogni diritto di pontonatico, di passaggio e di scorta.
La concessione era fatta ai consoli spoletini per toti populo spoletano.
Nel 1228 Bertoldo di Ursilingen, figlio del duca Corrado, con truppe saracene, incendiò e distrusse il castello.
I Tiberti, nel 1265, lo riedificarono con l’aiuto del Comune di Spoleto.
Nel novembre del 1265, avendo re Manfredi già occupato Cascia, i Tiberti, temendo di essere danneggiati da questi, stipularono una nuova convenzione con la quale donavano a Spoleto i poggi e i castelli di Brufa (Monteleone), di Vetranola, di Pizzoli, di Palvaria, di Trongie e tutti gli altri monti e luoghi che potevano essere fortificati e difesi.
I detti nobili e gli uomini di quel territorio, inoltre, giurarono fedeltà e si dissero disposti ad accettare un podestà da Spoleto.
In tale occasione Monteleone fu dotata di una seconda cerchia di mura con tre porte.
Tre anni dopo i casciani occuparono a forza Monteleone e Vetranola; gli spoletini allora ne invasero prontamente il territorio con un esercito e li costrinsero alla pace che fu trattata a Primocaso e ratificata pochi giorni dopo a Spoleto.
I casciani a seguito di questa sconfitta dovettero giurare fedeltà e chiedere protezione al comune di Spoleto, abbandonarono i territori occupati e Monteleone poté tornare sotto il dominio di Spoleto rinnovando la sottomissione nel 1292.
I monteleonesi nel 1294 si rifiutarono di pagare il focatico al Rettore del Ducato, sostenendo di doverlo al Comune di Spoleto, da cui il castello era stato ricostruito.
I monteleonesi nel 1300, dopo alcuni tentativi di ribellione, mossero in armi verso il castello di Vetranola prendendolo con la forza e distruggendolo.
Per questo atto di guerra il Rettore del Ducato ed il comune di Spoleto dopo aver ricondotto alla pace, con la forza, gli uomini di Monteleone, imposero loro di lasciare Vetranola e misero al bando i fautori della rivolta.
Monteleone fu eretto a libero comune nel 1326, quando, per decreto della Santa Sede fu sottratto dalla giurisdizione di Spoleto e posto direttamente sotto il controllo del governo pontificio, per poi tornare sotto il dominio spoletino.
L’abitato era diviso in terzieri ciascuno facente parte ad una chiesa: San Nicola, Santa Maria e San Giacomo.
A protezione del borgo si costruì la terza cerchia delle mura, con sei torri e otto baluardi.
Anche in queste ultime mura furono inserite tre porte: Porta della Fonte o Porta San Giacomo, Porta Spoletina e Porta delle Monache.
Negli anni successivi anche queste terre furono teatro di lotte fra i guelfi e i ghibellini.
I Tiberti erano di parte ghibellina ed avevano cacciato da Monteleone tutti i guelfi; quest’ultimi vi furono ricondotti con le armi nel 1460 da Spoleto città guelfa.
I fuoriusciti guelfi rientrati nel comune vollero nuovamente il paese sotto il dominio degli spoletini e con l’atto di sottomissione che ne seguì decretarono che si cancellasse anche la memoria della famiglia dei Tiberti; fu, infatti, proibito anche di nominarli.
Pio II, con Breve del 22 ottobre 1461 esortava Spoleto ad assumere la protezione di Monteleone.
In questo periodo Spoleto fece costruire un’altra rocca per migliorare la difesa del paese e nel 1465 consegnò Monteleone ad un Commissario della Chiesa.
Il territorio fu nuovamente posto sotto la signoria di Spoleto da Sisto IV nel 1478, ma tale atto non portò alla completa obbedienza della città.
Nel 1495 Paolo e Camillo Vitelli per aiutare Carlo VIII, re di Francia, ad invadere il regno di Napoli passarono per Monteleone e non avendo ricevuto le vettovaglie richieste, lo saccheggiarono.
L’anno dopo tornò spontaneamente sotto il dominio di Spoleto; nel 1513 fu in lotta con Leonessa e nel 1522 fu devastato dalla banda di Petrone di Vallo.
