Bagnaia – Viterbo
Cenni Storici
Le prime notizie sul primitivo nucleo fortificato di Bagnaia risalgono alla seconda metà del X secolo (963); dopo alterne vicissitudini nel 1173 il Castrum Balneariae, feudo dei conti Lombardi di Castellardo, fu donato al Comune di Viterbo, città ai cui destini, da quel momento in poi, Bagnaia sarebbe stata strettamente legata.
Allorché nel 1193 Viterbo divenne sede vescovile Bagnaia fu assegnata in dote alla Mensa vescovile, usufruendo perciò di alcuni privilegi, quali la dispensa dal pagamento della tassa di pedaggio sul territorio di Viterbo o delle gabelle per le derrate che i Bagnaioli vendevano in città.
Per circa quattro secoli, di conseguenza, i vescovi di Viterbo ebbero la piena giurisdizione sul borgo, se si eccettua la parentesi della signoria di Balduino del Monte, fratello di papa Giulio III, e del figlio Fabiano, tra il 1552 e il 1567.
Nel 1587, fu ceduta alla Camera Apostolica in cambio dell’esenzione dai ogni diritto camerale sui terreni della diocesi: Bagnaia divenne allora oggetto di commenda, e passò sotto il dominio dei Cardinali nipoti dei pontefici (card. Cornaro, card. Montalto, card. Ludovisi, card. Barberini, card. Sforza), fino al 1656 quando fu data in enfiteusi al duca Ippolito Lante Montefeltro della Rovere, i cui discendenti ne divennero signori.
Durante la parentesi del dominio francese il Comune fu ascritto dapprima al dipartimento del Cimino, cantone di Viterbo (1798-1799) per passare poi al Dipartimento di Roma, circondario di Viterbo, cantone di Viterbo (1810-1815). Con la Restaurazione e la riforma del 1816 Bagnaia tornò luogo baronale appartenente alla delegazione di Viterbo, distretto di Viterbo, poi divenne podesteria soggetta al governo di Viterbo.
Dopo l’annessione al Regno d’Italia, avvenuta nell’ottobre 1870, appartenne alla provincia di Roma fino al 1927, anno in cui passò alla neoistituita provincia di Viterbo; dal 1928 ha perso la propria autonomia amministrativa ed è stata declassata a frazione del Comune di Viterbo.
Aspetto
Sotto il profilo urbanistico Bagnaia si presenta come centro stratificato, assai complesso nell’articolazione, e per di più reso singolare dalla presenza di una estesa residenza nobiliare, Villa Lante.
Usciti dalla villa, sulla destra, in Via Gianbologna, si trova la Chiesa di San Carlo.
Attestata già ai primi del ‘500 con il nome di San Sebastiano, la chiesa acquisì negli anni 70 del XVIII secolo l’intitolazione a San Carlo. Nel 1775 con la nomina a pontefice di Giovannangelo Braschi (Cardinale protettore designato per questa chiesetta), la chiesa ebbe un nuovo periodo di splendore, assumendo l’aspetto di come la si vede ora.
La facciata è a capanna semplice con un portale realizzato con struttura trilitica priva di decorazioni.
Una piccola finestra quadrata è posta sopra il portale quale unico elemento decorativo presente. L’interno si presenta ad unica navata con soffitto a capriate.
La pavimentazione è in pianelle di cotto; la parete sinistra ospita un confessionale ligneo, e subito dopo è collocato un altare dedicato a San Sebastiano.
Vi si trova anche una statua in gesso dipinto di San Luigi Gonzaga poggiata su un piedistallo in peperino.
L’altare e i piedistalli in peperino sono opere recenti, databili al 1989, realizzati appositamente in occasione dei lavori di ripristino di tutta la chiesa.
Sopra l’altare una vetrata illuminata di piccole dimensioni raffigurante il Crocefisso di F. Crollalanza del 1979 ed ancora più in alto tela con dipinto San Pietro del XVIII secolo.
La parete destra ospita l’altare dedicato a San Carlo Borromeo e un altro altare dedicato a San Sebastiano, ambedue con tele raffiguranti i Santi dipinte da Padre Ortensio Gionfra nel 1991.
Sempre sulla stessa parete si trova una targa in marmo a ricordo della concessione fatta da Pio VI il 23 febbraio 1775 alla società di San Carlo, come opera di pietà al fine di “liberare una volta all’anno un reo di Bagnaia o di Viterbo, sempre che non abbia commesso furto o omicidio, e che la sua pena non sia superiore ai dieci anni”.
