Castello di Casa Castalda – Valfabbrica (PG)
Cenni storici
L’area montuosa a cavallo dei fiumi Rasina e Risacco circondata dai monti Serra, Luciano e della Dea ha conosciuto insediamenti umani associati sin dall’età paleolitica e neolitica come attestato da ritrovamenti di numerosi reperti archeologici costituiti da schegge di pietra, alcune delle quali lavorate, da bracciali e da anelli di bronzo di epoche successive, attualmente conservati nel Museo Archeologico di Perugia.
Oltre a questi nel corso di lavori agricoli, sono venute alla luce tombe primitive costituite generalmente da grossi orci di terracotta disposti orizzontalmente, nel cui interno furono rinvenuti, frammisti a delle ossa umane, vasetti lacrimali e altri oggetti funerari.
Ma i reperti più numerosi risalgono al periodo etrusco-romano, rinvenuti nel Monte della Dea, in corrispondenza del cosiddetto Campo del Tesoro ed erano costituiti da statuette di bronzo, monete, medaglie e di altri oggetti d’ornamento; oltre a questi fu rinvenuta una notevole quantità di rottami di laterizi, avanzi di tegole e mattoni a dimostrazione della presenza di un nucleo abitato e non è improbabile che sulla cima di questa collina nell’antichità sorgesse un tempietto o una edicola dedicata a qualche divinità, quale ad esempio la Dea Cupra o Dea Bona, sacra al culto del popolo umbro.
Tale presenza si spiega per la presenza di un direttrice viaria dell’epoca che risalendo la valle del Chiascio, in
corrispondenza della località Barcaccia divergeva verso il nord, forse in direzione delle Marche o più precisamente del mare.
E’ in questo contesto che è sorto il castello di Casacastalda e secondo lo Jacobilli, che si rifà ad altri storici, sembra che il castello abbia preso il nome da un certo Ernero Castaldo di origine longobarda, detto de’ Toscani discendente dalla stirpe di Baduila, Re dei Longobardi che si oppose a Re Desiderio.
E’ certo che durante il periodo della dominazione longobarda, i ducati erano divisi in gastaldati, governati da un gastaldo o castaldo con incarichi amministrativi, militari e giudiziari.
Con questo si vuol dire che il castello potrebbe essere stato almeno una rappresentanza del pubblico ufficio, cioè una casa, una residenza, da cui Casa Castalda o casa del Castaldo che costantemente ritroviamo sin dai più antichi documenti.
Questo appellativo però, potrebbe essere anche il riassunto, diciamo così, di denominazione di territorio, e cioè campagna con terre e case dipendenti dal castaldo; tuttavia risulta che il nome abbia, fin dalla più antica denominazione, la qualifica di castrum, cioè castello, quindi luogo fortificato, luogo militare, ma che poteva essere anche dimora per i rurali che, a sera, vi tornavano coi propri animali, dalla campagna: era uno dei modi per difendere e difendersi specialmente in tempo di guerre.
Casa Castalda sarebbe stata edificata quindi dai Longobardi nell’anno 763 d.C. sulle rovine dell’antica città umbra di Causentinum fondata dagli Umbri intorno al 1000 a. C., i cui popoli Causentiliani sono nominati da Plinio che li elenca dopo gli Aesinates e i Camertes e abbia fatto parte sin dalla sua origine del ducato di Spoleto.
Gli Umbri erano un popolo di origine indoeuropea e costituivano una frangia delle genti, denominate Italici che sin dall’età del bronzo si erano stabilite nella nostra penisola.
Non esistono documentazioni storiche, tutte le documentazioni in nostro possesso sono più tardive, infatti il castello appare una prima volta citato sotto la denominazione di Casagaldi nel diploma di Federico I del 20 dicembre dell’anno 1177 in cui è evidente l’errore di grafia; successivamente in tutti gli atti pubblici viene indicato con i seguenti toponimi: Case Castalde, Casa Castalda, Casecastalde e perfino, in tempi più vicini a noi, Domus Castalda.
Federico I Barbarossa afferma che il monastero di Valfabbrica,dipendente dall’abbadia di S. Silvestro di Nonantola, ha pieno diritto di possesso sul castello di Casacastalda e pertanto in certo qual modo sottratta alla diretta dipendenza dei duchi spoletini.
Il castello, nel periodo del medio evo, estendeva la sua giurisdizione (che all’incirca coincide con quella dell’attuale
vicaria foranea) su quattro castelli: Collemincio, Compresseto, Frecco e Col d’Orto e inoltre sui villaggi di Sospertole, Fuccio, Ripa e Val di Berta.
Alterne vicende videro coinvolto questo appetibile centro, posto in posizione dominante, a cavallo fra la Val di Rasina a nord e la valle del Chiascio a sud, nelle lotte fra i vari ducati e gastaldati del periodo longobardo.
Fu occupato dai Conti Suppolino e Rinaldo di Monaldo, ma furono costretti con diploma imperiale a restituirlo al monastero di Valfabbrica.
