Abbazia di San Vincenzo al Furlo – Acqualagna (PU)
Cenni Storici
L’Abbazia di San Vincenzo fu edificata nel periodo del massimo fervore dell’esperienza benedettina. Sorge sulla riva sinistra del fiume Candigliano, nell’area della distrutta città romana di Pitinum Mergens, eretta sui resti di un tempio pagano che prosperò grazie alle offerte dei viandanti che dovevano attraversare il Furlo. L’Abbazia assunse la stessa funzione esercitata dal tempio, cioè di riscuotere le offerte fatte a Dio per l’attraversata del Furlo. Il più antico documento risale all’XI secolo, e riferisce che il monastero di San Vincenzo nel 970 era florido di monaci. La chiesa era probabilmente suddivisa in tre navate, terminanti con un’abside. Le numerose manomissioni subite l’hanno però profondamente trasformata, tanto che oggi si presenta a navata unica. A destra della chiesa si sviluppava il monastero, con il chiostro prospiciente la navata destra. Tutto il complesso abbaziale era stato realizzato con pietra corniola proveniente dalle cave locali, mentre per la pavimentazione della chiesa si usarono grandissimi e spessi lastroni di pietra di origine romana e paleocristiana. La data di fondazione è incerta, secondo la leggenda dal VI al XVII secolo avrebbe custodito le reliquie di San Vincenzo, vescovo di Bevagna, qui trasportate dagli abitanti della città umbra (vicino a Foligno), distrutta dai Longobardi. Il più antico documento risale all’XI secolo, e riferisce che il monastero di San Vincenzo nel 970 era già florido di monaci. Nel 1011 il monastero di Petra Pertusa fu retto da San Romualdo che, nonostante i suoi 104 anni, riuscì a riportare i monaci a costumi più morigerati e a convincere i più bisognosi di penitenza a ritirarsi e costruirsi celle entro la Gola del Furlo, nutrendosi solo di acqua, pane ed erbe. Nel contempo, fece costruire il piccolo eremo di San Ubaldo che aveva il compito di proteggere i viandanti dai briganti e altri pericoli. L’Abbazia divenne sempre più ricca e potente, grazie alle offerte e il tempio divenne maestoso. Nel 1040 divenne abate di Petra Pertusa San Pier Damiani che aveva solo 33 anni, ma già godeva di ottimo prestigio. In quel periodo il Monastero era spesso oggetto di saccheggi da parte di orde di delinquenti, ma l’arrivo di Pier Damiani coincise con un momento di maggiore calma. I monaci ricominciarono a indossare l’abito bianco e l’Abbazia tornò ad essere un luogo di pace e serenità. Nel 1264 il cenobio fu distrutto dai Cagliesi e il monastero, gravemente danneggiato, fu riedificato nel 1217 come si legge nella iscrizione dell’architrave romano di riuso sulla porta d’ingresso: A.-D. MCCLXXI. ECCLESIA VACANTE. ET IMPERIO. NULLO, EXISTENTE. BONAVENTURA ABB(BA)S S. VINCENTII. H(OC) OPUS FIERI FECIT. Durante lo scisma d’Occidente l’abbazia si schierò con il papa, ed il vescovo di Urbino, fautore dell’antipapa, si scagliò contro i monaci, costringendoli insieme all’abate Nicolò de Baratoli da Spoleto, ad abbandonare il monastero e a rifugiarsi nel monastero benedettino di Castel Durante (oggi Urbania). La decadenza dell’abbazia di San Vincenzo inizia nel 1439, quando papa Eugenio IV incarica l’abate di Gaifa di incorporarla alla Mensa capitolare di Urbino, con tutto il patrimonio annesso (terreni, chiese, due pievi, eremi, celle e alcuni castelli come Sanguineto, Montevarco, Drogo e altri ancora).
Lasciata completamente all’abbandono e priva di monaci, nel 1589 il cappellano la sceglie come sua residenza, e dal 1637 al 1781 vi celebra messe pubbliche, ma già in quest’epoca quel che è rimasto del complesso abbaziale è usato come casa colonica e magazzino. Oggi l’abbazia si presenta agli occhi del visitatore in tutta la sua maestosa semplicità.
Aspetto esterno
La facciata della chiesa è a capanna: al centro si apre il portale con arco a tutto sesto e lunetta traforata, sormontato da un’ampia monofora del XV secolo. La lunetta era affrescata e l’architrave, decorato con motivi fitomorfi, è sovrastato da un epistilio pertinente al tempio pagano. La piana superficie della facciata, sulla quale si intravede solo qualche erratico inserimento decorativo, si spiega col fatto che agli ordini minori venivano rivolte precise norme che ponevano limiti alle decorazioni scultoree delle chiese, allo scopo di evitare lo sfarzo che cominciava ad apparire in alcuni luoghi di culto.
Interno
La chiesa era probabilmente suddivisa in tre navate, terminanti con un’abside, le numerose manomissioni subite l’hanno però profondamente trasformata, tanto che oggi si presenta a navata unica. Alle pareti si conservano affreschi quattrocenteschi di scuola umbro-marchigiana, alcuni dei quali ancora ben leggibili. Entro riquadri definiti da cornici, si trova ripetuta per due volte una Madonna con Bambino, San Vincenzo ed altri Santi tra i quali si riconoscono San Sebastiano, San Gregorio e San Rocco. Certamente il dipinto più antico, di un anonimo pittore, è una Madonna del latte, frontale, ieratica, col capo coronato, che sembra affacciarsi al centro di due tende scostate. Il pavimento è costituito da spesse lastre di pietra di epoca romana e paleocristiana. La copertura, scandita da tre costoloni, si presenta per due terzi a volta a crociera, mentre il restante è a capriata. Questa diversità è ben visibile anche dall’esterno, attraverso i due diversi livelli di altezza della copertura. Il presbiterio è sopraelevato, con al centro una stretta scalinata e ai lati due aperture ad arco a tutto sesto che conducono alla cripta.
Cripta
Quest’ultima, riconducibile al secolo X, è tripartita da sei colonne di diverso diametro, con capitelli a tronco di piramide di varia fattura. Al suo interno si trova l’absidiola appartenuta alla navata laterale destra e ben visibile dall’esterno, posta accanto a quella principale.
Nota
La galleria fotografica ed i testi sono stati elaborati da Silvio Sorcini
www.arcidiocesiurbino.org
www.comune.acqualagna.ps.it
www.lalocandadellabbazia.it