Scritto in lettere capitali: “PRIVILEGIO QUOTAMNNIS ABSOLVENDI TRIREMIBUS EX CERTI CRIMINIBUS USQUE AD DECENNIUM REUM”.
Un’altra lapide in marmo ricorda l’anno di costituzione della confraternita, 1619.
Vi si trova una moderna statua in gesso dipinto della Madonna Immacolata.
Si prosegue quindi fino a raggiungere la più importante piazza di Bagnaia, ove affacciano alcuni dei più importanti monumenti della cittadina, Piazza XX Settembre.
Sulla piazza si affacciano la Chiesa di Sant’Antonio Abate e la Chiesa di San Giovanni Battista.
Vi si trovano due belle fontane, la prima è la Fontana del Borgo Fuori o del Ghinucci, opera dell’architetto senese Tommaso Ghinucci.
Si compone di due vasche rettangolari opposte fra loro divise da un timpano tronco; la più alta era adibita a fontanile, la più bassa a abbeveratoio per gli animali.
Agli estremi del timpano rotto, sopra la mensola, sono collocate due grandi sfere decorative poggiate su piccoli piedritti.
La parte nord della fontana oltre ai due cannelli dell’acqua è decorata con lo stemma di Bagnaia.
Sulla parete sud l’acqua esce ancora oggi da cinque cannelli decorati da un semplice clipeo in rilievo. Un parallelepipedo in alto mostra il grande emblema della Famiglia Gambara con ai lati due stemmi non più leggibili.
La Fontana del Pisciarello è collocata all’angolo nord di Piazza XX Settembre, alle spalle della monumentale fontana del Ghinucci.
La storia della fontana, così chiamata dal nome dell’omonima sorgente da cui prendeva l’acqua, è recente, negli anni ’60 il Comune di Bagnaia ne sovvenzionò i lavori per la realizzazione.
La fontana, realizzata in peperino, ricrea le linee architettoniche rinascimentali, ed è formata da una vasca semicircolare poggiata ad una parete che termina in alto con un arco ribassato.
Nel 1961, l’allora Sindaco di Viterbo Ing. Domenico Smargiassi curò il progetto per la collocazione della fontana reperendo una vasca settecentesca che fu reimpiegata per la realizzazione della fontana. Dalla parete escono tre cannelle decorate all’attacco della parete con tre semplici clipei in rilievo. Alla base della vasca due piedini a zampa di leone sorreggono la struttura.
Domina la piazza la Torre dell’Orologio, con la caratteristica struttura circolare; secondo la tradizione storiografica locale, è datata al 1221, un’iscrizione sull’architrave della porta della torre, ora inglobata all’interno delle mura della chiesa di Santa Maria, mostra questa data scritta in numeri arabi ma, probabilmente, l’attuale fortificazione è ben più tarda.
In alto mostra le ore il quadrante dell’orologio del XVI secolo realizzato con i numeri romani in nero sul tondo del quadrante bianco.
All’interno della torre sono visibili gli ingranaggi originali dell’orologio.
Alla base della torre è collocata una macina in pietra e solo una piccola finestra da luce ai locali interni.
Il carattere prettamente difensivo della torre si evince proprio dall’assenza di finestre.
Ai piedi della torre una targa in peperino ricorda i fatti relativi alla Pucciarella.
Il 20 febbraio del 1528 il piccolo borgo di Bagnaia fu stretto d’assedio dai Lanzichenecchi al seguito delle truppe imperiali di Carlo V.
In paese erano rimasti solamente i vecchi, le donne e i bambini, in quanto gli uomini abili alle armi erano stati arruolati nelle truppe pontificie del Guicciardini e nei volontari del cardinal Egidio da Viterbo.
Le donne bagnaiole, di tempra forte e volitiva, all’avvicinarsi dei Lanzichenecchi non si spaventarono e, recitando preghiere e invocando la Madonna della Quercia alla quale erano particolarmente devote, si preparavano a sostenere l’assalto quando una paesana, la Pucciarella, scagliò un mortaio di pietra sulla testa del Comandante dei Germanici uccidendolo e provocando lo sbandamento della soldataglia.
