Castello di Miralduolo o di “Sasso Eremita” – Miralduolo di Torgiano (PG)
Cenni Storici
Non si conosce con esattezza l’origine di questo singolare toponimo “Miralduolo“.
Diverse interpretazioni hanno suggerito il collegamento ad un fatto d’armi particolarmente cruento avvenuto nella pianura antistante la collina ove era posto anticamente l’abitato di Miralduolo.
Secondo la tradizione il nome avrebbe conservato memoria dello stupore suscitato in coloro che, da posizione sopraelevata, poterono assistere all’evento bellico e che osservarono la scena desolante del campo di battaglia così come si presentava al termine dello scontro: “mira ‘l duolo” nel senso cioè di “guarda che strage!“.
Secondo Vittorio Falcinelli si tratta della battaglia combattuta il 12 luglio 1416 tra gli eserciti di Braccio Baglioni e di Carlo Malatesta per il predominio sulla città di Perugia ma questa versione pare sia smentita dal fatto che varia documentazione storica attesta un utilizzo antecedente del toponimo.
Più attendibile invece un episodio bellico precedente: quello della rovinosa sconfitta subita dai perugini il 29 marzo 1367 ad opera della Compagnia Bianca, guidata da Giovanni Acuto e assoldata per l’occasione, dal Cardinale Albornoz, legato del papa.
La battaglia, spesso ricordata nelle cronache cittadine proprio per la sua asprezza, oltre che per le tristi conseguenze che ne derivarono ed ebbe effettivamente luogo nell’area compresa tra Ponte San Giovanni, Miralduolo, Brufa e Collestrada.
Il bilancio dello scontro fu infatti estremamente pesante per Perugia, che in un solo giorno lasciò sul campo di battaglia più di mille e cinquecento uomini e in mano al nemico un numero ancora maggiore di prigionieri.
Lo storico L. Bonazzi così ce la riporta: “Quivi i perugini furono pienamente sconfitti: morti mille e cinquecento, prigionieri molti, fra i quali il capitano tedesco e il podestà di Perugia […] e Bolgaro conte di Marsciano, […] e l’eccidio fu grande perché il castello di Brufa fu chiuso allo scampo dei fuggiaschi dal perfido castellano che lo teneva per la città“.
Episodio riportato anche dallo storico perugino Pellini che riportando i dettagli della battaglia scrive: “…..la maggior parte de’ soldati nostri, poiché si videro volti in fuga, andò verso Brufa per salvarsi, ma il Castellano, che v’era, non solo non aprì loro le Porte, ma ostinatamente gli ributtò dalle mura, et essi raggirandosi intorno a’ fossi erano sopragionti da nimici, che crudelissimamente gli uccidevano; et narrano, che non fu minore il numero di quelli, che morirono sotto Brufa, che gli altri“.
In una nota seicentesca che riporta lo scontro pare che i Perugini vittime della violenza del Cardinale Egidio Albornoz scrissero una lettera ad Avignone al Papa Innocenzo Sesto lamentando la perdita dei Castelli e delle numerose vite umane, al che il papa rispose: “De morte hominum dolemus, de recuperatione nostrarum Terrarum gaudemus“.
Secondo la storiografia recente e più accreditata Miralduolo conserverebbe memoria nel proprio nome di un originario insediamento longobardo, posto lungo l’antico tracciato della via Amerina a presidio della sponda sinistra del Tevere, e dunque a delimitazione del corridoio bizantino che all’epoca univa Roma a Ravenna.
Secondo alcuni storiografi Miralduolo potrebbe essere associato al un termine longobardo “Merwald” supponendo la presenza di un bosco o una selva “Wald” che presupponeva la presenza del “Waldmann” ossia il guardaboschi.
Al di là delle diverse ricostruzioni, non prive di fascino, ma sostanzialmente leggendarie, che hanno circondato l’origine del nome, resta il fatto certo che la presenza di una “Villa S. Crucis et S. Ianis“, posta in stretta connessione con Miralduolo, è documentata fin dall’anno 1258; nei catasti perugini del Quattrocento è possibile rintracciare anche qualche riferimento esplicito al “castro Miraldaiolo“.
Cipriano Piccolpasso conferma l’utilizzo della duplice denominazione, egli cita infatti “Santa Croce de San Gianni altramente Miralduolo” tra le ville appartenenti al contado di Porta San Pietro e successivamente Ignazio Danti a partire dal 1577 nella redazione dei catasti usa la sola indicazione “Miralduolo“.
