Cenni Storici
La rocca Flea è sede del museo civico dal 1999; raccoglie oggi nella sala al pianterreno e in due sale al primo piano della palazzina Del Monte reperti archeologici che testimoniano il popolamento di Gualdo dalla preistoria all’alto Medioevo; nell’atrio e nelle stanze del primo piano opere ceramiche dei secoli XIX e XX; negli ambienti soprastanti la pinacoteca.
Costituita a seguito delle demaniazioni, la raccolta dei dipinti era stata dapprima ospitata in una sala del palazzo comunale e poi trasferita, nel 1919, nel palazzetto medievale di via Calai.
Riorganizzata nel 1966 dall’allora soprintendente Francesco Santi nella chiesa di San Francesco, ma, per sopravvenuti dissesti l’edificio fu chiuso al pubblico nel 1979.
Comprende opere provenienti in massima parte dalle chiese della zona, pienamente rappresentative della cultura figurativa di confine fra Umbria e Marche.
Il Museo si divide in tre sezioni:
Pinacoteca: le opere provengono in massima parte dalle chiese della zona, pienamente rappresentative della cultura figurativa di confine fra Umbria e Marche.
Archeologica: ospita reperti archeologici che testimoniano il popolamento di Gualdo Tadino dalla preistoria al Medioevo;
Ceramica: la collezione ceramica, con opere del XIX e XX secolo, ben rappresenta l’antica tradizione artigiana della città con una particolare attenzione all’antica tecnica del lustro.
Crocifisso ligneo sagomato
L’opera d’arte più antica della Pinacoteca è il crocefisso ligneo sagomato, della chiesa di San Francesco, databile intorno alla seconda metà del XIII secolo.
Tempera su tavola incamottata, 300×237 cm.
Opera di un anonimo convenzionalmente chiamato Maestro del Crocifisso di Gualdo Tadino.
Proviene dalla prima chiesa urbana dei Francescani a Gualdo Tadino.
A partire dal XIII secolo, l’iconografia del Christus Patiens, ovvero sofferente, ritratto a occhi chiusi, iniziò gradualmente a sostituire quella del Christus Triumphans, cioè vittorioso sulla morte, ritratto a occhi aperti.
La diffusione di questa nuova tipologia fu particolarmente favorita dall’Ordine Francescano che, nel sottolineare l’aspetto più umano di Gesù, aveva contribuito all’affermazione di una nuova sensibilità nel rapporto tra società e religione. Sulla cimasa si legge la scritta:
I(ESUS) C(HRISTUS) NAZARENU(S) / REX IUDEORU(M)
Nei laterali la Vergine e San Giovanni, nel suppedaneo San Francesco.
Madonna del Rosario
Tela con raffigurante la Madonna che sorregge il Bambino e porge il rosario a una santa, fan da cornice i misteri del Rosario.
Santa Margherita
Affresco staccato dalla primitiva chiesa dell’ex monastero delle Clarisse di Santa Margherita a Gualdo. Seconda metà del XIV secolo.
San Marco e Santo Vescovo
Affresco staccato dalla primitiva chiesa dell’ex monastero delle Clarisse di Santa Margherita a Gualdo. Seconda metà del XIV secolo.
San Ludovico da Tolosa e San Venanzio da Camerino
Affresco staccato dalla primitiva chiesa dell’ex monastero delle Clarisse di Santa Margherita a Gualdo. Seconda metà del XIV secolo.
Pala di Sant’Ippolito
Opera di Francesco Allegrini, 1680 circa.
70 Loth e le figlie
Olio su tela, cm. 95 x 135. Opera di Francesco Allegrini, 1665 circa. Provenienza incerta.
Il Giudizio di Salomone
Olio su tela, cm. 95 x 135.
Opera di Francesco Allegrini, 1665 circa. Provenienza incerta.
Madonna con Gesù Bambino in gloria fra San Girolamo, Sant’Antonio abate, l’arcangelo Raffaele con Tobia e l’arcangelo Gabriele con San Giovannino
Olio su tela, cm. 257 x 177. Opera di Avanzino Nucci, 1627 circa. Proviene dalla chiesa del Monastero di San Nicolò di Gualdo Tadino.
