Abbazia di San Michele Arcangelo – Sant’Arcangelo sul Trasimeno

L’Abbazia è di proprietà privata ma è visitabile una vola all’anno nella seconda domenica di Settembre e in tale occasione è celebrata anche una messa.

 

Cenni storici

E’ evidente come questa struttura monastica abbia finito per conferire il proprio nome al luogo dove si trovava. Il monastero detto “de lacu (o prope lacum, o iuxta lacum Perusinum)” e’ menzionato per la prima volta nel 1033, nel documento con cui Marco figlio di Decio e sua moglie Aza, insieme a tal Grifone, donavano al monastero di S. Maria di Farfa delle proprietà ubicate anche in questa zona del Trasimeno. In realtà vi sarebbe una menzione più antica di circa un ventennio, del 1014, quando compare nel documento con cui Enrico II confermava i beni spettanti all’abbazia di Farneta in Val di Chiana.
Ma questo è un documento falso e, come tale, è indicato anche nei «Monumenta Germaniae Historica».
Questa struttura monastica si trovava lungo la strada tra Perugia e Chiusi, al confine tra le diocesi delle due città. La stessa è stata oggetto di dispute tra il monastero di S. Pietro di Perugia, quello di S. Maria di Farneta e l’episcopato perugino.
Nel febbraio del 1115 papa Pasquale II la confermò come beneficio (peraltro già concesso dai suoi antecessori) a Giovanni, abate di San Pietro a Perugia.
A tale conferma seguirono quelle di Innocenzo II del 1137, di Lucio II del 1144, di Eugenio III del 1145 e di Gregorio IX del 1231.
Parimenti lo stesso monastero veniva confermato nel 1155 all’abbazia di Farneta da Adriano IV e a tale conferma seguirono quelle di Clemente III nel 1188, di Enrico VI nel 1196 e Ottone IV nel 1209. Per quanto concerne la dipendenza di S. Arcangelo dall’episcopato perugino, questa è attestata nel 1136 nel documento con cui Innocenzo II confermava le proprietà spettanti allo stesso. La convergenza di interessi in quest’area non mancò certo di generare attriti, soprattutto tra i due enti monastici, per appianare i quali si ebbe l’intervento di Alessandro III nel 1159. Da questa data il monastero di S. Pietro, pur mantenendo i propri interessi economici nella zona e nonostante la conferma di Gregorio IX, non pare avere più alcuna prerogativa sulla struttura che, ancora all’inizio del secolo XIV, appare dipendente da Farneta.
Ma anche questa dipendenza doveva ben presto venir meno e, nel corso dei primissimi decenni del Trecento, il monastero lacustre aveva un proprio abate.
La stessa chiesa di S. Leonardo di Isola Polvese, che ancora all’inizio del Trecento dipendeva dall’ente monastico toscano, passò alle dipendenze di S. Arcangelo restandovi fino al 1420, quando fu ceduta agli olivetani.
Tale cessione, probabilmente, si ebbe dopo che, nei primi decenni del secolo XV, l’antico monastero, rimasto senza monaci, probabilmente a causa della malaria che infestava la zona lacustre in quel periodo venne data in commenda a Benedetto Guidalotti, vescovo di Recanati fondatore del collegio perugino della Sapienza Nuova, da papa MartinoV, regnante dal 1417 al 1431.
Di lì a breve il complesso cadde in uno stato di progressivo abbandono i terreni dell’ente monastico furono ceduti dai rettori del collegio in «colonia perpetua; il fabbricato fu adibito a fattoria e la chiesa a parrocchiale del luogo».
L’esistenza del fonte battesimale presso questa parrocchia è attestata nel 1565 e la sua erezione, probabilmente, dovette aversi nel corso del secolo XV, quando la chiesa assurse al rango di parrocchia.
L’edifico sacro risulta officiato fino al 1966, quando venne costruita una nuova chiesa con canonica, lungo la vicina strada statale, che ne ha assunto le funzioni.
Nell’800 l’intero complesso è stato trasformato in quattro civili abitazioni cosicché le trasformazioni subite non consentono una soddisfacente analisi stilistica di quanto rimane.
L’unica struttura originaria ancora in piedi è la cripta che, se pur mal conservata, risale al X secolo, formata da sottarchi e da un sostegno centrale cruciforme in muratura.
Nelle pareti sono visibili archeggiature che, per la forma, rimandano a quelle della chiesa di San Salvatore di Montecorona.
Del chiostro rimane solo il pozzo in laterizio e, della chiesa, l’acquasantiera e un affresco rappresentante la Crocifissione.
 

Bibliografia

Abbazie Benedettine in Umbria di Francesco Guarino e Alberto Melelli ed. Quattroemme

http://www.magionecultura.it/

 

Mappa

Link coordinate: 43.079699 12.164859

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