Area archeologica di Scoppieto – Baschi (TR)
Cenni descrittivi
Nell’agosto 1995 è iniziato lo scavo sul terreno di un pianoro che domina la vallata del Tevere.
Da diverso tempo gli agricoltori trovano nei campi frammenti di ceramiche.
Lo scavo è stato promosso dal Dipartimento di Scienze Storiche dell’Antichità dell’Università di Perugia sotto la direzione della Prof.ssa Margherita Bergamini ed è stato possibile effettuarlo grazie anche alla partecipazione di studenti dell’Università per stranieri di Perugia.
Fin dalla prima campagna, la terra ha restituito materiale importantissimo ed ha rivelato la lontana esistenza di una manifattura romana di ceramica della prima età imperiale: ceramica da mensa finissima, di colore rosso (grazie all’aggiunta di ferro), usata anche dagli imperatori, con il bollo in “planta pedis” (il bollo a forma di piedino che contiene le iniziali del ceramista) di ceramisti, i fratelli Lucius Plotidius Zosimus e Lucius Zosimus Porsilius, della Gens Plotidia.
Con gli scavi successivi è venuto alla luce un intero villaggio di artigiani. E’ stato trovato uno stanzone (30X5 mq) con 28 postazioni di lavoro allineate. Accanto ad ogni posto il foro per il tornio, la vaschetta dell’acqua per l’argilla, e il braciere per scaldarsi, situato dietro le spalle dell’artigiano. In tutto sono 1200-1300 mq di manifattura, ben strutturata e pianificata con un progetto; lo dice il modo con cui sono convogliate le acque per la lavorazione. E’ la prima struttura del genere, di tipo industriale. I ceramisti lavoravano indipendentemente, non per un padrone (non dimentichiamo che stiamo parlando di una società schiavista). Essi firmavano i propri prodotti apponendo il proprio bollo e vendevano per conto proprio.
Le stratigrafie hanno restituito diverse ceramiche di scarto.
L’insediamento produttivo si colloca tra gli ultimi anni del I° secolo a.C. e gli anni 80 d.C. Ma la vita del villaggio continua fino al V sec. d.C.
I fratelli Zosimus venivano da Roma. A Scoppieto avevano trovato gli elementi essenziali per la loro attività: l’argilla di alta qualità, l’acqua buona, la legna di cerro dei boschi per la fornace, il Tevere, ideale via di trasporto per i prodotti; infatti per via terra, con le strade di allora, un materiale così fragile si sarebbe in gran parte rovinato. Sotto il pianoro il Tevere forma un’ansa: è stato ipotizzato lì un attracco. Comunque a pochi metri verso sud c’era il porto di Pagliano.
Le ceramiche di Scoppieto sfondarono sul mercato e arrivarono lontano per la loro ottima qualità: sono state ritrovate a Creta, a Cartagine, ad Alessandria d’Egitto, a Costantina, a Cherchel, a Tiddis, a Cipro. Nei vari musei delle città del Mediterraneo ci sono ben 90 pezzi con i bolli di cui abbiamo parlato e solo ora se ne è saputa la provenienza.
Non è azzardato dire che la scoperta del sito romano di Scoppieto è importantissima, più importante di quella dei Bronzi di Riace.
Insieme al vasellame la terra ha restituito anche la fornace dei fratelli Zosimus, nella quale dovevano cuocere tutti i vasai. Dei suddetti fratelli sono stati trovati i laboratori: due stanze abbastanza ampie; essi lavoravano in condizioni decisamente migliori.
A Scoppieto si producevano piatti, ciotole, servizi interi e lucerne; importantissime queste ultime per la datazione, poiché seguivano le moda del tempo.
Con le ceramiche sono venuti alla luce anche i punzoni e le matrici per le decorazioni; cosa del tutto rara, poiché quando un ceramista cessava la sua attività, distruggeva tali attrezzi per gelosia, non voleva che altri utilizzassero le sue creazioni; ciò vuol dire che il sito di Scoppieto fu abbandonato in fretta per qualche calamità. E’ stata ritrovata perfino la cenere nei bracieri.
Sono tornati alla luce anche reperti di altro tipo: statuette di Dionisio, monete di Augusto, Nerone, Claudio, Vespasiano, Tito, Domiziano, Antonino Pio (importanti per le datazioni) e una moneta di Todi che aveva la sua zecca fino a quando fu del tutto romanizzata.
Verso gli anno 80 d.C. il villaggio diventa abitativo; appare un altro tipo di ceramica: una ceramica arancione, proveniente dall’Africa. Ciò testimonia che non era più conveniente produrla. I tempi stavano cambiando: iniziava la forte crisi dell’impero romano.
Caduto l’impero, i barbari scendono, devastano, insanguinano, fanno loro la storia.
La campagna scavi del 2001 ha riservato un’altra sorpresa: è stato trovato un grosso muro del IV secolo a.C. lastricato. Muro di terrazzamento che sostiene il pianoro verso Todi; quasi sicuramente appartiene ad un tempio italico. Il pianoro è sull’altura più elevata, allo stesso livello di Montesanto (di Todi).
