Abbazia Cistercense di Valvisciolo – Sermoneta (LT)

Valvisciolo e Sermoneta (insieme a Bassiano) custodiscono le tracce maggiori della presenza dei Templari nel Lazio e della loro complessa dottrina misteriosofica; tra i segni più interessanti qui presenti vanno citati la Triplice Cinta Druidica e il celebre Sator.

 

Sermoneta e territorio

Sermoneta (m. 257; ab. 6500; patrono San Giuseppe Patriarca, 19 giugno), collocata su un avamposto collinare dei monti Lepini, sorge forse sul sito della romana Sulmo, posta da Virgilio fra le città che combatterono contro Enea.
Ricerche archeologiche del C.N.R. hanno individuato in località Cavacupa e sulle pendici del monte Carbolino, sopra Valvisciolo, insediamenti preistorici (mura poligonali dell’età del ferro) e un abitato fortificato (Sulmone? VII-VI secolo a.C.) forse abbandonato per la penetrazione volsca.
Nel XII secolo Sermoneta è della Chiesa; il papa la cede agli Annibaldi (1222), che realizzarono una prima cinta muraria e la torre del “Maschio“, più alta e snella rispetto a oggi.
Nel 1297 Bonifacio VIII acquista dagli Annibaldi, per 140.000 ducati d’oro, Sermoneta, San Donato e Bassiano ampliando i suoi vasti possedimenti.
La nobiltà dei Caetani risale almeno al secolo X, quando trassero il loro cognome dall’essere duchi di Gaeta (Caieta); i due papi della famiglia, Gelasio II nel XII secolo e Bonifacio VIII contribuirono a renderla una delle Case più potenti di Roma, con vasti possedimenti da Roma a Caserta, comprendenti l’Agro Pontino con le sue paludi” (Vittorio D’Erme, Le paludi dei Papi).
I Caetani, che rimasero per sempre signori del luogo, fecero ampliare il castello, dove soggiornerà l’imperatore Carlo V.
Ma nel 1499 le ricorrenti liti tra i vassalli bassianesi dei Caetani e i confinanti sezzesi favorirono l’intervento del papa Alessandro VI Borgia, che scomunicò i Caetani e confiscò tutte le loro proprietà donandole alla figlia Lucrezia.
In poco tempo il complesso fu radicalmente trasformato: la chiesa situata in piazza d’armi fu demolita e le ossa dei Caetani ivi sepolte gettate in un dirupo, mentre a rafforzare le mura del castello fu chiamato l’architetto Antonio da Sangallo.
Lucrezia amministrò la rocca fino alla morte del padre, poi la ricedette ai Caetani.
Da allora Sermoneta assunse notevole importanza economica, politica e culturale per la sua posizione strategica di controllo della via Pedemontana.
La posizione dominante sulla via Pedemontana conferiva alla un valore strategico eccezionale, che ben compresero gli Annibaldi quando edificarono la prima rocca a metà del Duecento, ma ancor più i Caetani e, per una breve parentesi, i Borgia, che tra la fine del Duecento e l’inizio del Cinquecento la trasformarono in una fortezza militare inespugnabile, e anche in una residenza rinascimentale.
Ai piedi del colle su cui sorge Sermoneta corre la via Ninfina, di origini molto antiche perché aperta dalle popolazioni Volsche prima della fondazione di Roma.
Nel Medioevo si chiamò via Pedemontana o Consolare e fu una via alternativa all’Appia, via di mercanti e pellegrini verso il fertile Meridione e la Terrasanta.
Era l’unico collegamento tra Roma a Napoli e con un percorso ai piedi delle colline superava le paludi pontine, che per secoli hanno ostacolato il passaggio sulla via consolare Appia.
