Città romana di Carsulae – Terni (TR)
Cenni Storici
Carsulae sorge al centro di un territorio nel quale sono evidenti i segni di insediamenti stanziatisi già a partire dalla media età del bronzo.
Tali insediamenti, dapprima a carattere silvo-pastorale e agricolo, conobbero, intorno al IX secolo a. C., un nuovo impulso economico, legato agli incrementi degli scambi, certamente aiutati dall’apertura di nuove vie di comunicazione.
Con la battaglia di Sentino (295 a.C.) e grazie all’azione militare di M. Curio Dentato, avvenne la definitiva occupazione della zona, la quale fu rafforzata dalla fondazione di alcune colonie e dall’apertura della Via Flaminia che, tracciata fra il 220 e il 219 a.C., segna, probabilmente, anche la nascita di Carsulae.
Il primo a parlare di Carsulae è, sul finire del I secolo a. C., lo storico Strabone, che la cita come uno dei centri più importanti lungo la Flaminia.
Tacito narra che il sito fu scelto da Vespasiano per accamparvi, durante l’inverno dell’anno 69 d.C., le sue truppe in marcia verso Roma alla conquista del trono imperiale.
Plinio il Vecchio ricorda i carsolani, tra le popolazioni dell’Umbria.
Plinio il Giovane, in una lettera alla suocera Pompeia Celerina, parla delle fertili terre che possedeva nel suo territorio e descrive la zona come particolarmente adatta alla coltivazione della vite, che all’epoca portava a commerci di vino fiorenti.
Carsulae raggiunge il suo massimo splendore dall’età giulio-claudia al periodo di Dioclaziano; infatti, tutti i monumenti superstiti sono datati entro quel lasso di tempo.
Se della vita di Carsulae conosciamo poco ancor meno sappiamo della sua fine, del tutto fantasiosi e privi di fonti sono i resoconti degli storici locali, che dal XVI secolo in poi, narrano, anche con dovizia di particolari e con precisazioni di date, i saccheggi e le distruzioni subite dalla città nel V o VI secolo, che ne avrebbero determinata la fine.
Unica certezza è che di Carsulae non si hanno più notizie oltre la fine dell’impero romano.
I più recenti scavi sembrano aver messo in evidenza come la città fosse rimasta sconvolta da movimenti tellurici, ma è da escludere che il luogo sia stato abbandonato a causa di eventi sismici, pur documentati per la vicina Todi nel corso delle guerre gotiche.
La causa principale dell’abbandono è l’inevitabile crisi economica derivante dal dirottamento del traffico sull’altro diverticolo della Flaminia, e cioè Terni – Spoleto – Foligno, che ha comportato la decadenza anche se non la fine di tutti gli altri centri siti lungo lo stesso abbandonato tracciato (Vicus Martis, Mevania, Foro Flaminio).
Probabilmente il declino è iniziato già nel tardo impero, come documentato dall’assenza di epigrafi oltre l’impero di Diocleziano.
A causa, poi delle incalzanti invasioni barbariche il luogo non era più sicuro, la città, probabilmente non è mai stata dotata di mura, pertanto le popolazioni, come accadeva un po’ dovunque, furono costrette a rifugiarsi, su quelle alture da cui erano discese durante la “pax romana“, dando luogo al sorgere di numerosi castelli.
Sulla città abbandonata, ben presto sepolta dal materiale alluvionale discesovi dalle colline circostanti, non rimasero nel medioevo che due monasteri.
Quello dei Santi Cosma e Damiano, di cui abbiamo notizia la prima volta da una lettera di papa Onorio III diretta al vescovo di Narni, in cui si parla del trasferimento di cento monache, indicato come esistente nella terra degli Arnolfi ancora nel 1317, e quello di San Gregorio, che sorgeva su una collinetta sopra il teatro.
Le rovine sepolte furono per secoli e secoli una cava inesauribile di materiali da costruzione già ben confezionati e pronti per le popolazioni sbandate e successivamente per i castelli di Sangemini, Cesi, Acquasparta, Porteria, Macerino, e per tanti altri luoghi minori.