A ricordo dello scampato pericolo, il secondo giorno dopo la Pasqua del 1528 i bagnaioli si recarono in processione alla Chiesa della Madonna della Quercia portando in dono una grossa croce d’argento.
Da allora questa processione si ripete ogni anno lo stesso secondo giorno dopo la Pasqua.
Sopra alla targa è collocato la riproduzione del volto in marmo della Pucciarella.
Sopra ad una piccola finestra quadrata è collocato lo stemma araldico in peperino della famiglia Barberini, che ebbe il possesso di Bagnaia dal 1632 al 1645.
Sulla torre, da cui si gode un panorama spettacolare, sono ancora collocate tre campane; la maggiore realizzata dalla ditta Nobiliore di Napoli (in foto), la minore realizzata da Francesco Lucentini nel 1888 e la terza offerta dalla comunità in onore a Santa Maria.
Il Torrino si affaccia nel lato sud del borgo su Piazza XX Settembre, alle spalle della fontana del Ghinucci; fu eretto nel 1541 per volontà di Nicolò Ridolfi, che avviò diversi lavori per il riassetto urbanistico del borgo di Bagnaia pertinente alla Mensa Vescovile di Viterbo, tra cui anche la costruzione di una torre quadrata, posta a protezione della porta andava a completarne l’assetto difensivo.
Grazie al contributo dell’arte dei Bifolchi, nel 1635, all’interno della torre che un tempo aveva ospitato il portinaio custode della porta del borgo e della torre stessa, furono allargati i locali della chiesa della Madonna della Porta, che ora poteva avere anche una sacrestia.
È in questa fase che probabilmente fu edificato il piccolo campanile a vela che spicca sulla torre, conserva una piccola campana realizzata da Giovanni Belli nel 1726 con l’iscrizione AVE MARIA GRATIA PLENA. IOVAN. BELLI F. A.D. MDCCXXVI.
La parete del torrino esposta a sud conserva nella sua parte finale due Meridiane, la più grande, a destra detta “a ore italiche” e più precisamente da campanile, la seconda meridiana del Torrino, più piccola, a sinistra, ad ore francesi.
Anche la Porta del Borgo fu eretta, sempre nel 1541, per volontà del cardinale Niccolò Ridolfi.
La porta, unico accesso al borgo, è il punto di contatto tra il medievale borgo vecchio e il rinascimentale borgo nuovo, rispettivamente chiamati borgo di dentro e borgo di fuori; è chiusa ai lati dalla torre dell’orologio e dalla torre quadrata chiamata localmente Torrino.
L’arco della porta conserva sulla sommità lo stemma araldico del Papa Alessandro VII, quadripartito con i monti e l’albero di rovere, qui collocato in occasione della cessione in enfiteusi per tre generazioni della villa e del palazzo delle Logge.
La decorazione della porta è ottenuta da un semplice arco a volta ribassata composta da quattro conci più la chiave di volta, e da due piedritti.
L’arco della parte interna della porta è invece decorato con un semplice bugnato; al suo interno la galleria della porta, che passa sotto i locali un tempo del Palazzo della Loggia, è decorata solo attraverso le parti architettoniche che la costituiscono; due modanature che delimitano l’attacco della volta ottenute in grigio sul fondo bianco.
Al centro della volta della galleria è visibile lo stemma in stucco del Cardinal Niccolò Ridolfi apposto nel 1541 anno della realizzazione della porta.
Nella parete sinistra si apre una piccola porta che conduce ai locali della sacrestia della chiesa del Rosario, più altre due porte pertinenti ad abitazioni private.
Sulla parete destra della galleria si trovano alcune porticine in legno, un tempo accessi ai locali delle guardie e del custode della porta, ora di pertinenza privata.
La galleria immette bel borgo di dentro su Piazza Castello.
L’arco della porta, costretto tra la chiesa di Santa Maria della Porta e la chiesa del Rosario, è decorato a bugnato, con al colmo nella chiave di volta lo stemma del cardinal Niccolò Ridolfi.
Superata la porta, entrati in piazza Castello, a sinistra si trova la Chiesa di Santa Maria del Rosario.
Sul lato sinistro della piazza si apre l’ingresso del Palazzo della Loggia o delle Logge, collocato alla testa del borgo antico di Bagnaia, parte integrante della cinta muraria. I suoi lati lunghi affacciano su Viale Fiume, a ridosso del ponte, e sulla Piazza dedicata a Don Pierini.