I suoi intensi traffici commerciali sfruttavano anche la navigazione di palude, collegata con quella marittima.
Insieme ai traffici di lunga percorrenza, la Pedemontana aveva una circolazione locale animata dai muli degli “strammari” (artigiani che lavoravano l’ampelodesma, una graminacea chiamata “stramma“, per realizzare utensili e arredi) e dei “nevaroli” (come quelli di Carpineto) che raccoglievano in pozzi la neve dei Lepini per poi rivenderla in blocchi ai pescatori.
Non sorprende perciò che le pendici dei Lepini fossero tra i territori più contesi della provincia di Marittima, soprattutto dal XIII secolo, quando i più potenti “baroni” romani (Frangipane, Annibaldi, Caetani) praticarono una fortissima espansione patrimoniale in tutto il Lazio meridionale.
Sulla via Pedemontana sono sorti tutti i centri antichi del territorio a sud di Roma: Cora, Norba, Ninfa, Valvisciolo, Sulmo/Sermoneta, Setia, Pipernum, Terracina; sulle trasversali di collegamento con l’Appia sono nate invece le moderne frazioni di Sermoneta (Carrara, Tufetta-Monticchio, Doganella, Valvisciolo).
Presso Sermoneta, nel piano, è anche la “città morta” medievale di Ninfa i cui ruderi, avvolti da un giardino all’inglese tra i più belli d’Europa, si specchiano in un laghetto creando un’atmosfera magica.
Gestito, come il castello di Sermoneta, dalla Fondazione Roffredo Caetani, è il luogo ideale per chi ama gli ambienti romantici.
Tornati a Sermoneta dopo Lucrezia Borgia, i Caetani affidarono ai migliori architetti del tempo i lavori di fortificazione del borgo, comprendenti la seconda cinta muraria, il bastione della Torre Nuova e lo stesso celebre Castello Caetani (prima metà sec. XIII), trasformato in fortezza nel XVI da Antonio da Sangallo il Vecchio; le sue “Camere Pinte” sono di anonimo simil-Pinturicchio del ‘400.
Caratteristiche anche le case medievali in pietra e il Palazzo dei Monaldi.
La Collegiata dell’Assunta (sec. XIII) fu costruita in stile gotico-cistercense dalle maestranze di Fossanova sopra una precedente struttura, a sua volta sorta sulle rovine di un tempio pagano forse della dea Cibele.
Ha un portico gotico, tre navate e uno svettante campanile romanico a 5 piani con bifore.
Conserva affreschi e una notevole pala d’altare di Benozzo Gozzoli, la Madonna degli Angeli (con la Vergine che sorregge la città di Sermoneta), commissionata dal popolo scampato alla peste e al terremoto della metà del ‘400.
Nel museo diocesano annesso alla chiesa, inaugurato nel 2003, si ammirano tra l’altro, provenienti dalla chiesa sconsacrata di San Michele Arcangelo, una pala (San Michele Arcangelo che scaccia i demoni) del fiammingo Frans van de Kasteele e una tavola (l’Incoronazione della Vergine) del pittore manierista locale Girolamo Siciolante detto il Sermoneta (1521-1580), celebre anche per aver dipinto lo stendardo issato sul pennone della nave capitana di Marcantonio Colonna nella battaglia navale di Lepanto.