Da entrambi i siti, un tempo, si poteva dominare il Tevere e comunicare con i fuochi. Erano luoghi sacri vi erano i templi.
Si è voluto vedere nell’Eremo della Pasquarella (fondato da S.Romualdo sec. XI), che si trova alle pendici del pianoro, una continuazione della sacralità del sito.
Gli scavi non sono ancora terminati.
I reperti di ceramica sono esposti nell’Antiquarium del Comune di Baschi, insieme al modello, in scala, della fornace, e ad altri reperti romani rinvenuti in zona, in un interessantissimo ed ottimo itinerario didattico realizzato a cura della stessa Prof.ssa Bergamini.
Mi permetto di aggiungere che sia gli scavi sia l’Antiquarium meriterebbero una maggiore messa a fuoco e divulgazione.
Non esiste ancora un cartellone pubblicitario né una segnalazione in nessuna delle strade notevolmente transitate della zona, tanto meno un segnale giallo turistico al casello dell’autostrada o alla stazione ferroviaria. Se ben “usato” questo patrimonio culturale, che è un “unicum” in tutta Italia, potrebbe veramente essere il volano della zona di Civitella del lago.
Articolo della Dott.ssa Maria Antonietta Bacci
FASI STORICHE DEL SITO
L’area archeologica di Scoppieto è frutto dell’attività di ricerca condotta dall’Università degli Studi di Perugia, Dipartimento di Scienze Storiche – Sezione Antichità, sotto la direzione scientifica della prof.ssa Margherita Bergamini, con il supporto economico di: Regione Umbria (Assessorati all’Ambiente e alle Politiche Agricole), Provincia di Terni, Comune di Baschi, Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto.
Gli scavi, iniziati nel 1995 e tuttora in corso nel periodo estivo, hanno riportato alla luce strutture riferibili ad un arco cronologico di circa otto secoli, che dalla fine (?) del IV sec. a.C. arriva alla metà del V sec. d.C., con diversi cambiamenti di destinazione d’uso.
Sono state riconosciuti otto periodi di frequentazione, di cui i primi sei (Periodi I-VI) in età antica. Ad essi si aggiunge l’uso del territorio in età moderna e contemporanea (Periodi VII-VIII), che con le pratiche agricole ha inciso notevolmente sul terreno.
Essi evidenziano forti trasformazioni delle strutture, la cui interpretazione è stata possibile nei vari periodi grazie alla metodologia di scavo stratigrafico che è stata seguita. I materiali più importanti restituiti dallo scavo sono esposti a Baschi, nell’Antiquarium Comunale, creato all’interno del Palazzo del Comune, inaugurato nel 2000 e ampliato successivamente.
Periodo I: rappresenta la fase più antica (Fine IV (?) — fine II/inizi I sec. a.C.) ed è legata a una frequentazione a scopo cultuale caratterizzata dalla presenza di un santuario d’altura che dominava la sottostante vallata del Tevere fino a Todi e di cui è stato riportato alla luce il perimetro.
Periodo II: fase databile dalla fine del II/inizi I sec. a.C. all’età augustea caratterizzata da una frequentazione collegata alla proprietà agraria con produzione vitivinicola e allevamento del bestiame. Ne sono testimonianza la presenza di anfore greco-italiche e Dressel 1 e di grandi contenitori (gliraria) utilizzati per l’allevamento di ghiri, che rappresentavano in età romana un cibo molto prelibato.
Periodo III: fase databile dall’età augustea all’età traianea legata alla presenza di una grande manifattura ceramica, le cui strutture si sovrappongono in età augustea a quelle del santuario. Essa produceva lucerne e ceramica fine da mensa del tipo “a pareti sottili” e nella c.d. “terra sigillata“, caratterizzata da colore rosso-corallino e dalla presenza del marchio di fabbrica. Grazie alla posizione in prossimità del Tevere esse raggiunsero una distribuzione assai ampia, in tutto il bacino del Mediterraneo, che il marchio di fabbrica consente di ricostruire con sicurezza.
Periodo IV: dall’età adrianea e fino alla metà del III sec. d.C. le strutture ebbero una destinazione residenziale collegata ad attività artigianale e agricola e venne edificato un quartiere abitativo nella parte a Nord. Tutte le strutture crollarono intorno alla metà del III sec. d.C. a seguito di un incendio e il sito fu abbandonato.
Periodo V: occupa la seconda metà del III sec. d.C. segna un periodo di abbandono.
Periodo VI: dagli inizi del IV e fino alla metà del V sec. d.C. il sito fu di nuovo abitato e le strutture ebbero di nuovo una destinazione abitativa collegata alla produzione agricola. Periodi VII-VIII: in età moderna e contemporanea l’uso del territorio per usi agricoli comporta gravi danni alle strutture a causa dell’uso dei mezzi meccanici funzionali alle colture di vigneto e oliveto.
DOCUMENTAZIONE ILLUSTRATIVO – DIDATTICA
Fonti documentative
http://www.baschilibera.it/
Cartellonistica sul posto
Da vedere nella zona
Eremo della Pasquarella
Castello di Civitella dé Pazzi
Voragine del Vergozzino