Castello della Mètola – Mercatello sul Metauro (PU)
Cenni Storici
Il castello della Mètola sorgeva nel punto più strategico della antica strada altomedioevale che dall’urbinate varcava il Metauro a Sant’Angelo “in Guado” (diventato poi “Vado“), per proseguire verso l’abbazia di Scalocchio e quindi verso Città di Castello.
Questo territorio, chiamato “Massa Trabaria“, era così ampio che costituiva una vera e propria provincia e deve il suo nome dalla gran quantità di legname che si produceva dai fitti boschi che la ricoprivano e che sin dai tempi dei romani venivano mandati a Roma via Tevere e le cui travi erano materiale per la costruzione dei palazzi romani; il nome deriva dal latino “trabs” trave.
L’area su cui sorgeva il castello costituiva un territorio di confine quindi il suo ruolo era quello di difesa della Massa Trabaria ed il suo nome è legato al fiume Metola che scorre alle pendici est, mente nella parte ovest si trova il Metauro che più avanti raccoglie le acque di questo affluente.
E’ una delle fortificazioni più importanti del Montefeltro e della Massa Trabaria, al suo interno sorgeva la chiesa di Santa Maria della Mètola che risulta all’epoca sotto la giurisdizione religiosa della diocesi di Città di Castello e inserita nel “plebato di Ico” (Mercatello), come risulta elencata da una bolla di papa Alessandro III del 14 aprile 1180 con cui il pontefice confermava quanto aveva già concesso il suo predecessore, nel 1144.
Insieme alla Cappella di S. Maria del Castello di Metola (oggi scomparsa) viene citata anche la chiesa di Santo Stefano di Metola tutt’ora esistente.
Nelle lotte seguite nel secolo XIII (1255-1263) per la conquista di poteri ecclesiastici e territoriali nella Massa Trabaria, il castello della Metola risultava sotto la giurisdizione di Gubbio il cui consiglio ne deliberò la riparazione.
Ma pochi anni dopo, nel 1277, Roberto di Federico di Mètola sottopose sé, i suoi beni ed i suoi eredi alla canonica di Città di Castello.
Dopo un breve e forse inconsistente dominio da parte dei Faggiolani intorno al 1353, il cardinale Albornoz recuperò tutta la Massa Trabaria alla Chiesa e così il “Castrum Metolae” fu incluso nella “Descriptio Masse Trabarie” del 1356.
La politica pontificia in quel momento voleva che il castello della Metola non cadesse in mano ai Brancaleoni di Casteldurante, per evitare ciò, si aprirono le porte ai Montefeltro.
Il 4 giugno 1390, infatti, papa Bonifacio IX nominava Antonio, conte di Montefeltro, vicario di Urbino, Cagli e di altri castelli, tra cui quello di Metola per dodici anni e per il censo di ottocento fiorini.
Federico da Montefeltro, nel 1474, concesse in vicariato la contea di Mercatello, Sassocorvaro, Monte Locco, Santa Croce, Metola, Lamoli ad Ottaviano Ubaldini.
In seguito alla sua morte, il feudo della Metola, come tutti gli altri territori, tornarono sotto il dominio feltresco di Giudubaldo fino a quando il duca Francesco Maria I Della Rovere concesse, nel 1533, il feudo di Metola a Pietro Antonio Santinelli con il titolo di conte della Mètola, per la somma di tremila scudi d’oro.
Papa Paolo III, con breve del 15 giugno 1541, ne approvava la cessione.
La Famiglia Santinelli si estinse nel 1774 con la morte dell’ultimo rappresentante del casato e la Metola tornò con pieno diritto e definitivamente alla Camera apostolica.
Successivamente, per concessione del pontefice Clemente XIV, il territorio fu annesso al comune di Sant’Angelo in Vado.
Durante il Regno napoleonico, Metola era aggregato di Sant’angelo in Vado, cantone omonimo, nel distretto IV di Urbino, all’interno del Dipartimento del Metauro.
All’atto della Restaurazione, Metola era appodiato di Mercatello, nel distretto di Urbino, all’interno della Delegazione apostolica di Urbino e Pesaro. Questo assetto territoriale venne confermato dal riparto successivo al 1831.
Con la nascita del nuovo Stato italiano, divenne frazione del comune di Mercatello sul Metauro, all’interno della provincia di Pesaro e Urbino.
Al momento il castello risulta di proprietà privata e negli ultimi anni la nuova proprietà ha tentato un recupero degli edifici, che è avvenuta solo in parte, mentre la torre è stata quasi del tutto recuperata e messa in sicurezza e adibita ad abitazione.
Qui, dalla famiglia del castellano, nacque nel 1287 Santa Margherita, chiamata impropriamente di Città di Castello ma di fatto della Metola.
Nata cieca e con una dismetria degli arti inferiori che la rese deforme, la nobile famiglia si vergognò di averla e la rinchiusero nella torre del fortilizio della Metola, successivamente la abbandonò a soli 13 anni a Città di Castello dove divenne mendicante finché non fu accolta da una nuova famiglia che favorì il suo ingresso fra le “Mantellate” laiche domenicane.
Aspetto
La torre è l’unico edificio ha resistito agli attacchi del tempo e ancora svetta sull’alto crinale con la sua imponenza a dimostrare sua passata potenza difensiva ed è la più robusta costruzione del Montefeltro e della Massa Trabaria.
Le finestre e il portale e sono riquadrate in pietra arenaria; questo presenta due mensole che sorreggono l’architrave sormontato da un arco a tutto sesto ed è sopraelevato di diversi metri dal piano di calpestio, infatti è raggiungibile solo attraverso un ponte levatoio che veniva sollevato attraverso una fenditura verticale dove correva il cavo che azionava il ponte.
Sulla parete interna destra del portale, su una pietra è scolpita una croce.
Gli scavi operati intorno al mastio hanno portato alla luce diversi ambienti abitativi contenuti nell’ampio recinto difensivo.
Il castello doveva contenere un nutrito e consistente nucleo abitativo costituito da diverse decine di persone.
Il panorama che si gode dell’alto della torre è ineguagliabile e spazia per centinaia di chilometri su tutta la Massa Trabaria.
Denti del Drago
Seguendo il crinale, a circa un chilometro e mezzo dal castello si arriva ad una formazione rocciosa chiamata Denti di Drago, per la sua conformazione particolare che svetta su cumuli di arenaria.
Si tratta di una roccia sedimentaria più dura rispetto alla formazione sabbioso arenacea circostante, che per opera del dilavamento e dell’erosione ha fatto si che questi massi rimanessero appesi sulle basi più friabili.
E’ sicuramente una situazione destinata nel tempo a svanire, infatti la precarietà dell’equilibrio delle rocce è messa in discussione dalla continua erosione che prima o poi ne determinerà il crollo.
Per ora sono uno spettacolo unico che vale la pena di visitare.
Fonti documentative
https://www.regione.marche.it/Regione-Utile/Cultura/Catalogo-beni-culturali/RicercaCatalogoBeni/ids/66880
https://www.lavalledelmetauro.it/contenuti/comuni-del-bacino/scheda/11130.html
http://web.tiscali.it/amicidelpanino/torre-metola.htm
Mappa
Link alle coordinate: 43.636402 12.380861 Castello della Mètola
Link alle coordinate: 43.632006 12.374571 Denti del Drago