Rocca di Alviano – Alviano (TR)
Cenni Storici
Il centro storico collocato sul crinale di un colle che sporge sulla valle del Tevere vede più in alto la Rocca, secondo una affermata logica militare, che controlla agevolmente l’accesso all’abitato.
Ci troviamo di fronte senza dubbio ad uno dei luoghi più importanti dell’epoca medioevale in questo territorio; lo afferma subito l’aspetto architettonico dell’intero complesso, lo confermano le vicende che lo vedono protagonista.
Il nome “Albianum” è ricorrente nei documenti medioevali e potrebbe facilmente significare l’esistenza, in epoca Romana, di un fondo della “Gens Albia“.
La presenza di un insediamento rurale antecedente il medioevo appare comunque testimoniata dal rinvenimento di pietre scolpite nel vocabolo Colle della Villa, poco lontano dall’abitato attuale.
Intorno al 1000 si fa risalire la costruzione di un notevole edificio fortificato in posizione elevata nei pressi del monastero di San Cipriano, soppresso dopo qualche secolo, che continua comunque a vivere nella memoria popolare col nome di “Sangiubbriano“.
Pare che la costruzione del fortilizio sia da attribuire ad un certo Conte Offredo sceso in Italia al seguito dell’imperatore Ottone III primo feudatario di Alviano e capostipite di questa famiglia.
Su un nodo stradale di notevole importanza il castello acquistò più forte rilievo nei secoli XI e XII trovandosi al centro di un feudo assai vasto che col beneplacito della Chiesa assunse la fisionomia civile e giuridica di “Status
Alviani“: un vero e proprio piccolo stato, capace di governarsi e fare leggi.
Nel corso di questi secoli fu oggetto degli interessi soprattutto dei comuni di Todi e Orvieto impegnati più volte ad affermarvi la propria influenza ora con le armi ora con le alleanze.
Durante il sec. XII il castello di Alviano, Guelfo, parteggiò per Orvieto ma già nei primi decenni del 1200 è Todi che vi esercita la sua supremazia.
Ciò provoca la reazione della Camera Apostolica tanto che il 1° aprile 1239 Gregorio IX lancia una scomunica contro Todi colpevole di tener occupato “violentemente” Alviano.
Anche qui, nei secoli successivi si alternano le giurisdizioni in relazione ai momenti di potenza o di decadimento attraversati dalle varie famiglie, ai rapporti tra i comuni maggiori o tra le diverse fazioni all’interno di queste, al volere e agli interessi del papato.
Vivono comunque ad Alviano in questo periodo personaggi di un certo rilievo: religiosi, militari, uomini politici.
Più tardi, al 1488, risale un interessante documento da cui si desume da una parte la tipologia insediativa contemporanea caratterizzata dallo sviluppo del “borgo” fuori le mura, dall’altra una concessione destinata a
modificare l’assetto del castello: avviene che gli abitanti del borgo acquisiscono il diritto a costruire le proprie case entro la cinta fortificata del castello.
Distrutto poi da ripetuti movimenti franosi, dell’abitato fuori le mura non rimane che la memoria con il nome di “borgo“.
Nello stesso 1488 Bartolomeo d’Alviano rafforza notevolmente le mura di cinta.
Le violenze dei Chiaravalle di Todi che avevano originato la decisione si ripetono sette anni dopo e producono effetti ancora molto gravi, tali da spingere ad un radicale intervento di ricostruzione dell’edificio.
Nel 1494 però ci fu la discesa del Re di Francia Carlo VIII che modificò l’assetto geo-politico della penisola e culminò con il conflitto tra la monarchia francese e quella spagnola per il possesso del Regno di Napoli.
Nel dicembre del 1494 Carlo VIII di passaggio nel territorio umbro conquistò i centri di Alviano, Attigliano e Guardea e ne cedette il controllo alla città di Amelia, dietro pagamento della somma di trecento ducati d’oro.
I tre borghi fortificati appartenevano ai domini della famiglia degli Alviano, che nell’omonimo feudo possedevano da secoli una fortezza-residenza ed erano famosi per la loro abilità nel costruire rocche forti e inespugnabili simbolo della loro tirannica arroganza.
Il Re di Francia fece ciò perché l’acquisizione dei possedimenti alvianesi da parte dei francesi e la loro vendita al comune amerino si inquadravano all’interno delle lotte interne alla curia di Roma: la famiglia degli Alviano era alleata degli Orsini, Amelia era vicina al partito dei Colonna negli anni del pontificato di Alessandro VI Borgia (1492-1503).