Le ville di San Gianni e di Santa Croce, che negli antichi censimenti compaiono spesso accorpate, si trovavano rispettivamente in pianura, nelle immediate vicinanze dell’antico attraversamento del Tevere, e a mezza costa sulla sponda sinistra, lungo la strada che risalendo la collina prospicente il ponte di San Gianni, conduceva anticamente a Castel Grifone (Brufa).
L’ampliamento e fortificazione di un primo nucleo posto sull’altura ora dominata dalla Chiesa di San Rocco sarebbe poi avvenuto successivamente ad opera degli abitanti di San Gianni e Santa Croce, i quali con ogni probabilità vi si trasferirono alla ricerca di un luogo più riparato e facilmente difendibile; di certo fino almeno alla seconda metà del Quattrocento la giurisdizione sul castello di Miralduolo spettò alla famiglia Baglioni, che in tale distretto disponeva di vari importanti possedimenti.
Non è peregrino però ipotizzare che sul colle dove ora sono visibili i ruderi del cosiddetto castello di Miralduolo sia esistito un insediamento precedente, vista la posizione del colle; infatti nel corso dei lavori di ristrutturazione della chiesa di San Rocco, durante gli scavi sono venute alla luce pietre squadrate e lavorate di chiara origine romana, e la presenza di grotte, anche all’interno della struttura ecclesiastica, possono far supporre un’antropizzazione etrusca della zona.
Non dimentichiamo che al di là del Tevere a meno di un chilometro esisteva la consistente comunità etrusca della gens Volumnia, documentata sin dal VI-V secolo a.C. e che ha lasciato l’imponente Ipogeo omonimo in località Palazzone.
Tutto questo per avviare un’ipotesi di identificazione che riguarda un castello del Contado Assisano che nel XIII secolo aveva un’estensione territoriale fino in prossimità delle sponde del Tevere; parliamo del Castello del Sasso dell’Eremita “Saxo Heremite” citato da Gemma Fortini e D. Otello Migliosi nella loro pubblicazione del 1970 in cui si parla di questo fortilizio citato dalle fonti e posizionato in una località non lontana da Brufa, sopra la valle detta dell’Eremita, costruito da Carsedonio, dopo la famosa battaglia di Collestrada contro Perugia, nel 1202, quando San Francesco fu fatto prigioniero insieme agli uomini liberi del Comune.
Il castello era stato edificato come una sfida al dominio della ricca borghesia di Assisi, un baluardo eretto per affermare l’intesa mai venuta meno con la città di Perugia.
La provocazione fu raccolta dai cittadini del Comune ed infatti nel 1209 essi decisero di impossessarsi del castello, imponendo a Carsedonio di venire a patti.
Arbitro della questione risulta un certo Uguccione, che riuscì, nel limite stabilito degli otto giorni, di giungere ad una risoluzione, persuadendo Carsedonio a cedere il suo feudo, cioè lo scoglio con la torre, il palazzo e tutti gli armamenti difensivi.
L’edificio fu occupato dagli assisani, con diritto di proprietà assoluta.
Il castello è citato nel Codice Diplomatico del Comune di Perugia con atto del 2 di settembre del 1209 stilato con l’arbitrato di Uguccio di Guidaccio podestà di Perugia, insieme con Marangone console d’Assisi.
Secondo Fortini il castello non esiste più, ma secondo la descrizione territoriale che ne viene fatta, il castello del Sasso Eremita va identificato proprio in questo rudere, poiché risponde a tutti i requisiti della descrizione e che poi sia diventato di Miralduolo ci può stare.
Aspetto
Del castello rimane una vasta porzione delle mura perimetrali, un torrione malconcio e l’area della porta di accesso; doveva però esserci un’altra porzione di mura, ora scarsamente leggibile sul terreno, che si allungava nella parte ovest e inglobava l’attuale chiesa di San Rocco il cui campanile è costruito su una base di una vecchia torre di guardia.
La conformazione del terreno è rocciosa e presenta delle cavità che potevano essere state utilizzate in passato da qualche eremita, perché ben si prestano a tale esigenza; una di queste grotte, ora parzialmente crollata faceva parte della canonica della chiesa ed era utilizzata dal parroco come cantina.
Nota
Ringrazio di cuore lo storico Andrea Margaritelli per il suo straordinario contributo per aver fornito materiale storico fondamentale per la stesura dell’articolo.
Fonti documentative
G. Riganelli – Torgiano nel medioevo; un Comune rurale e il suo Statuto – 1994
Andrea Margaritelli – Miralduolo e la Chiesa di S. Rocco
Attilio Bartoli Langeli – Codice Diplomatico Del Comune di Perugia Periodo consolare e podestarile (1139-1254) – Deputazione di Storia Patria per l’Umbria Fonti per la storia dell’Umbria – N. 15