Castello di Alviano – Alviano (TR)
Cenni Storici
Il paese, collocato sul crinale di un colle, si snoda sullo sperone ripido che sporge sulla valle del Tevere a 251 s.l.m, edificato secondo una affermata logica militare, che controlla agevolmente l’accesso all’abitato; il nome al paese pare venirgli dalla “Gens Albia“, che qui ebbe forse una villa da cui “Albianum“, restano pietre scolpite d’epoca repubblicana.
La presenza di un insediamento rurale antecedente il medioevo appare comunque testimoniata dal rinvenimento di pietre scolpite nel vocabolo Colle della Villa, poco lontano dall’abitato attuale.
Intorno al 1000 si fa risalire la costruzione di un notevole edificio fortificato in posizione elevata nei pressi del monastero di San Cipriano, soppresso dopo qualche secolo, che continua comunque a vivere nella memoria popolare col nome di “Sangiubbriano“.
Comunque notizie esatte non si hanno fino al 993, quando il conte Offredo, conte germanico, al seguito di Ottone III, prese a costruire il castello di Alviano, nel suo feudo, dando anche origine alla famiglia Alviano.
Ben presto il castello fu cinto di mura e torrioni.
Il castello degli Alviano divenne il centro della storia civile di quella zona e la storia del paese si assimila a quella dei feudatari.
Nel 1030 Landolfo, figlio di Offredo, è conte di Alviano e di Mevale.
Nel 1155 Federico I assalì sia Orvieto che Alviano, e nel 1194 l’imperatore Enrico VI ripeté l’impresa, poi, tornato nel 1197, dopo tre anni di assedio, fu sconfitto dagli orvietani e alleati.
Dopo questo fatto, Alviano, Orvieto e Lugnano furono visitate da Innocenzo III e lodate per la loro fedeltà.
Ad un dato punto la signoria degli Alviano è la più vasta e la più potente dell’Umbria sud-ovest.
Posizionato su un nodo stradale di notevole importanza il castello acquistò più forte rilievo nei secoli XI e XII trovandosi al centro di un feudo assai vasto che col beneplacito della Chiesa assunse la fisionomia civile e giuridica di “Status Alviani“: un vero e proprio piccolo stato, capace di governarsi e fare leggi.
Gli Alviano divengono potentissimi sia nella Teverina che nell’alta Valle del Nera e questo scatenò le mire sia di Todi che di Orvieto impegnati più volte ad affermarvi la propria influenza ora con le armi ora con le alleanze.
Durante il sec. XII il castello di Alviano, Guelfo, parteggiò per Orvieto ma già nei primi decenni del 1200 è Todi che vi esercita la sua supremazia.
Essendo questa potente famiglia di parte Guelfa venne favorita da Orvieto ma soprattutto dalla Chiesa tanto che il 1° aprile 1239 Gregorio IX lancia una scomunica contro Todi colpevole di tener occupato “violentemente” Alviano, in conseguenza la città fece atto di sottomissione ad Orvieto a metà del secolo XIII e così ne seguirà di conseguenza tutte le vicende storiche.
Ad Alviano fu ospite S. Francesco dove durante una predica in piazza fece zittire le garrule rondini; nel 1426 fu ad Alviano anche San Bernardino da Siena.
Nel 1300 la città rinnovò l’atto di sottomissione a Orvieto e vent’anni dopo un gruppo di ghibellini assalirono il paese.
Nel 1420 Alviano fu assalita dal Piccinino.
Successivamente la vita degli abitanti del feudo trascorreva tranquilla e sicura, pagavano solo un sesto dei prodotti ed il forno e i molini erano esenti da tasse; nel 1470 ci fu una serie di tempeste e tutta la zona rimase allagata.
Nel 1488 gli Alviano concessero ai sudditi di darsi uno statuto comunale e da questo documento si desume da una parte la tipologia insediativa contemporanea caratterizzata dallo sviluppo del “borgo” fuori le mura, dall’altra una concessione destinata a modificare l’assetto del castello: avviene che gli abitanti del borgo acquisiscono il diritto a costruire le proprie case entro la cinta fortificata del castello.
Distrutto poi da ripetuti movimenti franosi, dell’abitato fuori le mura non rimane che la memoria con il nome di “borgo“.
