Castello di Colle del Marchese – Castel Ritaldi ( PG )
Cenni Storici
Il luogo ove sorge oggi Colle del Marchese è abitato fin da epoca remota, ne sono testimonianza resti romani rinvenuti nella zona, la famosa lex spoletina, risalente al IV-III secolo a. C., rinvenuta nel 1876 nel muro della demolita chiesa di San Quirico, prossima al castello, e le preziose testimonianze altomedievali murate sulla Chiesa di Santa Maria della Stelletta.
Sull’altura occupata oggi dal castello sorgeva forse un fortilizio più modesto, con steccati e carbonara, ne mancano però prove documentali o archeologiche.
Secondo alcuni studiosi il castello anticamente era chiamato Castrum Muricis, nominato sulla fine del XII secolo da Cencio Camerario e concesso nel 1178 dai feudatari del luogo, i signori Arcuri, al Comune di Spoleto.
Anche questa però è un’ipotesi priva di fonti.
È probabile che il territorio abbia fatto parte della Normannia, un vasto feudo imperiale alle falde dei Monti Martani poi passato alla Chiesa quando, nel 1198, divenne padrona del Ducato.
I Papi l’amministrarono direttamente perciò gli abitanti furono chiamati manuali della Curia Romana l’area prese il nome di Normannia perché Normanni equivale a manuali.
Il feudo fu poi concesso, nel 1247, al Comune di Spoleto dal Cardinale Legato Capocci.
Fu per un certo periodo dominio dei Trinci di Foligno, nei primi decenni del XIV secolo.
La prima notizia in cui il Castello di Colle del Marchese, Collis Marchionis, è documentato con tale nome risale soltanto dal 1348 e cioè da quando Spoleto ne ebbe o riebbe il dominio.
Non è nominato nell’elenco dei castelli del Comune di Spoleto nel 1361, pertanto a tale data non era più in possesso della città ducale ed era, probabilmente, già da tempo amministrato direttamente dalla curia romana.
Il 21 settembre 1371, al tempo del vicario ser Cola Jutii di Castagnola, Colle del Marchese si dotò di statuto comunale, ora conservato presso la sezione di Archivio di Stato di Spoleto.
Dalla sua lettura si apprende che il piccolo centro era cinto originariamente da uno steccato, ben presto sostituito da un muro a spese dei frontisti; era fatto divieto di gettare sassi o far macerare canapa o lino nel fossato riempito di acqua ristagnante che lo circondava.
La via di accesso al castello era costituita da un’unica porta, all’interno vi era una piazza e la casa del comune.
La popolazione si distingueva in castellani, residenti all’interno delle mura, ed in terrigeni, vale a dire abitanti in ambito comunale.
Gli uni e gli altri erano obbligati alla prestazione di servizi comuni e al pagamento delle dative.
Gli uomini adibiti alla difesa del castello erano raggruppati in capodecine, con obbligo di dotarsi personalmente dell’equipaggiamento militare.
I non residenti, forenses, erano assoggettati agli stessi doveri dei residenti, ma non godevano i medesimi benefizi.
La comunità era immediate soggetta alla Curia di Roma, alla quale era obbligata al pagamento del focatico.
L’autorità maggiore nel castello era rappresentata dal vicario, un ufficiale stipendiato, inizialmente scelto tra i castellani, in seguito eletto semestralmente da sei rappresentanti del popolo, due per ogni villa.
Competeva a questo il potere esecutivo in materia civile e criminale, tuttavia con un ambito giurisdizionale estremamente limitato.
Il vicario era coadiuvato da altri ufficiali: banditori con mansioni di ufficiali giudiziari, gualdarii ovvero guardaboschi con compiti di denunziare i danni dati oltre che accusare bestemmiatori, spergiuri e giocatori d’azzardo, viarii ovvero polizia urbana con il compito di vigilanza su fonti e fossati.
La comunità era retta amministrativamente da un camerario con mansioni finanziarie, che doveva ripartire le tasse in base alla proprietà e da massari con funzioni sindacatorie.
Nei primi decenni del secolo XV vi spadroneggiò l’abate Tomacelli, ma nel 1440 il Comune si adoperò perché il Papa lo restituisse alla città.
Nel 1490 figura tra i luoghi soggetti al Comune Spoletino.
Vi ebbe vasti possedimenti l’antica e nobile famiglia spoletina dei Parenzi.
Fu appodiato a Castel Ritaldi nel 1814.
Nel 1860 la comunità divenne una frazione del Comune di Castel Ritaldi.
Aspetto
Del castello rimangono pochi resti di mura e la porta di accesso vigilata da un’alta e possente torre quadrangolare trasformata, in epoca imprecisabile, in torre campanaria.
All’interno del castello si trova la Chiesa di San Pancrazio, appena al di fuori si ammira la Chiesa di Santa Maria della Stelletta.
Sempre al di fuori dell’abitato si trova la chiesa di San Pancrazio nuova, modesta costruzione del secolo scorso, che però conserva al suo interno come pala d’altare una stupenda Madonna col Bambino, Tempera su tavola, realizzata dal Maestro di Cesi nel 1332, proviene dalla Chiesa della Madonna della Selva mattutina.
Fonti documentative
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S.A.S.S., Riformanze
TABARRINI M., L’Umbria si racconta, Editoriale Umbra, 1982
TABARRINI M., A Castel Ritaldi tra storia, arte e poesia Assisi, Tip. Porziuncola, 1986
https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=49156
Nota
Foto e testo di Raimondo Fugnoli e Silvio Sorcini.
Da vedere nella zona
Chiesa di San Pancrazio
Chiesa di Santa Maria della Stelletta
Chiesa della Madonna della Selva mattutina
Castello di Morcicchia
Castello di Clarignano
Castel San Giovanni
Castello di Castel San Giovanni
Chiesa di Sant’Angelo de Assisibus
Chiesa di San Giovanni
La Bruna
Santuario della Madonna della Bruna
Castel Ritaldi
Castello di Castel Ritaldi
Chiesa di Santa Marina
Chiesa di San Nicola
Pieve di San Gregorio Magno
Mercatello
Chiesa di San Cassiano
Chiesa di San Donato di Buiano
Edicola della Madonna della spiga