Castello di Caso – Sant’Anatolia di Narco (PG)
Cenni Storici
Castello di pendio a 667 metri di altitudine, da cui si gode uno stupendo panorama.
Probabilmente qui si stabilirono i valligiani della Val di Narco dopo l’attacco dei saraceni dell’890, per fuggire al pericolo dal passaggio di eserciti lungo la valle.
Sulla fine del secolo XII apparteneva direttamente al duca Corrado, era poi passato dal dominio ducale a quello della Chiesa e quindi sotto quello della città di Spoleto.
Nel secolo XIII, come gli altri castelli della Valnerina, fu una piccola comunità semi-indipendente da Spoleto e ad essa fortemente legata; aveva propri Statuti, ma il podestà era nominato dall’egemone città ducale, vi era una fortezza di Spoleto, ora scomparsa.
Il Vicario della Montagna per la Chiesa nel 1223 riuscì con la forza a sottrarlo agli spoletini che subito dopo tornarono a ricondurlo all’obbedienza.
Caso visse nel corso dei secoli una vita tranquilla, sostanzialmente fedele a Spoleto.
Nel 1241 Federico II e poi il cardinale legato Capocci nel 1247, confermarono il possesso del castello a Spoleto.
Non fece parte della federazione dei castelli ribelli a Spoleto nel 1338.
Ebbe discordie con la comunità di Sant’Anatolia nel 1333; infatti quell’anno gli Angioini del regno di Napoli erano sconfinati, per rubare, verso Caso, quindi furono portati a Sant’Anatolia archivi e oggetti di valore; quelli di Sant’Anatolia pare che ne avessero fatto preda e ci fu una causa presso la corte ducale.
Nel 1368 è elencato tra i castelli del distretto spoletino.
Gli Statuti scritti sono del 1460, se ne conserva, presso l’archivio di Stato di Spoleto, solo una parte del libro dei Malefizi, documento pergamenaceo, latino, scrittura gotica antica, acefalo fino a pagina 7 rubrica 7 numerato fino a carta 32, cui seguono altre mani fino a pagina 60 (numerazione tardiva) per le aggiunte e approvazioni.
I titoli sono in rosso, il testo in nero, le rubriche 103, con materie senza divisione (spesso illeggibile).
Il podestà era inviato da Spoleto e la comunità era retta da un vicario locale, aiutato dal notaio e dal camerario.
Le deliberazioni venivano prese dal consiglio generale ed eseguite dalla cernita (giunta).
Era un piccolo comune autarchico e di usi austeri.
Si celebravano numerose festività.
Nel 1522 Caso, unitamente agli altri castelli dei dintorni, tentò di ribellarsi a Spoleto, fu però prontamente risottomesso.
Durante la repubblica francese del 1798, Caso subì l’invasione degli Insorgenti e dei banditi al seguito. Con la Restaurazione ebbe un sindaco proprio, sotto il gonfaloniere di Spoleto.
Il piccolo comune rimase in vita fino al 1895, quando fu soppresso e il territorio aggregato a Sant’Anatolia.
Tradizioni e Territorio
Dell’antico mondo rurale e silvo-pastorale, ancora fortemente leggibile nella struttura del paesaggio di Caso, si conserva una vecchia tradizione legata al rito delle rogazioni, preghiere intercalate da litanie e recitate processionalmente per propiziare abbondanti raccolti e per allontanare le calamità naturali: per la festa primaverile di Santa Cristina, che nella cultura popolare del luogo è stata assunta a protettrice degli alberi da frutto pregiati, quali mandorli e meli, di grande valore nell’economia rurale di un tempo, si svolgevano due processioni, una verso Capo le Campore, dove è stata edificata una piccola chiesa dedicata alla Santa, a monte dell’abitato, ed un’altra verso il Piano delle Melette.
Alcune di queste rogazioni, in una ibrida commistione di latino ecclesiastico e di parlata locale, cosi recitavano:
“A fulgure et tempestate/A flagello terremotus/A peste, fame et bello/(litania) libera nos, Domine.
Santa Cristina su capo le Campore/fa venì bene le nostre mandorle le meletteroscette ‘ncò/ (litania) te rogamusandinò“.
Sotto le Muraglie, la Val Casana si allarga notevolmente in uno spazio di circa 14 ettari, quindi si restringe bruscamente in una gola: l’insieme di queste morfologie ed il fondo pianeggiante hanno costituito una specie di grande vasca di decantazione, dove si sono accumulati per secoli i materiali alluvionali più grossolani, mentre sulla spianata successiva, detta Piano delle Melette, si sono depositati sabbia fine e terriccio.
Questa felice combinazione geomorfologica è stata sfruttata dagli abitanti di Caso che, da secoli, utilizzano i 12-13 ettari di Piano delle Melette per colture agrarie, specialmente fieno e foraggi, con buone rese.
Il Piano, al suo meglio in primavera, punteggiato da meli, mandorli, salici ha importanza alimentare anche per gli animali selvatici (Lepre, Starna e alcuni roditori).
Sotto l’abitato di Caso, nei pressi della strada che conduce al Pian delle Melette si trova la quercia più grande dell’Umbria.
Il proprietario, Enrico Santucci, classe 1943, lui la quercia se la ricorda sempre grande com’è ora, solo che una volta era coperta d’edera e non dava quasi più ghiande; ricorda che da ragazzo ci saliva sopra per raccogliere le foglie per il bestiame e che con qualche ramo secco ci facevano tanta legna, poi c’era una tartufaia; oggi l’edera si è seccata e se ne è andata da sola, i tartufi non ci sono più ma lei è sempre lì imponente, circonferenza rilevata a un’altezza di un metro e mezzo dal suolo m. 5,90 a monte, 6,50 a valle.
Aspetto esterno
Il castello di Caso risulta ancora cinto da mura ed il tessuto urbano, in gran parte restaurato, presenta notevoli elementi architettonici di elevato pregio.
Interessante è la doppia porta d’accesso con spazio coperto restaurata di recente, Porta Castello, da cui si giunge alla piazzetta, centro della vita civile e religiosa del paese, cerniera tra il vecchio abitato medioevale e le costruzioni più moderne, sorte intorno alla Chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta.
All’interno dell’abitato si trova l’interessante Oratorio di San Giovanni Battista, nei pressi del cimitero la Chiesa della Madonna delle Grazie e lungo la strada per Gavelli la Chiesa di Santa Cristina
Fonti documentative
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GENTILI, GIACCHÈ, RAGNI, TOSCANO, L’Umbria – Manuali per il territorio – La Valnerina, Il Nursino, Il Casciano – Edindustria Roma, 1977
GUERRINI G.,Le chiese di Santa Maria
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SPERANDIO B., Chiese romaniche in Umbria, Quattroemme, Perugia, 2001
TABARRINI M., L’Umbria si racconta, Editoriale Umbra, 1982
www.comunesantanatolia.it
Nota
La galleria fotografica è di Alberto Monti e Silvio Sorcini, il testo è di Silvio Sorcini.
Da vedere nella zona
Chiesa della Madonna delle Grazie
Oratorio di San Giovanni Battista
Chiesa di Santa Cristina – Caso
Chiesa di Santa Maria Assunta – Caso
Mappa
Link alle coordinate: 42.708556,12.857156