Abbazia SS. Vincenzo ed Anastasio – Amandola (FM)
Cenni Storici
Contrapposta all’altra abbazia di S. Ruffino e Vitale collocata a valle, il monastero inizialmente dedicato a S. Maria e S. Anastasio è situato ai piedi del Monte Amandola, a circa 850 m. slm, fra due fossi che successivamente confluiscono a formare il torrente Lera. Appartenente al Ministero di Monte Calvelli, le prime testimonianze scritte risalgono al 1044 e riguardano la cessione di decime; fra l’altro questa badia non è menzionata nell’atto di enfiteusi a terza generazione fra il conte Mainardo, proprietario di vasti territori della montagna ed il vescovo di Fermo, Gaidolfo, nel 977. Venne retta sin dai primi secoli da abati appartenenti alla famiglia nobiliare dei Conti Adalberti di Amandola, poi dalla metà del ‘400, data in “Commenda”, con progressivo depauperamento dei possedimenti e definitiva rovina già dalla metà del ‘500. La planimetria originaria della chiesa prevedeva un’unica navata con copertura “a capriate” e presbiterio rialzato, un’abside quadrata e la sottostante cripta, sorretta da un pilastro centrale a sostegno di una volta a botte, a cui si accedeva mediante due passaggi laterali; una scalinata centrale collegava il piano della nave col presbiterio. Sul lato destro della navata si aprivano delle cappelle i cui archiacuti ancora sono visibili sulla parete di attacco del corpo centrale. Il convento si estendeva lungo il lato di sud-ovest, chiuso da tre parti (attualmente è visibile solo il corpo di collegamento fra le due ali e parte dell’ala destra). Della primitiva torre campanaria, contrapposta all’edificio conventuale, rimane un esile campanile “a vela” fra il corpo della chiesa e la sacrestia (Crocetti,1995). Già nel 1295 vennero emesse indulgenze per la ricostruzione del convento i cui lavori proseguirono sino agli inizi del XV secolo; successivi rimaneggiamenti si effettuarono nel XVIII sec. forse in relazione all’instabilità del complesso dopo i terribili terremoti del 1703, 1741 e 1771. L’attuale chiesa è costituita invece da quello che in origine era il presbiterio e l’ingresso, soprelevato forse nel 1801, come riportato su di un mattone inserito nella facciata, che è quindi eccezionalmente rialzato e si apre direttamente nell’abside con conseguente capovolgimento dell’asse primitivo della chiesa. Nell’interno una tela raffigurante la Madonna con Bambino fra i Ss. Vincenzo ed Anastasio, di Domenico Malpiedi, venne commissionata dall’abate Picucci fra il 1607 e 1612, ossia durante l’ attività del pittore negli agostiniani di Amandola. Venne trafugata nel 1983, mentre il Cristo ligneo Trionfante posto sull’altare dedicato a S. Antonio abate è ora nella chiesa di S. Francesco.
Tratto da: GuidAmandola – Scoprire la citta’, vivere l’ambiente