Carcere della Congregazione del Sant’Uffizio – Spoleto (PG)

I locali furono ricavati in una parte del convento domenicano di San Salvatore, entro le mura urbane, e gli stessi passarono sotto il diretto controllo della Sacra Congregazione; pur acquisendo una sua autonomia, la sede di Spoleto fu soggetta al controllo di quella perugina.

 

Cenni Storici

Sotto l’ex convento domenicano di San Salvatore, poi San Domenico in Spoleto, ora sede del Liceo Artistico Leoncillo Leonardi, una serie di ambienti dalla fine del XVII secolo alla metà del XIX furono usati dal governo pontificio come carceri della Congregazione del Sant’Uffizio, istituzione voluta da Paolo III fin dal 1542 per combattere l’eresia.
Appena otto anni dopo Giulio III, nel 1550, in pieno Concilio di Trento, nominò il domenicano Matteo Lacchi commissario del Sant’Uffizio della città e Provincia dell’Umbria.
Papa Innocenzo XI, nel 1685, con un breve del 10 gennaio, istituì l’Inquisizione di Spoleto staccando la città e una grossa porzione di territorio dalla giurisdizione perugina per razionalizzare il governo inquisitoriale dell’Umbria.
Fino a quel momento a Spoleto erano presenti un vicario, due consultori, un procuratore fiscale, un notaio, un procuratore dei rei, un mandatario e due birri.
I locali furono ricavati in una parte del convento domenicano di San Salvatore, entro le mura urbane, costruito nel 1247, parte che passò sotto il diretto controllo della Sacra Congregazione.
Pur acquisendo una sua autonomia, la sede di Spoleto fu soggetta al controllo di quella perugina.
Il primo inquisitore fu frate Domenico Caroli di Foligno, che il 7 agosto del 1685 inviò alla Sacra Congregazione il “Catalogo dè patentati di questa nuova Inquisizione di Spoleto” dal quale risulta una nutritissima schiera di “famigliari” seguita dal vicario, il procuratore fiscale, il procuratore dei rei, l’avvocato dei rei, i notai, i consultori, il revisore dei libri, il medico, il provveditore delle carceri, il depositario, lo speziale, il mandatario, il cerusico e il bargello.
La sua giurisdizione si estendeva nelle città e diocesi di Foligno, Nocera, Terni, Narni, Amelia e all’abbazia di Ferentillo.
Ogni centro abitato di una certa importanza diventò così sede di vicariato per un totale di 43, di essi 4, fra i più importanti (Foligno, Narni, Bevagna e Trevi), retti da domenicani, altri 7 (Terni, Amelia, Norcia, Spello, Montefalco, Visso e Sangemini) retti da francescani, il resto da sacerdoti (la grande maggioranza), chierici (4), abati (1) e agostiniani (2).
Sono note informazioni riguardanti vari casi di procedimenti intentati tra il 1690 e il 1727 in materia di opinioni ereticali, di seguito se ne elencano alcuni.
Nel 1699 e 1701 è processata per affettata santità suor Caterina della Passione, al secolo Tecla Baldini priora della Casa delle penitenti di Spoleto.
Nel 1689 – 1697è processato per proposizioni eretiche Giovanni Battista Desiderio di Terni.
Nel 1710 è processata Brigitta Federici, donna presunta posseduta e piena di malefici, perseguiti da don Giuseppe canonico e da don Giovanni Battista Dulci di Terni, dopo alcuni presunti eventi prodigiosi avvenuti nella città di Amelia.
Nel 1711 ha luogo il processo per usurpazione di funzioni a carico di Alderano Gulfi avvocato fiscale del S. Ufficio nella terra di Sassoferrato, accusato di insulti nel discorso alla città.
Nel 1717 – 1718 è processato per proposizioni eretiche a carico di Pietro Paolo Granieri di Bevagna.
Nel 1724 e 1727 sono celebrati due processi a carico di Domenico detto “Sciabocco” o “Bertoldo“; chiamato anche Domenico Alunno o Bertoldo, era nato intorno al 1675 nell’Ospedale della Carità di Todi da genitori che non aveva mai conosciuto.
Analfabeta, si era sposato nel 1705 nella chiesa di S. Martino a Romazzano in prime nozze con Maria Giulia Laurenzi, dalla quale aveva avuto quattro figli.
Contadino come la moglie, dopo 9 anni aveva abbandonato la famiglia per dirigersi prima ad Amelia e poi a Terni dove aveva svolto diversi lavori.
Nella cattedrale di Narni il 6 settembre 1723, mentendo sul suo stato libero e facendo mentire due testimoni, corrotti con ceste di frutta, si risposò con Elisabetta Natili, vedova di Angelo Moriconi.
