Abbazia di Sant’Elena – Serra San Quirico (AN)
Cenni Storici
Sant’Elena imperatrice del IV secolo
Probabilmente il nome di Elena deriva da un’antichissima radice indoeuropea indicante il sole, fonte di luce e di calore. Avrebbe quindi un significato di fulgore, di splendore che ben si adatta a questo nome evocatore, e quasi sinonimo, di femminile bellezza. Se l’omerica Elena rappresenta il lato fisico, sensuale, di tale bellezza, l’Elena cristiana, cioè la Santa di oggi, ne rappresenta il lato morale, spirituale. Non che Santa Elena, nel mondo, difettasse di qualità fisiche. Al contrario, dovette essere donna di grande fascino se, pur essendo di famiglia plebea, piacque al tribuno militare Costanzo Cloro, al quale dette un figlio, chiamato Costantino. La legge romana non riconosceva l’unione di due persone di classi sociali così diverse, e perciò l’Imperatore Diocleziano costrinse il suo tribuno militare a ripudiare quella che era, per lui, nient’altro che una concubina. Elena perse così il marito e il figlio, e sembrò sparire per sempre dalla scena, addolorata ma piena di dignità, nell’ingiusta umiliazione. Ma quando, morto Costanzo, le legioni della Britannia portarono sugli scudi il figlio di Elena, Costantino si ricordò della madre, nobile non di sangue, ma di animo, e la volle al suo fianco, con il titolo di nobilissima foemina. Elena seguì il figlio, quando Costantino scese in Italia per abbattere il malgoverno di Massenzio. Tutti sanno come il giovane condottiero issasse sui labari la disprezzata Croce di Cristo, e vincesse a Ponte Milvio, nel 312, l’avversario Massenzio. Con lui, incontrastato Imperatore, Elena ebbe allora il titolo di Augusta. Non si sa bene chi dei due, madre e figlio, si convertisse per primo al Cristianesimo. Lo storico Eusebio dice che Costantino portò la madre alla fede, ma più probabilmente fu Elena a convertire il figliuolo. Fatto sta che a Roma, madre e figlio fecero a gara nella costruzione delle prime basiliche. In più, Elena, alla quale l’imperatore permetteva di disporre del tesoro imperiale, si dedicò con femminile generosità alle opere di misericordia verso i poveri e bisognosi dell’Urbe. Dopo la vittoria di Costantino su Licinio, Imperatore dell’Oriente, Elena abbandonò Roma per rivolgere le sue cure alla Palestina, ormai sotto il dominio diretto di Costantino. Dalla penisola balcanica giunse a Cipro, da Cipro sbarcò a Tiro, da Tiro giunse a Gerusalemme, diventando una specie di devota esploratrice dei Luoghi Santi, che volle segnare con monumentali chiese. Così, a Gerusalemme, per suo merito, sorse la cosiddetta Basilica dell’Anastasis, sul Sepolcro di Cristo; un’altra basilica costruì sulla grotta di Betlem, un’altra ancora sul Monte degli Olivi. Eseguì scavi sul Calvario, allo scopo di rintracciare la Croce della salute e della Redenzione. E qui, dalla storia, s’entra nella leggenda. Sant’Ambrogio dice che, giunta al Calvario, Elena esclamò: «Ecco il luogo del combattimento. Dov’è la vittoria? Io cerco lo stendardo della salute e non lo vedo ». Narra poi come giungesse al ritrovamento del legno su cui era spirato Gesù. E proprio su questo punto si intrecciano le più fantasiose leggende. Una ebbe nel Medioevo una strepitosa fortuna. Narrava come, trovando tre croci uguali, Sant’Elena riuscisse a distinguere quella del Redentore. Passava di lì un funerale. La Santa fece porre sul morto, una dopo l’altra le tre Croci. Al tocco di quella di Gesù, il morto sarebbe resuscitato. Questa leggenda ispirò gli artisti cristiani, nella cosiddetta «invenzione della Croce». Essi fecero a gara nel dipingere la storia della nobilissima Joemina, madre di Costantino, alla ricerca della vera Croce. Quella Croce che, tra l’altro, aveva abolito le differenze di casta, per cui la donna che un Imperatore romano giudicava una concubina era invece, per il Re dei Re, vera moglie di Costanzo, l’augusta madre di Costantino, primo Imperatore romano convertito alla nuova legge cristiana.