Duomo di San Ciriaco – Ancona (AN)

Cenni Storici

Il Duomo di Ancona è dedicato a San Ciriaco ed è la cattedrale metropolitana dell’arcidiocesi di Ancona-Osimo. È una chiesa medioevale in cui lo stile romanico si fonde con quello bizantino, evidente nella pianta e in molte decorazioni. Sorge in scenografica posizione alla sommità del colle Guasco, già occupata dall’Acropoli della città dorica, da dove domina tutta la città di Ancona e il suo Golfo. Nel maggio del 1926 papa Pio XI l’ha elevata alla dignità di basilica minore.

Il 30 maggio 1999 si è festeggiato il millenario della dedica della cattedrale, con la visita nel capoluogo dorico di papa Giovanni Paolo II che vi celebrò messa.

La scena della Colonna Traiana in cui compare il tempio di Venere sulla sommità del Colle Guasco
Già dal III secolo a.C. era presente nella zona un tempio dedicato ad Afrodite, la Venere dei Romani, come è stato accertato dai resti rinvenuti negli scavi del 1948. Secondo alcuni studiosi esso sarebbe stato un tempio dorico e risalirebbe al IV secolo avanti Cristo, ossia all’epoca della fondazione greca della città. Secondo altri, invece, il tempio risalirebbe al II secolo avanti Cristo e dunque in un’epoca in cui la colonia greca già sentiva l’influsso romano. Entrambe le ipotesi sono ancora dibattute. Secondo un’antica tradizione, non supportata da fonti classiche, Venere aveva nel tempio anconitano l’attributo di “Euplea”, ossia di protettrice dei naviganti.

Del tempio si sapeva l’esistenza grazie alle testimonianze di Catullo e Giovenale e alla scena 58 della Colonna Traiana che lo riproduce. L’antico edificio ha una pianta che corrisponde a quella del transetto della chiesa attuale.

La basilica di San Lorenzo
Sopra al tempio classico venne costruita, nel VI secolo una basilica paleocristiana dedicata a San Lorenzo, di cui si conservano tracce importanti all’entrata della Cripta dei Protettori. Era formata da tre navate con ingresso verso sud-est (dove attualmente è presente la cappella del Crocifisso); se ne trovano testimonianze in alcuni lacerti musivi sotto al pavimento attuale; anche all’esterno delle mura del transetto sono presenti tracce dell’antica muratura, con ricorsi di mattoni e di arenaria.

Tra la fine del X secolo e l’inizio dell’XI Ancona inizia il suo cammino di repubblica marinara. Segno di questo evento è la nuova funzione della chiesa, che divenne la nuova cattedrale della città, al posto di quella più antica, dedicata a Santo Stefano. In questa occasione la chiesa venne ampliata, tra il 996 e il 1015; si mantennero però le tre navate preesistenti; finiti i lavori, nel 1017 i corpi dei santi protettori San Marcellino e San Ciriaco vennero trasferiti all’interno della basilica, nella cripta.

Importanti lavori di ampliamento vengono eseguiti tra la fine del XII secolo e la prima metà del XIII secolo, scegliendo di aggiungere un corpo trasversale ortogonale al preesistente, in modo di formare una croce greca; venne inoltre aperto un nuovo ingresso principale verso sud-ovest. Con questa nuova geniale composizione la pianta della chiesa venne resa di tipo bizantino e rivolta verso il porto, sorgente del benessere di cui godeva ormai la città. Inoltre l’edificio sacro assunse la peculiarità di avere i bracci laterali sopraelevati, che vennero delimitati da preziosi plutei intarsiati tipici della tradizione artistica bizantina.

Nella metà del Duecento fu realizzato il protiro, con i monumentali leoni stilofori, divenuti in breve uno dei simboli della città. Inoltre, sempre nello stesso periodo, venne sostituita la cupola precedente con una più alta e di stile gotico, i cui archi rampanti furono realizzati internamente per non alterare l’armonia romanica dell’esterno.

Tra il XIII e il XIV secolo la basilica venne dedicata al patrono di Ancona, San Ciriaco, martire e, secondo la tradizione, vescovo della città.

Periodo rinascimentale[modifica | modifica wikitesto]
Nel XV secolo vennero costruiti il coro e le due adiacenti cappelle, in prosecuzione della navata centrale e delle navate laterali del braccio longitudinale. La basilica assunse allora l’aspetto che ancor oggi conserva. Nella cappella di sinistra (del Sacramento) lavorarono importanti artisti rinascimentali: Piero della Francesca affrescò sulla parete uno Sposalizio della Vergine e Giovanni Dalmata realizzò il monumento a Girolamo Ginelli.

Sempre nel XV secolo, papa Pio II morì nell’episcopio che sorgeva a fianco della cattedrale, in attesa di partire per la crociata che aveva indetto per tentare di salvare la città di Costantinopoli, minacciata dai Turchi. Dietro all’altar maggiore sono da allora tumulati i precordi del pontefice umanista.

