Abbazia di San Benedetto al Subasio

Dopo il terremmoto del 1997 l’abbazia è stata chiusa ed è tuttora in corso la ristrutturazione. Inoltre le scosse hanno chiuso la falda acquifera dalla quale i monaci traevano sostentamento costringendoli a trasferirsi. Purtroppo (e con la colpa delle istituzioni) non è prevista una riapertura a breve!

 

Cenni storici

L’importante Abbazia benedettina, documentata a partire dall’anno 1051 come dipendente dall’Abbazia di Farfa fu all’inizio abitata dai monaci Cluniacensi o “monaci neri” e, negli anni immediatamente successivi al Mille svolse un’importante ruolo organizzativo nei territori gravitanti attorno ad Assisi.
Le sue origini in realtà sono ancora più remote anche se ancora in parte incerte; lo storico seicentesco Ludovico Jacobilli, sull’autorità di altre cronache, la fa risalire ai tempi stessi di S. Benedetto da Norcia ed edificata dallo stesso intorno all’anno 536; se ne ha notizia certa dal 1041, quando compare alle dipendenze dell’abbazia di Farfa.
Il monastero è ricordato di nuovo nel diploma di Enrico IV del 1065.
Subito dopo sarebbe diventato un monastero autonomo, poiché nel diploma di Enrico IV del 1084 non figura più tra le dipendenze farfensi.
L’abbazia, nel 1152/1153, fu affidata da papa Eugenio III a Camaldoli; la motivazione della donazione è dettata, pare, da una sregolatezza che si andava manifestando nel monastero per cui il papa ritenne opportuno riformarlo pertanto lo consegna a Rodolfo priore di Camaldoli, affinché vi sia osservata in perpetuo la vita monastica secondo la regola del beato Benedetto e la costituzione dei Camaldolesi.
Nel 1154 Anastasio IV elenca il monastero all’ultimo posto tra quelli che dovranno rimanere sotto la disciplina camaldolese.
Il 15 marzo 1155 papa Adriano IV ingiunge ai monaci del Subasio di obbedire ai Camaldolesi e di prestare obbedienza al priore di Camaldoli entro un mese, evidenziando così una certa opposizione all’adozione della riforma da parte dei monaci del Subasio.
Tuttavia la situazione di conflitto persiste: i monaci del Subasio si rifiutano di prestare obbedienza e reverenza al priore di Camaldoli e questo se ne lamenta con il papa.
Il 20 marzo 1195 Celestino III scrive al vescovo di Foligno incaricandolo di indagare in merito e di indurre l’abate a prestare obbedienza al priore generale.
Nell’estate del 1236 il monastero viene soppresso per iniziativa di papa Gregorio IX e i monaci sono sostituiti da quattro chierici e un mansionario.
L’allontanamento dall’antica abbazia ovviamente non viene accolto di buon grado dai Camaldolesi, i quali probabilmente sanno utilizzare a proprio vantaggio la situazione politica che si viene a creare nella Valle Umbra con la presenza dell’imperatore Federico II, principale antagonista del papa nella Valle Umbra con la presenza dell’imperatore Federico II, principale antagonista del papa.
Oltre a questa circostanza si interpone la morte del papa nell’agosto del 1241 e questo favorì il reintegro, senza che si verificasse un conflitto immediato se non altro con i chierici che per ordine dello stesso Gregorio IX erano venuti a rimpiazzare i monaci.
La nuova chiesa abbaziale, costruita con l’asse centrale perpendicolare alla precedente, raggiunse il massimo del prestigio tra il XII e il XIII sec., quando i suoi abati controllavano più di trenta tra chiese, ospedali e cappelle nella Valle Spoletina tra Assisi e Foligno.
Tra questi vi era anche la cappella della Porziuncola in S. Maria degli Angeli, che l’abate di S. Benedetto al Subasio, Teobaldo, donò a S. Francesco nel 1210, in cambio ogni anno i francescani offrivano ai benedettini dell’Abbazia una cesta di lasche del torrente Chiascio che portavano al monastero il 20 marzo di ogni
anno, vigilia della festa di san Benedetto e per contraccambiare il gesto, l’abate concedeva ai frati della Porziuncola un bariletto d’olio per la lampada posta davanti all’altare.
Lo scambio di doni tra i Frati Minori della Porziuncola e i Benedettini si celebra ancora oggi il 21 marzo, presso l’abbazia di San Pietro di Assisi.
Nel 1260 l’Abbazia passò ai monaci cistercensi.
Sul finire del sec. XIII divenne spesso rifugio dei gruppi di fuoriusciti banditi dalla città di Assisi nelle frequenti lotte tra famiglie rivali.
Tra il marzo e l’aprile del 1399 gli Assisiati ne distrussero gli apparati difensivi, per evitare che i fuorusciti si impadronissero stabilmente del complesso.
Il monastero infatti per la sua posizione montana ai confini del Comune, era diventato come una fortezza e fu distrutto per ordine del Gonfaloniere e Signore di Assisi, Broglia di Trino, per essere divenuto rifugio dei fautori di Coccolino Michelotti espulso dalla città.
La demolizione si estese, parzialmente, anche alla chiesa; i monaci fuggirono, fu bruciata la porta, tutto fu saccheggiato, incendiato, distrutto, tanto che non ne rimase che un informe mucchio di rovine.
Scomparve il bel campanile, che si vede riprodotto da Giotto nella chiesa Superiore di Assisi (secondo quadro delle “Storie di S. Francesco“), e per l’abbandono dei monaci e il conseguente passaggio della proprietà a diversi padroni, l’insigne monumento continuò ad essere sempre più investito da una deplorevole rovina.
L’anno dopo viene conquistata dall’esercito perugino.
l monaci che si erano rifugiati nell’altro convento di S. Pietro in Assisi, tentarono qualche restauro, ma con poco successo. L’abbazia fu data in commenda, finchè nel 1448 con bolla pontificia di papa Niccolò V la dignità abbaziale fu soppressa e tutto fu incorporato nella mensa del Capitolo.
Nel 1473 il Comune di Assisi faceva chiudere la chiesa per impedire
che vi entrassero gli animali.
Nel 1481, vi si insediarono i Canonici Regolari di San Giorgio in Alga detti “Monaci Azzurrini“, che avevano la loro sede nella chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma.
I Canonici di San Giorgio restaurarono una parte degli edifici monastici e vi rimasero fino al 1652, quando furono soppressi.
Poi, dato in custodia a degli eremiti, decadde di nuovo lentamente.
Con l’Unità d’Italia e il decreto Pepoli, nel 1860 con la soppressione degli enti ecclesiastici, l’intero complesso monastico venne venduto a privati.
Nel 1909 fu eseguito un secondo restauro relativamente al presbiterio: se il primo non ebbe risultati duraturi, per l’estinzione di quei “Canonici” avvenuta a poca distanza (1654), il secondo servì a deturpare la veneranda bellezza del Monastero.
I benedettini di S. Pietro di Assisi, solo nel 1945 hanno ripreso il possesso dell’Abbazia, dando inizio ad un lungo lavoro di restauro durato circa un ventennio.
 