All’inizio del XIII sec. passa nelle proprietà dei Conti Serra Partucci, che nel 1217 lo cedono alla nobile famiglia eugubina dei Suppolini i cui eredi il 10 ottobre dell’anno 1257 lo vendettero al comune di Perugia per la somma di 1050 libbre di denari compreso nel contado di porta Sole e sottoposto al diretto dominio del Papa.
Nel contratto stipulato tra Guido di Monaldo Suppolino e la città di Perugia, lo stesso cede inoltre al comune di Perugia 27 famiglie (suos homines et manentes) che gli appartengono con i relativi possedimenti, feudi e omaggi, cosi pure i diritti e le azioni che ha in comune (medietatem) con il pievano di Casa Castalda e con la sua Chiesa su altre 16 famiglie.
Il contratto ci fa capire come le persone erano a pieno titolo proprietà del Signore al pari di qualsiasi altra cosa mobile o immobile, per cui era sua facoltà di venderle a favore di un terzo.
I monaci che mai avevano smesso di esercitare il possesso del castello in seguito a questa vendita istruirono una lunga vertenza appellandosi al pontefice Alessandro IV affinché avesse invalidato la vendita, ma il papa dopo un primo tentativo di sospensione sentenziò la validità della transazione.
Fu la stessa posizione del castello a renderlo appetibile ai perugini in quanto posto ai confini con il Comune di Gubbio ghibellino con il quale Perugia guelfa, stava tentando di allargare il proprio territorio ai danni delle città confinanti Gubbio in particolare.
Casa Castalda, come altri castelli del contado perugino, ebbe nel 1300 un proprio rettore o podestà per giudicare cause civili di piccola entità, essendo le più importanti demandate all’Autorità centrale.
Le continue guerre che la città di Perugia aveva sostenuto contro la Chiesa Romana, al tempo di Gregorio XI e Bonifacio IX, nonché le cruenti lotte fra nobili e popolo, avevano ridotto alcuni territori del comune in estrema miseria; nel 1399 Casa Castalda sottoposta alle razzie delle numerose bande armate che scorrazzavano per i territori fu esentata dal pagamento di tasse e tributi arretrati da essa comunque dovuti al comune di Perugia, a condizione però che i suoi uomini avessero provveduto entro un anno a ricostruire e riattare in bona forma le mura del proprio castello, stanziando a tale scopo la ingente somma di 200 fiorini d’oro.
L’anno 1433 segnò una data tragica per il castello in quanto un certo ser Affricanus civis Perusinus, notaio del comune di Perugia inviato nel castello, non si sa bene con quali incombenze, venne ucciso per mano di nove massari del luogo e che al delitto, sembra, non fosse estranea l’intera popolazione; pronta e spietata fu la reazione dei Perugini contro i responsabili di così grave misfatto per cui fu decretata la demolizione del Castello di Casa Castalda.
Ebbe l’incarico di dare esecuzione alla sentenza dei magistrati perugini, una squadra di mastri scaricatori agli ordini di un tale Antonio Ciardolini di porta S. Angelo, la quale portatasi, segretamente sul posto il giorno successivo 1 febbraio, iniziò senza indugio la demolizione delle mura del castello.
Vista però la posizione strategica del fortilizio, Perugia decise successivamente di ricostruirlo e ciò fu fatto verso la fine del XV secolo ridimensionandone sensibilmente il perimetro.
L’anno 1438 conobbe la lunga e sanguinosa guerra bandita in quel tempo dal pontefice Eugenio IV per la riconquista degli Stati della Chiesa ribellatisi alla sua autorità per cui Francesco Sforza che in quel tempo comandava le truppe pontificie, dopo aver sconfitto Nicolò Fortebracci, marciava alla conquista della città di Assisi per cui molti castelli fra cui Casa Castalda, Valfabbrica, Fossato, Sigillo ed altri subirono terribili devastazioni.
Nonostante tutta questa devastazione la notte del 5 luglio 1464, Casacastalda riceve ospite per una notte papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) che partito da Roma il 14 giugno dell’anno 1464, a tappe, si dirigeva ad Ancona per capeggiare una nuova crociata, e vi moriva di febbre il 14 agosto appena pochi giorni dopo l’arrivo.
Nel 1500 Cesare Borgia ( il Valentino), proveniente dalla Romagna avanzando con le sue truppe nella lotta contro Perugia, occupò Casacastalda, che successivamente cedette al Duca di Orvieto.
Nell’anno 1517 il castello fu occupato dalle soldatesche di Francesco Maria Della Rovere costituite da molte migliaia di soldati di ventura per mettere guerra contro il pontefice Leone X e per circa 15 giorni restarono nel territorio arrecando lutti e distruzione finché Perugia patteggiò una somma di 10.000 ducati d’oro per il suo allontanamento.
Nell’anno 1523, dopo le sofferenze e i danni dovuti ai continui passaggi di truppe e bande armate, si aggiunse una violenta pestilenza che seminò una vera strage fra la popolazione.