Interventi successivi e restauri[modifica | modifica wikitesto]
Nella prima metà del XVII secolo vi lavorò il grande Luigi Vanvitelli, che risistemò il braccio sinistro del transetto, ove progettò la monumentale edicola, dove venne posta l’immagine votiva della Madonna del Duomo. Inoltre intervenne nel protiro, migliorandone la stabilità con l’aggiunta di due colonne dietro ai leoni stilofori.

Nel 1796, nell’imminenza dell’arrivo dell’esercito napoleonico, centinaia di fedeli furono testimoni del Prodigio della Madonna del Duomo. Purtroppo durante il periodo francese la basilica perse il suo antico portale bronzeo, rimosso e fuso dalle truppe occupanti.

Nel 1834 Niccolò Matas restaurò l’edificio e fece nuovamente ricoprire di rame la cupola. Nel 1883 la basilica subì un secondo restauro, assai imponente, ad opera di Giuseppe Sacconi, che la riportò all’originario austero aspetto medievale, eliminando le decorazioni e gli intonaci sovrapposti nel corso dei secoli. In quell’occasione furono riscoperte le tracce della cattedra dell’XI secolo, cioè dell’epoca in cui l’edificio sacro divenne cattedrale; ancor oggi i resti sono visibili dietro all’altare del braccio sinistro.

All’inizio della prima guerra mondiale, il 24 maggio 1915, gravi danni furono inflitti alla cappella del Sacramento dalla flotta austro-ungarica, che venne restaurata ed in parte ricostruita nel 1920; in quell’occasione forse andarono perduti gli affreschi di Piero della Francesca, che già nel 1800 erano stati coperti da intonaco.

I bombardamenti aerei anglo-americani della seconda guerra mondiale colpirono il transetto destro che fu quasi totalmente distrutto, insieme alla sottostante Cripta delle Lacrime ove aveva sede il Museo di arte sacra. Lo stesso transetto venne ricostruito per anastilosi ed il sacro edificio venne solennemente riaperto nel 1951. Durante i lavori di restauro fu scoperto sotto all’edificio cristiano i resti del precedente tempio classico dedicato a Venere.

Il terremoto del 1972 provocò danni di piccola entità, a cui seguirono imponenti lavori che adeguarono la basilica a severe norme antisismiche e che permisero la riapertura ai fedeli nell’autunno del 1977. Prima della riapertura fu effettuata la ricognizione del corpo di San Ciriaco, che provò la verità dell’antica tradizione relativa al martirio.

Nel 1926 il duomo è stato insignito del titolo di Basilica pontificia.

Tra il 1999 e il 2000 fu celebrato il millenario del duomo di Ancona; tale celebrazione non era riferita alla costruzione dell’edificio sacro, che risale al VI secolo, ma al momento in cui esso diventò cattedrale.

Il duomo rappresenta un alto esempio di arte romanica a cui si mescolano elementi bizantini e gotici; costituisce uno dei più importanti esempi di questo stile in Italia.

La facciata, tripartita, è preceduta da ampia scalinata, al di sopra della quale si alza il duecentesco protiro strombato romanico, formato da un arco a sesto pieno sorretto da quattro colonne. Quelle anteriori poggiano su leoni di marmo rosso di Verona, mentre quelle posteriori, aggiunte in seguito dal Vanvitelli, poggiano su basamento. Nel sottarco sono quattro rilievi rappresentati i simboli degli Evangelisti. Il portale, attribuito a Giorgio da Como, (1228 circa), è in stile romanico-gotico e costruito in pietra bianca del Conero e marmo rosso di Verona. Presenta una profonda strombatura ed è ornato di fasci di colonne reggenti una serie di archi ogivali nel cui giro sono rilievi con immagini simboliche: busti di santi, figure di animali reali e fantastici, motivi vegetali. Al di sopra del protiro si trova un grande oculo con cornice romanica e, ai lati, due monofore.

Tutt’intorno, l’edificio, si presenta come una poderosa e luminosa massa in pietra bianca del Conero e (nella facciata principale) in marmo greco, movimentata dalle absidi sporgenti dei transetti e dall’alzarsi del piano della navata mediana; il tutto è incentrato sullo slancio della cupola nella crociera. Una fine decorazione ad archetti pensili di gusto lombardo profila tutte le superfici e crea bei giochi di chiaroscuri. Isolato dal corpo principale sorge il campanile di cui si hanno notizie fin dal 1314 e che sorge sulla base di una torre militare tardo-duecentesca.

San Ciriaco vanta una delle più antiche cupole d’Italia. Di forma ogivale con tamburo dodecagonale poggiante su una base quadrata decorata ad archetti, venne alzata nell’incrocio dei bracci nel XIII secolo, da alcuni attribuita a Margaritone d’Arezzo (1270). Rappresenta uno degli sporadici esempi nell’architettura del periodo, insieme alle venete Basilica di Sant’Antonio da Padova e San Marco a Venezia, dove vede una cupola posta a coronamento di una chiesa, e non di un battistero. Nel XVI secolo venne realizzata la copertura in rame che ancor oggi la caratterizza nel panorama cittadino.