Scoperta casualmente la sua bigamia, il fatto fu denunciato al Sant’Uffizio di Todi che raccolse numerose testimonianze, passando poi il carteggio all’inquisitore di Perugia, che lo trasmise all’inquisitore di Spoleto, sotto la cui competenza era la vicaria di Narni.
Il 21 luglio 1725 la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio ordinò l’arresto del bigamo, ordine che fu eseguito soltanto il 12 novembre a causa della sua latitanza.
Il primo interrogatorio lo subì il 16 novembre e ad esso ne seguirono altri insieme a “lievi” torture per convincerlo a confessare perché a causa del suo nome e dei numerosi soprannomi cercava di far credere che lui e il bigamo fossero due persone diverse.
Sotto l’incalzare delle domande rivelò la verità dei fatti il 21 dicembre 1725.
Il 28 marzo 1726 la Sacra Congregazione condannò il prigioniero a cinque anni di galera pontificia, preceduti dall’abiura e da penitenze salutari.
Il 17 aprile 1726, rinchiuso nella segreta del carcere del Sant’Uffizio di Narni, riuscì ad evadere strangolando il bargello e vivandiere Giuseppe Antonio Natili.
Scattarono immediatamente le indagini che portarono gli sbirri dell’Inquisizione narnese e di quelle limitrofe sulle sue tracce ma non riuscirono a catturarlo perché fuggito a L’Aquila, Regno di Napoli.
Sciabocco, innamorato della sua seconda moglie, fece scrivere un biglietto per darle un appuntamento al confine presso la dogana del “Salto del Cieco” ma il messaggio fu intercettato e al suo posto trovò gli sbirri che lo portarono in catene prima a Terni e poi di nuovo a Narni, nella stessa segreta dalla quale era fuggito.
Il 12 ottobre 1726 la Sacra Congregazione condannò il bigamo omicida alla galera perpetua.
Il 19 ottobre Sciabocco, di fronte al vescovo di Narni Niccolò Terzago e all’inquisitore di Spoleto Tommaso Maria Masserotti, pronunciò la sua abiura.
Alla carta 305 sono elencati procedimenti del 1726 contro due falsi testimoni, Benedetto Antonio figlio di Tullio e Gaetano Zoccoli di Todi, che hanno dichiarato che Domenico voleva essere libero dal matrimonio.
Frequenti furono i conflitti che opposero gli inquisitori ai vescovi spoletini e ai vicari di estrazione francescana, nei secoli XVIII e XIX.
Le inquisizioni nel 1706 erano suddivise in tre classi, secondo l’importanza, Perugia era nella seconda con altre 13 sedi e Spoleto nella terza con Gubbio e altre 15 città.
Sia Perugia che Spoleto appartenevano alla Provincia Romana.
Alla nuova sede fu concessa una dotazione economica di 30 scudi annui che doveva essere versata dalla mensa episcopale in due rate semestrali.
Da una nota del 28 agosto 1701, con la quale frate Camassei inviò alla Sacra Congregazione un inventario dei pochi mobili della sua sede, molti dei quali fatti a sue spese, si apprende che dal 1° gennaio dello stesso anno, grazie a una decisione della Congregazione stessa, alla dotazione economica iniziale erano stati aggiunti 20 scudi annui, in due rate semestrali, da parte del Sant’Uffizio di Perugia.
A questa disponibilità, in base alle aumentate esigenze e relative richieste da parte degli inquisitori di Spoleto, si aggiunsero contributi da parte della Sacra Congregazione direttamente o attraverso altre inquisizioni.
La dotazione economica poteva inoltre essere integrata dai beni o importi versati dai carcerati per il loro mantenimento, qualora ne disponessero, e da donazioni fatte dai patentati, molto rare, se si eccettuano, tra le altre, quelle del barone Ancaiani, provveditore dei carcerati, in viveri per i reclusi.
I sussidi da parte della Sacra Congregazione alla sede spoletina proseguirono nel corso del tempo, variando da un minimo di 20 ad un massimo di 80 scudi annui, con elargizioni straordinarie nel caso di comprovate e successivamente rendicontate spese impreviste.
Si ha notizia di un contributo di 30 scudi addirittura fino al 1867, l’anno successivo cambierà valuta e passerà a 107,50 lire del Regno d’Italia, l’ultimo pagamento documentato è del 1880, pari a 100 lire.
Nel 1759 Giuseppe Andrea Lombardini, caporale delle guardie del Sant’Uffizio di Spoleto, fu arrestato e processato per tradimento.
