Castello di Leggiana – Foligno (PG)
Cenni Storici
Leggiana si trova adagiata nella media valle del fiume Menotre, alla sua destra idrografica, lungo la vecchia SS 77 della Val di Chienti.
Nel corso dei secoli si riscontrano diverse denominazioni di questo luogo, chiamato di volta in volta Landiano, Lagnano, Landizano, Laudigiana, Ligghiana, Liggiana e Leggiana, nome con il quale è attualmente identificato, di cui si ignora l’origine.
Il primo nucleo abitativo fu, probabilmente, insediato a valle da coloro che nei secoli precedenti occupavano il castelliere di monte Torricella, “Le Castellacce” posto a 728 metri di altezza poco sopra il paese, dove tuttora sono individuabili tracce del fossato, basi di muri a secco e resti delle strutture murali interne.
Il più antico documento in cui si parla di Leggiana risale al 1085, un atto notarile stipulato tra un prete di nome Bernardo che acquista da Berardo di Pietro un appezzamento di terreno posto in Landizano in quel periodo era sotto la giurisdizione dell’Abbazia di Sassovivo e facente parte della così detta “Cella di Scopoli“.
Risale al 1114 un atto di donazione al Monastero di Sassovivo, da parte del conte Offredo a suo fratello Alberto di un podere nel contado di Foligno, in un luogo chiamato Landiano.
Nel gennaio del 1117 Pietro dà all’abate Alberto di Sassovivo quanto possiede, mobili e immobili, in Scopoli, in Santo Stefano, e in Landizano, in cambio di una terra nella piana della chiesa di San Lorenzo de Spina.
Nel 1194 il conte Offredo, figlio del conte Gualtieri, dà in pegno ad Alberto abate e al Monastero di Sassovivo un suo manso in Landizano, quale garanzia per un mutuo concessogli di venti soldi pavesi.
Al tempo dell’imperatore Ottone, nel 1211, i coniugi Accettante e Seguenetta vendono al monastero di Sassovivo, in persona del monaco Nicola, un appezzamento di terreno in Scopoli, nei pressi di un campo e di case dei figli di Durasus per nove lire lucchesi; in cambio di tale vendita, Accettante dà alla moglie due stai di terra in Lagnano con giuramento: “iuravit super animam diete venditrici“.
In documento del 1217, inviato da papa Onorio III all’allora abate del Monastero di Sassovivo, si riconferma la protezione della santa Sede sia sullo stesso monastero sia sulle possessioni e privilegi concessi dai suoi predecessori.
In tale documento il papa, nell’elencare uno per uno i borghi dipendenti dalla Cella di Scopoli, nomina anche Landiano.
Negli anni a seguire, molte furono le donazioni che gli abitanti di Leggiana fecero “Pro anime mee et anime matrix e patrix“, alla potente Abbazia di Sassovivo.
Esse si protrassero quasi in modo continuativo fino alla completa decadenza della stessa.
Durante tale periodo ed anche in seguito, l’economia del paese si resse soprattutto sulla pastorizia, l’allevamento del bestiame, l’attività boschiva e in minor misura sull’agricoltura.
In un documento del 1226, nel cartulario di Sassovivo, Filippo di Rodolfo, podestà di Foligno, promette al monastero di Sassovivo, in persona del priore Ventura e dei monaci Paolo e Giovanni, di esentare dai tributi gli “homines” del Monastero abitanti nel distretto di Foligno tra cui quelli di Villa Landiani.
Il 24 ottobre 1227, essendo papa Gregorio IX e imperatore Federico, Angelo, abate di Sassovivo, con il consenso dei confratelli, loca per 12 anni a Bonaventura di Benencasa una terra posta in Landizano.
Il 9 maggio 1229 Jacopo, Ventura, Folco, Bencivenga e Parisio offrono ad Angelo, abate di Sassovivo, per la franchigia ottenuta dal convento, tre terreni con alberi, questi inoltre continueranno a tenere un casalino in Landiano, per il monastero “ad scriptum“, sul quale si trova una casa e il solo Ventura “ad laboricium” una terra nello stesso luogo.