L’interno è a croce greca a tre navate. Le colonne sono romane di reimpiego e terminano su bei capitelli, alcuni dei quali bizantini. Al centro della crociera è la slanciata cupola dodecagonale costolonata, con pennacchi sorretti da figure bizantineggianti di angeli oranti. La cupola poggia su pilastri cruciformi polistili; gli archi rampanti che la collegano alle pareti esterne hanno la peculiare caratteristica di essere posti all’interno e non all’esterno della costruzione, come di consueto negli edifici gotici; probabilmente ciò è stato attuato per non alterare l’armonia della costruzione romanica, già completa nel momento della costruzione della cupola.

Nel coro, con cui termina il braccio longitudinale, è esposto il dipinto di Ercole Fava Resurrezione di Cristo.

I bracci laterali dei transetti terminano con presbiteri sopraelevati su cripte e terminanti con absidi; il braccio centrale del presbiterio ha forse perso l’abside originale durante i lavori di ampliamento attuati durante il XV secolo. Le navate centrali sono coperte da pregiate volte lignee a carena di nave rovesciata, tipiche anche dell’arte veneziana; queste volte sono dipinte a motivi geometrici e risalgono al XV secolo.

Il transetto destro ospita la Cappella del Crocifisso, dove le transenne sono composte da preziose formelle graffite di plutei risalenti al 1189, opera di un maestro Leonardo. Essi riportano figure di santi, profeti e animali simbolici.

La Cripta delle Lacrime (a destra rispetto all’ingresso) è stata ricostruita con i materiali originari dopo le distruzioni dei bombardamenti della seconda guerra mondiale; da essa è possibile accedere, in particolari occasioni, alla zona archeologica del tempio classico e della basilica paleocristiana.

Il transetto sinistro ospita la Cappella della Madonna, con sfarzosa edicola marmorea del 1739, opera del Vanvitelli e ospitante la venerata immagine seicentesca della “Regina di tutti i Santi”. Questa immagine venne donata da un mercante veneziano alla città come ex-voto per uno scampato naufragio al largo della città ed è stata al centro del miracolo mariano di San Ciriaco.

La Cripta dei Protettori (a sinistra rispetto all’ingresso) è così detta perché contiene le spoglie dei santi patroni della città, custodite in preziose urne. Quella di San Ciriaco è in marmo imezio, quelle di San Liberio e San Marcellino, in diaspro tenero di Sicilia; sono qui conservate anche le ceneri di Santa Palazia. Le urne furono ridisegnate e realizzate da Gioacchino Varlè tra il 1757 e il 1760 con una fastosa decorazione a festoni bronzei dorati.

Alcuni cronisti parlano di un miracolo avvenuto la sera del 25 giugno 1796, davanti ad alcuni i fedeli che stavano celebrando le litanie alla Madonna. Secondo queste cronache il quadro avrebbe aperto gli occhi e sorriso, anche nei giorni seguenti. In quel periodo si era diffusa in città la notizia della vittoria di Napoleone Bonaparte e la firma dell’armistizio che prevedeva la cessione di Bologna, Ferrara ed Ancona e la possibilità, da parte dei francesi, di confiscare i beni della chiesa.

In base alla testimonianza del Vicario Generale e di altri testimoni, la Chiesa cattolica, ancora sotto minaccia napoleonica, decise di interpretare il prodigio come una protezione dal cielo sulla città, sperando di rinforzare gli animi della fazione anti-francese.

L’11 gennaio 1797 Napoleone Bonaparte, arrivato ad Ancona, decise di non confiscare i gioielli e gli ornamenti del Duomo. Secondo alcuni storici ciò fu dovuto ad un mero calcolo politico: i francesi volevano evitare attriti con la fazione cattolica della città, cercando di trovare un accordo. Tra l’altro un esponente della municipalità filofrancese, l’israelita Sansone Costantini sembra influì positivamente per la salvaguardia del simulacro, memore della reazione della gente del porto subita anni addietro a causa della rimozione da lui effettuata di un’immagine della Vergine già posta all’esterno di una casa che aveva acquistato. Per altri questa decisione fu presa per un intervento divino.

Il 13 maggio 1814 papa Pio VII incorona il prodigioso quadro.

Il furto del quadro
La notte tra il 16 ed il 17 dicembre 1936 il quadro di Maria Regina di tutti i Santi custodito presso l’episcopio fu rubato da ignoti e ritrovato un mese dopo circa, spogliato degli ornamenti, nella cappella di Tor Mezzavia di Albano Laziale. Fu riportato ad Ancona il 31 gennaio 1937.

Bibliografia
M. Luisa Polichetti. San Ciriaco. La Cattedrale di Ancona. Genesi e sviluppo. Federico Motta Editore, 2003.
C. Centanni, L. Pieragostini, La cattedrale di San Ciriaco ad Ancona. Rilievo metrico a grande scala, interpretazione strutturale e cronologia della fabbrica, Ancona 1996
Celso Battaglini. Il prodigio della Madonna del Duomo. Falconara, Errebi, 1996.

Per approfondimenti maggiori: www.diocesiancona.it

 

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