Borgo di Sperlonga e Grotte di Tiberio – Sperlonga (LT)

La città sorge su uno sperone di roccia a picco su un mare che è bello come quello della Grecia.

 

Cenni storici

Dopo il primo tratto quasi interamente rettilineo di 90 km tra Roma e Terracina, la via Appia Antica piegava a gomito verso l’interno per aggirare lo sbarramento degli Aurunci, che tra Sperlonga e Gaeta digradano fin dentro il mare.
Poco dopo il gomito, al km 109,400, era l’antico confine con il Regno di Napoli, poi delle Due Sicilie, che durò fino al 1871.
La via lungo la costa tra Terracina e Gaeta era stata comunque aperta intorno al 184 a. C. dal censore Lucio Valerio Flacco, che dette il nome alla strada (Flacca) con un percorso a cornice lungo le balze rugose dei monti, “la cui bellezza“, ha scritto il critico d’arte Cesare Brandi, “è imperativamente quella di fare da nuda cavea a un mare che è bello come in Grecia“.
Lo compresero nobili e imperatori romani che anche qui si costruirono lussuose “ville marittime“.
Come una visione esotica, già pienamente meridionale e arabeggiante, apre questo splendido scenario Sperlonga, vecchio borgo peschereccio inerpicato su uno sperone di roccia a picco sul mare.
Prese il nome dalle numerose grotte (speluncae) aperte dal mare nella roccia, sviluppandosi intorno a un castello già attestato nel X secolo (castrum speluncae).
La fortificazione e la torre di avvistamento (Torre Truglia) dovevano difenderlo dalle feroci incursioni dei Saraceni (islamici) che imperversarono nel Tirreno dall’VIII all’XI secolo, e poi con rinnovata intensità tra il XV e il XVII.
Difese che non sempre funzionarono, perché Sperlonga fu più volte distrutta e i suoi abitanti deportati e resi schiavi.
Come avvenne nel 1534, quando l’ammiraglio ottomano Khayr al-Dindetto il Barbarossa con 82 galee assalì e devastò queste coste.
Nel 1957, mentre si stavano concludendo i lavori per la realizzazione della nuova Via Flacca, che rettificava il tracciato tortuoso della Flacca antica, fu rinvenuto un deposito di 5000 frammenti marmorei a sud di Sperlonga, la grotta di Tiberio.
Subito si comprese che si trattava di uno dei più importanti ritrovamenti archeologici di sempre e ci si apprestò a trasferire i preziosi reperti a Roma.
Ma gli sperlongani cominciarono a manifestare con veemenza, anche con blocchi stradali, per conservare quel patrimonio.
Si trattava della cosiddetta “Odissea di marmo“, sorta di galleria di incredibili gruppi scultorei ispirati al testo omerico.
Che fossero state acquistate a Rodi o realizzate in loco da originali ellenistici fra il I secolo a. C. e il I d. C. quelle straordinarie opere, riconducibili agli stessi scultori greci del Laocoonte vaticano (Agesandro, Atenadoro e Polidoro) grazie a un’iscrizione rinvenuta nella grotta, formavano una sorta di paesaggio mitologico annesso alla grandiosa villa di Tiberio: 300 m. di edificato digradante a terrazze verso il mare, con un porticciolo privato, un cavalcavia sulla Flacca, padiglioni residenziali e termali.
I gruppi di Polifemo, di Scilla e del Ratto del Palladio si nascondevano in una grotta come ombre platoniche e la loro bellezza, come recita un’iscrizione del poeta Faustino rinvenuta nella grotta, superava il talento poetico di Virgilio:
Se Mantova potesse restituirci il divino poeta questi, impressionato dall’immensità dell’opera, si allontanerebbe vinto dall’antro ed egli stesso riconoscerebbe che nessuna poesia potrebbe rappresentare (questi soggetti) come li ha resi l’abilità dell’Artista, che solo la Natura supera“.
Secondo una tradizione mitica, presso Sperlonga sorgeva la città di Amyclae (in greco Αμύκλαι), fondata dagli Spartani.
In età romana sorsero nel territorio, inquadrato nella giurisdizione del municipio di Fundi, numerose ville, la più celebre delle quali è quella cosiddetta dell’imperatore Tiberio, comprendente una grotta naturale modificata e decorata con sculture del ciclo di Ulisse.
Le ville fungevano anche da centri di produzione per l’industria della pesca (vasche per l’allevamento).
Una bella spiaggia collega la grotta di Tiberio al paese, che sorge su uno sperone di roccia (monte o promontorio di San Magno, 65 m s.l.m.), sperone finale dei monti Aurunci proteso nel mar Tirreno e nel golfo di Gaeta a difesa dalle incursioni barbaresche.
Il castrum Speloncae, menzionato già in un documento del X secolo, comprendeva una piccola chiesa dedicata a san Pietro, patrono dei pescatori.
Il paese si sviluppò intorno al castello progressivamente, per cerchi concentrici.
Nell’XI secolo l’abitato fu cinto da mura, di cui restano due porte: la “Portella” o “Porta Carrese” e la “Porta Marina“; entrambe recano scolpito lo stemma della famiglia Caetani.
Ricostruita fra i secoli XVII e il XIX, Sperlonga assunse la forma attuale, detta “a testuggine“, e vi furono erette chiese e palazzi signorili.
Il suo sviluppo, basato soprattutto sul turismo, iniziò dopo l’apertura della via Flacca, strada litoranea che unisce Terracina a Gaeta passando per il litorale di Fondi, inaugurata il 9 febbraio 1958.
Forte impulso ebbe anche dalla scoperta delle sculture della villa di Tiberio (1957).
La festa patronale di san Leone e san Rocco si svolge verso la prima domenica di settembre nella chiesa della Madonna Assunta, che è l’unica parrocchiale di tutto il comune.
Le due importanti processioni percorrono quasi tutto il territorio di Sperlonga, sia la città alta che quella marina.
Caratteristica la processione di San Rocco che giunge di sera fino al mare, dove vengono sparati fuochi d’artificio: poi la statua ritorna nel centro storico passando per la cappella a lui dedicata e per i tipici vicoli e scale di Sperlonga.
 