Fu accusato di aver cercato, in complicità con un collega (Francesco Marini), di far fuggire di prigione Pietro Milli, detto il veneziano, e un’altra guardia del Sant’Uffizio, il quale era incarcerato a Spoleto per aver insultato il vicario inquisitoriale di Piediluco.
Per questo Lombardini fu arrestato e trasferito nelle carceri del Sant’Uffizio di Narni (vicariato inquisitoriale di Spoleto).
Nella sua cella presso il convento di S. Maria Maggiore lasciò, per protestare la propria innocenza, alcuni graffiti enigmatici, datati 4 dicembre 1759, che rivelano interessi alchemici ed esoterici e probabilmente un legame con la Massoneria.
Fu condannato insieme al complice, con sentenza del 30 gennaio 1760, a essere esposto in catene al pubblico ludibrio e all’esilio da Spoleto.
Nel 1763 chiese e ottenne la grazia; non si hanno ulteriori notizie su di lui.
Il 20 marzo 1773 lo stesso inquisitore ricordò, in una sua lettera, la necessità di costruire un nuovo carcere, contiguo all’esistente, acquistando una stanza dal convento.
Il 27 aprile fu informata la Sacra Congregazione del sopralluogo fatto da due muratori, con l’assistenza del barone Francesco Ancaiani e del barone Giambattista Pianciani, per individuare il luogo più idoneo alla costruzione di “una carcere alla larga e due segrete” per un valore di 592 scudi, compreso l’acquisto della stanza del convento domenicano valutata in 75 scudi.
Il 7 novembre 1774, con atto rogato dal notaio spoletino Carlo Mancini, i domenicani del convento di San Salvatore di Spoleto vendettero alla Sacra e Suprema Congregazione del Sant’Uffizio una stanza a pian terreno posta nella parte inferiore del detto convento verso il loro orto per costruirci le carceri e il prezzo fu sborsato dal barone Francesco Ancaiani custode delle suddette.
Nel 1796 vi fu celebrato un processo a carico del chierico Filippo Antonio Nobili di Cerreto di Spoleto, accusato di rissa, in cui risultarono implicati due patentati dell’Inquisizione.
Il Tribunale rimase in attività fino al 1798 quando arrivarono a Spoleto le truppe napoleoniche.
Le soppressioni delle istituzioni religiose decretate dal nuovo governo rivoluzionario portarono all’allontanamento dei domenicani dalla maggior parte del convento e alla requisizione dei locali del Sant’Uffizio, dove si acquartierarono le truppe francesi.
Ma già nel 1799 Spoleto tornò allo Stato Pontificio e il Sant’Uffizio rioccupò tutti i locali rimasti in buone condizioni.
Da quel momento, tranne che per un breve periodo tra il 1809 e la definitiva sconfitta di Napoleone nel 1815, il Tribunale riprese la sua attività e le carceri tornarono alla loro funzione, come dimostrano diversi disegni, iscrizioni e sonetti in versi, databili agli anni Trenta del XIX secolo, lasciati dai detenuti sulle pareti e sugli infissi del corridoio di accesso alle celle.
Grazie ai carteggi conservati nell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, è possibile ricostruire gli arredi, la distribuzione interna degli ambienti e il funzionamento dell’istituzione religiosa.
Dai saccheggi perpetrati dalle truppe francesi prima e piemontesi poi, nonché dagli stessi inquisitori o loro collaboratori per far sparire carte compromettenti, sono scampati alcuni elenchi di persone inquisite e le loro condanne per un totale di soli 16 anni, fra il 1775 e il 1835.
Negli anni 1831 e 1835 presso l’Inquisizione di Spoleto risultavano aperti, rispettivamente, 123 e 175 procedimenti, soprattutto per bestemmie ereticali, sortilegi e insulti alle immagini sacre, e alcuni casi di “sollicitatio” (istigazione).
L’attività della Congregazione durò fino al 17 settembre 1860, quando le truppe del generale piemontese Filippo Brignone presero Spoleto.
Con il plebiscito del 4 novembre dello stesso anno, la città fu annessa al Regno d’Italia che, requisito il convento ai domenicani, pose definitivamente fine alla presenza del Tribunale dell’Inquisizione a Spoleto con la conseguente chiusura delle carceri.
Alcuni graffiti datati posteriormente e la raffigurazione di due rudimentali autovetture portano ad ipotizzare che il luogo per alcuni decenni abbia continuato a funzionare come carcere.
 