A partire dal XIII secolo lo sviluppo del palazzo seguì le sorti del castello di Bagnaia, pertinenza della mensa vescovile di Viterbo.
Donato da Viterbo al proprio Vescovo e riedificato dopo la presunta ricostruzione del Castrum Balnearie, tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, il palazzo con il Cardinal Niccolò Ridolfi, nipote di papa Leone X, dal 1532 al 1550, divenne una vera e propria fabbrica con il grande sviluppo dei cicli decorativi ad affresco arricchito di stucchi e di innumerevoli grottesche.
Esistono testimonianze di lavori condotti nel corso del Seicento su questo edificio per volere del cardinale Montalto, e nel secolo seguente su iniziativa del cardinale Lante.
La loggia presenta cicli decorativi di epoche diverse che sono raccordati tra loro dalla medesima tematica: sul soffitto si trovano delle decorazioni a grottesche e cinque riquadri raffiguranti le Storie di Enea separati da sei travi decorate in stucco con elementi vegetali e con gli emblemi dei Medici-Ridolfi.
Lo stemma della famiglia Ridolfi lo si ritrova anche nella parete sovrastante le nicchie, dove si collocano le due fontane rappresentanti l’Arno e il Tevere.
Sulla parete lunga del loggiato, sei colonne decorate scandiscono il ciclo pittorico che presenta vedute e carte geografiche, partendo dal lato nord adiacente alla fontana dell’Arno troviamo in successione la veduta di Firenze, Siena, Roma, Bagnaia e Napoli.
La Veduta di Roma affrescata nella loggia sul lato ovest del palazzo molto diversa rispetto alle altre immagini di città che la affiancano (Napoli, Bagnaia, Siena e Firenze) realizzate su commissione del cardinale Gambara, è databile agli anni di residenza del cardinale Montalto, come attesta la presenza del suo stemma a coronamento dell’affresco.
A sud il loggiato si chiude con la fontana del Tevere che sembra ricollegarsi al mito di Enea e al suo approdo sulle terre laziali.
Le decorazioni all’interno della Loggia sono state realizzate in più fasi, coincidenti con il succedersi delle diverse famiglie che hanno posseduto il Palazzo.
Nello specifico ne sono state distinte con certezza almeno quattro: fase Medici-Ridolfi (1532-1550), fase Gambara (1568-1590), fase Montalto (1590-1623), fase Lante-Della Rovere (1656-1945).
La loggia a est è stata murata in epoca imprecisata.
La decorazione delle stanze interne non è mai stata completamente studiata sia per le difficoltà di accesso agli ambienti, di proprietà privata, sia perché alcuni dipinti sono ormai in avanzato degrado. Diverse famiglie nobili hanno contribuito alla realizzazione delle decorazioni interne nel corso del Cinquecento: il cardinale Ridolfi, i Del Monte e il cardinale Gambara.
È invece evidente il carattere accentuato di palinsesto all’interno degli ambienti, per la compresenza di dipinti di epoche e mani diverse, alcuni dei quali potrebbero essere stati eseguiti o restaurati nei successivi secoli XVII e XVIII.
Lo stemma della famiglia Lante compare sopra al portale d’ingresso della facciata a est prospiciente piazza Castello; un altro identico fu invece collocato, presumibilmente in concomitanza con la realizzazione di nuovi interventi decorativi o perlomeno di integrazioni, all’interno della nicchia della cosiddetta Fontana dell’Arno, sul lato nord della grande loggia da cui il palazzo prende il nome; un ulteriore stemma si trova sulla Fontana del Tevere, al lato opposto della stessa loggia.
A destra della porta del Borgo si trova la Chiesa di Santa Maria della Porta.
Al centro di Piazza Castello si trova la Fontana del Borgo Dentro; una fontana con questo nome era menzionata già a partire dalla fine del XIV secolo, quella che si vede oggi è la versione trasformata nel 1618 su disegno suggerito dal cardinal Montalto.
La fontana si compone di due tazze circolari sovrapposte; la prima a terra di dimensioni maggiori, è decorata con una successione alternata di riquadri con i monti e la stella a sei punte, stemma della Famiglia Montalto, e le onde, simbolo del Comune di Bagnaia.
