Cenni Storici
I ruderi del poderoso convento di Montemaggiore sorgono su un’altura alle pendici del Monte Serriola, alle falde del quale scorre il torrente Soara, dove i monaci possedevano un mulino.
La posizione è quasi un avamposto sulla valle e da qui il panorama si apre con una visuale che spazia fino alla Toscana tra fitti boschi e vallate poco antropizzate quindi nel loro aspetto più naturale.
Il monastero, situato a circa 10 km da Città di Castello, lungo la strada che conduce a Casella del Vescovo, ora appare isolato su una montagna abbandonata, ma in passato era posto lungo una transitata viabilità che portava nelle Marche.
La strada era detta la via dei Montagnini lungo il fosso della Soara, che raggiunge l’abbazia di Sant’Andrea di Montemaggiore al Sasso e quindi prosegue fino alle pendici meridionali del Monte Nerone.
Di fronte all’ostacolo di monte Nerone si presentano due alternative: deviare sul lato meridionale
lungo la strada che conduce a Pianello per intercettare la Flaminia presso Cagli, oppure proseguire
sul lato settentrionale verso l’abitato di Apecchio. In questo caso si dovrà raggiungere la valle del
Candigliano per incrociare a Piobbico la strada che proviene da Scalocchio.
Dopo un breve tragitto si arriva ad Abbadia di Naro, tappa fondamentale del percorso che conduce all’abbazia di San Vincenzo presso la gola del Furlo, dove le due strade si ricongiungono sulla Flaminia dopo aver aggirato il Nerone.
Le notizie sul monastero maschile di Montemaggiore sono molto frammentarie; qualcuno lo ha anche scambiato erroneamente con quello femminile di Montemaggio o di Santa Maria de Tremogiis o della Vergine Benedetta dipendente, per la cura spirituale, dal vicino monastero di San Bartolomeo di Camporeggiano al quale fu sottomesso nel 1205 per volontà dell’abbadessa Beatrice.
Di fatto fu da sempre un monastero maschile e questo si evince anche dalla sua posizione ed isolamento che difficilmente avrebbe potuto essere femminile data la sua vulnerabilità e difficoltà di sopravvivenza.
Ha anche cambiato titolazione, infatti da una titolazione a Santa Maria è passato a Sant’Andrea di Montemaggiore accompagnato talvolta dalla specifica “al Sasso” quindi nella valle del Soara (Sasso è una località di questa valle); questa variazione si spiega per la presenza di entrambi gli altari all’interno di quella che fu la chiesa e forse la devozione popolare ha finito poi a privilegiare questo Santo.
Dagli atti della Cancelleria vescovile di Città di Castello risulta che nel 1210 il priore di Montemaggiore era D. Chiaro e, nel 1269, D. Rodolfo.
Secondo quanto riportato dal rogito del notaio tifernate Marco Vanni datato 1348, Pietro di Bino de’ Gabrielli di Gubbio, monaco di Fonte Avellana e priore di Montemaggiore, nominò don Patregnano di Santi da Cantiano rettore della chiesa di Sant’Angelo di Fonteraccolo.
Nel 1460 era rettore di Montemaggiore D. Giovanni Battista di Città di Castello, monaco di Fonte Avellana.
Questa dipendenza è confermata dalla Visita Pastorale di Della Rovere 13 settembre 1571 che la definisce come priorato di Sant’Andrea di Montemaggiore beneficio monastico dell’Abbazia di Santa Croce di Fonte Avellana il cui rettore è un certo Tommaso di Luca.
Il Visitatore trova gli ambienti in buono stato tranne le sepolture (che al tempo erano sotto il pavimento della chiesa) che secondo lui andavano risistemate; anche i paramenti sacri erano un po’ arrangiati e andavano sistemati con i colori giusti ed inoltre andava risistemato il dipinto sopra l’altare (ora non specifica se era una tela o un affresco).