Elenco degli Inquisitori

1) Domenico Caroli da Foligno dal 3 febbraio 1685 al gennaio 1689 quando morì.
2) Deodato Camassei da Bevagna (già vicario) dal 26 gennaio 1689 al 2 gennaio 1711 quando morì.
3) Girolamo Pierdomenico Baranzone da Giove di Amelia, dal 14 marzo 1711 al 1719.
4) Giovanni Niccolò Selleri da Panicale, dal 1719, fino al 10 gennaio 1725 quando fu nominato inquisitore di Perugia.
5) Tommaso Maria Masserotti da Camerino, dal 10 gennaio 1725 al luglio 1727.
6) Girolamo Maria Rendina da Benevento, dal 23 luglio 1727 all’aprile 1732.
7) Vincenzo Maria Ferretti d’Ancona, dall’aprile 1732 al 29 aprile 1733 quando fu nominato inquisitore di Perugia.
8) Tommaso Maria Silici da Massa di Carrara, dal 6 maggio 1733, dimessosi nel 1744.
9) Pietro Paolo Palma da Civitavecchia, già vicario, dal 28 ottobre 1744 al 16 giugno 1745, quando fu nominato inquisitore di Perugia, dove morì nel 1782.
10) Ambrogio Maria Chiappini da Sarzana, già vicario a Civitavecchia, dal 16 giugno 1745 al maggio 1775.
11) Raimondo Zolla da Vetralla, dal 3 maggio 1775 al 6 febbraio 1782 quando fu nominato inquisitore di Perugia, dove morì nel 1785.
12) Pier Domenico Bernardi da Roma, dal 6 febbraio 1782 al 19 gennaio 1785 quando fu nominato inquisitore di Perugia.
13) Tommaso Maria Nardacci da Priverno, già vicario di Perugia, dal 19 gennaio 1785 all’arrivo dei francesi nel 1798.
14) Benedetto Cappelli dal 14 gennaio 1801 al marzo 1804.
15) Giovanni Battista Dolci dal 13(7)1 marzo 1804 al ritorno dei francesi nel 1809.
16) Alessandro Vincenzo Carli dal 20 dicembre 1815 al 20 giugno 1817 data della morte.
17) Giandomenico Stefanelli da Lucca dal 29 luglio 1817 al luglio 1836 quando fu nominato vescovo di Lucca.
18) Vincenzo Sallua, già vicario di Ancona, dal luglio 1836 al marzo 1840.
19) Giacinto Novaro dal 21 marzo 1840 al giugno 1847 quando fu nominato inquisitore di Perugia.
20) Vincenzo Maria Amoretti già vicario di Civitavecchia, dal 21 luglio 1847 al 1853 dimessosi per motivi di salute.
21) Vincenzo Leoni, vicario del S.O. di Civitavecchia, dal 6 aprile 1853 al settembre 1860.
 