In una delle formelle della base è scolpita la data 1789 a ricordo della ristrutturazione della stessa. Dal centro della tazza maggiore parte da un basso toro quadrato una corta colonna a peliche che termina con l’echino su cui poggia la tazza minore.
Questa, di forma circolare, è decorata da monti e da quattro teste leonine da cui esce l’acqua.
Il fastigio è la riproduzione esatta di quello che decora la Fontana dei leoncini a Villa Lante.
Sotto l’arco che da piazza Castello immette in Via del Forno di Sotto si trova un’edicola affrescata del XVI secolo, vi è raffigurata la Vergine assisa col Bambino, venerata localmente come Madonna del Carmelo.
L’edicola conserva in situ la struttura originale con la decorazione delle modanature prettamente rinascimentali.
La nicchia è ottenuta all’interno di una struttura trilitica formata con due lesene chiuse da capitelli dorici e sovrastate da una trabeazione composta da una semplice sequenza abaco echino.
Sopra, dipinto sul muro, i resti pittorici inerenti alla decorazione della nicchia con una “M” stilizzata dipinta in rosso sul campo della lunetta campito di giallo.
La Vergine vestita con veste rossa e manto celeste, offre lo scapolare a chi guarda il dipinto.
Il Bambino rappresentato in piedi, tiene con la mano la corona.
Precedentemente l’immagine era coperta da una tela avente lo stesso soggetto.
L’antico borgo presenta numerosi scorci medioevali di gran fascino e palazzi nobiliari con portali ornati di stemmi, il più notevole è Palazzo Riario-Gallo, situato sul lato nord del borgo in via Malatesta.
L’antico e importante palazzo, fu iniziato dal cardinale Raffaele Riario intorno al 1520, e portato a termine verso il 1526 dal segretario Giuliano Gallo, canonico della Chiesa di San Lorenzo in Damaso e amministratore dei beni in Bagnaia per conto dello stesso cardinale.
La famiglia Gallo lo abitò fin quando la proprietà non passò al Comune, che ne fece la propria sede circa cinquant’anni dopo, nel 1576.
Nella prima metà del XVII secolo furono eseguiti inserti decorativi che in alcuni ambienti si andarono a sovrapporre alla primitiva decorazione.
Sono stati poi scoperti brani di una più estesa decorazione pittorica del loggiato raffigurante emblemi nobiliari, databile al XVI secolo, ossia all’epoca in cui il palazzo era residenza dei Gallo.
La struttura del palazzo si estrinseca con linee essenziali: l’aggetto dei due avancorpi, la rientranza della facciata nobilitata dallo slancio delle due colonne ioniche e delle quattro lesene che sostanziano una deliziosa loggia architravata dal soffitto ligneo lacunare.
La facciata del palazzo che sovrasta il portico è decorata con un grande stemma in peperino raffigurante il simbolo araldico dei Riario, ai quali i Gallo furono sempre riconoscenti, con agli angoli teste di gallo e sulla parte alta due galli contrapposti.
La parte di fondo della loggia evidenzia tracce rossastre di una antica decorazione, mentre sopra la porta un affresco raffigura la glorificazione del cardinale Antonio Barberini, signore di Bagnaia dal 1632 al 1645.
Vi è riprodotto lo stemma di famiglia con le celebri api affiancato da due figure di giovani donne l’una con la bilancia simboleggiante la Giustizia e l’altra con la cornucopia l’Abbondanza.
Un’epigrafe latina in cima recita: ORTA EST IN DIEBVS EIVS IVSTITIA ET ABVNDANT[…] (Al tempo suo giustizia e abbondanza).
Per i caratteri stilistici delle figure allegoriche l’inserto è da considerare posteriore alla prima fase decorativa del palazzo, a cui risalirebbero i fregi delle sale interne e l’insieme di stemmi cardinalizi ed emblemi principeschi, nella parete di fondo del portico.
La parte di fondo della loggia ai lati della glorificazione del cardinale Antonio Barberini due raffigurazioni di stemmi araldici.
Il Palazzo all’origine era un complesso di oltre venti ambienti tra sale, saloni, stanze, granai, dispense, tinelli, stalle, torculario (frantoio), colombaia e la piazza antistante la Loggia.
Di tutti questi ambienti sono rimasti a far parte della struttura solo due grandi saloni e due sale minori; tutti gli altri ambienti sono stati fagocitati dai frazionamenti edilizi avuti nel tempo. All’interno nella grande sala fa mostra un immenso camino cinquecentesco con lo stemma in pietra di Bagnaia.