Miracolo di San Diego
Olio su tela, cm. 205 x 127. Avanzino Nucci, 1627.
Proviene dalla chiesa dell’Annunziata, retta dai Francescani dell’Ordine dei Minori osservanti.
Fu dipinta a Roma da Avanzino Nucci. Questo artista, che in una tela realizzata per la locale chiesa di San Benedetto si firma Avanzinus Nuccius Gualdensis, sembra, però, essere nato a Città di Castello. Si può allora supporre, anche per la presenza a Gualdo di questa e di altre opere, che di origine gualdese fosse la sua famiglia o che gli fosse stata conferita la cittadinanza. Sullo scalino si legge AVANZINUS NUCCIUS PINGEBAT ROMAE 1627
Polittico
Tempera su tavola, 300 x 237 cm.
Opera di Niccolò di Liberatore detto l’Alunno, fu dipinto nel 1471 per l’altare maggiore della locale chiesa di San Francesco.
La pala fu commissionata a Niccolò di Liberatore dalla comunità francescana di Gualdo Tadino con il concorso di Fiordalisa, vedova di Ser Raniero di Ser Corradino, che lasciò, per legato testamentario, la somma di 10 fiorini, finalizzata alla sua realizzazione.
Nel XVIII secolo, probabilmente dopo il terremoto del 1751, fu spostato in una cappella della stessa chiesa e privato, per mancanza di spazio, dell’ordine di archetti frapposto fra la predella e la parte soprastante.
In occasione dei restauri eseguiti nel 1928 questa serie di archetti fu ricostruita ad imitazione dell’analogo polittico dell’Alunno conservato nella pinacoteca di Nocera Umbra.
È tra le opere più belle del celebre pittore.
Consiste esso in un pentittico con fondo d’oro, suddiviso in quindici quadri, oltre la predella, con circa sessanta figure, le cornici sono ripiene di ricchi intagli dorati.
Al centro si trova la Vergine assisa in trono, con il Bambino nudo e in piedi sulle ginocchia, in atto di ricevere da un Angelo un paniere di ciliegie: con la destra ne prende, con la sinistra ne porta alcune alle labbra, rivolgendo lo sguardo alla madre, come per chiedere il permesso di mangiarle; fanno da corona quindici angeli, alcuni con strumenti musicali.
Nel gradino del trono è scritto: NICOLAUS FULGINAS PINXIT MCCCCLXXI.
Al disopra della Vergine, in uno spazio separato, è raffigurata una Pietà, con Gesù deposto dalla croce, avente da un lato la Madonna che lo abbraccia e dall’altro San Giovanni che gli bacia la mano sinistra.
Nel fiore in alto è effigiato Gesù benedicente.
Negli scomparti laterali, in basso, a sinistra di chi guarda il quadro principale, si ammirano le figure intere dei Santi Paolo e Pietro.
A destra, sempre a figura intera sono dipinti San Francesco e San Bernardino da Siena.
Al registro superiore sono ritratti a semibusto, i Santi Secondo e Antonio da Padova a sinistra, Ludovico da Tolosa e Michele Arcangelo a destra.
Nelle cuspidi, a sinistra San Cristoforo e Santa Chiara, a destra Santo Stefano e San Giuliano.
Sui due pilastri della cornice, agli estremi laterali del polittico, sono ritratti in piccolo formato i dodici Apostoli, sei per lato.
Nella predella, nella parte sinistra, sono raffigurati un putto che sorregge uno stemma gentilizio e una serie di francescani illustri: Pietro Aureoli, Niccolo da Lira, Beato Bonaventura, Messer Beltrando, Re Roberto, Alessandro V Papa.
Al di sotto dello scompartimento centrale, vi sono sei Angeli divisi in due gruppi, tra i quali e teso un festone di fiori, sostenuto agli estremi, in ognuno dei due gruppi, da un Angelo mentre gli altri restano in adorazione.
Tra i due gruppi di Angeli è ora raffigurato un Ciborio, originariamente v’era dipinto il Cristo Portacroce tra due angeli, ora alla galleria dell’Accademia di Ravenna.
