Castello di Genga (AN)
Cenni Storici
Le origini del Comune di Genga, e in particolare del castello di Genga, si perdono nell’oscurità dei tempi.
Poetiche leggende ne riporterebbero la nascita ai tempi di re Pirro, allorché il militare Lucio Sentinate, che aveva combattuto a fianco di tale re e poi con i romani, acquistò il monte Giunguno e vi edificò il castello di Genga.
Un’altra leggenda vede le origini di tale insediamento dall’unione della giovane Genga con il militare tedesco Gallo, dal cui matrimonio ebbe inizio la dinastia dei Conti della Genga.
Più attendibili le ipotesi di popolazioni provenienti dalla Valle del Sentino, forse gente picena, che insieme agli umbri occuparono tutto il Piceno Annonario; a riguardo soccorrono anche scoperte come le stazioni eneolitiche di Pianello e di Colleponi che inducono alla convinzione e alla credenza che un’antica stirpe giunta dalla Valle dell’Esino, risalì il fiume Sentino per stabilirsi nell’attuale territorio del Comune di Genga.
Nel 386 a.C. il territorio fu invaso dai galli senoni cacciati poi dai romani che inglobarono Genga all’interno del territorio del Municipium di Sentinum, poiché aperto su quest’ampia vallata. Nel secolo decimo, quando Sentinum fu abbandonata a seguito delle incursioni barbariche, gli abitanti si rifugiarono nelle zone più remote e meno accessibili della circoscrizione municipale; in quei luoghi i più abbienti costruirono poi i loro castelli dando origine agli attuali agglomerati. Ammissibile è quindi l’ipotesi che il castello di Genga, capoluogo comunale, ha avuto origine da questa contingenza storica.
I documenti non soccorrono compiutamente, ma sembra che una cittadella preesistesse alla illustre famiglia dei Conti i quali l’acquistarono in seguito dai monaci dell’abbazia di San Vittore delle Chiuse, che ne avevano la proprietà, nel 1090 per mezzo di un contratto d’enfiteusi che poi fu rinnovato nel 1215 a favore di Gandolfino, figlio di Simone.
Di certo è da questa data che la storia del Comune di Genga diventa inseparabile da quella dei Conti della Genga che governarono tale luogo fino ai tempi napoleonici e alla cui famiglia appartiene papa Leone XII; anche lo stemma del comune è quello antichissimo dei suoi Conti: l’aquila nera incoronata d’oro in campo azzurro.
Le vicende di Genga, da questo momento, si compendiano in una lotta secolare tra i suoi signori e la comunità di Fabriano per il possesso del castello.
Nel 1216 i fabrianesi misero per la prima volta i piedi nel territorio di Genga; nel 1218 il feudo di Genga fu concesso alla repubblica di Fabriano per il compenso di centoventi libre ravennati a cui seguì una lunga serie di contrasti che diedero seguito alla stipula di patti pubblici dove sì stabili che il castello doveva essere soggetto a pagare dazi, pedaggi e altri balzelli alla città di Fabriano.
Nel 1348 la città di Fabriano si pone sotto la giurisdizione di Ludovico d’Ungheria e con essa anche Genga; solo nel 1356 gli abitanti di Genga promisero onestà e obbedienza al podestà di Fabriano.
Nel 1435, a seguito della strage dei Chiavelli, signori di Fabriano, il dominio di Genga tornò nelle mani degli antichi feudatari, i Conti della Genga.
Questa nobile famiglia riuscì a conservare il suo potere fino al 1816, anno in cui Pio VII invitò i feudatari del suo stato a rinunciare alle giurisdizioni baronali.
Sotto il Regno italico Genga, unita a Pierosara, diviene per la prima volta comune, dipendente da Sassoferrato, per poi assumere la pienezza dell’autonomia comunale nel 1860.
Dopo l’Unità d’Italia nel periodo comunale si consolida un’agricoltura di sussistenza che favorisce la posizione del mezzadro rispetto a quella del piccolo agricoltore; l’emigrazione permanente e temporanea diventano le uniche soluzioni a tali problemi.
Solo nel secondo dopoguerra il tardivo processo d’industrializzazione e la nascita di attività turistica, favorita dalle Grotte di Frasassi, hanno aperto nuovi orizzonti economici ed occupazionali e consentito la formazione di un reddito procapite sufficiente per vivere in condizioni di relativo benessere.