Ricordiamo infatti che la prima moglie di Bartolomeo d’Alviano era Bartolomea Orsini, potente ed antica famiglia romana, tanto che Bartolomeo d’Alviano nei documenti dell’epoca viene spesso appellato come Bartolomeo Orsini d’Alviano.
All’inizio del 1495 gli Alviano, Bartolomeo e Bernardino, abate di Alviano, riuscirono a riconquistare Alviano e Guardea ma dovettero sottostare ad un accordo di pace che aveva l’obiettivo di indebolire la potenza.
Nei patti di pace firmati il 4 giugno 1495 fra l’Abate Bernardino d’Alviano e i procuratori di Amelia (che era a fianco dei Chiaravalle nell’assalto al castello) si stabilisce tra l’altro che la rocca venga riedificata soltanto per uso abitativo e non militare, “non facendo torri, né merli, né piombatori, né alcun altra generazione di difesa …“.
Questi patti, frutto certamente di un momento di debolezza degli Alviano, vengono però immediatamente contraddetti e Bartolomeo d’Alviano che progetta e realizza la nuova rocca fondendo con ottimo risultato le esigenze estetiche e funzionali della residenza signorile con quelle della difesa e dell’edificio militare fortificato.
La caratteristica militare non era un fatto soltanto passivo.
Intorno al 1500 infatti la rocca era sede di una fonderia di cannoni tra le più attive e temute dell’Umbria, opera dello stesso Bernardino d’Alviano esperto nella fusione delle armi da fuoco.
Più tardi la via della decadenza porta il castello ad una serie di non brillanti situazioni.
Più volte messo all’asta se ne impossessa con questo mezzo nel 1651 Donna Olimpia Pamphili che apportò modifiche e vi fece costruire la Cappella gentilizia adornandola di affreschi.
Questi ultimi avvenimenti costarono agli Alvianesi il gravoso ed iniquo peso di dover corrispondere ai feudatari un terzo dei prodotti delle loro terre.
L’assurda sudditanza economica si è protratta fino agli inizi del ‘900 con la corresponsione ai Doria Pamphili del “quarto” dei prodotti di diverse terre, poi tramutato in canone pecuniario e solo recentemente affrancato.
Uso attuale
Attualmente il castello è sede del Comune di Alviano e ospita al suo interno il Museo della Civiltà contadina che raccoglie strumenti del 1800 e 1900 usati nel lavoro dei campi, nella vita domestica donati dalle famiglie del posto.
Oltre a questo c’è il Museo dedicato a Bartolomeo d’Alviano e i Capitani di Ventura umbri, che oltre a ricostruzioni multimediali che ripercorrono le battaglie, conserva documenti d’epoca.
Il Cortile
Alla sfera dell’architettura civile rinvia, anzitutto, l’organizzazione planimetrica interna dell’edificio incentrata sul cortile rettangolare porticato a cui la porta di ingresso al castello immette direttamente.
Il cortile si sviluppa infatti a ridosso della facciata principale, che costituisce di fatto una sorta di schermo (le cui finestre, al secondo livello, si aprono sullo spazio esterno della loggia anziché su ambienti interni) come era già stato sperimentato da Francesco di Giorgio Martino nel cosiddetto palazzo della Signoria di Jesi.
Sul fondo c’è un’ampia sala, forse un tempo destinata alle udienze, il cui ingresso è allineato con il portale principale dell’edificio.
La disposizione degli ambienti del castello appare sostanzialmente simmetrica, fatta eccezione per la cappella al piano terra (a sinistra) e per le scale di rappresentanza (destra).
Il piano d’ingresso era infatti sicuramente destinato a funzioni pubbliche.
Il portico si sviluppa su due livelli che sono stati costruiti in fasi diverse, questo è visibile anche dai diversi materiali che sono stati usati.
Il portico del primo livello, realizzato interamente in travertino, è articolato da pilastri cruciformi impostati su alti plinti e sostenenti archi a tutto sesto, a questo piano erano riservati gli appartamenti dei signori, sul lato destro e su quello sinistro, raccordati da un’ampia sala centrale che oggi è adibita a Sala Consiliare.
Il secondo ordine del portico, più semplice nelle forme e realizzato in materiale diverso rispetto alle strutture sottostanti, è stato eseguito in una fase successiva, ma sembra comunque valido riconoscere nell’architettura del cortile una ricercata continuità tra tutte le parti.
La Cappella Gentilizia
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Nel torrione nord si trova la Cappella gentilizia.