Nella seconda metà del secolo XVI, la cura di Montemaggiore era affidata ad un sacerdote diocesano, che vi svolgeva le funzioni di parroco.
Nella visita del vescovo Codebò del 25 giugno 1717, la struttura viene chiamata Abbazia di Sant’Andrea di Montemaggiore con la presenza di un abate che si chiama Jacopus de Bianchi.
Nell’altare maggiore esisteva un legato (lascito testamentario) di due fratelli dal 1629 e lo stesso era dedicato alla Vergine Assunta ed era provvisto di tabernacolo.
Altri due altari corredavano la navata, uno dedicato a Sant’Andrea e l’altro dedicato alle Anime del Purgatorio con sopra un dipinto con le immagini della Beata Vergine, Sant’Antonio da Padova, Santa Barbara e le Anime del Purgatorio.
Questo dipinto secondo il Visitatore andava risistemato; osserva inoltre che va risistemato il pavimento della chiesa e della sacrestia, vanno aggiustati i confessionali e la balaustra lignea che divide il presbiterio dall’aula, inoltre vanno intonacate le pareti interne della chiesa.
Nel 1802, l’abbazia fu ammensata al vescovo di Città di Castello, con l’obbligo di mantenervi un parroco.
Infatti nella Visita Pastorale di Mons. Muzi del 6/7 giugno 1826 viene chiamata di Sant’Andrea ed è chiesa abbaziale di Monte Maggiore e spetta alla Mensa episcopale di Città di Castello, è comunque presente un abate di nome Bartolomeo Guerrini.
Lo stesso visitatore fa una descrizione dettagliata degli altari presenti nella chiesa.
L’altare Maggiore dedicato all’Assunta in cielo e ne descrive le suppellettili, a cornu evangeli trova l’altare di Sant’Andrea e a cornu epistolae l’altare dedicato a Santa Barbara (nella visita precedente era dedicato alle Anime del Purgatorio).
Sempre a cornu evangeli c’era una credenza a muro per contenere le suppellettili sacre.
Fa anche delle osservazioni e fra queste ordina di rimuovere il pulpito di legno per inutilizzo.
Attraverso questa visita si viene a conoscenza che accanto all’abbazia c’è anche un oratorio o residenza abbaziale dedicata a San Luigi che lo stesso Visitatore ispeziona e che trova in buone condizioni.
Nella Visita di Moreschi del maggio 1873 si trova la parrocchia abbaziale di Monte Maggiore soggetta alla Vicaria Foranea e Congregazione di Antirata, è una libera collazione (libera raccolta di offerte) con 148 anime.I suoi beni sono di 180 ducati annui, il decimato è di scudi 30 in fondi rustici.
La manutenzione spetta alla Mensa Vescovile il parroco, don Domenico Pallesi di Apecchio, ha l’obbligo della messa per il popolo e soddisfare l’obbligo di un legato (colui che ha dato un contributo per assolvere i sacramenti e mantenere l’altare).
La descrizione degli altari è più o meno la solita:
l’altare Maggiore dedicato alla Vergine Assunta, uno a Santa Barbara in cornu epistolae e l’altro a Sant’Andrea apostolo in cornu evangeli.
Trovò la chiesa in buono stato, tranne piccoli accorgimenti, così come l’Oratorio dedicato a San Luigi.
Stessa cosa non può dirsi della canonica che impose di risistemare per il cattivo stato di manutenzione.
Nella chiesa esisteva anche una Confraternita di Santa Maria Addolorata che, secondo il Visitatore, gestivano un’amministrazione piuttosto superficiale.
Da un rilevamento effettuato nel gennaio del 1912 risulta che nella parrocchia di Montemaggiore erano residenti ben 183 persone ed i suoi confini territoriali erano i seguenti:
A nord con la parrocchia di Vignolle, ad est con S. Andrea di Castelfranco, Pagialle, Confornano; a sud Antirata e parte di Caifirenze; a ovest con Caifirenze.
