Castello di Chiavano – Cascia (PG)

Quello che si può vedere oggi è ciò che resta dopo gli assalti dei numerosi terremoti che hanno interessato la zona.

 

Cenni Storici

Castello di poggio posto a guardia della Forca omonima, attraversata da un antico collegamento con il Regno di Napoli, domina il sottostante altopiano ai cui margini sono collocate numerose ville.
Sia per la sua posizione sia per i caratteri della sua edilizia, realizzata in modo che le stesse case sembrano costituire il recinto fortificato che culmina nel punto più alto in una struttura particolarmente munita, si caratterizza chiaramente come un castello di confine, avamposto per certi versi tanto avanzato da risultare alla fine autonomo, come le vicende storiche confermano.
Il piano, insieme a Villa San Silvestro, era collegato al centro nevralgico di Monteleone di Spoleto attraverso una strada romana.
La penetrazione romana è documentata nell’abitato da un blocco di calcare locale con iscrizione, riutilizzato come gradino della scala d’accesso della Chiesa.
Il blocco, che per la sua forma sembra appartenente ad un monumento funerario di una certa importanza, fu in un primo momento riutilizzato come mensa d’altare e a tale scopo vi venne praticato un incavo rettangolare che interessò l’epigrafe deteriorandola, recentemente è stata rinvenuta un’altra epigrafe, TERM, alcune monete romane, oltre le già conosciute (M. Franceschini) rinvenute nei pressi della chiesa di Sant’Ilario.
Anche una statuina di Ercole è documentata da A. Stalinski, 2001 rinvenuta presso la torre ed ora in collezione privata a Londra.
Di particolare rilievo è il tratto stradale che dalla fonte cinquecentesca di Chiavano si dirige verso Villa San Silvestro e che conserva in tutto il suo percorso, sia pur presentando tratti alquanto deteriorati e lacunosi, gli argini di contenimento (terrazzamenti a monte e parapetti a valle), caratterizzati da lastre di calcare locale infisse ai margini della sede stradale, che risulta larga m.1,80.
Come in altri casi, tali argini assolvono alla funzione di terrazzamento a monte e di parapetto a valle.
La storia del castello medievale inizia prima del 1030; era feudo imperiale, affidato alla famiglia dei Chiavano o Clavano.
Federico Barbarossa prese prigionieri alcuni esponenti della famiglia dopo l’incendio di Spoleto del 1155.
Abrunamonte Chiavano aveva poi sposato Agnese, la figlia del duca di Spoleto Corrado di Urslingen.
La famiglia aveva il possesso di un vasto territorio che comprendeva, oltre al castello avito, anche molte altre rocche poste in posizione strategica al confine tra Umbria e Abruzzo, come San Silvestro, Chiavanello, Perchia, Moscione, Buda, Trognano, Pianezza, Sala, Viesci, Trimezzo e, dal 1300, il castello di Pescia.
La storia di Chiavano è contrassegnata dalle lotte con i Casciani; partecipò alla guerra che nel 1275, cessata la tregua stipulata sei anni prima, oppose Cascia a Spoleto.
Nel 1280 papa Niccolò III ingiunse ai Casciani “indevoti filii“, di pagare duemila libre ravennati alla Camera apostolica e quattrocentoventotto fiorini ai Chiavano per i danni arrecati al castello durante il conflitto.
Nel 1289 un altro Abrunamonte con il fratello Nicola vendette al Comune di Spoleto per 7.000 libre ravennati il castello e il monte di Chiavano con le ville, le terre colte ed incolte, boschi, prati, acqua e molini con le loro pertinenze.
Nella vendita erano comprese centoventinove famiglie di vassalli con i loro tenimenti, mentre ne erano esclusi i beni demaniali e dotali e le terre coltivate; queste ultime sarebbero rientrate nella vendita solo quando il Comune avesse voluto restaurare il castello.
L’atto di cessione fu stipulato il 21 luglio 1289 alla presenza del procuratore di Spoleto, messer Ciperio di Pietro, negli statuti di Spoleto del 1296, alla rubrica 50, si obbligava i nobili di Chiavano a prestare giuramento davanti ad ogni nuovo podestà e ad abitare in città.
Abrunamonte di Chiavano, nel 1305, era alla testa dei ghibellini locali che, approfittando dello sbandamento provocato dal trasferimento ad Avignone della sede pontificia, occuparono la città, rovesciando il tradizionale predominio della parte guelfa; l’azione provocò l’intervento della guelfa Perugia.
Dopo la pace ristabilita, anche grazie alla mediazione del rettore del ducato Arnolfo Garzia di Bordeaux, nella primavera del 1310, le lotte di parte ripresero più forti, perché la notizia della discesa in Italia dell’imperatore eletto Enrico VII aveva risvegliato le speranze ghibelline.