In un documento del 1574 si dice che la cappella si presentava completamente spoglia vi era solamente l’altare centrale con il simbolo dei Liviani.
Successivamente venne aggiunta un’apertura ed infine in documento della metà del ‘600 si parla dell’arredo pittorico costituito da affreschi attribuiti probabilmente a Giuseppe Bastiani.
Gli affreschi riguardano la vita di San Francesco e costituiscono una vera e propria memoria visiva, in quanto nel borgo si ricordava per esempio che il miracolo delle rondini rappresentato nella parete grande a destra fosse avvenuto proprio nei dintorni del castello.
La scena rappresenta proprio il santo che nel 1212 predica ai fedeli ed in alto si vedono le rondini a cui aveva detto di fare silenzio; tra i fedeli in ascolto, in una specie di ovale, è visibile una figura vestita di rosso, visibile solo nel busto, la tradizione vuole che quello sia il volto di Olimpia Pamphili, infatti nel 1654 il feudo fu acquistato all’asta da donna Olimpia Pamphili , cognata di papa Innocenzo X considerata una delle donne più potenti della Chiesa, per la somma di 265.000 scudi.
Probabilmente era stata proprio la nobildonna a commissionare questo apparato pittorico.
La principessa si trattenne per poco tempo nel castello, dato che morì tre anni dopo: preferiva, infatti, il palazzo di San Martino al Cimino, nella cui abbazia fu sepolta.
Proprio nell’angolo sinistro dell’affresco è possibile vedere lo stemma dei Liviani di foggia più antica: un semplice scudo con una croce centrale; più moderno e più elaborato è lo stemma sotto all’altare che presenta anche un giglio, che sta a testimoniare che la famiglia era di fazione guelfa.
A destra dell’altare è visibile una piccola porta, chiusa da un pesante chiavistello, che attualmente ospita la sacrestia, forse era una cella di confinamento provvisorio destinata a detenuti in attesa di giudizio, infatti, raramente il condannato scontava una pena con la reclusione, ma rimaneva isolato nella segreta per meditare sulla sua colpa e pentirsi.
Aspetto esterno
Il Torrione Sud
Il castello presenta un impianto trapezoidale, con torrioni circolari posti agli angoli.
Fu costruito in epoca rinascimentale su un precedente impianto medievale ed in esso convivono le peculiarità della fortezza militare e della dimora gentilizia.
Il torrione apre verso sud ed è diverso dagli altri: è più tozzo, sporgente ed imponente, doveva garantire infatti un’adeguata protezione all’intero borgo perché era situato proprio vicino alla porta di accesso alla città, porta poi distrutta in età contemporanea.
Le dimensioni e l’aggetto del torrione contribuivano quindi a proteggere l’ingresso alla rocca sul lato in cui le difese del borgo risultavano più vulnerabili.
La circolarità delle torri era una forma particolarmente adatta al tipo di traiettoria non rettilinea ed approssimativa che caratterizzava le armi da fuoco sul finire del XV sec.
Si può notare inoltre che le torri, di altezza pari a quella delle superfici murarie tra di esse comprese, presentano a ridosso dell’intersezione con le pareti orizzontali archibugiere e cannoniere dalle quali era possibile sparare sui nemici che attaccavano.
Contribuiva alla difesa anche la conformazione a scarpa delle murature, che nel castello di Alviano sono caratterizzate, nelle torri e nelle facciate, da una porzione inclinata più alta della sovrastante parete verticale, come ormai diffusamente in uso fine del Quattrocento.
I due diversi tratti di muratura sono poi separati da una cornice continua profilata a gola nella parte rivolta verso il basse, sempre per evitare le scalate dei nemici.
Il castello era protetto da un fossato esteso tra le due torri che inquadrano la facciata.
Il fossato in origine traguardato da un ponte levatoio che doveva poggiare sulle grandi mensole in pietra con profilo modanato tuttora riconoscibili al di sotto dell’attuale ponte d’ingresso realizzato in muratura.
All’interno del torrione come anche negli altri, per un certo periodo furono probabilmente collocate anche delle prigioni.
Nella parte bassa è possibile vedere ancora la scalata che portava ai piani superiori e che è stata riscoperta nell’ambito di recenti restauri.
Questa scala sbarca proprio nella sala che oggi è adibita ad ufficio del Sindaco, scala che è possibile vedere ancora nella sua forma originaria proprio attraverso una botola presente in quel locale.
Se il castello presenta dunque una serie di caratteristiche che lo qualificano come un edificio militarmente attrezzato per garantire una efficace risposta difensiva, altri importanti aspetti sua architettura afferiscono propriamente all’ambito civile e residenziale.