Elenco dei Vicari

1) Deodato Camassei da Bevagna dal 1669 al 25 gennaio 1689.
2) Enrico Lepori dal 1690 circa ma trasferitosi come vicario foraneo a Foligno intorno al 1708 per problemi di salute, sostituito da Girolamo Maria Rendina da Benevento che fece anche le veci dell’inquisitore Camassei, deceduto nel 1711, fino alla nomina del nuovo inquisitore.
3) Giovanni Battista Tucci dal 1711 al 1724 (?).
4) Giacomo Feralli ibernese dal 1724, poi vicario di Perugia dal 1725.
5) Antonio Catenacci da Palombara dal 1725 al 1727.
6) Giuseppe Maria Ciochetti da Viterbo dal 3 settembre 1727 al 1730 circa.
7) Tommaso Maria Silici dal 1730 circa al 1731 circa.
8) Pietro Paolo Palma da Civitavecchia dal 1731 al 1744 quando fu fatto inquisitore di Spoleto.
9) Filippo Maria Amadei romano dal 18 novembre 1744 al 1752 (?).
10) Alberto Maria Sesti vi era già nel marzo 1752 e vi rimase almeno fino all’aprile 1754.
11) Filippo Maria Amadei vi era già nel settembre 1760, muore nel febbraio 1771 per incidente, sostituito per alcuni giorni da Carlo Ansaldi.
12) Domenico Maria Vitalini dal 13 marzo 1771 al 1782 quando si dimise per infermità.
13) Vincenzo Maria Fiorini dal 18 settembre 1782 al 1796.
14) Giuseppe Maria Cesani dal 5 gennaio 1796 all’arrivo dei francesi nel 1798.
15) Alessandro Vincenzo Carli dal 2 settembre 1801 al 1804.
16) Luca Albericci dal 6 giugno 1804 al 1808 quando fu nominato vicario di Civitavecchia.
17) Giuseppe Tommaso Onori che rinunciò. Proposto Tommaso Tomeoni che forse assolverà al suo incarico dal 1808 al ritorno dei francesi nel 1809.
18) Angelo Tommaso Ridolfi di Porto Maurizio dal 1817(?) all’aprile 1818.
19) Domenico Lavagna della Valle d’Oneglia dal 15 aprile 1818 al 1837.
20) Antonino Mariani dal 15 febbraio 1837 al luglio 1837.
21) Tommaso Sallua dal 18 luglio 1837 al 1838.
22) Vincenzo Reggiani dal 14 novembre 1838 al 1841.
23) Ludovico Ramon spagnolo dal 1841 al 1847.
24) Vincenzo Marchesi dal 27 gennaio 1847 al 1852.
25) Tommaso Libetti dal 1° dicembre 1852 al 1855.
26) Tommaso Gerbolini dal 10 gennaio 1855 all’aprile 1855.
27) Eutichio Garlinoschi dal 18 aprile 1855 al 1860.
 

