Abbazia di San Nicolò Montis Orbetani – Olevole di Ficulle (TR)
Cenni Storici
Immersa nei boschi di un ambiente affascinate e selvaggio, fu costruita nel 1007 e riordinata da San Romualdo: “Abbatiae S.Nicolai fundator, vel restaurator facile fuerit Romualdus” (Annales Camaldolenses, tomo III, pagg.222, 225 e in libro XXIX), in questo luogo è stato infatti rinvenuto un capitello in marmo bianco con lo stemma della congregazione dei Camaldolesi.
Nel 1118 il monastero entra in possesso della famiglia dei Bulgari, conti di Marsciano e proprietari del Castello di Parrano.
È citata nel catasto del 1292 come Villa Abbatie Montis Orvietani, all’interno del piviere di Ficulle, con riferimento alla abbazia che successivamente diede il nome ad una villa.
A quella data (secondo il Pardi) rappresentava la comunità religiosa che nel territorio Orvietano disponeva dei maggiori possedimenti.
Nell’Abbazia di S. Niccolò, nei primi anni del XII secolo rivesti l’abito monacale il Magister Gratiano, il monaco camaldolese, illustre giurista e fondatore del diritto canonico, nato a Ficulle in località Carraia.
Nel “De viris illustribus” di Giovanni Colonna del 1335 si legge: “Gratianus monachus Abbatiae Montis Orbetani dioecesis Urbevetanae ex oppido Carraia prope Ficulas homo studiosissimus fuit“.
Tra le tante citazioni, una delle ultime più autorevoli è quella di Giovanni Paolo II che, in occasione della presentazione ufficiale del “Nuovo Codice di Diritto Canonico” ebbe a dire:
“A questo riguardo mi sia consentito, fra le tante figure di canonisti e giuristi, meritatamente famosi, nominare almeno il monaco Graziano, l’autore del “Decretum” (“Concordia discordantiumcanonum”), che Dante colloca nel quarto suo cielo, tra gli spiriti sapienti, in compagnia di sant’Alberto Magno, di san Tommaso d’Aquino e di Pietro Lombardo, esaltandolo perchè “l’uno e l’altro foro / aiutòsì che piace in paradiso” (Dante Alighieri, La Divina Commedia, “Paradiso” X, 104-105).”
Per secoli questo luogo fu protagonista delle aspre lotte fra i conti di Marsciano, feudatari di Parrano, che lo trasformarono in un vero e proprio fortilizio, e i Monaldeschi della Vipera, signori di Ficulle e del castello della Sala, che, vi posero assedio e lo conquistarono intorno alla metà del XIV secolo.
Il pessimo stato di conservazione della Badia fu rilevato nell’aprile 1643, dal perito Pietro Carri, per incarico ricevuto dal Capitolo della Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma e dalla Ficullese Municipale Rappresentanza.
Nella visita pastorale del 1855, la sua terza, il Vescovo Vespignani, ritenendoli inosservati, confermò i decreti già emanati in precedenza, riguardanti, tra le altre cose, il consolidamento dei “cavalloni che reggono le travi del tetto, minaccianti rovina” ed il restauro della stessa copertura.
Gli atti della controvisita del 1858 non poterono che constatare il perdurare della fatiscenza dell’edificio.
Dai documenti preparatori della visita pastorale del Vescovo Fratocchi si apprende che nel 1926 fu rifatto il “tetto, che era crollato“, con una spesa di 14.000 lire.
Fino alla metà del ‘900 questo borgo era abitato da famiglie di contadini in case sparse, ma pian piano si andò spopolando completamente.
Era tradizione, in quell’epoca fare una festa il 3 maggio giorno di Santa Croce: dal Monte, un luogo in alto sopra l’Abbadia, partiva la gente in processione, scendendo lungo una scorciatoia fra campi e boschi, fino ad arrivare alla chiesa (ancora oggi, lungo questo percorso, si trovano alcune delle croci che segnavano la via Crucis).
Dopo la celebrazione della messa, tutti si ritrovavano insieme per mangiare, bere e fare giochi popolari.
Dopo l’abbandono il borgo cominciò a decadere: erbacce e rovi ricoprirono gli edifici e il tetto della chiesa crollò.
Un’epigrafe collocata sull’esterno della chiesa, testimonia un nuovo rifacimento della copertura, realizzato in capriate lignee come il precedente, nell’anno 1991, grazie a don Rinaldo, l’allora parroco di Ficulle, e a un gruppo di ragazzi Ficullesi volenterosi.
Da allora: si è ritornato a festeggiare l’Abbadia e a fare la processione.
Aspetto esterno
La chiesa ha accesso attraverso un portale gotico realizzato sul prospetto laterale destro, l’entrata sulla facciata principale, ad arco a tutto sesto, è stata tamponata.
La stessa facciata principale non mostra particolari elementi distintivi ad eccezione del piccolo rosone in mattoni realizzato, molto probabilmente, in una fase successiva, mentre alcune tracce di bucature tamponate fanno comunque pensare ad una serie di ripensamenti e rimaneggiamenti subiti dall’edificio durante i secoli.
Oltre al rosone vi è solo una monofora strombata con arco a tutto sesto.
Cenni Storici
Internamente la chiesa, con impianto a navata unica coperta con tetto a doppia falda a struttura lignea, si presenta oggi in pietra a facciavista, eccezion fatta per l’affresco raffigurante la Crocifissione con Maria e i santi Barnaba, Nicola, Giovanni Apostolo e Maria Maddalena posto sulla parete di fondo dietro l’altare, datato 1568, e per altri frammenti isolati, tra cui una bella Madonna col Bambino.
Le pareti laterali sono scandite in quattro campate da sporgenti lesene in pietra su cui appoggiano le capriate poste a sostegno della copertura.
La pavimentazione è realizzata in cotto fatto a mano.
Nota di ringraziamento
Si ringrazia la Diocesi di Orvieto-Todi per la disponibilità e per aver concesso le autorizzazione alla pubblicazione.
Fonti documentative
http://www.comune.ficulle.tr.it/it/senza_titolo.html
http://www.icao.it/navigando/modules/news/article.php?storyid=245
Guarino F., Melelli A. Abbazie benedettine in Umbria Perugia Quattroemme 2008
Farnedi G., Togni N. I monasteri benedettini in Umbria 2014
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=88589
http://www.rblob.com/dai/index.asp?fun=sellist&campo=REGIO&dat=UMB&rat=S&noa=
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.