A fianco del camino è collocata la campana della torre del borgo realizzata da Giovanni Belli nel 1775. La campana fu dismessa e sostituita con una copia perché nel 1941 un fulmine la danneggiò; tuttora è visibile la spaccatura nella pancia della campana causata dalla folgorazione.
Nella sala sono conservati larga parte degli affreschi dell’oratorio di Santo Stefano.
Accanto si apre una seconda sala caratterizzata da una fascia decorata con festoni di frutta, fiori, liocorni, angioletti e centauri.
Quest’ultimi incorniciano scudi cardinalizi tra i quali sono riconoscibili quelli di Ridolfi nella parete nord, quello dei Cornaro nella parete sud e quello dei Riario nella parete est.
Il soffitto a cassettoni conserva ancora le originali formelle dipinte del XVI secolo.
Le travi nel perimetro del soffitto sono decorate da candelabre e grottesche; tutto il soffitto era decorato con le insegne alternate della famiglia Riario (stemma con tre fasce distinte: in alto il cappello cardinalizio; al cento la rosa rossa su campo bianco – simbolo dei Riario; e in basso fascia campita di rosso) e della famiglia Gallo (due teste di gallo opposte incorniciate in forma araldica da grottesche; oppure stemma con due teste di gallo su due campi separati da una linea diagonale).
La parete sud della seconda sala, detta anticamera del sindaco, conserva ancora tra due porte un bell’affresco raffigurante un’Assunta in gloria tra i santi Sebastiano e Millerio, protettori di Bagnaia; opera di autore ignoto del XVI secolo.
La Vergine è rappresentata in piedi a calpestare emblematicamente una semiluna falciata; sotto l’immagine della Madonna un cartiglio con la scritta HINC . ….. NOSTRA SALUS.
Sul lato nord è affrescata una Crocifissione databile al XVI secolo di autore ignoto.
Probabilmente i due affreschi a tema sacro risalgono agli anni di governo del cardinale Montalto, cioè ai primi due decenni del XVII secolo.
Sul lato lungo a ovest della sala un caminetto classico cinquecentesco è sormontato da un grosso stemma del cardinale Riario, dipinto sulla cappa; lo stemma è affiancato a sinistra da quello di Bagnaia e a destra da quello dei Gallo.
Continuando a scendere lungo via Malatesta si trova la Chiesa di Santo Stefano.
Uscendo dal Borgo superato il ponte si trova la Chiesa di San Rocco fatta edificare dall’omonima Confraternita nel 1569, ma completata solo nel XVII secolo.
Nel 1934 la comunità bagnaiola decise di restaurare il tempietto per trasformarlo in Sacrario dei Caduti.
La costruzione, ha una forma ottagonale con paraste (9 pilastri portanti incorporati nella parete e sporgenti) piegate agli angoli, tipici dello stile rinascimentale, con alla sommità una lanterna. L’edificio per somiglianza con altri può definirsi di tipo bramantesco e presenta delle affinità con la Rocchina dell’isola Bisentina, con la chiesa di Montedoro a Montefiascone e con la chiesa di S. Maria della Peste a Viterbo, anch’essa ottagonale con finestre circolari.
La facciata è caratterizzata da un accesso ribassato di sette gradini rispetto il piano di calpestio della sede stradale.
Il portale in peperino ha un architrave decorato con un toro ed echino.
L’epigrafe incisa riporta l’anno di costruzione dell’edificio.
Sopra il portale un oculo; al di sopra dell’oculo una lapide a ricordo di sacrario in onore dei morti delle guerre.
Per accedere all’edificio si passa attraverso una scala che dalla strada immette direttamente al portale della chiesa.
L’epigrafe incisa sulla porta riporta l’anno di costruzione dell’edificio 1569.
Sopra il portale un oculo e una lapide a ricordo di sacrario in onore dei morti delle guerre.
Al suo interno la costruzione si presenta a pianta ottagonale con ogni lato decorato da altari a tipico impianto barocco.
In alto la cupola semisferica è completamente priva di decorazioni con alla sommità un lanternino.
Il pavimento a pianelle di marmo bianche e grigie di moderna fattura.