Questa celebre battaglia, nella quale dette prova di valore anche il duca di Sermoneta Onorato IV Caetani, viene ricordata ogni anno in paese la seconda domenica di ottobre con la festa di Maria SS.ma della Vittoria, che comprende una processione con la statua della Madonna della Vittoria, conservata nella chiesa dell’Assunta e issata su una caravella di cartapesta trainata da un carro; si ha poi un torneo medievale con l’arco tra i rioni cittadini e, la sera, musica e folklore.
La chiesa e il convento di San Francesco a Sermoneta (m. 448) sono a circa 1 km dal paese, presso il cimitero.
Il complesso nacque nel XII secolo come fortilizio dei Cavalieri del Tempio che vi rimasero dal 1162 alla loro soppressione nel 1312.
Poi fino al 1420 vi si stabilirono i Fraticelli, francescani eremiti che osservavano alla lettera la regola di Francesco e che trovarono rifugio anche a Bassiano, nella misteriosa grotta di Selvascura.
Duramente perseguitati, i Fraticelli dovettero lasciare il cenobio che nel 1495 fu donato da papa Alessandro VI ai Frati Minori Osservanti (i quali fin dal 1388, su invito di Giacomo II Caetani, si erano trasferiti dalla città di Ninfa in rovina alla chiesa di San Nicola a Sermoneta).
Al 1495 risale l’enorme leccio secolare presente sul piazzale della chiesa, piantato proprio per volere del Pontefice in occasione della donazione.
Seguirono dal 1565 al 1873 i frati riformati Zoccolanti.
Appartenne probabilmente anche ai Cavalieri di Malta, come testimoniano le due croci dipinte sulle colonne del portico della chiesa.
Il percorso da Sermoneta a Valvisciolo (3,3 km) inizia con la discesa di via delle Grazie, bordata di ulivi e grotticelle, che prende il nome dalla cinquecentesca chiesa della Madonna delle Grazie.
Il duca di Sermoneta Onorato IV Caetani partecipò come generale delle fanterie pontificie alla battaglia di Lepanto e, come narra Patrizio Ciotti, “il giorno 7 ottobre 1571, nella battaglia di Lepanto, la galea Grifona, sulla quale si trovava Onorato, fu attaccata contemporaneamente dalle due galee dei turchi Caracossa e Dalì.
Onorato si inginocchiò sulla tolda e, da prode cavaliere, fece voto solenne alla Madonna: se lo avesse aiutato a vincere, avrebbe fatto erigere a Sermoneta una chiesa nel luogo (un piccolo tabernacolo mariano all’inizio della mulattiera che saliva al paese) dove aveva incontrato per la prima volta la sua amatissima Agnesina figlia di Ascanio Colonna Duca di Paliano, sposata nel 1560.
Nel durissimo scontro Onorato manovrò le sue truppe in modo superbo e dette prova di personale valore.
Pare che da questo scontro sia dipeso l’esito dell’intera spedizione.
Al suo ritorno Onorato, da uomo d’onore, mantenne la promessa e lungo la strada detta del Monte fece costruire la chiesa intitolata alla
Madonna della Vittoria, che divenne la protettrice sua e della città“.
Morto nel 1592, il duca volle essere tumulato nella navata centrale di quella chiesa ma nel 1885 alcuni malfattori, entrati di notte nella chiesa abbandonata per rubare gli ori nel sepolcro, ne sparsero i resti sul pavimento.
Poco più avanti nella ripida discesa si incontra la chiesa di Santa Maria del Monte, trecentesca, riconoscibile perché squarciata in due.
Quindi si giunge in piano al Ponte della Tomba e si prende Via Abbadia, una stradina asfaltata che corre al margine del colle fin sotto l’Abbazia Cistercense di Valvisciolo (m. 116), che è sempre nel territorio comunale di Sermoneta, a 3,2 km da essa.
 