Riprende poi la serie dei Francescani illustri con l’Imperatore di Costantinopoli, Niccolò IV Papa, Messer Matteo d’Acquasparta, Messer Landolfo, Messer Alessandro di Ales.
L’ultima scena è molto interessante perché raffigura un vecchio Frate seduto, il quale, per mezzo di occhiali, legge un libro sorretto da un confratello; è questa una delle più antiche rappresentazioni pittoriche degli occhiali che sia stata fatta.
Chiude la predella un putto che sorregge uno stemma gentilizio.
Sotto la predella si legge la scritta:
PETRUS UREOLI. M. NICOLAUS DELLIRA. B. BONAVENTURA. DNS BELTRANDUS. REX ROBERTUS. ALEXANDER PP. IIIII. HIC RECONDITUM EST CORPUS DOMINI NOSTRI IESU CRISTI. INPERATOR COSTATINOPOLIT. NICOLAUS PP. IIII. D. MACTEUS DAQUAS. M. LANDULFUS. M. ALEXANDER DE ALES. M
Madonna col Bambino tra Santa Caterina d’Alessandria, San Giuseppe e San Giovannino
Olio su tavola 59 x 82 cm.
Cristo deposto
Legno policromo 140 x 60 cm.
Faceva parte di una smembrata Pietà, Probabile opera di uno scultore romano del primo seicento.
San Sebastiano
Legno policromo 140 cm.
Arte umbro-marchigiana, prima metà del XVI secolo.
Proviene dalla locale chiesa di San Sebastiano, era collocata sull’altare maggiore.
Anche in ragione del ridotto costo di produzione rispetto alla pietra e ai metalli, le sculture lignee per esigenze devozionali ebbero larga diffusione specie tra XIII e XV secolo in Umbria e nella zona interna delle Marche.
Ne restano, infatti, numerosi esempi anche in centri quali Cascia, Norcia, Stroncone e Terni e, sull’opposto versante, Muccia, Pieve Favera, Caldarola, Pergola.
Crocifisso
Proviene dalla locale chiesa di Sant’Agostino.
Incoronazione della Vergine tra il beato Giovanni Colombini e San Girolamo
Tempera su tavola centinata mutila nei lati e nella base, la cornice, originale, è frammentaria; 130 x 140 cm. Sano di Pietro, 1473.
Firmata e datata, proviene dal cenobio dei Santi Gervasio e Protasio a Capo d’Acqua di Gualdo, da dove venne trasportata, in epoca imprecisata, nella chiesa cittadina di San Francesco.
Le figure mutile di due angeli e dei due personaggi in basso indicano che il dipinto fu tagliato, forse per adattarlo a un vano più piccolo.
Una tarda iscrizione al retro identifica i due santi alla base come due personaggi gualdesi: Andrea di Paolo e il beato Angelo.
Andrea di Paolo, appartenente alla nobile famiglia dei marchesi di Tor d’Andrea, monaco benedettino, istituì a Gualdo, nel 1328, la Congregazione Cistercense del Corpo di Cristo.
Il beato Angelo, nato intorno al 1270 e morto nel 1324, visse proprio nel cenobio da cui proviene l’opera.
In realtà sono correttamente identificabili come il beato Giovanni Colombini e San Girolamo.
Trittico con Sant’Anna e la Vergine bambina fra i Santi Gioacchino e Giuseppe
Tempera su tavole 90 x 106, opera di Antonio di Agostino di ser Giovanni, detto Antonio da Fabriano; seconda metà del XV secolo.
Conserva ancora le cornici originali.
Antonio da Fabriano, attivo tra il 1451 e il 1489, eseguì quest’opera per la chiesa gualdese della Santissima Annunziata.
Il lavoro di un pittore marchigiano a Gualdo conferma gli intensi scambi culturali fra i due versanti appenninici in quest’area di confine.
Probabilmente è stato eseguito nel primo periodo di attività dell’artista, mostra, infatti, figure piuttosto tozze e corpulente, mostrando una non completa maturità dell’autore.
Madonna con il Bambino
Girolamo di Matteo da Gualdo, primo quarto del XVI secolo.
