Castel di Croce – Rotella (AP)
Cenni Storici
Classificato come “castello di III grado” negli Statuti di Ascoli del 1377 (il grado era relativo all’emolumento dovuto ai “podestà” nominati dal comune cittadino), Castel di Croce rivestiva, nel sistema difensivo del territorio, un ruolo insostituibile. Nominato a più riprese dagli storici locali per presunte, ma mai documentate, presenze di cavalieri Templari, cresciuto in più fasi intorno ad una torre che ancora svetta al centro e nel punto più alto dell’abitato, Castel di Croce svolgerà per secoli la funzione di vedetta nel settore territoriale a nord-ovest della città. Posto sullo spartiacque tra il bacino fluviale del Tronto, da una parte, e quello del Tesino, dall’altro, esso era in grado di tenere sotto osservazione un vastissimo orizzonte, altrimenti più che mai precluso al controllo da parte del capoluogo. Sebbene toccato solo marginalmente dai fatti militari che a più riprese coinvolsero quest’ultimo, si salga ai suoi 768 metri – volgendo lo sguardo attorno si comprenderà, senza difficoltà alcuna, la sua antica importanza, in quei tempi in cui ogni tregua rimaneva armata.
Farfa
Il documento 404 del Regesto farfense riporta un diploma di Ottone I che nel 967 concede a Farfa, fra l’altro, la “corte di Rotella”, e quindi anche il piccolo nucleo di Castel di Croce. Nel forcese i monaci farfensi costruirono verso il Mille anche una chiesa dedicata a S. Maria (caduta alla fine dell’Ottocento) e un monastero e chiesa, dedicata a S. Lorenzo, che fu sempre unica parrocchia del luogo, retta da un priore-vicario. Venuti a mancare i benedettini, la parrocchia fu affidata alla diocesi e il 12 settembre 1629 S. Lorenzo fu elevata a Collegiata.
Il progetto di un Parroco
Le oprere realizzate nell’abitato di Castel di Croce riferibili all’ Arch. Vincenzo Pilotti agli inizi degli anni’50, constano: del rifacimento della chiesa di S. Severino, del piazzale antistante con le rispettive mura di sostegno, la fontana e le scalinate di accesso, oltre a delle opere all’interno di un edificio adibito a casa parrocchiale. Tali lavori furono eseguiti in due tranches, indichiamo qui di seguito le lavorazioni che interessano la “seconda fase”, di cui abbiamo trovato le relative documentazioni nell’archivio diocesano di Ascoli Piceno, quindi possiamo facilmente dedurre la consistenza della prima fase dei lavori. Sappiamo con certezza che i lavori di completamento (seconda fase) si sono conclusi nel 29 Giugno 1952; in base alla “perizia “ redatta dal geom. Galdino Filipponi tali lavori riguardarono opere di completamento della nuova chiesa di S. Severino, in particolare il campanile con le rampe di accesso ed il baldacchino interno, posto al di sopra del portale di ingresso, la sistemazione della casa parrocchiale, la scalinata ed i muri di sostegno. L’opera di sistemazione del borgo fu voluta dal parroco Don Sante Nespeca, il quale probabilmente prese direttamente i contatti con il Pilotti per commissionargli la progettazione. A testimonianza di ciò, la mancata presenza negli archivi diocesani di Ascoli Piceno, di una documentazione che provi la commissione della progettazione da parte dell’istituto al noto architetto. Documento di un certo interesse è una copia d’ufficio di una perizia tecnica di lavori di completamento destinata a titolo informativo all’istituto diocesano. Non vi è alcun dubbio quindi che l’incarico per la realizzazione della nuova chiesa sia stato avanzato dal parroco di Castel di Croce, anche perché, in una lettera conservata all’archivio diocesano, firmata da Don Sante, compaiono anche i nomi di due “benefattori” che contribuirono alle spese. In questa vicenda il parroco assunse dunque molta importanza, probabilmente egli, appoggiato dai suoi paesani decideva sul da farsi; da qualche “fonte orale” sappiamo anche che indicò al Pilotti l’edificio religioso a cui doveva ispirarsi. L’area interessata dall’intervento è esterna all’antico nucleo medievale di Castel di Croce, la disposizione della chiesa e di un muro di sostegno va a circoscrivere uno spazio proprio dinanzi la porta d’ingresso del nucleo più antico del paese. Anche se non vi sono atti che lo confermano, possiamo ipotizzare che l’ inizio dei lavori di costruzione della canonica siano avvenuti intorno al 1950. Sull’esterno molto interessante il trattamento delle campate che sono ben distinte attraverso una serie di costoloni in travertino. La texture applicata dal Pilotti su tali campate sembrerebbe richiamare antiche tecniche costruttive romane. In alternanza su entrambi le fiancate si ha una muratura in arenaria, disposta a mo’ di opus reticulatum, mentre gli altri sono conci irregolari di travertino che sembrano ricordare un opus incertum. Tutti i materiali lapidei utilizzati nei paramenti murari hanno una provenienza locale. Riportiamo qui un passo scritto dal Nepi che cita il Pilotti in un breve cenno su Castel di Croce:
“La più antica, era la parrocchiale (ora demolita), posta sopra ad un colle (detto di S.Severino) volta ad oriente, tutta di pietra grezza, senza linee architettoniche precise. Staccata dal nucleo abitato, serviva soprattutto per i giorni festivi e circostanze straordinarie.
L’attuale chiesa parrocchiale di S.Severino, imponente e massiccia è opera dell’arch. Vincenzo Pilotti di Ascoli Piceno che curò pure la sistemazione dell’attuale piazza antistante la “fontana del vino”. Nell’abside della suddetta si può ammirare un bel mosaico del Gaudenti, della scuola Vaticana, raffigurante un cristo Pasquale fra santi e beati del Piceno.” Condividiamo l’impressione del Nepi riguardo l’aggettivo “massiccia”, ma anche sobrietà ed eleganza sia nelle forme che nella scelta e nell’applicazione dei materiali. L’effetto scenico di questa struttura è amplificato dalla scalinata semicircolare che la pone circa due metri più in alto rispetto alla piazzetta antistante. Dalla facciata contornata da eleganti merlettature in travertino, emerge il portale ed il rosane, i quali contrastano con la ruvidità ocra dell’arenaria di fondo. A nostro avviso, non ci sembra felice la scelta stilistica della copertura del campanile, sicuramente il cuspide dorato non è in tono con il resto, fra l’altro non conosciamo nemmeno se sia stata la scelta del progettista.
All’interno si scopre un bel volume (al colmo circa 9 m), un’ unica navata, interamente rivestita da formelle di travertino ( 30×40 cm) si denota che nella realizzazione non si prestò attenzione alla disposizione cromatica nella localizzazione delle lastre che hanno diverse tonalità tendenti al bianco. Si nota invece la disposizione a seconda della tessitura della pietra. Questa disposizione contribuisce a dare un senso di orizzontalità e dilatazione all’interno; il bianco del travertino riflette e diffonde la scarsa luce che filtra dalle strette monofore, ottenendo una piacevole atmosfera. Anche all’interno le cinque campate vengono evidenziate dalle paraste , essendo distaccate di alcuni centimetri dai paramenti murari, su quest’ ossatura più in alto poggiano le capriate e quindi il tetto. Il presbiterio culmina con un abside pseudo-circolare la cui struttura non si legge all’esterno, se non nella parte più alta poiché è coperta dal volume poligonale della sagrestia che come un deambulatorio circonda l’abside.
Bibliografia
Storia di Rotella, Gabriele Nepi;
Rocche e castelli dell’ascolano, Bernardo Carfagna;
Alcuni documenti della Chiesa di S. Severino
Archivi consultati
Archivio diocesano di Ascoli Piceno;
Archivio comunale di Rotella;
Biblioteca comunale di Rotella;
Archivio parrocchiale di Castel di Croce.