Sentiero dei vicoletti

Da pochi anni è stato qui inaugurato un Sentiero dei vicoletti che si sviluppa per il paese toccandone i punti più tipici, illustrati da cartelli informativi.
Eccoli:
1. Ex chiesa Sanctae Mariae. Eretta dai monaci benedettini sul sito di un più antico luogo di culto, sorto forse nel VI secolo, la Ecclesia Sanctae Mariae de Spelonche è menzionata la prima volta nel 1135 nel Codex Diplomaticus Cajetanus.
Fu intitolata all’Assunzione della Beata Vergine Maria, rappresentata in una pala d’altare dorata andata distrutta nell’incursione dei pirati turchi del 1623 insieme a tutto ciò che vi era all’interno.
Il luogo di culto, quindi ristrutturato con ingresso in via Giosa, è rimasto in funzione fino al 1963.
All’interno sono ancora visibili i resti di un affresco di scuola laziale realizzato nel 1400 e raffigurante la Crocifissione e Santi. Acquisita dal Comune e poi restaurata, la chiesa oggi è un auditorium per eventi culturali, convegni, esposizioni e celebrazioni civili.
2. Palazzo Sabella
3. Corte del Monastero, affreschi.
4. Resti della chiesa di S. Antonio.
5. Resti della Torre centrale.
6. Porta Marina. Aperta verso Fondi, era il principale ingresso al paese.
Nata dall’impostazione urbanistica del normanno Riccardo dell’Aquila (sec. XII), fu poi Roffredo Caetani all’inizio del XIV secolo a completarne la fortificazione.
Ecco perché è marchiata dallo stemma dei Caetani dell’Aquila, la casa feudale che dominò più a lungo a Sperlonga.
Composto dall’aquila dei Dell’Aquila a sinistra e dall’onda dei Caetani a destra, lo stemma vigila sul portale.
Fino al 1935 Porta Marina dava su una decina di gradini e una piazzola dai quali si accedeva a una seconda porta inserita nelle mura del castello.
Questo artificio militare doveva ostacolare gli eventuali invasori.
7. Portella o Porta Carrese. Dopo Porta Marina era la seconda porta d’ingresso al borgo, progettata dal normanno Riccardo dell’Aquila nel XII secolo; la Portella si apriva sulla via Torre di Nibbio, presso il castello baronale oggi scomparso.
Per motivi difensivi, dava a un tratto di strada delimitato solo da alte mura, seguita da una seconda porta che immetteva poi nella piazza centrale del castello baronale.
Su questa seconda porta sullo stemma in chiave si legge la data del 1317, a conferma del successivo intervento di fortificazione di Goffredo Gaetani.
8. Quartiere ebraico
9. Torre Truglia. Simbolo del paese, sorge su uno scoglio di pietra viva sull’estrema punta del promontorio di Sperlonga.
Edificata nel 1532 sulle fondamenta di una preesistente torre romana di avvistamento, solo due anni dopo fu devastata dalle orde di Kaireddin Barbarossa.
Ricostruita nel 1611, epoca in cui ospitava un sergente e un solo soldato, nel 1623 venne di nuovo devastata dai Turchi.
Rifiorì solo nel secolo successivo, quando costituì una vedetta sicura per tutto il litorale.
Dal 1870 al 1969 è stata utilizzata dalla Guardia di Finanza.
10. Chiesetta di San Rocco
11. Resti della Saponeria
12. Resti della Torre di Nibbio. Riconoscibile dai contrafforti che affacciano sulla piazza, la Torre di Nibbio era un tempo inglobata nel Castello baronale, che chiudeva il paese a nord, dalla Portella a via Ottaviano.
I pochi resti ci riportano all’epoca di formazione del castrum nel X secolo.
Sulla facciata nord un tratto di muratura a grossi blocchi lapidei di reimpiego provenienti forse da qualche villa repubblicana della zona testimoniano la costruzione del castello in epoca alto-medievale.
Tra le caratteristiche del castello c’erano un ponte levatoio e le stanze adibite a carcere.
Parte della fortezza, già in rovina, fu demolita nel 1889 in favore della carrozzabile Fondi-Sperlonga.
La parte a levante fu espropriata al Principe di Sangro e ripulita nel 1934 per la sistemazione della piazzetta della Rimembranza, mentre la parte a ponente, ossia la Torre di Nibbio, nel 1920 fu trasformata in abitazioni.
13. Chiesa di S. Maria Assunta
14. Sorgente
15. Finestrone panoramico
16. Palazzo Scalfati
17. Municipio. Ufficio Postale. Informazioni turistiche.
 

Fonti documentative

APT Latina, Monti Lepini, Ausoni, Aurunci – 2006.
Cartellonistica locale.
 

Nota

Il testo è di Stanislao Fioramonti, le foto di Patrizia Magistri. La visita è stata effettuata il 28 giugno 2022.
 

Mappa

Link alle coordinate: 41.255956 13.434935

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