Abbazia S. Maria in Sportella – Amandola (FM)
Cenni Storici
I padri Cappuccini.
La religione riformata de’ Cappuccini originossi in Camerino, per opera di fra’ Matteo dell’ordine degli Osservanti, nato da poverissimi parenti nel piccolo Castello di Baschio nel Montefeltro; il quale fu il primiero a rinnovare l’abito di San Francesco col cappuccio quadrato e in forma piramidale, mentre dimorò nei Villaggi di Camerino l’anno 1523 con occasione di predicarvi e di curare gli appestati. La duchessa Caterina Cibo moglie di Gian Maria Varani protesse il venerabile fra’ Matteo, gli diede albergo nell’istesso suo palazzo camerinese, e gli ottenne da Clemente VII la prima Bolla di approvazione nel 1528. In seguito a ciò si diffuse tosto questa religione per la Marca, e solo 12 anni dopo la detta approvazione fu portata ancora in Amandola, aprendosi così in essa il XII convento di fondazione. Devesi codesta opera alla iniziativa in specie del reverendo don Tommaso Galeotti amandolese, che si era ancora il primo arciprete di questo Capitolo, eretto nel 1530 pure per zelo ed impegno di lui. Devesi peraltro tutto il merito ai nostri padri ancora, che adunatisi in Consiglio sotto il giorno 6 gennaro l540, risolvettero che la religione detta dei Scappuccini, e quei Frati si dovessero accogliere onorevolmente, e loro si desse ospitalità nella Chiesa di Santa Maria in Sportella, oppure in quella di San Bernardino, previo il consenso di queste Monache, che in quest’ultima hanno il giuspatronato. E siccome in quel giorno trovavasi qui il Cappuccino fra’ Innocenzo Predicatore, così quei buoni nostri padri pieni di fede, tolta la seduta, si portarono tutti immediatamente ed in corpo a ritrovarlo nella sua dimora, e a supplicarlo d’impegnarsi presso il padre generale, affinché’ ancor qui fondasse un convento, dichiarandosi essi pronti a provvedere tutto quanto fosse necessario. Rese a Dio le grazie quel reverendo padre ed accettato l’ incarico, promise di far di tutto perché i desideri degli Amandolesi venissero soddisfatti. E dovettero invero essere appagati oltre l’aspettazione se appena sei giorni appresso vediamo di nuovo congregarsi i nostri padri, ed eleggere 4 deputati ad adattare per quei frati l’abitazione nella chiesa della Sportella, facoltizzandoli a spendere fiorini 1004. Nel Capitolo seguente parlerassi di codesta chiesa, paghi qui solo di sapere che fu dessa officiata dai nostri padri Cappuccini dal 1540 al 1626, come da una iscrizione appesa nella sagrestia dell’ attuale convento. Aggiungeremo qui pure che in quel primo convento fu di stanza e famiglia San Serafino da Monte Granaro, morto sessagenario in Ascoli nel 1604; e che in quella prima abitazione visse, e morì nel 1575 con odore di santità il padre Giambattista dell’Apiro (Marche). Dopo aver pertanto dimorato i reverendi padri Cappuccini intorno a 86 anni in Santa Maria de Sportella, pensarono anch’ essi come i Minori Osservanti, dai quali poco distavano, avvicinarsi al paese, che bramavali più dappresso, ed al cui affetto nel 1623 facendosi il Capitolo generale in Macerata, aveva mandato due gentiluomini a perorare acciò i padri e provinciale volessero degnarsi di mandare un presidente che rivedesse il sito destinato per la nova fabbrica del convento … già destinato ed assegnato dalla comunità, come costa da Consigli celebrati in detta Terra l’anno 1623. In seguito a ciò il padre provinciale mandò assistente e presidente della fabbrica il prelato Pietro dalla Mandola, ch’era un Regis, e al quale furono assegnate 42 canne circa di spazio sul rialto del Colle Marrabione. In quel sito elevato e di aria saluberrima preparati pertanto i materiali necessari e circondatolo di forti muri riunendoli all’ antica cinta del paese, si pose mano nel 1625 al convento e chiesa, a levante della quale fu fabbricato il dormitorio con 16 celle oltre alle due camere per le cose comuni e per la libreria, che nel 15 giugno 1728, dice il legate inventario, contenea circa 500 volumi. Concorsero alle spese tutti gli Amandolesi con generose offerte, come attesta il contemporaneo prof. Palmieri nella Vita del beato Antonio, e come conferma l’inventario del 1728, che riportandosi agli Atti del quondam Emiliano Contucci allude a diversi cittadini