I Bastioni
Bisogna pensare che l’architettura militare doveva tenere conto delle tecniche di combattimento e delle armi utilizzate al momento; quando Carlo VIII scese in Italia, aveva un esercito mai visto ve prima, costituito da fanteria e cavalleria leggera, ma soprattutto aveva 50 pezzi di artiglieria pesante.
Si dice che dopo aver conquistato il castello di Guardea, cominciò a cannoneggiare Alviano, fino ad impadronirsi del castello.
I bastioni dovevano costituire una ulteriore difesa perché sono una struttura muraria che va ad aggiungersi alle mura del palazzo, allargando quindi il perimetro difensivo, però non riuscirono però ad evitare che il re francese lo conquistasse.
Altri elementi difensivi sono la cornice che corre lungo il muro e che impediva l’assalto con le scale.
Al di sopra delle torri e delle facciate dell’edificio, corrono i beccatelli che avevano sempre una funzione difensiva; qui erano coperti, perché forse servivano da base per altane, strutture calpestabili e coperte, sempre usate come punti di difesa.
Il coronamento non termina con merli ma con una cornice lapidea composta da uno schematico gocciolatoio e sovrastante cimasa.
Non mancavano poi le archibugere, feritoie da cui si sparava.
Curiosità
Nella facciata della Rocca si può notare murata su un torrione una testa di Medusa a significare il simbolo del potere, inoltre nella scalinata di destra c’è un grosso leone in pietra con una catena, questa serviva a legare i malfattori al leone che così venivano esposti alla pubblica gogna.
E’ conosciuto come il “Leone della gogna“.
Donna Olimpia Pamphili
Donna spregiudicata ed ambiziosa, protagonista del Seicento romano.
Nata a Viterbo nel 1591 sfugge grazie alla sua spregiudicatezza al destino che la voleva in convento; accusa di molestie il suo padre spirituale e così può tornare libera di sposare appena sedicenne un ricco ed anziano proprietario terriero che la lascerà presto vedova e ricca.
A Roma riesce a sposare il nobile Pamphilio Pamphili , proprietario di palazzi e feudi che la introdurrà nell’aristocratico ambiente romano di cui presto diventerà la protagonista per i suoi scandali ed intrighi volti ad aumentare la sua ricchezza ed il suo prestigio.
Una volta vedova, ed ormai potente, riuscì a far eleggere al soglio pontificio il cognato Giovanni Battista Pamphili con il nome di Innocenzo X, ma è lei a guidare il Papa, infatti egli dichiarò che senza la vicinanza della cognata lui era “una nave senza timone“.
Tutti lo sapevano al punto da chiamare la nobildonna “La Papessa“; altri più maliziosi la chiamavano “La Pimpaccia” da Pimpa un personaggio della commedia popolare, famoso per la dissolutezza e la mancanza di ogni freno morale.
La fame di potere e di denaro di Donna Olimpia non aveva limiti: falsificò atti, vendette beni ecclesiastici; non aveva scrupoli, bisogna però riconoscere che durante il papato di Innocenzo X, sotto l’influenza di Donna Olimpia, Roma fu abbellita dei più bei monumenti barocchi, in particolare quelli del Borromini, come Sant’Agnese in Agone, a piazza Navona, Sant’Ivo alla Sapienza.
La stessa piazza Navona, con le fontane berniniane e l’innalzamento dell’obelisco, acquistò proprio sotto Innocenzo X quell’aspetto fastoso e spettacolare che oggi ancora mantiene.
Nel 1654 Donna Olimpia acquistò all’asta per 265.000 ducati il Castello di Alviano dove soggiornò poco tempo, ma sufficiente perché si diffondessero dicerie sui tanti giovanotti del luogo che di notte venivano ospitati nel castello e di cui, spesso, si perdevano le tracce.
A lungo nei decenni e secoli a venire, si raccontò di quelle anime perse che ancora si aggiravano di notte nel castello.
Fu in questo periodo che la nobildonna commissionò la cappella gentilizia.
Ma la fortuna di Donna Olimpia all’improvviso si oscurò con la morte di Papa Innocenzo X nel 1655.
L’ex Papessa cadde in disgrazia, venne esiliata a vita da Roma e quindi si ritirò nel suo amato castello di San Martino al Cimino dove 2 anni dopo morì e dove fu sepolta.
Fonti documentative
Provincia di Terni AAVV – I Castelli, materiali per la conoscenza del territorio – 1980
Giornate Fai 2021 – Appunti