Anche a Spoleto le fazioni ripresero subito le armi, dando il via ad un estenuante conflitto, che vide per lungo tempo alternarsi al potere ora l’una ora l’altra delle parti.
Nel conflitto, si distinse ancora Abrunamonte, che il 17 novembre 1311 era podestà di Monteleone, Comune tributario di Spoleto.
Egli trovò poi la morte nella piana di San Brizio combattendo alla testa dei ghibellini di Spoleto contro le forze coalizzate di Perugia, Foligno, Assisi e Spello, nel tentativo di riconquistare Trevi, dove avevano trovato rifugio i fuorusciti guelfi di Spoleto.
Il figlio Bartolomeo, nel 1312, strinse patti con Cascia, cui cedette tutti i beni dei quali era entrato in possesso per sottrarli alle mire espansionistiche del Regno di Napoli.
Riguccio di Chiavano, nel 1319, partecipò alla strage dei guelfi spoletini racchiusi nel convento di Sant’Agata; fu poi gonfaloniere del Popolo della città ducale.
Tra i membri della famiglia si ricorda, Giovanni, nato intorno al 1270, il quale, dopo aver partecipato alle vicende politiche del suo tempo, volle ritirarsi a vita di povertà, di penitenza e di preghiera nell’eremo di Atino, presso l’oratorio di S. Eufemia, dove morì in fama di santità il 24 giugno 1350. Le sue spoglie, circondate dalla venerazione dei fedeli, furono inumate nella chiesa di S. Agostino a Cascia.
Il 7 settembre 1390 Tommaso, il figlio di Pietruccio di Cola di Abrunamonte, insieme con altri sbanditi guelfi e ghibellini riuscì a penetrare in Spoleto, dove il cardinale Francesco da Monopoli, legato generale di Bonifacio IX, assediava la rocca saldamente tenuta dai partigiani dell’antipapa Clemente VII.
Tommaso riuscì a sbloccare la fortezza, abbattendo le opere d’assedio e costringendo alla fuga il cardinale.
Furono successivamente assaltate le forze guelfe riorganizzate, appoggiate delle milizie del vescovo di Montefeltro, rettore del ducato, sui contingenti di Ugolino Trinci, signore di Foligno, e Giannello Tomacelli congiunto del papa.
Il 9 aprile 1391, Tommaso, con una fortunata sortita riuscì a procurarsi una grande quantità di grano ed a riunire un contingente di mille armati tra fanti e cavalleggeri, e a impadronirsi di due fortificazioni nemiche, l’una sul Monteluco, l’altra all’inizio del ponte delle Torri.
Fu poi però sconfitto per il tempestivo intervento delle milizie guelfe di Giovanni de Domo, che soffocarono anche un successivo tentativo di rivolta.
L’Altopiano di Chiavano fu poi disseminato di oratori monastici, tra cui San Martino e Santo Stefano, dipendenti dall’abbazia di Farfa.
Abbandonate le Chiese dall’abbazia di Farfa, nel 1542 passarono al Capitolo della Cattedrale di Spoleto.
Chiavano compare anche come luogo di deposito di merci lungo la strada tra le Marche e l’Umbria per i mercanti ebrei di stoffe e di zafferano.
Nel castello esisteva un banco di prestito ebraico nella prima metà del ‘500.
Nel 1541 il consiglio del comune di Cascia proibiva ai propri ufficiali la consegna di pegni a quel banco.
Il camerlengo papale dava ordine nel 1544 al governatore di Cascia perché costringa Simone e Ventura da Chiavano a restituire al monastero S. Maria nella diocesi di Ascoli i calici ed altri oggetti sacri che lo stesso monastero aveva impegnato con loro.
I prestatori rifiutano nonostante la disponibilità del monastero di rimborsare il capitale.
Il proprietario del banco nel 1554 fu Rubino di Consolo da Spoleto, banchiere anche a Terni ed a Santa Fiora e suo fratello Simone.
Furono creditori del comune di Cascia, insolvente al momento della scadenza del prestito nel 1555.
Per rappresaglia il comune scacciò i banchieri dal Castello e ordinò la chiusura del banco.
Secondo quanto scrive il Lascaris in occasione della sua visita pastorale (1712) il territorio di Chiavano riassumeva in un’unica communitas le cinque ville di Opagna, Villa San Silvestro, Buda, Coronella e Trognano.
Durante il periodo della conquista francese, Chiavano riacquisì per un breve periodo l’autonomia comunale, incorporata al Dipartimento del Trasimeno; ma con la restaurazione, tornò sotto il comune di Cascia.
La storia del castello si conclude con il terremoto del 1979; il villaggio, completamente distrutto, è stato riedificato ai piedi del colle sulla cui cima sorgeva imponente e minaccioso il castello dei Chiavano.
 