Clemente VII, nel dicembre 1526 autorizzava i Priori del Comune a ricostruirvi la rocca e a nominarvi il castellano.
Sciarra Colonna, nemico di Clemente VII, nel 1527 occupava molta parte della montagna e dopo Cascia e Norcia prendeva a forza anche Monteleone, imponendo agli abitanti fedeltà ed obbedienza ai Colonna ed all’Impero.
Allontanatosi l’esercito imperiale da questi luoghi, gli spoletini potevano nuovamente conquistare Monteleone dopo avervi assediate le genti di Sciarra per tre giorni, occupandola e insediandovi un presidio militare.
Dopo anni di guerre, distruzioni e ricostruzioni, i monteleonesi, aspirando a rendersi indipendenti col titolo di “Repubblica Montis Leonis“, nel 1535 si ribellarono a Spoleto e, cacciato il Podestà impostogli, decisero di eleggerlo nella “arenga” comunale.
Dopo l’istituzione del Governatorato di Norcia, Cascia, Cerreto e Monteleone, voluta da Paolo III agli inizi degli anni quaranta del XVI secolo, fu inviato a Monteleone un podestà-commissario.
In tale periodo fu eretto il mercato di cui resta la piazza, il portico, e le misure (il quarto, la mezzenga e lo scorso).
Successivamente i monteleonesi si divisero in due fazioni per sostenere i Berardetti e i Gentiletti di Spoleto che se ne disputavano la podesteria, e si ribellarono nuovamente alla città ducale nel 1555.
La reazione degli spoletini fu tremenda: accorsero per domare l’insurrezione e misero a ferro e fuoco tutto il territorio senza riuscire però nell’impresa, forse perché corrotti dall’oro o per la forte resistenza dei monteleonesi, depredarono e distrussero però numerosi casali, rovinarono i mulini e le piante da frutto.
I monteleonesi ricorsero al Papa ed ottennero da Paolo IV che il castello fosse definitivamente svincolato dalla signoria di Spoleto; ebbe così fine il dominio degli spoletini su Monteleone.
Alla morte di Paolo IV, nel 1559 fu eletto Pio IV, che inviò suoi emissari sul territorio per comporre le controversie tra Cascia e Monteleone, che causavano danni a cose e animali; Cascia fu costretta a riparare i danni ed entrambe le parti furono costrette a sottoscrivere la pace.
Pio IV, per evitare le continue liti confinarie, sottomise Monteleone alla Legazione di Perugia e gli abitanti, riuniti nella generale arenga, avevano dovuto accettare, in tale occasione il comune pose, in atto di offerta del castello, le chiavi della città sulle zampe del leone rampante dello stemma cittadino.
Da allora, a causa della posizione di confine di Monteleone tra lo Stato Pontificio e Regno di Napoli, il castello divenne sede di presidio militare permanente; successivamente si susseguirono vari magistrati, a volte nominati direttamente dal pontefice, altre volte dal suo legato di Perugia, con titoli diversi quali podestà, commissario e luogotenente.
Dal 1562 al 1565 fu amministrato da Alberto Cibo marchese di Massa, signore di Carrara e conte di Ferentillo, il quale fu molto stimato ed amato da tutti i monteleonesi.
Tale periodo si può definire l’epoca d’oro di Monteleone: furono riparati e ricostruiti i casali, le chiese e si rafforzarono le difese, la pacificazione delle spinose questioni politiche e territoriali, che minavano la quiete e l’attività economica cittadina, porta all’incremento degli scambi e allo sviluppo del commercio con incremento di ricchezza, la presenza di palazzi signorili lungo il corso cittadino testimonia lo stato di benessere raggiunto in quel periodo.
Risale al periodo 1560-1565 la compilazione del nuovo statuto di Monteleone.
Il trapasso dall’organizzazione comunale ad una più diretta dipendenza dall’apparato dello stato pontificio fu perfezionato con l’istituzione della Prefettura della Montagna, voluta da Pio V nel 1569 e comprendente il territorio di Norcia, Visso, Cerreto, Cascia e Monteleone; il prefetto e i suoi rappresentanti esercitavano il potere giudiziario, ma anche quello politico-amministrativo.