particolarmente benefattori dei Cappuccini. Peraltro ne col 1627 la fabbrica era ancora ultimata, giacché in quell’anno troviamo presiedere alla stessa un tal padre Gabriele da Pesaro, né lo era cinque anni appresso, quantunque abitabile, dappoiché troviamo nel Consiglio del 14 marzo 1632 che il Comune accordò ai padri Cappuccini scudi 50 per ultimare appunto quel nuovo convento e chiesa, la quale però era stata già benedetta da questo vicario foraneo con licenza della Curia fermana in data 9 novembre 1627. Codesta chiesa peraltro quivi già esisteva, forse più piccola, coll’istesso titolo che ora, di San Bernardino. Fu dessa eretta da un tal Marinellus de San Bernardino previo un concordato con questo Municipio, cui il vediamo rivolgersi il 13 maggio 1464, domandando o che il Comune pensasse a farla officiare, o che gli si desse libertà di disporre a piacere. E siccome risolvette il Consiglio di far pratiche per affidarla ai padri Minori Osservanti o a qualche altro religioso, e riuscite queste inutili, rimettere in piena libertà il Marinello suddetto, così dobbiamo ritenere, che si verificasse piuttosto la seconda parte, perché nel fabbricarsi quivi il nuovo convento, troviamo che quella chiesa, in seguito ad un compenso, fu venduta al Comune da queste monache, le quali ne avevano il patronato. E’ dessa ricordata dallo Statuto del 1469 fra le chiese, cui dovea farsi un’ offerta annuale. Nell’ altare maggiore di questa chiesa esisteva nel 1728 un quadro dipinto da Pietro da Cortona, alto 12 palmi romani e largo 8, con dipinte le immagini della Beata Vergine col suo figlio in braccio, San Giovanni Battista, San Felice, Santa Caterina e Sant’Andrea. Ora però, desso non v’ è più e dicesi dai vecchi portato sotto il Governo napoleonico in Milano. Vi si vede un altro rappresentante la Beata Vergine, pure col figlio in braccio , in atto di benedire ad intercessione di San Giuseppe, che occupa il primo posto dopo Maria Santissima. Quindi le immagini di Sant’Anna e di altro Santo. E’ piacevole la floridezza del colore in questo quadro, ma poteva esser disegnato molto meglio dall’autore, che non si conosce. Bellissimo poi è l’altro quadro, guidesco, posto nella cappella prima, che dicesi della famiglia Manardi, forse perché una dei particolarissimi benefattori. Rappresenta esso San Francesco e Santa Maria Maddalena, con sopra la Vergine e il suo Figlioletto Gesù. Desso è opera del famoso pittore Bustarini (come dice una antica Memoria del convento fatta sul finire del sec. XVII) e tuttora porta il bollo dei commissari di Napoleone I, che avevano stabilito unirlo ai tanti capi d’opera portati via da quel Governo. Questi due altari furono restaurati e verniciati da mastro Ciriaco da Ancona nel 1790, essendo guardiano l’amandolese padre m.ro Serafino Fedeli. Fu anche questo convento protetto sempre, e soccorso dal nostro Comune con più generosità forse che agli altri ordini religiosi, giacché con Consiglio del 4 dicembre 1644 si decretò darsi ai Cappuccini oltre l’elemosina stabilita dallo Statuto del 1469 anche l’ altra solita di scudi 20 annui. Esso questua in Amandola, Monte San Martino, Monte Fortino, Comunanza, Monte Monaco, Monte Gallo e rispettivi territori. Chiusosi nel 1810 questo convento per decreto napoleonico, fu riaperto nel 26 novembre 1815, dopo 5 anni e 5 mesi di chiusura. Fu in seguito dall’Ordine ringrandito, e col 1841 si fece il nuovo braccio verso Piazza; col 1848 il piccolo braccio verso l’ orto a mezzogiorno colla loggetta e forno sotto; nel 1851, oltre la nuova cappella dell’ Addolorata, si fece la vasca nell’orto, e nel 1857 si rinnovò il Coro per opera di fra’ Salvatore da Senigallia, Cappuccino professo. Venuta col 1866 la nuova soppressione degli ordini religiosi, il Governo cedette al nostro Comune il convento suddetto per lo scopo di un ospedale civico. Dal Comune pertanto passato alla Congregazione di Carità, questa in qualche circostanza se ne servi lasciandoci per rettore il padre guardiano, finché col 18 dicembre 1889 la Congregazione suddetta, previe le facoltà governative, vendette per L.11.000 questo convento ai signori [Serafini].
tratto da “Memorie storiche della citta’ di Amandola” di Pietro Ferranti per la Gianni Maroni editore 1985.