La parrocchia di Sant’Andrea di Montemaggiore è stata soppressa nel 1986.
Sicuramente la struttura andò in commenda e successivamente i beni furono alienati e il cenobio è stato trasformato in una azienda agricola riconvertendo gli edifici religiosi in abitazioni civili e addirittura i luoghi di culto in stalle per gli animali.
Aspetto
La chiesa e ciò che resta degli edifici monastici si trovano in completo stato di abbandono e sono ridotti a rudere.
La chiesa è in totale stato di abbandono, il tetto è crollato e gli affreschi ivi esistenti sono andati perduti.
All’interno le macerie sono state avvolte da vegetazione arborea e arbustiva.
Il paramento architettonico della fronte è stato asportato e della struttura sacra resta solo un arco romanico/ gotico, in arenaria, sul fianco sinistro.
L’area monastica era completata ad ovest da un edificio di servizio, poi trasformato in abitazione colonica.
Persino la strada che salendo dal fondovalle si dirigeva verso il passo di Bocca Serriola è diventata impraticabile ed in alcuni tratti difficile da percorrere anche a piedi.
Ai pedi del muraglione di contenimento del complesso abbaziale nel lato ovest rimangono i ruderi di una imponente fonte con vasche che probabilmente erano ad uso dei monaci e successivamente anche del bestiame dei contadini.
Sicuramente il terreno argilloso sottostante ha sempre garantito la presenza di acqua che scorrendo nel sottosuolo proveniente dal pendio sovrastante ha da sempre garantito l’approvvigionamento idrico; persino ora che la natura si è riappropriata dei propri spazi, persiste un minuscolo bacino lacustre naturale dove si vanno ad abbeverare gli animali selvatici.
L’abbazia non esiste più, sia per l’incuria sia soprattutto per le ripetute asportazioni di materiali da costruzione.
Altra cosa molto interessante e anch’essa purtroppo oramai quasi scomparsa è una bella piantagione di vite maritata con acero campestre che dalla dimensione degli alberi e delle viti doveva essere centenaria e che si trova nel pianoro ovest sotto la fonte.
Oramai anche gli alberi di acero e diverse viti centenarie sono secche e con loro scompare una cultura che ha caratterizzato le campagne e le colline umbre per secoli.
Nota di ringraziamento
Per la completa realizzazione di questo articolo è stata necessaria la collaborazione di più soggetti che le loro competenze hanno contribuito alla raccolta delle informazioni; per questo ringrazio vivamente la Dott.ssa Cristiana Barni dell’Archivio Diocesano di Città di Castello, la Dott.ssa Nadia Burzigotti studiosa e guida turistica ambientale, l’Ingegnere Giovanni Cangi grande esperto del territorio e conoscitore della storia locale, la Dott. Lucia Bertoglio per l’aiuto nella lettura dei testi delle Visite Pastorali e Claudio Milli guida ambientale turistica che mi ha aiutato nell’individuazione territoriale della struttura.
Fonti documentative
Nadia Togni e Agostino Farnedi – Monasteri Benedettini in Umbria, alle radici del paesaggio umbro – Vol I 2014
Franceso Guarino e Alberto Melelli – Abbazie Benedettine in Umbria – 2008
Giovanni Cangi – Itinerari Storici Altotiberini fra antiche pievi, abbazie e fortificazioni medievali – in Architettura e Territorio quaderni 04 Polo Tecnico Franchetti-Salviani Città di Castello
Nadia Burzigotti – In cammino sull’Appenino Umbro-Marchigiano attraverso le Visite Pastorali dei Vescovi di Città di Castello tra la metà del XIX secolo e la metà del XX secolo – in Istituto di Storia Politica e Sociale “Venanzio Gabriotti” Quaderni n° 18 Città di Castello 2020
Archivio Diocesano di Città di Castello – Visite Pastorali
Mappa
Link alle coordinate: 43.486722 12.362192