Aspetto

Tutte le celle sono ancora perfettamente conservate, sono state aperte al pubblico solo in rare occasioni; poco conosciuti, i locali attualmente non sono visitabili per lo stato di grave abbandono.
Rimangono tra i luoghi più affascinanti di Spoleto, densi di testimonianze delle passate vicende umane, ben meriterebbero una risistemazione che ne consenta la fruizione.
Entrando dall’ingresso principale a sinistra e di fronte si incontra il gruppo di celle più antico.
A sinistra si imbocca un breve corridoio, nella parte alta si scorgono decorazioni a fresco, poi alcuni scalini conducono a unna cella dal basso ingresso.
L’ambiente è voltato a botte, in alto, sulla parete di destra si scorge una decorazione a fresco con motivi identici a quella già notata nel corridoio.
A destra della parete antistante l’ingresso è presente un rudimentale servizio igienico, un foro su un sedile in muratura, chiuso con un tappo di legno, munito di anello in ferro per sollevarlo.
Sulla parete a sinistra della porta rimangono alcune scritte in rosso di difficile interpretazione.
Di fronte all’ingresso si apre un altro corridoio, che poi prosegue in discesa, verso un cunicolo esplorato nel 2013 dal gruppo speleologico di Spoleto, il cui resoconto si trascrive al termine dell’articolo.
Secondo la tradizione, per ora non supportata da prove, il cunicolo conduceva alla sottostante chiesa della Madonna delle Grazie.
Sulla destra un altro corridoio termina con una scalinata che conduce ai locali del convento.
A sinistra del corridoio d’ingresso si trova un’apertura che conduce ad altre due celle, la seconda ricavata entro la prima.
Nella prima cella si trova un disegno raffigurante la Madonna Lauretana, sotto si legge la scritta S. MARIA MATER / DEI ORA / PRO NOBIS.
Vi si trovano anche due curiose raffigurazioni di veicoli con ruote, intervallati da una croce, che dall’aspetto sembrerebbero rudimentali autovetture, probabilmente risalgono ai primi anni del secolo scorso.
Sotto si legge la scritta graffita in corsivo Io Vincenzo Sandroni.
Intorno sono graffite altre scritte di difficile lettura.
Nella seconda cella, come detto contenuta entro la prima, è una raffigurazione a colori della Vergine, sotto si legge la scritta S. MARIA ORA / PRO NOBIS.
Il gruppo di celle posizionato a destra della porta è di più recente costruzione.
Il primo ambiente, da cui si accede alla prima cella, contiene interessanti disegni.
Sul muro a sinistra dell’ingresso sono raffigurate, entro una finta architettura, varie scene e stemmi, sopra se ne legge la descrizione.
Segue una sorta di lapide sormontata da serti floreali su cui si legge un epigramma parte in latino, parte in italiano e in italiano con caratteri greci che in forma di indovinello riporta la firma di σηραφυνω [Serafino].
Al lato opposto è raffigurata una pianta, probabilmente riferita ai locali del piano superiore, che ospitavano il Tribunale del Santo Uffizio, vi si legge la scritta PIANTA DEL SANTO UFFIZIO INTERNA.
Sul lato sinistro dell’ambiente si apre l’ingresso di una cella, dotata di rudimentali servizi igienici; i muri sono cosparsi di graffiti, per lo più croci e simboli geometrici, vi si legge la data 1803.
Sopra la porta che introduce al secondo ambiente è riprodotto lo stemma di Gregorio XVI, papa tra il 1831 e il 1846; l’arma è inquadrata in alto dal nome del pontefice e in basso dalla scritta SUBORDINAZIONE E RISPETTO.
A lato della stesa porta, a sinistra alcuni soldati rendono omaggio alla tomba di Napoleone, il sepolcro è sormontato da un’aquila che tiene fra gli artigli una corona inserita in una stella; in basso, uno scomparto bipartito mostra due epigrammi dedicati all’Imperatore.
Il primo recita:
Quel eroe terribil tanto / Quale cuor di vi[ta] usci / In due lustri non fè quanto / Bonaparte fè in un dì / Gia[…]i.
Il secondo:
Morìmorì quel empio / Morì Napoleone / Nemico delle genti / E della querigione / Incognito.
Sul lato opposto, la stessa mano ha realizzato un altro disegno con l’Imperatore a cavallo che guida il suo esercito alla conquista di una città; sotto si leggono altri due epigrammi, dedicati a Napoleone.
Anche il secondo ambiente contiene interessanti raffigurazioni, tra cui il divertente disegno, quasi caricaturale, di un prelato.
In una scritta all’interno della cella si legge: Viva la serenissima 1890.
Nel terzo ambiente è notevole la cella, che conserva all’esterno della porta una Madonna Addolorata; sotto cui si legge la scritta SANCTA MARIA ORA PRONOBIS.
A fianco si leggono due preghiere in versi, si trascrive la prima:
Orazione / Madre benigna dell’Eterno Soglio / Pietà ti prenda di un devoto figlio / Che in Versi ti presenta umile foglio / Così il suo spirito è di ogni colpa spoglio / Tu lo consola nel penoso ciglio / ed in gioia sia cambio il suo cordoglio.
All’interno è notevole una finestra riccamente intarsiata con raffigurazioni di navi e fortificazioni, vi si legge la scritta: Ceccarini fece 1828.
Forse è il porto di Genova, sembra di riconoscervi la Lanterna.
Nel riquadro di una parete un sonetto è affiancato dalla figura di una donna che allatta, forse la Carità o una Madonna del Latte, e da un san Ponziano risparmiato dai leoni.
In un’altra parete è disegnata una seconda Madonna Addolorata; vi si legge che l’autore soggiornò in questo luogo dal 28 dicembre 1849 al 30 giugno 1895.
 