Il 18 agosto 1573 Monsignor Monte Valenti Governatore di Perugia, incaricato da Gregorio XIII, definì i confini e i rapporti tra Monteleone e Cascia.
Il 4 ottobre del 1588 il Prefetto di Montagna, Giovanni Bernardo Piscina approvò i nuovi statuti, redatti dal notaio Giovanni Baccareti.
Gregorio XIII, nel 1590, per assicurare più efficacemente la pace nella zona, istituì la prefettura di Norcia, includendovi anche le terre di Monteleone.
Nel 1634 Papa Urbano VIII, anche per l’interessamento del Cardinal Fausto Poli, nativo di Usigni, volle dare un grande impulso allo sfruttamento delle miniere di ferro poste sul monte Birbone, apportando nuova ricchezza a queste laboriose popolazioni.
A tale scopo fu realizzata la costruzione della strada che dalla Flaminia raggiunge Monteleone, dove attraversa il Corno su un ponte detto ancora oggi “delle ferriere“, ricordata dalla cosiddetta “Arma di Papa Urbano“, un tempo allocata lungo la Flaminia, ora al deposito comunale di Santo Chiodo a Spoleto.
Nello stesso periodo si diede avvio anche all’estrazione dell’oro dal “Fosso d’oro” nei dintorni di Rescia.
Il terribile terremoto del 1703, che recò danni immensi e tante vittime, bloccò irrimediabilmente il periodo di prosperità e di sviluppo.
L’evento provocò enormi danni e mieté numerose vittime.
Produsse inoltre la deviazione delle acque del fiume Corno, che contribuì all’impoverimento della zona innescando importanti flussi migratori verso Roma che col passare degli anni crebbero sempre più, specialmente dopo il 1718 quando il paese fu colpito da una grave pestilenza.
Ad aggravare la decadenza sopraggiunse un ulteriore terremoto nel 1730.
Con l’arrivo dei Francesi e la proclamazione della Repubblica romana si ebbe lo sconvolgimento del precedente assetto politico-amministrativo.
Nel 1798 a Monteleone fu costituita la Municipalità con a capo l’edile che fu assegnata al Cantone di Cascia, Dipartimento del Clitunno.
Cacciati i francesi, nel 1799 furono stabiliti governi provvisori fino a quando il governo pontificio il 26 giugno 1800 tornò in possesso del suo territorio.
A Monteleone fu ripristinata la magistratura dei priori e fu inviato un vice governatore quale rappresentante del potere centrale.
Nel 1802 Monteleone tornò a far parte della ricostituita Prefettura della Montagna e fu di nuovo introdotta la magistratura del luogotenente, che si sostituì a quella del vice governatore, continuando ad esistere il collegio dei priori.
Con la seconda invasione francese (1809-1814), in tutto il territorio occupato fu istaurata una nuova amministrazione.
Tra le principali novità l’introduzione del maire (a capo della municipalità) e l’istituzione dello stato civile che a Monteleone fu operante dal 1810.
Con la suddivisione del territorio del Dipartimento del Trasimeno, Monteleone fu assegnato al Cantone di Cascia compreso nel Circondario di Spoleto.
Dopo la caduta dell’Impero nel 1814 anche a Monteleone fu istituita una Reggenza provvisoria.
Nel 1815 si tornò alle precedenti magistrature del luogotenente e dei priori.
A seguito delle disposizioni del 6 luglio 1816 di Pio VII, Monteleone entrò a far parte della Delegazione di Spoleto e vi fu inviato un Governatore.
Avendo un numero di abitanti superiore a mille, gli organi del Comune erano il consiglio, composto da ventiquattro membri più i rappresentanti del clero, la magistratura formata dal gonfaloniere e da quattro anziani.
A partire dal 1817, in base all’editto del cardinal Consalvi, Monteleone non fu più sede di governo ma entrò a far parte del governo di Cascia.
Tale situazione rimase immutata fino al motu proprio di Leone XII del 5 ottobre 1824 e a quello del 21 dicembre 1827 che modificò le delegazioni: Monteleone fu compresa in quella di Spoleto e Rieti, fu ridotto il numero di consiglieri a sedici e il gonfaloniere fu sostituito dal priore.