Proviene dalla chiesa di San Benedetto.
A lungo attribuita al perugino Bernardino di Mariotto, particolarmente attivo tra l’Umbria e le Marche, è stata recentemente ricondotta alla mano di Girolamo, figlio di Matteo da Gualdo, pittore e notaio.
I resti di anelli nel retro della tavola, decorata in oro, indicano che era probabilmente utilizzata come gonfalone e, dunque, portata in processione appesa ad un’asta.
Trittico
Al centro Madonna in trono col Bambino e angeli, nelle tavole laterali San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, nella predella, al centro, l’Ultima Cena, nei pannelli laterali il Battesimo di Cristo e la Resurrezione di Drusiana; alla base dei pilastri San Francesco e un Santo francescano.
Tempera su tavola; 158 x 171 cm.
Opera di Matteo da Gualdo.
È citata per la prima volta nel 1871 tra le tredici opere demaniate da consegnare alla neoistituita Pinacoteca Civica di Gualdo Tadino senza indicarne la collocazione originaria.
In un cartiglio ai piedi del Battista si legge MACTHEUS DE GUALDO PINSIT; nel cartiglio sulla mano del Battista ECCE AGNUS DEI – ECCE; in un cartiglio ai piedi dell’Evangelista, MCCCCLXXI DIE VII APRILIS;
La provenienza è incerta, l’opera si è rinvenuta nel locale monastero di San Niccolò.
Il baldacchino a tenda sopra il trono della Vergine richiama quelli scolpiti attorno ai tabernacoli, come pure i due angeli disposti simmetricamente alla base.
Albero genealogico della stirpe di David (Albero di Jesse)
Tempera su tavola; 218 x 128 cm.
Proviene dall’altare dell’Immacolata Concezione della locale chiesa di Santa Maria (sede della Confraternita dei Raccomandati).
Opera di Matteo da Gualdo.
È complessivamente in buone condizioni; la cornice originale è perduta.
Nel dipinto l’albero affonda le sue radici nel corpo di un gigantesco Adamo, disteso e come trattenuto a terra da una cintura formata da due rami, uno dei quali irto di spine (simboli del peccato).
Gli antenati di Cristo non sono disposti in sequenza cronologica entro i tondi formati dai racemi, ma collocando nell’ordine superiore i quattordici re di Israele, in quello mediano i precursori di David (con Abramo e Isacco nel tondo centrale), in quello inferiore coloro che vissero successivamente all’esilio babilonese.
Sulla sommità del tronco, sotto l’apparizione dell’Eterno in una gloria di cherubini e tra i più ampi racemi che inquadrano i busti di Gioacchino e Anna, si erge la Vergine, con la veste trapunta di stelle e raggi solari che creano come una “mandorla” di luce intorno al suo corpo sottile.
Tutti i personaggi racchiusi nei tondi formati dai racemi dell’arbusto sono identificati mediante scritte su cartigli.
Entro i due tondi in alto, ai lati della Vergine, “JOACHIM” e ‘~NA”;
nei ventuno tondi minori (a due a due, dall’alto in basso e da sinistra a destra), “IOATHAN” e “OZIAS”, “ASA” e “IO RAM”, “IOSAPHAT” e “ABIA”, “ROBOAM” e “SALOMON”, “DAVID” e “IOSIAS”, “AMON” e “ACHAZ”,
“MANASES” e “EZECHIAS”, “~” e “AMINADAB”, “ESRON” e “PHARES”, “IUDAS” e “IACOB”, “ABRAAM” e “ISACH”, “NAASON” e “SALMON”, “IOACHIM” e “IESE”, “BOOZ” e “OBETH”, “IOSEPH” e “IACOB”, “MATHAN” e “ELEAZAR”, “HELIUD” e “ACHIM”, “IECHONIAS” e “ABIUD”, “ELIACHIM” e “AZOR”, “SALATHIEL” e “ZOROBABEL”, “VHC” (?) e “SADOCH”.
In lettere dorate, tracciate sulla base del tronco che fuoriesce dal petto della figura sdraiata a terra, “ADAM”.
Madonna in trono e santi
Tempera su tavola; 120 x 132 cm.