Resoconto esplorazione cunicolo da parte del Gruppo Speleologico

COMPLETATA L’ESPLORAZIONE DELLA GALLERIA DELLE CARCERI
DEL S. UFFIZIO DI SPOLETO

Nel 2013 in occasione della visita guidata dei soci ai locali sotterranei delle ex Carceri del S. Uffizio a Spoleto, sottostanti l’Istituto d’Arte “Leoncillo Leonardi” in Piazza XX Settembre, abbiamo individuato una galleria che si dipartiva dal lato a monte dei locali e percorribile per circa 18 metri sino ad una frana. Come Gruppo Speleo, debitamente forniti di strumenti da scavo, siamo ritornati il giorno dopo e in poco tempo abbiamo superato la frana scoprendo così il proseguimento della galleria sotto forma di un largo cunicolo foderato in mattoncini che però dopo altri 15 metri circa risultava completamente allagato.
La stimolante prospettiva che la galleria fungesse da collegamento diretto delle carceri con il Tribunale del S. Uffizio che si pensa sia stato ubicato in via Pierleoni ci ha spronato ad insistere nell’esplorazione, che però a quel punto necessitava di almeno due cose fondamentali: il permesso della Provincia (proprietaria dei locali) per una campagna di svariati giorni ed una pompa ad immersione per lo svuotamento della galleria.
Superate dopo svariati mesi queste iniziali difficoltà burocratiche, nel mese di maggio di quest’anno siamo ritornati armati di una pompa acquistata per l’occasione, di 40 metri di manichette stagne ed altrettanti di cavo elettrico anch’esso a tenuta stagna nonché di telefoni a filo.
Grazie anche alla collaborazione del personale del sovrastante Istituto d’Arte, gentilmente messo a disposizione dalla Preside Prof.ssa Galassi, abbiamo pompato in due giorni circa 20 metri cubi di acqua.
Oltre alla presenza di fango e dall’angustia dei luoghi, le difficoltà incontrate nelle operazioni di svuotamento della galleria sono state determinate dal fatto che alla base di quest’ultima, poco dopo la frana, scaturiva una vena d’acqua che con svariati litri al minuto rintegrava a poco a poco la falda una volta smesso il lavoro della pompa.
Comunque alla fine del secondo giorno siamo riusciti a percorrere altri 20 metri circa di galleria, bloccati però da un muro di terra consolidata testimone di una frana ben più consistente della prima e che ha posto fine (per ora) all’esplorazione.
Da segnalare che l’ultimo tratto della galleria attraversa probabilmente le vecchie “Mura Ciclopiche” completamente interrate sotto piazza XX Settembre, testimoniata dalla presenza di grandi pietroni rettangolari che sostituiscono qui la tipologia costruttiva a mattoni.
Rimane misteriosa la funzione della galleria.
La presenza della sorgente alla sua base farebbe supporre che fungesse da condotta drenante verso una fonte posta più in basso (e in effetti nei pressi del sottostante ex mattatoio c’è (c’era?) la cosiddetta “Fonte Pescaia“, un tempo molto ricca di acque.
D’altra parte la grandezza della sezione della galleria (1.20 x 1.80 mt di media) indurrebbe a pensare che la sua funzione fosse di comodo passaggio tra il carcere e qualche altro luogo ad esso collegato.
Lo sviluppo finora accertato della galleria è di ca. 52 metri lineari per una profondità, dal pavimento dei locali del carcere, di ca. 7.0 metri ( – 12 .0 metri dalla piazza XX Settembre).
La descrizione dei primi metri della galleria e del progetto della sua esplorazione sono stati esposti dal nostro Gruppo Speleologico in un’apposita relazione in occasione del convegno “Il sottosuolo dei Centri Storici dell’Umbria” che si è svolto a Todi a metà dicembre 2013.
L’elaborazione dei risultati dell’esplorazione con i disegni della galleria in pianta e sezione sarà in breve inviata alla Sovrintendenza ai Beni Architettonici dell’Umbria che abbiamo già contattato.
Roberto Giorgetti
 