Nel 1831 la nuova ventata rivoluzionaria portò lo scompiglio anche a Monteleone.
Con l’editto del cardinale Berbetti del 5 luglio 1831, si ritornò in parte alla normativa emanata da Pio VII: i componenti del consiglio tornarono ad essere ventiquattro e furono separate le delegazioni di Spoleto e Rieti.
Nel 1833 Monteleone dipendeva dal Governatore di Cascia senza più la presenza del podestà.
Nel 1849 il paese assiste al passaggio di Giuseppe Garibaldi, diretto a Roma per difendere l’indipendenza della repubblica.
Con l’editto del 24 novembre 1850 del cardinale Antonelli, i comuni furono suddivisi in cinque classi e Monteleone fu attribuito alla quarta (da 1000 a 5000 abitanti): il consiglio comunale fu nuovamente ridotto a sedici unità, come nel 1827, e a capo dell’amministrazione fu nominato un priore, coadiuvato da quattro anziani.
Tale situazione amministrativa rimase invariata fino all’Unità d’Italia, anche dopo l’istituzione della Provincia di Spoleto nel 1858.
Monteleone, con l’intera regione, fu definitivamente annessa al Regno d’Italia con plebiscito il 4 novembre 1860 ed entrò a far parte della Provincia dell’Umbria, successivamente, quando fu costituita la Provincia di Terni, rimase nella Provincia di Perugia.
Oramai la vita del castello non era più caratterizzata da una propria storia ma inserita negli avvenimenti più vasti a carattere nazionale. In questi ultimi decenni Monteleone non è riuscito a costruirsi una vera e propria economia salvo quella della pastorizia che, ancora oggi, unitamente al turismo estivo, è fonte di relativo benessere.
Aspetto
Il Borgo conserva ancora il suo carattere medioevale ed è racchiuso dall’antica cinta muraria quasi intatta, ancora oggi le antiche torri monche per i terremoti, le chiese, le case, le vie che si snodano con scalette o a semplice selciato, finestre e portali finemente lavorati, bastioni, feritoie lunghe e strette e porte ben munite, testimoniano l’illustre passato e narrano la storia di secoli di civiltà ed operosità.
L’antico borgo medievale, cresciuto intorno al nucleo originario, con il Rinascimento acquista un prepotente aspetto cittadino, con numerosi edifici dal solido ed elegante impianto architettonico: nel loro allineamento lungo la via principale, o, in pittoresche scenografie, lungo le viuzze scoscese e contorte, sono la testimonianza di un periodo particolarmente florido.
Porta Spoletina
Si accede al borgo attraverso la Porta Spoletina (nota anche come Porta di San Giovanni per la vicinanza dell’omonimo edificio religioso).
Sormontata da un’alta torre tronca, presenta un arco ogivale nella cui chiave di volta è scolpito lo stemma comunale, il leone rampante su cinque monti.
È coperta da un tetto a falda, presenta in aggetto sette beccatelli per il sostegno di una struttura sporgente, che completava originariamente la struttura difensiva.
Appartiene alla terza e più tarda cinta difensiva del XV secolo, aggiunta per l’espansione dell’abitato tra il tardo Medioevo e il rinascimento, con la formazione del nuovo borgo aggregato, il Terziere di San Giacomo.
È l’unica porta che ha mantenuta l’originaria forma turrita.
Il paramento esterno, fin oltre l’imposta della volta, è costituito da una cortina regolare di conci in pietra locale, l’impostazione della torre superiore è realizzata con spezzoni irregolari di pietra.
Tracce evidenti di un ulteriore elemento difensivo sono nell’antemurale, ancora parzialmente conservato posto all’esterno sul lato destro, e in due poderosi baluardi muniti di feritoie, aggiunti a sinistra fra la seconda metà del XV e gli inizi del XVI secolo, aprendovi un passaggio obbligatorio consistente in una nuova porta di dimensioni minori.
I perni in ferro per il fissaggio dello stemma papale, visibili immediatamente sopra il fornice, sono invece più recenti.
