Abbazia dei Sette Frati – Piegaro (PG)

L’Abbazia


 

La Chiesa


 

L’Abbazia oggi è proprietà privata ed è una struttura Recettiva di tipo agrituristico, dove si dedicano anche a coltivazioni di erbe officinali e piante medicinali.

 

Cenni storici

L’abbazia, nota come di San Benedetto di Pietrafitta (“de Pietra Ficta” in Rationes decimarum), sembrerebbe trarre il nome dal culto dei cosi detti Sette Fratelli.
Dal Martirologio romano apprendiamo che ci sono due tradizioni dedicate ai Sette Fratelli: una che riguarda i sette figli di Santa Sinforosa e di San Getulio martirizzati a Tivoli sotto l’imperatore Adriano, l’altra, cui probabilmente si riferisce il nostro cenobio, relativa ai sette figli di santa Felicità, Felice, Filippo, Marziale, Vitale, Alessandro ,Silano e Gennaro, martirizzati il giorno 10 luglio del 164 d.c.; infatti nel Medioevo, proprio il 10 luglio, si teneva una festa detta dei Sette Fratelli.
Santa Felicita era di Roma, ma nativa di Alife, comune in provincia di Caserta, e subì anch’essa il martirio, come descritto nel Martirologio beneventano del IX sec e la sua festa ricorre il 23 novembre; è considerata la patrona delle vedove e dei genitori che hanno perso un figlio, è invocata per chi vuole avere figli.
Il monastero sorse con ogni probabilità nella metà dell’XI secolo e la prima metà del XII.
Il più antico documento in cui esso è menzionato è una bolla di papa Innocenzo II, del 1136, che lo certifica tra i beni della mensa vescovile di Perugia.
Tra il XV e il XVI secolo passò in commenda ad alcune delle più famose famiglie perugine, come gli Oddi, i Baglioni, i Lancellotti, gli Arcipreti della Penna e della Corgna.
Nel tempo, il complesso adiacente alla chiesa del XIV secolo vennero aggiunte alcune parti strutturali che lo trasformarono in una vera e propria fortezza; ma dopo che il Comune di Perugia vi fece demolire tutti gli elementi difensivi nel 1403 per impedire ai fiorentini, che minacciavano il territorio, di impadronirsi di uno strategico luogo fortificato, iniziò il declino.
Probabilmente intorno al 1560, anno in cui l’abbazia venne data in commenda al cardinale Fulvio della Corgna, l’antico assetto romanico dell’edificio sacro, la cui facciata è arricchita da un semplice occhio e dal portale ad arco, fu ampiamente modificato per gli interventi di Galeazzo Alessi e la copertura a capriate fu sostituita da una volta a botte con piccole vele per consentire l’elevazione di un ulteriore piano.
Dal 1614 al 1777 fu beneficio dei Borghesi di Roma che ne tennero il controllo fino a quando fu concesso al patrizio perugino Traiano Vermiglioli.
Nel 1860 l’abbazia venne confiscata dallo Stato e in seguito acquistata da privati.
Il complesso abbaziale, costituito dalla chiesa in stile romanico, con cripta parzialmente interrata, dall’adiacente monastero e da un cortile antistante cui si accede attraverso un arco, occupa un’area di circa 2000 metri quadrati e, nonostante le non poche e indelebili tracce lasciate dal tempo e dagli eventi, conserva ancora oggi tutto il fascino della sua antica grandezza.
 