La storia di Caterinaccia

Ancor prima della formale istituzione della Congregazione del Sant’Uffizio l’Inquisizione era ben presente in Umbria.
Spoleto tra le tante cose ha avuto anche una strega.
Ancor prima dell’istituzione formale del Tribunale del Sant’Uffizio Caterinaccia di San Brizio, è stata arsa viva il giorno 22 dicembre 1441, a seguito di sentenza emessa il 18 dicembre 1441 dal vice-Podestà Giovanni de Zuccantibus da Amelia, che di seguito si trascrive:
… Caterina, moglie di Angelo di Corrado di San Brizio, aruspice, àugura, matematica, fattucchiera, la quale ripetutamente per moltissimi anni ha affermato di essere esperta in medicina e di saper predire il futuro. A lei si sono rivolte moltissime persone della città e delle ville circostanti. Con il pretesto di voler guarire una persona, ha invocato i santi e gli spiriti immondi, utilizzando formule magiche. Ha perseguito, caparbia e malvagia, nei suoi propositi, utilizzando l’acqua di diversi fiumi ed erbe raccolte in diversi tempi e giorni, e ha tentato di guarire alcuni malati che sono periti a causa dell’uso di tali preparati. Per i suoi malefici, ha usato una candela, dell’oro, dell’incenso, della mirra, come quella offerta dai Re Magi al Redentore. In altri casi, ha segnato uomini con l’imposizione delle mani, senza riuscire a sanarli. Si è portata a Narni, nell’ottobre del 1441, per guarire un certo Mariano, sottoponendolo a fumenti con erbe e ha fatto premonizioni sulla salute e sulla morte di Mariano. In diversi luoghi, ha commesso altri reati contro le norme divine, canoniche, civili. Risultando dalle testimonianze che dette accuse sono autentiche, viene condannata … noi Giovanni, vice Podestà predetto, sedendo per il tribunale come sopra, conformandoci e volendo conformarci in … codesti banchi e dovunque alle predette forme del diritto dello statuto e dell’ordinamento di detta città e in virtù del nostro arbitrio, a noi concesso ed attribuito in questa parte: sia condotta la predetta Caterina, moglie del suddetto Angelo … con mitra sul capo, attraverso i luoghi pubblici e consueti di detta città, al luogo consueto di giustizia e in questo luogo sia posta e legata in una capanna di legno, e qui sia arsa e bruciata, così e in tal modo che del tutto muoia e la sua anima sia separata dal suo corpo, ad esempio di quelli e di quelle che perpetrano cose simili, e ogni suo bene sia distrutto e devastato, e così devastato e distrutto sia incamerato dal comune, con riserva della legittima di quei beni ai suoi figli e nipoti, secondo quanto stabilito negli statuti in tutti i migliori modo, via, diritto e forma, i quali più e meglio possiamo e dobbiamo … secondo sentenza condannamo“.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia Giacomo Briguori, che mi ha accompagnato nella visita e fornito interessanti informazioni.
Si ringrazia l’Ufficio Cultura del comune di Spoleto per l’autorizzazione alla pubblicazione dell’articolo e delle foto.
Si ringrazia Pierpaolo Trevisi per le utili indicazioni
Si ringrazia Roberto Giorgetti per aver fornito l’articolo relativo all’esplorazione del cunicolo.
 

Fonti documentative

Roberto Nini – Il Sant’Uffizio di Narni – in A dieci anni dall’apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede: storia e archivi dell’Inquisizione, Roma, 21-23 febbraio 2008 (Atti dei Convegni Lincei, 260), Scienze e Lettere Editore Commerciale, Roma 2011, pp. 666-698.
Roberto Nini – Il Sant’Uffizio di Spoleto: repertorio delle fonti di un’Inquisizione umbra con brevi cenni su alcune sue vicarie e altre sedi – tratte da documenti conservati presso l’Archivio della Congregazione per la Dottrina della fede, Il Formichiere, Foligno 2015.
Bruno Toscano – Spoleto in pietre – Spoleto 2023
Dizionario storico dell’Inquisizione vol. III, diretto da Adriano Prosperi con la collaborazione di Vincenzo Lavenia e John Tedeschi, edizioni della Normale 2010
Giacomo Briguori, articolo pubblicato sul sito di Italia Nostra di Spoleto.

https://www.facebook.com/story.php/?story_fbid=389091724082052&id=100089436825796&paipv=0&eav=AfZ_FiRw4jLGinByrnwbJNBgc2cFMajP6ftGe2bTGnq4G3bhTANvKIAlEEnzBOluVLk&_rdr

https://www.facebook.com/p/Italia-Nostra-Spoleto-

https://www.ereticopedia.org/sede-inquisitoriale-di-spoleto

100089436825796/?paipv=0&eav=AfbiPYhh6W0c9M7kQ_qHJ7ZzlayEFYVPJsDefbw3loAGjynprsRTIbEa_drM39MivkM&_rdr

https://siusa-archivi.cultura.gov.it/inventari-pdf/inquisizione/shades/Trinity_copia_di_fascicoli_processuali.pdf

https://www.giornaledistoria.net/saggi/segni-speranza-carceri-graffiti-nel-santuffizio-spoleto-narni/

 

Mappa

Link alle coordinate: 42.73594762277806, 12.733697087192347

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>