Abbazia di Santa Maria di Ronzano – Castel Castagna (TE)
Cenni Storici
La chiesa di Santa Maria di Ronzano sorge isolata sopra un colle della valle Mavone, in località di Ronzano, nel comune abruzzese di Castel Castagna, in provincia di Teramo. L’edificio appartenne al complesso monastico abbaziale dell’ordine dei benedettini che qui ebbero anche il convento, ormai scomparso. L’esatta data della costruzione della fabbrica è sconosciuta, ma diversi storici collocano la sua edificazione tra il 1170 e il 1180. La scrittura documentale più antica che cita questa chiesa è un rescritto papale redatto ad Anagni sotto il pontificato di papa Lucio III, datato 21 Gennaio 1184.
Architettura
Lo stile architettonico della chiesa è caratterizzato da una chiara impronta di stile romanico – pugliese che si ritrova nell’impostazione delle finestrature, negli archi ciechi della zona del presbiterio e nella pianta che, sebbene internamente racchiuda tre absidi semicircolari, esternamente appare rettilinea. Queste caratteristiche accomunano la fabbrica di Ronzano alle chiese pugliesi della cattedrale di Bitonto, del duomo di San Corrado a Molfetta e della basilica di San Nicola a Bari.
Facciata
Il prospetto, tripartito a spioventi, è stato alzato utilizzando laterizi lisci, lasciati a vista, disposti a taglio, ordinati uniformemente e pietre chiare, squadrate, poste in corrispondenza del movimento degli archi interni e delle mura del perimetro. La facciata è aperta da tre portali, due monofore ed un rosone ormai privo della raggiera, ma che conserva la sua cornice.
Esterno
I muri esterni dei fianchi della chiesa sono anch’essi costituiti da mattoni e conci di pietra, dove questi ultimi sono stati accostati ed ordinati per generare forme di decoro che rispettano lo stesso succedersi delle archeggiature interne. Le linee chiare della pietra, che emergono dal rosso latrizio, disegnano un’ossatura che incornicia archi ciechi tra lesene su entrambi le porzioni longitudinali e sulla parete presbiteriale, dove si raccordano ai quattro archi ciechi e alla grande monofora che si apre al centro dell’abside. L’intero tessuto murario presenta finestrature di monofore, alcune a fessura, altre di media grandezza delimitate da transenne decorate con motivi a tralcio e la più grande della zona dell’abside. Questa ha dimensioni maggiori rispetto a tutte le altre, si apre tra due colonnine, poggianti su mensole, sovrastate da capitelli decorati a palmette. Il suo contorno è incorniciato da una fascia scolpita con frutta e fiori ed ha il vano sbarrato dalla sua transenna lapidea traforata e lavorata a scacchiera.
Interno
Lo spazio è ripartito in tre ampie navate, la cui centrale è di altezza maggiore. Ogni navata è composta di tre valichi, soretti da pilastri croceiformi, e termina con un’abside di modesta profondità. La porzione d’interno dove insistono le navate ha una copertura a capriate, mentre la zona del presbiterio è chiusa da tre volte a crociera.
Affreschi
2Il catino absidale contiene un ciclo d’affreschi medievali datati 1181 o 1281, in base all’interpretazione che viene data dell’iscrizione dipinta che corre alla base della calotta absidale. Nella calotta absidale è rappresentato Cristo benedicente all’interno di una mandorla, attorniato da quattro angeli in volo: nella mano sinistra tiene un disco su cui è scritto EGO SUM LUX MUNDI o altrimenti EGO SO(L)LUS MUNDI. Nel primo registro della parete absidale sono rappresentati i dodici apostoli, con al centro la rappresentazione dell’Annunciazione, con la Vergine Maria e l’arcangelo Gabriele, rispettivamente alla destra e alla sinistra della finestra. Nel secondo registro iniziano le scene relative all’infanzia di Cristo: la prima scena a sinistra mostra la Visitazione della Vergine Maria a sant’Elisabetta; segue la Natività di Gesù, con il Bambino doppiamente rappresentato. Al centro della parete e immediatamente sotto la finestrella, è rappresentata l’Adorazione dei re Magi, con la Madonna seduta in trono e il Bambino Gesù in braccio: le figure dei Magi sono completamente scomparse e rimane solo una parte del cavallo riccamente agghindato. Segue la scena della Fuga in Egitto, con la Madonna seduta sul somaro insieme al Bambino e S. Giuseppe li guida, tenendo sulle spalle un bastone con appeso un fagotto e un barilotto, e indossa il pileus cornutus, il berretto a punta utilizzato nel XIII secolo come elemento distintivo per gli ebrei. Nell’ultima scena del secondo registro è raffigurata la Strage degli innocenti e in molti l’hanno collegata alla scena sottostante, l’ultima del terzo registro, variamente interpretata come le pie donne al sepolcro o le madri piangenti degli innocenti. Sul terzo registro sono rappresentate le scene relative alla Passione di Cristo: la prima raffigura il Bacio di Giuda e la cattura di Cristo operata da una moltitudine di soldati vestiti con l’armatura; segue Cristo davanti a Pilato, portato da un soldato; la flagellazione di Cristo, con ai lati due soldati forniti di scudiscio e bastone; al centro della registro è la Crocifissione, in parte scomparsa, ma si riesce ancora ad ammirare la figura di Longino a sinistra con la lancia e la figura dell’altro soldato con il secchiello dell’aceto. Segue la Richiesta del corpo di Cristo a Pilato da parte della Madonna e di san Pietro; poi la Deposizione nel sepolcro.
La reliquia della Vera Croce
Reliquia Vera CroceAttraverso la porta in fondo alla navata destra si accede ad un ambiente che custodisce, tra le altre cose, un’antica e preziosa croce lignea a doppia traversa rivestita in lamina dorata filigranata e decorata con gemme di diverse fogge, dimensioni e colori. Nel corpo della croce è inserito un frammento ligneo anch’esso cruciforme venerato come reliquia della croce Vera Croce di Gesù Cristo. La stauroteca di Ronzano è di incerta datazione ma per gusto e impiego delle gemme può essere databile tra il XI e il XIII secolo. La leggenda locale vuole che sia stata rinvenuta in un campo adiacente all’abbazia durante l’aratura, pare che i buoi che trainavano l’aratro si siano inginocchiati nel bel mezzo del lavoro nonostante le frustate del loro conducente, il contadino decise così di scavare dinanzi ai buoi dove rinvenne la custodia contenente la croce bizantina.