Aspetto

Del castello resta in piedi un mozzicone della torre di avvistamento e pochi ruderi.
Sulla montagna che fronteggia Chiavano rimangono pochi ruderi del vecchio castello di Perchia e all’estremità del colle dove sorge sono appena visibili i resti della torre e dell’abitato di Chiavanello.
 

Nota

Foto e testi di Egidio Emili, Francesco Raggetti e Silvio Sorcini
 

Da vedere nella zona

Chiesa di Sant’Ilario
 

Fonti documentative

EMILI EGIDIO, Carta archeologica dal Paleolitico al Medio Evo, 2018
FABBI ANSANO Storia e arte nel comune di Cascia Arti Grafiche Panetto & Petrelli Spoleto, 1975, p.23 – 36:
FRANCESCHINI MARCO, Memorie Istoriche Di Cascia e del suo Territorio, Che Incominciano Dalla Fondazione di Cascia Sino Ai Tempi Presenti.
MORINI ADOLFO Cascia e i suoi dintorni, 3 ed., Cascia (PG) 1925, p. 172 e 119;
SANSI A., Storia del Comune di Spoleto, Accademia Spoletina, Spoleto, 1876
TOSCANO B., GIACCHÈ L., RAGNI B., GENTILI L., L’Umbria. Manuali per il territorio. La Valnerina. Il Nursino. Il Casciano, Roma, Edindustria 1977

https://www7.tau.ac.il/omeka/italjuda/items/show/1111

http://www.treccani.it/enciclopedia/abrunamonte-clavano_(Dizionario-Biografico)/

Citazione in Bolla di Benedetto III dell’826; M. Franceschini, Memorie II**; idem Racc.11 e Memorie 24; L. Franceschini, I,21; idem, II,79; Cronicon farfense e Regesto di Farfa 1879-1914 in M. Zelli 1913 si cita “Clavano” nel 1081 e 1082; A. Serantoni, 1981, p. 5 s.; Stalinski 2001 a, p.256- p. 402 fig. 83-84;
S. Ranucci,2002, pp. 226.227**; Cordella, Cascia 2002, 149; Sordini 374 n.14; Schippa, 1974/75 p.213;
Cascia, 2009, Coarelli-Diosono-Costamagna; Nursia 2013, p. 54 e nota nr. 45 per la provenienza; per castellieri di Chiavàno e Chiavanello, Costamagna, 2007, p.24. Sabatini 2018, p.170; S. Di Lodovico, 2009, p. 113 s.: Not. 230, I, c. 82 r. (del 4/07/1635).
 

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