Opera di Matteo da Gualdo, firmata e datata 28 aprile 1462, è uno dei primi lavori dell’artista.
Vi è raffigurata la Madonna in trono col Bambino e angeli; fra i santi Francesco e Bernardino, Margherita e Caterina d’Alessandria; nei due tondi inseriti nella cornice in alto San Bonaventura e San Ludovico da Tolosa.
È perduta la terminazione della cuspide al centro; una fenditura verticale interessa la tavola delle due sante.
Nel cartiglio in basso al centro si legge: MACTEUS DE GUALDO PINXIT; sull’alzata del gradino a sinistra MCCCCLXII e a destra DIE XXVIII APRJLIS.
La presenza, fra gli altri, di due santi francescani: Margherita, rappresentata accanto a Santa Caterina d’Alessandria alla destra del trono su cui siede la Vergine, e San Bernardino, si spiega con il fatto che il dipinto era in origine conservato nel monastero gualdese di Santa Margherita, retto dalle Clarisse.
L’ancona è unanimemente considerata il capolavoro di Matteo da Gualdo.
Sul fondo oro rabescato, con disegni a rilievo nella parte superiore della tavola, le figure si stagliano con vivaci contrasti cromatici; i santi ai lati sono disposti rigidamente a guisa di “quinte” e con ritmi alternamente divergenti e convergenti dei corpi e degli sguardi.
La Madonna al centro reca sull’orlo della veste di broccato rosso l’iscrizione “Maria Gratia piena Dominus tecum“.
Il manto azzurro è decorato con mazzetti di fiordaliso e minuscoli “Ave” sormontati da una coroncina.
Il Bambino si volge verso le due sante reggendo nella mano sinistra un melagrana.
Una coroncina di rose rosse e bianche gli cinge il capo, mentre dal collo gli pende una collana con perle e un rametto di corallo (in tutti e tre i casi si tratta di allusioni alla Passione).
Come sovente avveniva in immagini destinate a conventi femminili, Gesù non è ignudo o appena ricoperto da un velo, ma interamente rivestito di una tunichetta gialla e con le gambe avvolte in un panno rosso.
Due angeli adoranti sono inginocchiati sui braccioli del trono, di elaborata e capricciosa architettura su cui siede la Vergine: un trono curiosamente sghembo e asimmetrico nella strutturazione prospettica.
Nelle due piccole lunette laterali sopra la cornice sono finti rilievi con figurine di devoti oranti. Al centro, sopra una sorta di basamento, si erge un bizzarro tempietto con portico a triplice arcata, che ospita due angeli musicanti e un vaso di fiori.
Sul tetto del minuscolo edificio altri due angeli reggono le estremità di festoni spioventi dalla cuspide della tavola.
Ai lati del tempietto due tondi racchiudono i busti di San Bonaventura da Bagnoregio e San Ludovico da Tolosa.
A sinistra del trono San Francesco, dall’incarnato cinereo, con chiazze di capelli schiacciati sopra l’alta fronte e lo sguardo rivolto all’esterno sorregge una piccola croce e un libro, di fianco San Bernardino fronte alta, mascella aguzza e con una siepe di capelli a spazzola a incorniciare il cranio calvo, al cordone l’astuccio portaocchiali.
La raffigurazione di San Bernardino, il predicatore colto canonizzato pochi anni prima, nel 1450, attesta la grande diffusione del culto tributato a questo santo, particolarmente venerato in Umbria dove predicò molte volte.
A destra si fronteggiano Santa Margherita e Santa Caterina d’Alessandria, la prima è a mani giunte e ai suoi piedi si accartoccia un draghetto araldico da passeggio, la seconda regge un libro e un frammento della ruota del supplizio, con l’iscrizione “Caterina V.” ricamata sullo scollo della veste. La Vergine e le due sante sfoggiano preziose ed elaborate acconciature.
Trittico
Al centro Madonna in trono col Bambino; in alto due Angeli e, alla sommità, un tondo con il Crocifisso; nelle tavole laterali, a sinistra i Santi Secondo e Antonio abate, a destra i Santi Sebastiano e Ubaldo da Gubbio.