Struttura

La chiesa romanica presenta una facciata in cortina di conci, abbellita da un rosone, ed è a navata unica. Originariamente era disposta su tre livelli, quello del presbiterio riservato al clero officiante, quello della navata riservato ai fedeli e quello della cripta. In corrispondenza dei gradini che conducono al presbiterio, notevolmente sopraelevato, e di quelli che conducono alla cripta, fu innalzato un muro divisorio, addossato al quale venne costruito un nuovo altare e sopra a questo fu realizzato un affresco raffigurante la Vergine e i Sette Fratelli martiri , del pittore perugino Girolamo Danti ( Perugia 1547-1580), che diedero il nome alla badia.
Nell’affresco i sette fratelli sono riuniti in adorazione della Vergine e, con puntuale adesione alla realtà storica, sono rappresentati vestiti alla maniera romana con indosso la tunica e il pallio e un ampio mantello allacciato su una spalla. L’affresco fu realizzato probabilmente quando commendatario dell’Abbazia era il cardinale Fulvio della Corgna attorno al 1570-1580 ed è stato avvicinato ad un pittore della cerchia di Girolamo Danti, forse Scilla Peccenini.
Adiacente alla chiesa c’è il monastero, il quale presenta, sulla volta delle scale. Il cortile o chiosco disposto ad “ U ” presenta una doppia loggia interna (dove compare la data 1570) con archi a tutto sesto su due lati e in alcune stanze al primo piano, affreschi con motivi a grottesca, paesaggi ed episodi del Vecchio Testamento, il linguaggio pittorico evidenzia la mano di Salvio Savini.
Tale loggiato è una soluzione di tipo Sangallesco molto presente nella produzione di Galeazzo Alessi e riconoscibile nel Palazzo della Corgna di Città della Pieve, ideato dallo stesso architetto Perugino. Nell’antico presbiterio della chiesa si conserva l’altare originario in pietra, con scolpite una croce con l’iscrizione CRUX LUX LEX VITA. Sotto l’altare è visibile la cripta, probabilmente dell’ XI secolo a giudicare dalla fattura dei capitelli, parzialmente interrata e manomessa.
La croce sembra risalire all’epoca della costruzione dell’abbazia quando a Magione comandavano ancora i Templari.
 

Aspetto attuale

La struttura conventuale e i terreni di pertinenza oggi sono interessati da una struttura agrituristica omonima e un’Azienda agraria. L’agriturismo attivo dal 2010 ha sfruttato gli ambienti abbaziali con appartamenti e camere, cucina con prodotti tipici e sala attrezzata per cerimonie; inoltre il piano terra e le parti all’aperto sono utilizzati in vari periodi dell’anno a mostre d’arte, concerti sacri, lettura di libri, laboratori, compleanni, mercatini natalizi.
Uscendo dal chiostro sulla destra del pergolato si apre il “Giardino dei Ricordi” con al centro un grande albicocco, dove regnano i profumi della lavanda, del rosmarino, della salvia, della menta incorniciati da piante di vite, glicini, rose rampicanti, zucche trattoie e numerosi atri fiori.
Il Giardino oltre che offrire un ambiente di relax e pace, vuole conservare la memoria di uno spazio che in passato ha costituito elemento di sussistenza e sopravvivenza delle passate generazioni che anche loro hanno utilizzato le stesse varietà arboree per la sopravvivenza, in tempi dove la terra era l’unico elemento che garantiva la vita ed evitava la fame. Il giardino è uno scrigno di ricordi un elemento per non far morire la storia, inoltre le piante servivano sia per l’alimentazione, la profumazione e la medicazione; un cerchio quindi di vita e di autosufficienza che trova qui la sua più completa espressione.
 

Ringraziamenti

Da questa pagina voglio ringraziare Sara Sposini che con passione, con tanto sacrificio, ma soprattutto con tanto amore, porta avanti l’Azienda Agraria nelle terre dell’Abbazia. Un lavoro teso a garantire la qualità, ma soprattutto teso a salvaguardare le tipicità e le biodiversità, con l’intento di divulgare il giusto rapporto con la terra e valorizzando tutte le sue varietà naturali.
Una ragazza che in un momento dove pare che vinca chi corre di più, coraggiosamente ha scelto di andare piano con i ritmi del tempo e della natura.
Una persona che ha fatto tesoro del vecchio detto dei Masai che dice ” I giovani corrono ma i vecchi conoscono la strada
 

Fonti documentative

Senofonte Pistelli e Gianluca Pistelli – “Memorie di una terra: Piegaro e i suoi castelli” – Città della Pieve, Luglio 1992
Francesco Guarino e Alberto Melelli – “Abbazie Benedettine in Umbria” – edizione Quattroemme
 

Mappa

Link coordinate: 42.989234 12.204667