Il 30 gennaio 1230 Diotaiuti di Omodeo di Landiano dà ad Angelo abate di Sassovivo per il monastero un pezzo di terreno con alberi, posto in Landiano, per la franchigia concessagli in passato dallo stesso monastero.
Il 30 giugno dello steso anno Jacopo e Tommaso di Varcannazio donano al monastero di Sassovivo, tramite l’abate Angelo, due terreni alberati in Landiano per la franchigia che gli era stata loro concessa.
Il 1 luglio si registra un altro atto di vendita di un piccolo appezzamento di terreno da parte di Biluarda e Raus di Matteo al monastero di Sassovivo nella persona dell’abate Michele di Damiano, posto in Landiano.
Il cardinale Capocci in una sentenza del 1239 attesta l’esistenza di una chiesa a Leggiana.
In un documento del 1498, in cui si parla di un lascito testamentario per la chiesa della Madonna del Sasso, da parte di una certa Caterina, moglie di B. Angeli, Leggiana è chiamata Laudigiana.
Nelle Riformanze del Comune di Foligno del 1541, troviamo sindaco di “Liggiana” un certo Marsilio di Cola.
Un’importantissima risorsa per gli abitanti, fu sin dai tempi più remoti la lavorazione della pregiata pietra estratta dalle numerose cave di cui la zona abbonda.
Cave ormai abbandonate, ma ancora oggi facilmente individuabili nei dintorni.
Va detto, infatti, che fino alla prima metà del 1900, Leggiana era il punto di riferimento per scalpellini, trasportatori e commercianti di pietra lavorata, in quanto, si diceva, che questo tipo di pietra per qualità e bellezza non aveva nulla da invidiare alla più famosa pietra rossa di Assisi.
Con essa, infatti, sono stati costruiti o ristrutturati moltissimi edifici, come la cattedrale di Foligno, il Palazzo Roncalli ora sede della Cassa di Risparmio, il Palazzaccio di Leggiana, il Palazzo Bolognini – Elmi a Serrane, la “Saletta dell’eremita” presso il Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia, ecc.
Uno degli ultimi mastri scalpellini, rimasto ancora nel ricordo dei più anziani per la bravura nella lavorazione di questa pietra, fu Giovanni Guidi di Severino.
Sulla sommità del sovrastante monte Torricella in località “Le Castellacce” persistono i resti di un castelliere di origini preromane.
Il Palazzaccio
Scendendo nella valle del Menotre si incontra il più antico nucleo di Leggiana, il Palazzaccio, grande costruzione che domina la strada che proviene Casenove ed è attualmente abbandonato e diroccato anche in seguito al terremoto del 1997.
Ora è quasi completamente invaso da vegetazione infestante e con imminenti pericoli di crollo.
Probabilmente è nato attorno ad una preesistente torre di vedetta, appartenne alla potente famiglia Trinci di Foligno, ma nel 1446 il palazzo passò,insieme ad alcuni terreni nei dintorni, ad un creditore, Giovanni Salvato, della famiglia degli Atti di Foligno, valoroso capitano di ventura del Comune di Bologna e marito della figlia di Gentile Monaldeschi della Vipera d’Orvieto.
Nel 1454, con il figlio Giò Galasso, assoldò una trentina di sgherri, che suddivise tra la casa posta nell’attuale Piazza San Domenico a Foligno e il palazzo di Leggiana.
Estinta la famiglia degli Atti il Palazzaccio passò nelle mani della famiglia Arcangeli, che risulta esserne ancora l’attuale proprietario.
In un passato recente nell’edificio vivevano alcune famiglie contadine alle dipendenze di un ricco proprietario terriero.
Il suo aspetto maestoso e signorile ha alimentato molte leggende.
Si narra che sia stata la dimora di Diana, una principessa ricca e potente, ma anche molto esosa e crudele, che esigeva una tassa da tutti quelli che attraversavano le sue terre.
Chi si rifiutava terminava il suo viaggio tra le lame taglienti di un trabocchetto posto nei pressi della strada.