Caratteristiche

L’antichissima Abbazia di S. Benedetto è magnificamente inserita nel folto dei boschi del versante occidentale del monte Subasio, in posizione dominante la città di Assisi.
Il complesso abbaziale è costituito da una serie di edifici e dalla chiesa. La chiesa, alla quale si accede attraverso un semplice portale a rincassi aperto in facciata, si presenta a navata unica con pianta a croce latina e con la zona presbiteriale rialzata. Al di sotto del presbiterio, affiancata dalla base del campanile, si apre la cripta romanica suddivisa in cinque navatelle da una serie di colonne con capitelli scolpiti. La copertura, in parte crollata, risulta caratterizzata da due archi diaframma delimitanti il presbiterio.
Ad oggi si possono vedere: gran parte delle mura perimetrali della chiesa abbaziale, di evidente stile romanico, ma assai semplice ed austero; l’antica foresteria, addossata alla chiesa dal lato a valle; l’antico presbiterio, sopraelevato al piano della navata, dalle linee agili e snelle, e che costituisce l’attuale chiesina, completamente restaurata; la sottostante mirabile cripta.
E’ questa una costruzione schiettamente romanica a pianta cruciforme, a volta sorretta da otto colonne monolitiche, di cui quattro dividono, in mezzo, il braccio trasversale della croce: due al tronco inferiore e due ai limiti del superiore, che costituisce l’abside. Le colonne sono sormontate da eleganti capitelli corinzi, l’uno diverso dall’altro. Su di un gradino, che si allunga per tutta la navata, è l’altare a cippo quadrato, di cui la mensa è recente. Il vano prende luce da tre piccole feritoie che si aprono nell’abside ed altre due, più grandi, ai lati del medesimo.
Unico ornamento residuo è una pietra tombale portante incisa la figura di un abate mitrato, con pastorale.
A sinistra, un vecchio cippo testimonia la presenza di un altro altare. Presso l’ingresso, a sinistra, la parte inferiore della parete è costituita dalla viva roccia.
 