Abbazia Cistercense di Valvisciolo

Dedicata al protomartire S. Stefano, sta ai piedi del Monte Corvino e delle ultime propaggini dei monti Lepini, che la proteggono dai venti del nord; dal suo ampio piazzale si allarga la vista sulla pianura pontina fino al mare.
La storia del monastero è complessa fin dal nome: Valvisciolo può significare “Valle dell’Usignolo” (Vallis Lusciniae) o “Valle delle Visciole” (varietà di ciliegie selvatiche).
In origine il nome indicava un altro monastero cistercense in territorio di Carpineto Romano, del quale oggi rimangono scarsi ruderi; all’inizio del secolo XIV i monaci di Carpineto abbandonarono i loro monti e si trasferirono a valle nel nuovo monastero, chiamato con lo stesso nome.
La tradizione vuole che il primo insediamento monastico in questa zona avvenisse nel sec. VIII ad opera dei monaci basiliani di San Nilo, già attivi a Grottaferrata.
Il nucleo cistercense risalirebbe alla seconda metà del sec. XII, quando qui si trasferirono i monaci della distrutta abbazia di Marmosolio, che all’originaria dedica a San Pietro aggiunsero quella a S. Stefano protomartire.
Sempre secondo la tradizione, il monastero fu abitato dai Cavalieri Templari fino alla soppressione del loro ordine.
Valvisciolo restò senza monaci dal 1811 (leggi napoleoniche) al 1863, quando Pio IX la restaurò a sue spese chiamandovi i Cistercensi di Casamari per la cura spirituale della popolazione locale.
Nel 1998 fu restaurata dall’Ente proprietario (il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno) e oggi è sede parrocchiale.
Nel suo Dispensarium è stata istituita nel 2003 una Galleria d’arte dedicata all’abate Stanislao White (1838-1911), monaco irlandese che diresse l’abbazia tra la fine del 1800 e i primi del 1900.
L’intero complesso, fiancheggiato da un bosco monumentale, è costituito: dalla chiesa, senza transetto e a tre navate divise da larghi archi a sesto acuto e volte a crociera; la facciata è coronata da un grande rosone: dodici raggi costituiti da dodici colonnine intrecciate si raccordano a un disco centrale a forma di quadrifoglio, forse a testimoniare l’influenza dei Cavalieri Templari.
Gli altri ambienti dell’abbazia sono quelli del monastero: la sala capitolare, il refettorio e l’elegante chiostro tutto in pietra, cuore artistico del luogo.
Valvisciolo e Sermoneta (insieme a Bassiano) custodiscono le tracce maggiori della presenza dei Templari nel Lazio e della loro complessa dottrina misteriosofica.
Ne sarebbero espressione i numerosi simboli presenti nei più importanti edifici sacri, quasi sempre caratterizzati da un’evidente impronta cistercense: ordine, questo, notoriamente legato ai misteriosi monaci-cavalieri.
Tra i segni più interessanti vanno citati almeno la Triplice Cinta Druidica e il celebre Sator.
La prima si trova incisa un po’ovunque a Sermoneta e soprattutto sulle chiese di San Michele Arcangelo, dell’Annunziata e di Santa Maria Assunta; il secondo si ammira graffito (assieme ancora alla Triplice Cinta) nel chiostro dell’Abbazia di Valvisciolo.
Simboli dalle origini remote e di derivazione probabilmente celtica, sul cui significato ancora si discute; pare che i Templari se ne servissero per “contrassegnare” i luoghi ai quali conferivano un’eccezionale valenza sacra e tellurica, selezionati secondo occulte conoscenze sulle energie della Natura.
La presenza templare è avvalorata anche da vecchi racconti tramandati dalla tradizione locale, riguardanti soprattutto Valvisciolo: nei sotterranei dell’abbazia si troverebbe il favoloso tesoro dei Templari (che qui sarebbe stato nascosto dai monaci-cavalieri alla fine del 1308, in seguito ai primi arresti in Francia da parte di Filippo il Bello), mentre la crepa visibile sull’architrave del portale confermerebbe la famosa leggenda medievale secondo cui, quando il 18 marzo 1314 fu messo al rogo l’ultimo Gran Maestro Templare, Jacques de Molay, gli architravi di tutte le chiese templari si spezzarono.
In ogni caso, a parte gli elementi fiabeschi, è noto che i Cavalieri del Tempio s’insediarono per un certo periodo a Valvisciolo, forse a cavallo tra XIII e XIV secolo, come dimostra la croce templare scolpita sulla sinistra dell’oculo centrale del rosone.
 

Nota

Il testo è di Stanislao Fioramonti, le foto sono di Francesco Fioramonti e Patrizia Magistri la visita è stata effettuata il 20 marzo 2024.
 

Fonti documentative

Pietro Pantanelli – Notizie istoriche appartenenti alla terra di Sormoneta, in distretto di Roma – 2 voll., Roma, Tip. Forzani e C., 1911.
F. Farina – I. Vona – L’ Abbazia di Valvisciolo – Edizioni Torchio de’ Ricci, 1998.
Vittorio D’Erme – Le paludi dei papi.
 

Mappa

Link alle coordinate Abbazia di Valvisciolo: 41.567915 12.981289

Link alle coordinate Sermoneta: 41.549461 12.985142

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