Nell’anno 1538 e nel seguente 1539 vi fu nel territorio un passaggio di armati dell’esercito pontificio comandato da Pier Luigi Farnese, figlio del pontefice Paolo III, composto da oltre 10.000 uomini che si apprestavano alla conquista del ducato di Camerino; l’anno dopo ne seguì la famosa “guerra del sale” dove Perugia si ribellò contro la nuova tassa decretata dal governo della Chiesa e le truppe del Farnese occuparono vari castelli.
Casa Castalda diventò così un passaggio obbligato di confine fra i ducati e quindi posto di gabella per chi intendeva entrare verso Perugia, la tassa la si esigeva nei pressi di Giomisci in località tuttora denominata “la Gabella“.
Con lo Statuto del 1528 Perugia modificò l’ordinamento dei castelli e delle ville ed “il Castello” divenne Comune.
Un timbro metallico del 1590 del Comune di Casacastalda, con lo stemma di due torri merlate sovrapposte sulle quali è posto il Grifo di Perugia, è ancora conservato presso il Municipio di Valfabbrica.
Sconfitto il governo pontificio per opera delle truppe francesi nel 1798, il Comune di Casacastalda entrò nella Repubblica Romana, cantone di Gualdo Tadino, dipendente da Perugia e con dominio su Pieve di Compresseto, Poggio S. Ercolano, Poggio S. Dionisio e Collemincio.
Nei primi giorni dell’agosto dell’anno 1799 cadeva la Repubblica Romana, principalmente ad opera degli Austriaci che discacciavano dall’Italia i Francesi sostituendosi ad essi nel predominio della penisola; in tal modo rendevano possibile il ristabilimento del dominio temporale dei papi.
Erano trascorsi appena dieci anni dalla cacciata dei Francesi dal territorio, quando nella primavera dell’anno 1809 essi vi fecero di nuovo ritorno.
Con l’occupazione dello stato pontificio, anche Casa Castalda nel mese di maggio veniva tolta alla Chiesa.
Venne di nuovo costituita nel nostro paese una municipalità, compresa nel cantone di Gualdo Tadino con a capo un maire per cui divenne ancora Comune.
Presso l’Archivio del comune di Valfabbrica si conserva un timbro metallico dell’antico comune di Casa Castalda dell’anno 1570 in cui è riprodotto lo stemma della nostra comunità, due torri merlate sovrapposte, sormontate dal grifo perugino.
Nel 1814, caduto Napoleone, Casacastalda non sarà più Comune ma, sotto le dirette dipendenze di Perugia, assegnata definitivamente a Valfabbrica, del cui territorio comunale costituisce tuttora parte integrante.
Aspetto
Il castello conserva buona parte di mura, poste in forma quasi circolare in una forma “a diamante“, con il diametro maggiore di circa 100 metri, munito di opere di difesa, tra cui 3 torrioni di sicurezza che formano anche le tre porte del castello: porta Perugina quella ad ovest, porta del Giglio quella ad est, porta Eugubina quella a nord.
Per quanto riguarda il suo ridimensionamento compiuto dai perugini nel 1433 restano tracce di un camminamento di fuga sotto il perimetro delle primitive mura ora sotto il fabbricato esterno che si affaccia sulla strada e che in origine era un edificio ecclesiastico il quale conserva ancora al suo interno lo stemma della famiglia cardinalizia e all’esterno dalla parte opposta alla strada lo stemma in pietra del sole con il monogramma IHS di San Bernardino.
Sempre all’interno delle mura, in Piazza XXIV maggio, troviamo il mastio del castello posto alla destra della chiesa e a sinistra il palazzo che un tempo fu sede del monastero benedettino di S. Lucia dove si può ammirare l’edicola con una Madonna con Bambino, opera del maestro Nello Bocci.
Lo stemma della famiglia Montesperelli si trova su una campana datata 1508, del campanile della chiesa plebana conservata all’interno della stessa nonché lo ritroviamo ai margini di alcune pitture votive dell’antica cappella della Madonna dell’Olmo.
All’interno delle mura si conservano due pozzi di vena uno adiacente il muro sinistro della chiesa parrocchiale, l’altro in una piazzetta adiacente ed un terzo denominato pozzo della Madonna, situato nei pressi della chiesa della Madonna dell’Olmo appena fuori le mura.
Un altro piccolo pozzo ad uso privato è interno ad un edificio adiacente la rocca.
Adiacenti alle mura insistono i Lavatoi.
Fonti documentative
Gaetano Bensi – Il castello di Casa Castalda e la sua Pieve – 1974
Vittorio Falcinelli – Per Ville e Castelli di Assisi – Vol I 1982
Nota di ringraziamento
Ringrazio sentitamente gli amici dell’Associazione Pro-Casacastalda e dell’Associazione Culturale “Voglia di fare” per la loro disponibilità e cortesia nonché pazienza manifestata nei miei confronti.
Per approfondimenti
Chi vuole conoscere le attività che si svolgono in paese e approfondire la conoscenza del posto si consiglia la visita al sito; https://www.procasacastalda.it/ oppure al sito Borgo sociale
Da vedere nella zona
Castello di Giomici
Castello di Frecco
Santuario della Madonna dell’olmo