La cripta triastila

Tra i corridoi a volta di pietra e diversi vani, nell’ultima linea del fabbricato che guarda a valle e ad un piano un poco al disotto del restante edificio, è un’altra piccola cripta più antica rispetto alla precedente di singolare struttura (detta “cripta triastila”) risalente al sec. VII – VIII.
E’ un ambiente quadrato, caratterizzato da un’abside semicircolare, nel cui mezzo si apre l’ingresso attuale, costruito interamente con piccoli filari di pietra bianca del Subasio, non squadrati. Il pavimento, in gran parte conservato, è a spina di piccolissimi mattoni rosso oscuro. Residui di lastre perimetrali disposte a rettangolo in mezzo alle due colonne che formano la base dell’enigmatico triangolo, fanno supporre che qui sorgesse l’altare, probabilmente, date le sue ampie proporzioni, contenente un sarcofago.
In fondo alla parete, due porte che si aprono ai lati mostrando i resti della scala. L’insieme di questo “strano” edificio fa ritenere che esso sia notevolmente anteriore alla costruzione romanica del Monastero. Molti fanno risalire l’edificio al sec. VII-VIII.
Gli elementi che vi si trovano portano a concludere che l’edificio sia una cappella cristiana ricavata dalla trasformazione di un preesistente tempio pagano.
 

Rapporti tra l’Abbazia di S. Benedetto del Subasio e S. Francesco d’Assisi

All’Abbazia di S. Benedetto, S. Francesco giunse per impetrare dall’abate la più piccola chiesa che il monastero possedesse: Santa Maria della Porziuncola.
L’abate, col consenso dei monaci, gliela offrì generosamente; ma S. Francesco protestò che l’avrebbe tenuta in affitto, impegnandosi a corrispondere il canone annuo, con un cestello di pesci (lasche) pescate nel fiume Tescio. L’abate volle contraccambiare, offrendo l’olio per la lampada della cappella. Lo “scambio dei doni” è continuato fino ad oggi, pur con alcuni intervalli.
Ora viene corrisposto dai frati Minori della Porziuncola ai monaci benedettini del monastero di S. Pietro d’Assisi, continuatori dei monaci del Subasio.
 

Da vedere nelle vicinanze

Eremo delle Carceri
Sant’Angelo di Panzo
Parco del Monte Subasio
 

Bibliografia:

I Cel., nn. 42, 44
II Cel., n. 18
Leg. maior, cap. IV, nn. 3, 5
Leggenda dei tre compagni, n. 56
Leggenda perugina, n. 8;
Specchio di perfezione, n. 55.
Andrea Czortek – La presenza Camaldolese in Umbria nei secoli XII-XIII – Atti del I Convegno internazionale di studi in occasione del millenario di Camaldoli (1012-2012). Monastero di Camaldoli, 31 maggio – 2 giugno 2012
Ubaldi Pietro – L’Abbazia di San Benedetto sul Subasio – 1935
F. Guarino A. Melelli – Abbazie benedettine in Umbria – 2008
N. Togni G. Farnedi – Monasteri benedettini in Umbria: alle radici del paesaggio – 2014
http://www.sanfrancesco.com

 

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