Sempre sul prospetto esterno è anche un importante testo epigrafico in caratteri italici, di recente scoperta, l’iscrizione, parzialmente abrasa dal tempo, è incisa su due conci di pietra posti ad altezza d’uomo sulla fronte esterna della porta, a sinistra dell’arco.
Il testo è il seguente: “A(nno) D(omini) 1559 a dì 25 de (decem)bre / fo creato el papa Pius / IIII” (Anno del Signore 1559, il giorno 25 di dicembre fu eletto papa Pio IV).
A tale Papa si deve il distacco definitivo da Spoleto e l’accorpamento alla legazione pontificia di Perugia.
La decisione è talmente gradita ai monteleonesi che eternano sulla pietra l’evento dell’elezione del papa e modificano persino il vecchio stemma comunale, sostituendo con due chiavi le spighe di grano che accompagnavano il leone rampante.
A sinistra della porta si trova la Chiesa di San Giovanni Battista.
Palazzo Rainaldi-Bernabei
Il Palazzo Rainaldi-Bernabei, sorge a lato della Chiesa di San Giovanni Battista ai civici numero 4-8, occupando il sito del monastero giovannita.
L’accorpamento di più corpi edilizi è evidente nella facciata posteriore che, con aperture disomogenee, si affaccia sulla linea esterna dell’ultimo circuito murario risalente al XV secolo.
L’imponente palazzo settecentesco mostra invece un armonico prospetto principale, con due bei portali gemelli in pietra, lavorati a bugnato liscio e i cui rilievi ripropongono lo stemma di Monteleone di Spoleto.
Lo stemma della famiglia Rainaldi orna sia la ringhiera antica del balcone di sinistra sia l’angolo smussato del palazzo in alto a sinistra.
Al di sopra, separati da cornici marcapiano, si hanno due registri di finestre, con nove aperture per il piano superiore e, nella fascia mediana, sei finestre simmetricamente alternate a tre balconcini con una bella ringhiera bombata in ferro battuto e con piano di calpestio in pietra sorretto da tre mensole aggettanti.
Nella parte più alta della facciata è la cornice del tetto, la cui membratura lineare è interrotta da alcuni decorativi motivi in stucco.
Gli interni, oggi divisi in più proprietà e unità abitative, presentavano ancora agli inizi del XX secolo un ricco apparato decorativo.
Durante il ventennio fascista parte dell’imponente struttura è stata sede del “Fascio di Combattimento di Monteleone di Spoleto“.
Palazzo Rotondi
Continuando a percorrere Corso Vittorio Emanuele II, al civico numero 18, si trova Palazzo Rotondi, oggi sede comunale.
La struttura, che si appoggia alle mura del Borgo nuovo, ha una sobria facciata con sedici finestre distribuite ritmicamente su due ordini e, in armonica corrispondenza, otto oculi nel registro più alto.
Il portale settecentesco, in bugnato liscio, reca applicato alla chiave di volta lo stemma della famiglia Rotondi, una colonna su tre monti sormontati da tre stelle, con alla base una testa baffuta dalla quale si dipanano delle corna che, arricciandosi in volute, incorniciano lo scudo araldico, secondo un gusto del grottesco tipico dello stile barocco e diffusissimo soprattutto nel XVII secolo.
Palazzetto con porticina e Bar del Borgo
Al numero 19 palazzetto con porticina che ha a lato la data 1517, e i due piani soprastanti ornati ciascuno di una sola finestra arcuata architravata, la superiore con la scritta: A. D. HUC. VIVIT ; a breve distanza, al civico numero 21, si segnala il caratteristico “Bar del Borgo“, arredato con un elegante bancone Liberty proveniente da una storica farmacia romana.
Casa rinascimentale
Al numero 22 si ammira una bella casa rinascimentale, con eleganti finestre ed in alto un armonioso loggiato ad archi, il cui portale ha la scritta: ENITENDUM AD VIRTUTEM.
Al civico numero 25 si trova la Cappella dell’Ospedale di San Giacomo.
Porta della Fonte o di San Giacomo
A sinistra si trova la Porta della Fonte o di San Giacomo, posta in corrispondenza delle cosiddette cordonate, pone in comunicazione Corso Vittorio Emanuele II con l’area esterna alle mura.