Altre leggende parlano di una galleria sotterranea che metteva in comunicazione il palazzaccio con la Torraccia, un antico castello posto sopra la montagna più in alto.
Per arrivare al suo ingresso bisogna attraversare un suggestivo viale alberato incastonato tra la montagna e il Menotre.
Il palazzo è costruito in pietra bianca, proveniente dalle numerose cave del posto,appena varcato il pesante portone presenta un maestoso cortile a forma di elegante chiostro, dal quale tramite una scala posta sulla sinistra, si giunge ai piani superiori, dopo aver attraversato un magnifico loggiato con aperture ad arco.
Le sue stanze sono numerose e ampie è dotato anche di una stalla, un forno, ed una grande cantina.
Sulla facciata rivolta verso la vecchia Statale settantasette, una scala a doppia rampa conduce al piano rialzato, un tempo “Piano nobile” del Palazzo e in seguito stalla per gli armenti dei contadini che vi hanno abitato fino alla metà degli anni settanta.
Casa di Don Pietro Arcangeli
Proseguendo si incontra l’abitazione di Don Pietro Arcangeli, per più di quarant’anni parroco di Leggiana e perseguitato dai Nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Orologio ad acqua
Nella strada interna che porta alla chiesa, sulla destra c’è una casa, ora proprietà delle famiglie Capodimonti e Delicati, con un dipinto, situato in alto appena sotto la tettoia, raffigura un orologio che in passato era azionato dalla forza dell’acqua.
L’acqua proveniva da una fonte situata nella casa di fronte ed essendo posta più in alto rispetto all’orologio, con una conduttura che attraversava la strada, faceva muovere le lancette dell’orologio. Sopra l’orologio c’è scritto:
TV CHE L’ORLOGGIO GVARDI ATTENTO E FORTE
NON VEDI CHE FAI IL CONTO CON LA MORTE
e più sotto:
VN FIL A FORZA D’ACQVA A ME MI GIRA
PER DAR PIACER AL PASSAGGIER CHE MIRA
In mezzo c’è la data:
MAGGIO 1741
È stato ristrutturato dopo il sisma del settembre 1997 dalla soprintendenza, nel 2010 vi è stato aggiunto un piccolo orologio a batteria.
Nello stesso palazzo si trova scolpita una croce.
Poco più avanti sulla destra, si trova un piccolo monumento ai caduti.
Il fiume Menotre lambisce l’abitato di Leggiana; nasce nei pressi di Orsano, a quota 800 s.l.m., è stato in passato di fondamentale importanza per l’economia della valle.
Oltre all’irrigazione le sue acque sono servite in passato per alimentare i mulini per macinare il grano, le olive e per la cartiera di Pale.
La portata media nei primi anni del 900 superava il metro cubo, ma oggi risulta essere molto povero d’acqua.
Animali in pietra
Don Pietro Arcangeli, già parroco di Leggiana e ora scomparso, si dilettava a costruire delle raffigurazioni in cemento e pietra di animali, ponendoli su un campo di sua proprietà, ove destavano la curiosità dei paesani e dei passanti essendo visibili dalla strada.
Con gli anni erano stati coperti dalla vegetazione, nel 2011 Neno Barbetti li ha ripuliti dalle sterpaglie e li ha verniciati di colori sgargianti rendendoli di nuovo visibili e realizzando una sorta di strano museo della civiltà contadina.
Proseguendo si giunge al piccolo cimitero e da lì, tramite un sottopasso, alla Chiesa della Madonna del Sasso.
Per raggiungerla occorre bagnarsi nelle acque del Menotre, guadabile con facilità in quel punto.
Fonti fotografiche
Le due foto dell’interno del Palazzaccio ed una dell’edicola della Madonna del Sasso sono tratte dal sito http://www.leggiana.it/
Le due foto del “Castelliere” di monte Torricella sono di Gabriele Finamondi.
Fonti documentative
CAPODIMONTI SANDRO -Il Menotre e la sua valle Borghi, genti, acque, sorgenti
GREGORI DON LUCIANOLa – Valle del Menotre
http://leggiana.altervista.org/luoghi.html#
http://www.leggiana.it/
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.