Nello stesso 1488 Bartolomeo d’Alviano rafforza notevolmente le mura di cinta dell’antico castello che era stato distrutto dai Chiaravalle di Todi e la Rocca divenne una nobile residenza rinascimentale, oltre che una fortezza.
Ben presto termina, dopo 550 anni, la signoria degli Alviano (993- 1543); Alviano fu unita al ducato di Castro e posta sotto la giurisdizione della Chiesa (dal 1437, morte di Livio).
Nel 1614 si istituisce il Monte Frumentario e una cantina sociale, che hanno vita grama.
Più volte messo all’asta nel 1644 il paese fu venduto al marchese Raimondy di Genova per 250.000 scudi; nel 1658 fu acquistato di nuovo tramite un’asta da Donna Olimpia Panphili, cognata di papa Innocenzo X, per 265.000 scudi.
Questi ultimi avvenimenti costarono agli Alvianesi il gravoso ed iniquo peso di dover corrispondere ai feudatari un terzo dei prodotti delle loro terre (alla Chiesa essi corrispondevano il sesto).
L’assurda sudditanza economica si è protratta fino agli inizi del ‘900 con la corresponsione ai Doria Pamphili del “quarto” dei prodotti di diverse terre, poi tramutato in canone pecuniario e solo recentemente affrancato.
Nel 1690 furono aperte due porte nelle mura castellane e 5 anni dopo le stesse mura vennero ricostruite e fatto l’acquedotto.
Nel motu proprio di papa Pio VII del 6 luglio 1816 sull’organizzazione dell’amministrazione pubblica, Alviano è classificato come luogo baronale del Governo distrettuale di Terni, appartenente alla Delegazione di Spoleto della Provincia dell’Umbria.
Nel riparto territoriale dell’anno successivo figura come appodiato della Comunità di Guardea.
Nel 1833 era una Comunità dipendente dal governatore di Amelia, all’interno del Distretto di Terni nella Delegazione di Spoleto, poi Provincia di Spoleto.
Nel 1860, nel nuovo Stato unitario, il Comune di Alviano entrò a far parte della Provincia dell’Umbria, all’interno del Circondario di Terni e del Mandamento di Amelia.
Il primo sindaco regio di Alviano fu Rosato di Biagio coadiuvato da due assessori.
Nel 1920 l’antica rocca fu donata al Comune dai discendenti dei Doria Pamphili.
Con il regio decreto n. 1 del 2 gennaio 1927 la Provincia dell’Umbria fu soppressa e, contestualmente, furono istituite la Provincia di Perugia e la Provincia di Terni, cui Alviano fu assegnata.
Successivamente ha seguito le vicende istituzionali ed amministrative degli altri comuni italiani.
Aspetto
Il piccolo borgo, circondato dalle mura difensive, presenta ancora la sua chiara impronta urbanistica medievale, caratterizzata da una forma compatta con un tessuto viario piuttosto fitto ma regolare, rimasta quasi totalmente immutata nonostante il rifacimento di diversi complessi edilizi.
Elegante e imponente il Castello di Alviano sovrasta tutta la valle del Tevere.
Ricostruito nel XVI secolo, su un fortilizio preesistente distrutto dagli Amerini, seguendo i dettami della nuova ingegneria militare dell’epoca, presenta una pianta quadrangolare con possenti torri angolari a base circolare e muro a scarpa, mentre il suo carattere signorile è visibile dalla presenza del doppio loggiato interno e dallo scalone che conduce al piano superiore, dove si trovano grandi finestre di stile rinascimentale.
All’interno un bel cortile rinascimentale con doppio loggiato, su cui affacciano numerosi ambienti di pregio.
Tra questi la cappella che contiene una serie di affreschi del ‘600 che possono essere considerati come una sorta di memoria visiva della storia di Alviano.
Nella cappella è raffigurato infatti il miracolo di San Francesco e le rondini, avvenuto nel 1212 proprio ad Alviano.
È opera contemporanea invece il volto di Bartolomeo raffigurato nella sala consiliare; le fattezze sono quelle reali, tratte da una moneta del Cinquecento coniata dalla Repubblica di Venezia.
Ancora oggi il Castello, sapientemente restaurato, è il fulcro della vita cittadina: il piano nobile ospita il Municipio; al piano terra si trova il Centro di documentazione audiovisiva sull’Oasi di Alviano, oltre a un centro convegni moderno e attrezzato.