Il nome più antico è quello di Porta della Fonte, poiché da essa parte un tracciato viario che conduce alla Fonte di Nempe.
È nota come Porta di San Giacomo, per la vicinanza allo scomparso Ospedale e Chiesa di San Giacomo, eretti fuori dalle mura, nell’area del borgo nuovo, agli inizi del XIV secolo.
Il Codice Pelosius del 1393 cita il complesso di San Giacomo “presso porta della Fonte“, testimonia l’esistenza che la porta era già presente nella seconda cerchia muraria, la struttura attuale, alta e slanciata, con arco a tutto sesto e due cornici con motivi vegetali a palmette, risale però probabilmente ai primi decenni del XVIII secolo, pur reimpiegando elementi architettonici della vecchia struttura, come la chiave di volta, al centro della chiave è scolpita a rilievo l’insegna civica raffigurante il vecchio stemma del castello, un leone con spiga di grano affiancato ad un monte.
All’esterno del portale, è uno stretto e sinuoso passaggio provvisto di un robusto baluardo, detto anch’esso di San Giacomo, oggi trasformato in abitazione privata.
Torre dell’Orologio
Attraverso l’ingresso della pittoresca Torre dell’Orologio, che domina il borgo rinascimentale sottostante, si accede al nucleo più antico del borgo, che si sviluppa, secondo un tipico impianto urbanistico medioevale, in un labirinto di vicoli.
In origine vi sorgeva un campaniletto a trifora per la campana comunale per le pubbliche adunate.
In seguito vi si appose una meridiana, poi sostituita da un primo orologio meccanico.
Sulla facciata esterna, sotto l’odierno orologio è apposta una memoria storica postuma legata al risorgimento italiano.
Il testo composto dal Prof. Angelo Tortoreto di Catignano (PE) recita la seguente iscrizione:
VIGILE SCOLTA DELL’APPENNINO/
NELLE LOTTE DEL PATRIO RISCATTO/
MONTELEONE TENNE POSTO D’ AVANGUARDIA/
CITTA’ SORELLE COMPAGNE DI SCHIAVITU’ /
VIDERO ACCORRERE ANIMOSI I SUOI FIGLI /
GLORIFICATORI DELLE VITTORIE GARIBALDINE /
INCITATORI ALLA RIVOLTA /
QUANDO DA TERRA UMBRA /
I COLORI D’ITALIA ERAN BANDITI /
SU QUESTA TORRE IL VESSILLO REDENTORE /
SFIDO’ IL TIRANNO MINACCIANTE /
CARCERI ESILI SACCHEGGI INCENDI.
NEL CINQUANTENARIO DELLA LIBERAZIONE /
MUNICIPIO E POPOLO / PROF. TORTORETO ANGELO – II OTTOBRE MCMX /
Il testo fa quindi implicito riferimento a Pio IX (definito “Tiranno“) e all’incedere delle truppe Sardo-Piemontesi in terra Umbra.
A destra della torre dell’Orologio si può accedere al più insigne monumento di Monteleone, il complesso conventuale di San Francesco con la Chiesa di San Francesco, lo splendido Chiostro Superiore e la magnifica Chiesa inferiore.
Fanno parte del complesso anche i locali del museo de La Biga.
Buca postale
Sotto la torre è conservata una copia di una buca di marmo, una delle più antiche buche postali d’Italia; si tratta di una delle prime piastre d’impostazione per lettere dello Stato Pontificio risalente al 1707 e realizzata sotto la magistratura del Luogotenente della posta Gaspare Rosati di Calvi l’originale è al museo postale di Roma, sulla fronte è scritto: AL COMMODO DEL PUBBLICO – POSTA – GASPARI ROSATI – DA CALVI – LUOGOTENENTE – 1707.
Sotto la lastra è la cassetta con sportellino metallico per la raccolta delle lettere in partenza la cui spesa o tassa postale di viaggio in periodo prefilatelico (ovvero prima dell’introduzione dei primi francobolli pontifici nel 1852) era a solo carico del destinatario.