Tempera su tavola; 144 x 182 cm. Opera di Matteo da Gualdo.
In un cartiglio nella tavola centrale, in basso, si legge 1477 DIE 15 MAI.
Proviene dalla chiesa parrocchiale di Santa Maria a Pastina (Gualdo Tadino).
L’opera fu trasportata in Pinacoteca nel 1923 a seguito della soppressione della parrocchia di Santa Maria di Pastina.
Seduta su un trono marmoreo dietro il quale sono due angeli adoranti in vesti rosse, la Vergine sorregge tra le braccia il Bambino, col rametto di corallo appeso al collo, che infila il braccio sinistro nella veste della madre, mentre con la mano destra benedice.
La Vergine gli rivolge uno sguardo triste, prefigurandone la morte, raffigurata nel tondo con la Crocifissione dipinto proprio alla sommità della scena.
Nel pannello di sinistra sono raffigurati i Santi Secondo e Antonio abate, il primo, il cui corpo è conservato nella chiesa a lui dedicata a Gubbio, presenta il tradizionale attributo iconografico della freccia, simbolo del martirio; il secondo mostra i classici attributi, bastone a Tau, campanellina e l’immancabile maialino nero.
Nel pannello di destra sono raffigurati i Santi Sebastiano e Ubaldo da Gubbio.
La presenza di due santi eugubini in un’opera destinata al territorio gualdese trova spiegazione nella dipendenza della parrocchia di Pastina dal monastero di San Secondo a Gubbio.
Annunciazione
Tempera su tavola; 57 x 88 cm.
Opera di Matteo da Gualdo.
È complessivamente in buone condizioni di conservazione.
Lo stemma del committente, alla base del pilastro centrale del porticato, risulta consunto e ormai illeggibile.
La tavola è stata tagliata su ambedue i lati ed è perduta la cornice originaria
Proviene dalla locale chiesa della Santissima Annunziata.
Passò alla Pinacoteca prima del 1906.
L’Angelo e la Vergine inginocchiati sono raffigurati strettamente ingabbiati dalle arcate dell’ornatissimo portico, entro il quale si intravvedono anche un letto in prospettiva ribaltata, lo stipite di una porta scolpito con motivi a candelabra e due enormi cornucopie dorate ai lati del seggio di Maria.
Dal terrazzo, superiore si affaccia una minuscola figura di donna, con una conocchia per filare sotto il braccio e in atto di scrutare qualcosa che si svolge al di sotto.
Alle spalle della donna si erge un curioso edificio, con una sequenza di finestre ad arco dalle quali si affacciano un vecchio dalle lunghe chiome canute, in atto di leggere un grosso volume, una fanciulla si affaccia da un balconcino e una seconda giovane donna porta una mano alla fronte.
In alto a sinistra l’Eterno in volo è circondato dalla consueta schiera di cherubini.
Da lui si dipartono raggi dorati, su uno dei quali plana verso la Vergine la piccola bianca colomba dello Spirito Santo.
In basso, a sinistra è dipinto un bassorilievo con due cavalli impennati e l’auriga con corona raggiata.
Assunta – Madonna orante
Matteo da Gualdo, 1486 circa.
Questo piccolo dipinto appartiene alla tipologia degli stendardi processionali, realizzati soprattutto in ambito perugino e particolarmente venerati in caso di pestilenze e di calamità naturali.
Anche la mandorla in cui è inclusa l’Assunta compare frequentemente nelle opere del Perugino.
Polittico di San Facondino
Polittico a cinque scomparti con cuspidi e predella, 188 x 216 cm.
È opera del Maestro di Fossato datata tra il 1400 e il 1415, la più importante dell’artista umbro. Proviene dalla locale chiesa di San Facondino.
È costituito da cinque tavole rappresentanti al centro la Madonna in trono con il Bambino e angeli, a sinistra San Facondino vescovo, San Giovanni evangelista e San Giovanni Battista, a destra San Pietro e San Paolo, San Gioventino.
Nei trilobi delle cuspidi Cristo Benedicente e i Quattro Evangelisti, nella predella i Dodici Apostoli.
Storie di Cristo
Pittore umbro, inizi del XV secolo.