I sotterranei del Castello ospitano mostre permanenti di arte moderna e il Museo della Civiltà Contadina che si occupa di promuovere il patrimonio locale e di salvaguardare le tradizioni del territorio.
Di recente, proprio in onore di Bartolomeo d’Alviano, suo antico padrone, il Castello è diventato sede del Centro studi sui capitani di ventura, che eroga diversi servizi didattici come visite guidate, visite tematiche, visite teatralizzate e laboratori didattici.
Il borgo antico si sviluppa lungo il pendio e termina con una torre circolare inserita nelle mura che sono diventate oramai civili abitazioni.
La chiesa è sospesa sulle mura ad est dell’abitato; all’interno si sviluppano caratteristici vicoli medievali spesso corredati da archi di rinforzo.
I Calanchi e le Case di terra
Il territorio di Alviano è ricco di calanchi, originati dall’erosione operata dalla pioggia, dal vento e dai corsi d’acqua, suggestivi ed interessanti, ma sterili e franosi.
Si trovano su depositi di argille e sabbie, resti di un antico mare poco profondo, che circa 1,5 e 2 milioni di anni fa lambiva la dorsale calcarea dei Monti Amerini.
Dall’argilla dei calanchi, impastata con acqua e paglia per evitare che seccandosi si fessurasse, per millenni l’uomo ha ricavato semplice e povere abitazioni, di cui rimangono nei dintorni di Alviano, in località Colle Villa, interessanti testimonianze.
I muri esterni erano costruiti con una sorta di grossi mattoni sovrapposti.
L’abitazione era generalmente costituita da un unico grande vano, cui se ne aggiungevano lateralmente altri quando la famiglia si ingrandiva.
Il tetto era in coppi sostenuti da un’orditura principale di grossi travi di legno e da una secondaria di travi più sottili e cannucce, su cui si poggiava uno strato di argilla che serviva a isolare ed impermeabilizzare.
Gli architravi delle porte e delle finestre erano in legno, ma non c’erano infissi: le finestre si chiudevano con scuri in legno o addirittura con semplici teli.
All’interno il pavimento era in terra battuta e nell’unica stanza c’era il focolare in un angolo, un tavolo con sedie o panche, qualche mensola, un’asta di legno per appendere i vestiti, l’arca per il pane e i pagliericci imbottiti di foglie di granturco.
Oasi naturalistica WWF
Nelle vicinanze, a ridosso dell’omonimo lago, si trova l’Oasi di Alviano: una riserva faunistica di circa 900 ettari gestita dal WWF, dove è possibile praticare birdwatching.
Oggi nelle acque dell’Oasi di Alviano, tra le varie specie di uccelli presenti, troviamo il Martin Pescatore, l’airone grigio e l’airone bianco, che è il simbolo dell’area protetta.
Tra gli altri animali che popolano luogo incantevole possiamo incontrare il capriolo, il cinghiale, il daino e il cervo.
L’Oasi comprende tutti gli ambienti tipici delle zone umide ad acqua dolce: palude, stagno, acquitrino, marcita, bosco idrofilo e presenta due Sentieri Natura.
Il primo, circolare, per le visite scolaresche, attrezzato con piccoli capanni, un’aula didattica all’aperto e al chiuso e una torre di avvistamento; il secondo, consigliato agli appassionati ed ai fotografi naturalisti, si sviluppa lungo il fiume Tevere e la palude.
Inoltre in loco è disponibile uno stagno e un laboratorio didattico attrezzato con microscopi professionali, telecamere e monitor e un’area pic-nic coperta.
Nelle vicinanze di Alviano si trova l’Eremo Francescano di Santa Illuminata, che si crede fondato da San Romualdo nel secolo XI, con una grotta di San Francesco, meta di numerosi pellegrinaggi.
In località Belvedere, la Cappella delle rondini, ricorda il miracolo di San Francesco.
LE LEGGENDE
Il Pian della Nave
La minaccia della conquista da parte dei romani aveva portato Etruschi e Umbri ad unirsi per difendersi dal nemico comune: venendo dalla sponda destra gli Etruschi e dalla sinistra gli Umbri, si incontrarono là dove oggi termina il lago d’Alviano, all’altezza della diga, dove anche all’epoca il fiume faceva un salto e presero una la barca per andare incontro al comune nemico.
L’imbarcazione, stracarica, ebbe danni nelle rapide e si arenò tra la melma e le giuncaie, i romani, che avevano risalito il Tevere da Orte e l’aspettavano pronti e fecero strage dei combattenti del luogo.
