Castello di Luco – Piediluco (TR)
Cenni Storici
Il luogo ove oggi rimangono i ruderi del castello, Mons Lucus, era un bosco sacro dedicato alla divinità romana Velinia, moglie di Giano.
Forse la prima costruzione che sorse sulla sua sommità fu proprio un piccolo tempio dedicato a tale divinità, sostituito poi, alla caduta dell’impero romano, da una fortificazione di avvistamento.
Le prime notizie certe dell’esistenza di un luogo fortificato sul Monte Luco risalgono al 1028, sono contenute in un documento con il quale Berardo di Arrone, feudatario del luogo, offre i suoi possedimenti all’Abbazia di Farfa, vi si fa espressa menzione di un “Castello de Luco“.
Esami stratigrafici, condotti sui ruderi dell’attuale Rocca, hanno confermato la presenza di un insediamento fortificato, caratterizzato dalla presenza di una torre quadrangolare che costituiva il mastio del castello e ne era il primo nucleo fortificato.
Federico II, nel 1244, conferì il castello alla famiglia Brancaleoni, che nel 1298 si sottomise a Spoleto.
Oddone e Matteo Brancaleoni, tra la fine del XIII secolo e la metà del successivo, lo ristrutturarono, trasformandolo in una dimora signorile.
Il periodo della signoria Brancaleoni si caratterizzò per i continui scontri tra guelfi e ghibellini: a più riprese, tanto la Rocca, quanto il borgo, furono oggetto delle contrapposte volontà di dominio di reatini, spoletini, folignati e perugini.
Nel 1330, Rieti e Spoleto si allearono per distruggere la rocca, divenuta rifugio dei ghibellini, ma furono fermati da papa Benedetto XII.
Nel 1333 fu occupata dalle truppe papali di Roberto D’Angiò.
Nel 1340 gli spoletini, guidati da Pietro Pianciani, sconfissero i Reatini, che avevano cinto d’assedio il castello, e fecero prigioniero il conte di Trivento che li guidava.
Nel 1364 Blasco Fernarndez di Belviso, rettore del ducato di Spoleto e cugino del cardinale Albornoz, acquistò dai Brancaleoni la Rocca e la ingrandì: un potenziamento nell’ambito del rafforzamento del potere papale che Albornoz portò avanti in tutta l’Umbria.
Fatta eccezione per la residenza signorile, il castello, debitamente fortificato, perse le sue funzioni abitative a vantaggio di quelle di difesa.
Nel 1368 Blasco e il figlio Garcia furono uccisi dagli abitanti di Piediluco.
Tremenda la reazione di Spoleto e della Chiesa, truppe pontificie inviate da papa Urbano V e comandate da Ugolino da Montemarte assieme agli armati di Spoleto, misero a ferro e fuoco la rocca e il paese, catturarono, processarono sommariamente e impiccarono 50 uomini del paese.
Sei dei colpevoli furono trascinati per le vie di Spoleto attanagliati con ferri roventi e poi gettati nel torrente Tessino.
Dopo l’uccisione del Fernandez divenne proprietà del giureconsulto Nicola Spinelli, che, nel 1393 lo vendette a Ugolino Trinci.
Rimase di proprietà dei Trinci di Foligno fino al 1439, alla morte di Corrado III, papa Eugenio IV lo sottomise alla potestà pontificia ed in seguito, nel 1453, papa Nicola V lo rese signoria del capitano di ventura reatino Matteo Poiani, come ricompensa per i servigi svolti.
Nel 1494 i Poiani chiesero aiuto a Spoleto per contrastare i Ternani, che avevano ostruito il canale di scarico del lago; di li a poco Alessandro VI donò il castello ai suoi nipoti, figli di Lucrezia, all’epoca governatrice della città ducale.
Alla morte di papa Borgia i Poiani tornarono in possesso del castello, e nel 1527 chiesero nuovamente l’aiuto di Spoleto, temendo l’arrivo dei Colonnesi, reduci dal sacco di Roma.
L’assenza di un erede maschio ne determinò, nel 1578, il trasferimento al nobile amerino Giovanni Farrattini che sposò Plautilla Poiani.
I nuovi proprietari lo tennero sino alla fine del XVII secolo.
Tra il Settecento e l’Ottocento Piediluco appartenne ai baroni Ancaiani, quindi ai conti Pianciani di Spoleto, che li cedettero ai baroni Franchetti alla fine del XIX secolo, ma il castello, cessate le esigenze di difesa, era da lungo tempo abbandonato.
Aspetto
Il complesso, che è allo stato di rudere dal XVIII secolo, presenta due parti distinte.
Nella zona sud-est si trova il palazzo, a tutt’oggi è possibile individuarne la sala di rappresentanza con il portale di accesso, le stanze residenziali e i vani accessori.
La residenza del castellano era articolata su tre livelli.
All’interno delle sue murature, in pietra calcarea, sono individuabili i resti del primo Castello di Luco, tra cui la vecchia torre.
La porta d’ingresso alla rocca si apriva sul lato nord-est ed era difesa da una torretta i cui resti sono ancora visibili.
L’emergenza più significativa è rappresentata dal mastio, a pianta pentagonale determinata da uno sperone, che si articola su cinque livelli, collegati da una scala ottagonale sostenuta da archi rampanti.
Il cortile d’armi presentava al centro una cisterna dove erano raccolte, depurate, le acque piovane poi riutilizzate all’interno del complesso.
Ancora visibile la torretta che proteggeva la porta di ingresso alla Rocca.
Lo spazio sottostante il castello, un tempo libero da vegetazione per ragioni di difesa, è oggi coperto da una fitta pineta, in cui si scorgono tracce delle fortificazioni che percorrevano tutto il fianco del monte fino al paese.
Fonti documentative
FAUSTI L., I Castelli e le ville dell’antico contado e distretto della città di Spoleto, Editoriale Umbra, Perugia, 1990
SANSI A., Storia del Comune di Spoleto, Accademia Spoletina, Spoleto, 1876
https://it.wikipedia.org/wiki/Piediluco
https://www.piediluco.eu/
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.