Il dipinto è costituito da cinque scomparti in cui sono raffigurati gli episodi salienti della vita di Cristo: la Natività, l’Adorazione dei Magi, la Cattura, la Resurrezione e, in alto, la Crocifissione.
Il recente restauro ha rivelato il notevole valore di quest’opera, rendendone più evidente l’influenza della cultura orvietana.
Potrebbe provenire dall’antica chiesa della rocca Flea.
Angelo annunciante e Vergine annunciata
Tempere su tela; 141 x 75 cm ciascuna.
Opera di Girolamo di Matteo da Gualdo.
Si legge in basso, SOCIETAS DIVE MARIE EX ELEMOSINIS FACIVND. CVRAVIT;
sopra l’Annunciata, AVE GRATIA PLENA DNS T(ECVUM)
Le due tele appartenevano alla Confraternita di Santa Maria dei Raccomandati (o del Gonfalone), esistente già dal XIII secolo e insediata nell’omonima chiesa.
Le figure separate della Madonna e dell’Angelo fanno pensare a due “laterali“, forse collocati sull’altare maggiore della chiesa dedicato all’Annunciazione e fiancheggianti presumibilmente l’Incontro di Gioacchino e Anna alla Porta Aurea.
Vergine assunta orante
La Vergine è venerata dai confratelli della Trinità e devote.
Tempera su tavola centinata; 188 x 94 cm.
Opera di Bernardo di Girolamo di Matteo da Gualdo (documentato dal 1515 al 1532), nipote di Matteo da Gualdo, anch’egli notaio oltre che pittore.
È in precarie condizioni conservative.
Proviene dalla chiesa di San Francesco, dove era collocata sull’altare della Confraternita della Santissima Trinità, i cui confratelli sono raffigurati in preghiera sotto il manto della Vergine. L’iconografia è riconducibile allo schema dei gonfaloni processionali.
L’iscrizione nel cartiglio sorretto da due angeli recita: “AVE GRATIA PLENA DNS TECVM“.
Trittico
Al centro Madonna in trono col Bambino e angeli; nelle tavole laterali San Sebastiano e San Rocco; nella cimasa Presentazione di Gesù al Tempio; nelle cuspidi Annunciazione.
Tempera su tavola di pioppo; 200 x 152 cm.
Opera di Matteo da Gualdo.
Proviene dall’antica chiesa plebana di Santa Maria Assunta di Nasciano, contrada del territorio gualdese.
Ritenuta per la sua importanza di pubblico interesse, fu prudentemente trasferita in Santa Maria dei Raccomandati in Gualdo nel settembre 1971 in seguito al ripetersi di furti di opere d’arte.
Se si esclude la perdita di un notevole campo del volto della Vergine, compromesso da infiltrazioni di umidità che hanno rovinato anche il supporto, lo stato di conservazione del trittico è discreto.
Il cartiglio sottostante alla Madonna recava le consuete indicazioni di cronologia e paternità artistica caratteristiche di Matteo da Gualdo; nonostante le abrasioni, Gnoli e Guerrieri poterono ancora leggervi la data 1480 in cifre romane.
Insolita e originale è l’iconografia del San Sebastiano, non raffigurato ignudo e irto di frecce, bensì come un cavaliere in doviziose vesti quattrocentesche e il simbolo del martirio nella destra.
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
Fonti documentative
Matteo da Gualdo Rinascimento eccentrico tra Umbria e Marche a cura di Eleonora Bairati, Patrizia Dragoni, Electa, 2004
Museo Civico di Gualdo Tadino / Rocca Flea 1, Curatore Maurizio Matteini, Chiari, 2000
Pierluigi De Vecchi, Museo Civico di Gualdo Tadino / Rocca Flea 2. Materiali archeologici e ceramiche dal XVI al XX secolo, 2002
Guida al Museo civico – Rocca Flea di Gualdo Tadino, a cura di Eleonora Bairati, Patrizia Dragoni, Prato 2011
http://www.bollettinodarte.beniculturali.it/opencms/multimedia/BollettinoArteIt/documents/1437549956244_05_-_Serra_359.pdf
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