Si levarono allora dalle sponde del fiume grida e pianti di vecchi, mogli e bambini che avevano visto morire i propri cari e l’indipendenza della patria.
E così, ancora oggi, quella battaglia e quel luogo sono ricordati come “pianto della nave“, e la zona si chiama appunto “Pian della nave“.
La testa di Cicerone
Caio Popilio Lenate era un tribuno romano, inviato da Antonio per uccidere Cicerone.
Lo raggiunse presso la sua villa di Formia e gli tagliò la testa, che poi nascose dentro ad un sacco.
Popilio tenne con sé l’orrendo trofeo e fuggì, imbarcandosi sul Tevere, fino a raggiungere il piccolo villaggio, Albianum, dove si stabili in una villa, presso il podere chiamato da lui chiamato Popiliano.
Tra le canne trovò una caverna, e lì nascose il sacco con la testa di Cicerone.
Lì morì all’improvviso mentre stringeva convulsamente il sacco, e lo seppellirono sul luogo senza riuscire a staccarglielo dalle mani.
I secoli passarono, e circa 1000 anni dopo arrivarono dei monaci da Soratte e dal Cimino, che fondarono a Popiliano un monastero in onore di San Silvestro.
I monaci, ben presto, cominciarono a sentire voci misteriose, a vedere segni strani, nessuno voleva più camminare nei corridoi di notte, perché spesso appariva una luce di una lampada a forma di teschio, tenuta in mano da uno scheletro.
Un giorno, il priore del monastero trovò per caso una pergamena e, grazie ai suoi studi, gli parve che si trattasse di un testo di Cicerone: appena scese nella cripta di San Silvestro, le luci si spensero con una folata di vento e sentì un ululato che lo immobilizzò dal terrore.
Apparve sull’altare lo scheletro, che teneva la lampada-teschio per il collo, come se volesse strangolarlo: il teschio aprì la bocca e con un rantolo disse “Causa causarum, miserere mei!”, la stessa frase che il priore aveva letto sulla pergamena, e che Cicerone aveva pronunciato al momento della sua morte.
Il povero priore ebbe solo il tempo di alzare la mano per fare il segno della croce verso il teschio, prima di morire dalla paura.
Quando sono stati fatti gli scavi di Popiliano, tra il tanto materiale rinvenuto c’era una tomba con dentro uno scheletro intero, ben conservato, che stringeva tra le mani un teschio mummificato, con occhi spalancati e bocca aperta, dalla quale si intravede una lingua che sembra viva.
Donna Olimpia Maidalchini
Legata a questo castello è la leggenda di Donna Olimpia Maidalchini, chiamata di spregiativamente Pimpaccia, patrizia romana di grande potere e pessima fama.
Grazie a lei, si dice, il cognato riuscì a varcare il Soglio Pontificio col nome di Innocenzo X Pamphili, ed Olimpia accompagnò poi tutta la sua carriera, tanto che l’enorme ed indiscussa influenza che essa aveva alla corte papale le valsero il soprannome di Papessa.
Pare che ad Alviano Olimpia avesse l’abitudine di attrarre giovani ragazzi nel castello, facendosi riportare il fazzoletto che le era subdolamente caduto dalla finestra e, dopo aver offerto loro vino e cibo, ed aver soddisfatto i propri piaceri carnali, li gettava in trabocchetti nei sotterranei del castello, dove mille coltelli li trafiggevano e di loro nessuno sapeva più niente.
Forse non è solo una leggenda, che ossa e coltelli, nei sotterranei, sono stati trovati veramente.
Fonti documentative
Provincia di Terni AAVV – I Castelli, materiali per la conoscenza del territorio – 1980
Luciano Canonici – Alviano – 1977 Tratto da L’Umbria si racconta
http://www.turismoalviano.it/ita/6/arte-e-cultura/?&ss=1
http://www.bellaumbria.net/it/itinerari/cosa-vedere-ad-alviano-in-un-giorno/
http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=46489
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Fugnoli Raimondo e Silvio Sorcini.
Da vedere nella zona
Cappella delle rondini – Alviano
Eremo Francescano di Santa Illuminata – Guardea
Castello di Poggio di Guardea – Guardea (TR)
Collegiata di Santa Maria Assunta – Lugnano in Teverina
Convento di San Francesco – Lugnano in Teverina