Il servizio postale a Monteleone, come negli altri comuni, era espletato dal “Maestro della Posta” che dirigeva la stazione di smistamento chiamata “Tenenza“.
Sotto il controllo del comune egli doveva recarsi a Spoleto ( stazione postale piazza San Gregorio) due volte la settimana per prelevare la posta e lasciare quella in partenza.
Aveva una borsa di cuoio chiusa a chiave: una chiave la tenevano i Priori del comune l’altra una persona di fiducia a Spoleto.
Piazza del Mercato
Oltrepassata la Torre civica, sulla sinistra, si trova la graziosa Piazza del Mercato, ricavata da un ripiano soprastante le mura e circondata dai più importanti uffici della vita civile ed ecclesiastica.
Risale al secondo quarto del XVI secolo, quando, con il graduale spostamento della vita amministrativa e sociale dall’antico castello feudale all’area più a valle, fu eretto un porticato coperto lato della porta-torre, sotto il quale furono allineate le misure pubbliche garantite dallo Stato.
Il loggiato, che comunica con la piazza tramite due arconi a sesto ribassato, presenta una quota interna di calpestio più bassa, corrispondente al piano antico.
È stato ristrutturato negli anni Ottanta del Novecento, quando fu sopraelevata la copertura e innalzata la bassa porticina laterale di collegamento alla torre.
Palazzo dei Priori
Sulla stessa piazza affaccia l’antico Palazzo dei Priori, oggi Teatro Comunale “Carlo Innocenzi“.
Chiesa della Concezione
A fianco del complesso è l’ex chiesa della Concezione sul portale la scritta VITAM PRECERUM AETERNAM.
La Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari è posta nella parte più alta del centro storico in corrispondenza dell’originario castrum di Brufa, a fianco l’ex Chiesa o oratorio di San Bernardino da Siena, poi, scendendo, l’ex Chiesa della Madonna del Carmelo e la Chiesa di San Gilberto.
Monte Frumentario
Al di sotto, in Via Cesare Battisti, al numero 12, si incontra l’antico edificio del Monte Frumentario con il bel portale cinquecentesco arricchito con bugnati ornati di rosette, l’antico stemma di Monteleone, con il Leone che stringe tra le zampe una spiga di grano anziché le chiavi papaline, ai lati due testine di angeli con ali e il motto chiaramente allusivo alla funzione del prestito: MODERATA DURANT.
La più antica documentazione del Monte Frumentario di Monteleone di Spoleto, conservata presso il Municipio, ne sancisce l’attività dalla seconda metà del XVIII secolo (1770), ma la sua istituzione sembra essere ben più antica.
L’ente fu assorbito, nel 1906, dal locale Consorzio dei Possidenti.
Palazzo Congiuntoli
Ai numeri 10 e 16 della stessa via sorge il grandioso Palazzo Sinibaldi -Congiunti, della fine del secolo XVI, le cui porte e finestre sono decorate da motivi araldici; risale al XVII-XVIII secolo, ma riutilizza interamente un precedente complesso quattrocentesco.
È disposto su quattro livelli, ha un bel portale a forte bugnato, nel secondo e terzo registro del prospetto sono appoggiate alle cornici marcapiano due tipologie di finestre: slanciate e trabeate quelle inferiori, più basse e lineari quelle superiori.
Nella trabeazione delle finestre al primo piano è scolpito a rilievo il simbolo di tre monti posto al centro di due stelle, emblema araldico della famiglia Sinibaldi.
Sul prospetto opposto, affacciante su via Cesare Battisti, si apre un altro bel portale a bugnato, decorato da tre stelle a rilievo.
Al di sopra di una cornice marcapiano sono i resti di alcune aperture, leggibili come arcate di un loggiato rinascimentale (o altana), successivamente tamponato e sostituito dalle finestre della medesima tipologia di quelle presenti nella facciata principale.
Gli interni, divisi fra più proprietari, presentano alcuni ambienti con decorazioni a tempera e soffitti lignei decorati.
Il palazzo Congiunti è unito a un altro caseggiato attraverso la Porta detta di San Pietro, a ricordo dell’omonima chiesa posta nelle vicinanze, ora non più esistente.