Sopra l’altare Maggiore dedicato a San Rocco patrono di Bagnaia si trova una statua in peperino del Santo con tracce di pittura su alcuni punti della superfice.
L’opera documentata già nel 1616 alla visita apostolica del Cardinal Muti, era stata inventariata da notar Lattanzio come immagine di pietra.
Nella nicchia, una veduta di Bagnaia con il palazzo ducale, ai lati candelabre bianche su fondo bruno. Sulla volta riquadri bruni con rose in bianco.
Alla base della nicchia sull’altare un tabernacolo in legno decorato con finti marmi dipinti.
La fronte dell’altare presenta una croce con i raggi dello Spirito Santo decorato in gesso dipinto.
La prima cappella a destra, un tempo dedicata alla Madonna conserva un dipinto a guazzo raffigurante la Madonna con ai lati Sant’Agata e San Biagio recanti entrambi le immagini del martirio, la prima con i seni strappati su un vassoio, il secondo nella mano sinistra un pettine di ferro con cui fu dilaniato nelle carni.
Nella visita pastorale del 1616 si trova il riferimento dell’altare dedicato alla Madonna con la sua immagine in parete tra Sant’Agata e San Biagio con pie donne oranti ai piedi dei santi.
Nella sua visita pastorale del 1704, il Cardinal Santa Croce, Vescovo di Viterbo, trovando l’altare intitolato alla Madonna disadorno e quasi abbandonato, decretò l’eliminazione del dipinto se entro 6 mesi non si fosse provvisto a fornire l’altare delle necessarie suppellettili.
Il dipinto subì purtroppo quella sorte con una completa scialbatura.
Solo nel 1934 durante i lavori di restauro che trasformarono la chiesa in Sacrario dei Caduti, riaffiorarono gli affreschi precedentemente scialbati.
Il secondo altare è dedicato secondo le fonti alla Madonna di Loreto.
La pala che decora l’altare è inserita all’interno di un’edicola in peperino (barocca); la tela di autore ignoto con San Vito con bambino e cane di autore ignoto in precario stato di conservazione può essere ascritta al XVII secolo.
Dietro la tela è nascosto un affresco con due angeli databili fine XVI secolo.
Nelle pareti laterali dell’arco che chiude l’intero altare barocco gli affreschi di San Francesco a sinistra e San Domenico a destra, databili al XVI secolo.
È evidente tuttora il riferimento alla venerazione della Madonna di Loreto nei cinque riquadri della volta.
Qui è raffigurato il trasporto della Santa Casa della Vergine Maria da Nazareth a Loreto, avvenuto secondo la tradizione, per grazia divina il 10 dicembre 1294.
Da qui nacque la venerazione per il luogo dove si conserva e si venera la Santa Casa della Vergine Maria (Loreto) e l’omonima Madonna.
I pennacchi dell’arco, con angeli affrontati sono ascrivibili alla metà del XVII secolo.
Il quarto altare dedicato a San Francesco è caratterizzato da un Baldacchino barocco con stucchi in gesso; ospita una tela che raffigura l’omonimo Santo.
L’opera secondo le fonti è da riferire allo juspatronato degli eredi di Paolo di Sante Pancia nel XVII secolo, il quale ha “fabbricata, fondata e dotata“.
Sacello in onore ai caduti in guerra; nato come monumento in onore ai Caduti della prima guerra mondiale, realizzato da Antonio Munoz di Roma nel 1934, successivamente venne apposta anche la lapide di sinistra in onore ai caduti della guerra del 1935 (guerra d’Africa) e della 2^ guerra mondiale, nonché la lapide dei Caduti civili della 2^ guerra Mondiale all’estrema destra.
Nel 2013 purtroppo si è aggiunta la lapide ai Caduti delle recenti missioni di pace.
Vengono ricordati nelle targhe due decorati con medaglia d’oro al valor militare: il Generale di divisione Antonio Gandin e il Maresciallo capo Fiorenzo Ramacci.
Fonti documentative
S. Ricci – Bagnaia e Villa Lante. La fortuna riflessa di un centro minore del Lazio – San Gemini, 2017
http://bagnaia.artecitta.it/index.php
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
Da vedere nella zona
Villa Lante
Chiesa di Santa Maria della Porta
Chiesa di Santo Stefano
Chiesa di Santa Maria del Rosario
Chiesa di Sant’Antonio Abate
Chiesa di San Giovanni Battista