Appartenente alla prima cinta muraria del borgo, la Porta di San Pietro si presenta con una semplice e irregolare cortina in pietra, mentre nel vano interno di passaggio sono tracce dell’imposta più antica della primitiva porta-torre.
Di fronte, al numero 20, una semplice porta arcuata, con la scritta: TEMPORA SOLA REGO RERUM STRUCTORE IUBENTE.
I Bastioni ed ex Chiesa dell’Annunziata
Da via Cesare Battisti si può risalire lungo via dell’Annunziata, che corre sopra un lungo tratto della terza cinta muraria, da cui sporgono due possenti bastioni dominanti la valle del Corno, alla fine della via si trovano i ruderi dell’ex chiesa dell’Annunziata.
Porta di Sant’Agnese e Porta delle Monache
Scendendo si incontra la Porta Vecchia o di Sant’Agnese, con arco a sesto ribassato, a lato è l’ex chiesa di Sant’Agnese e il Palazzo Moriconi, poi scendendo ancora la Chiesa e Convento di Santa Caterina, quindi la Porta di Santa Caterina o delle Monache.
Probabilmente realizzata subito dopo il 1465, con una tipologia costruttiva che ripete il sistema di porta-torre, unita, per mezzo di un tratto di mura, al possente bastione noto come il “Baluardo delle Monache“, importante opera d’ingegneria militare realizzata tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, a controllo del passaggio e del sottostante asse viario, il quale immette nelle diverse direttrici per Cascia, Chiavano, Norcia e Leonessa.
Il regolare paramento della porta è in conci lapidei parallelepipedi, che rivestono la muratura fin oltre l’impostazione dell’arco ogivale, la cui ghiera è sottolineata da un’aggraziata modanatura.
Sul fronte esterno, la chiave di volta ha lo stemma civico a rilievo, raffigurante un leone rampante su monti.
È l’unica porta di Monteleone di Spoleto che conservi i resti originali di un’antica anta del portone ligneo, con serramenti e chiodi in ferro.
A lato di questa, sul dorso interno del portale che costituisce lo stipite sinistro, è presente una raffigurazione con funzione apotropaica o di protezione, dipinta con colore nero, ora quasi evanescente; il soggetto è costituito dalla Sacra Croce sul monte Calvario e il disegno risale, per i caratteri stilistici, al XVII-XVIII secolo.
Nella parte interna, ai lati, sono due possenti muri su cui si impostava la volta della torre superiore, probabilmente danneggiata dal nefasto sisma del gennaio 1703 e poi demolita.
Tracce di questo evento sono ravvisabili sulla facciata esterna nella leggera inclinazione del pilastro di destra.
Continuando a scendere dopo la porta, sulla sinistra, si trova la graziosa Chiesa della Madonna della Quercia.
Chiesa del Crocifisso e fontana
Fuori del Castello, immersa in una pineta è la Chiesa del Crocifisso, edificata per volontà del vicario foraneo Don Luca Piersanti verso la metà del XVII secolo e fortemente danneggiata dal terremoto del 2016.
La porta sotto l’oculo ha un architrave recante l’iscrizione “HOC SIGNO (croce a rilievo) VINCENDUM“, di evidente ispirazione costantiniana.
La porta laterale ha invece il motto: “HILAREM DATOREM DILIGIT DEUS” (Dio ama chi dona con gioia), frase tratta dalla Seconda Lettera ai Corinzi (9, 7).
L’interno della chiesa non presenta particolari pregi artistici ma solo un locale poco adorno, con altare sovrastato dalla croce lignea applicata alla parete di fondo.
Nello spazio antistante è posizionata una graziosa fontana novecentesca in cemento, decorata con pesci dai corpi squamati e code annodate su sé stesse.
In quest’area, nel 1932 fu eretto un cippo in memoria di Arnaldo Mussolini (1885-1931), poi prontamente rimosso e gettato nel sottostante dirupo nei giorni seguenti alla caduta del regime.
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Nota
La galleria fotografica è di Alberto Monti e Silvio Sorcini, il testo è di Silvio Sorcini.
Da vedere a Monteleone e dintorni
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Chiostro Superiore del monastero di San Francesco
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