Scavi rigorosamente scientifici e sistematici si sono avuti soltanto dopo l’ultima guerra, a cura dell’Ispettorato Archeologico di Spoleto prima e della Soprintendenza alle Antichità dell’Umbria poi; di recente sono stati ripresi dopo un lungo periodo di stasi.
La visita
La via Flaminia, attraversa la città in senso nord – sud e coincide con il cardo maximus.
Il tratto urbano della strada è pavimentato con basoli e, all’altezza dell’ingresso al foro, incrocia il decumanus maximus, percorso con orientamento est – ovest, che conduce agli edifici per spettacoli.
A sinistra del tratto riportato in vista, presso l’estremità meridionale del nucleo urbano sono stati rinvenuti i resti di un impianto termale, forse privato, attualmente non visitabile.
Il primo edificio monumentale che si incontra sulla destra della via Flaminia è l’antica Chiesa dei Santi Cosma e Damiano.
Di fronte alla Chiesa dei Santi Cosma e Damiano nonché tra questa e la basilica emergono una serie di ambienti, alcuni comunicanti.
Stipiti, soglie di porte e tratti murari sono quello che resta di due complessi edilizi, isolati forse con prevalente funzione abitativa e riferibili ad una fase di vita anteriore a quella del periodo imperiale.
La basilica di Carsulae con principale funzione di tribunale giudiziario, appartiene al foro, nonostante la collocazione decentrata sul lato opposto rispetto alla via Flaminia, ed è databile alla prima età imperiale.
Oggi sono riconoscibili solo i plinti dei pilastri, a base quadrata, dei quali restano solamente i 14 plinti, che sostenevano la copertura e dividevano l’aula principale in tre navate; sul fondo, un vano trasversale più stretto e con abside al centro.
La costruzione del foro, la cui piazza era pavimentata in lastre di travertino, è da porre fra il I secolo a. C. e il I secolo d. C.
L’accesso era dato da due archi quadrifronti, disposti alle estremità settentrionale e meridionale, a ridosso del cardo.
Il lato meridionale del foro è sopraelevato tramite una serie di sostruzioni, sulle quali sono impostati i due templi Gemini, perfettamente uguali, probabilmente dedicati ai Dioscuri.
Sul lato verso la Via Flaminia le sostruzioni terminano in una serie di tre piccoli ambienti, destinati a tabernae, con copertura a volta e chiuse da porte.
All’interno delle tabernae era presente il bancone di vendita in pietra, a fianco della porta d’ingresso.
Data la loro posizione, sotto i templi, si potrebbe ipotizzare che all’interno si svolgesse la commercializzazione di oggetti legati alla sfera del sacro.
A ovest dei templi alcuni muri in opera cementizia, con rivestimento a blocchetti, delimitano un vano allungato e stretto, la cui interpretazione è incerta.
Ancora più in alto recenti scavi hanno riportato alla luce due abitazioni signorili, ornate da splendidi pavimenti musivi, i resti del Capitolium e un piccolo tempio.
Sul lato nord il foro è quasi interamente occupato da una fila di ambienti rettangolari absidati, comunemente definiti “edifici pubblici“.
In tutti gli ambienti sono presenti tracce di una ricca decorazione marmorea.
Il quarto ambiente, posto a nord-est, potrebbe essere la curia, sede del senato municipale.
Al di sopra della collinetta di fronte alla Chiesa dei Santi Cosma e Damiano si trova una ben conservata Cisterna, già riutilizzata da una piccola comunità di monaci, in seguito adibita a dimora di famiglie di contadini e, infine, utilizzata come magazzino degli scavi, in attesa dell’apertura del Centro di Visita e Documentazione.
Ritornando verso la via Flaminia si scorge l’imponente mole del cosiddetto Arco di San Damiano, così nominato dalle popolazioni locali per la presenza della vicina chiesa, chiamato anche, altrettanto impropriamente arco di Traiano, a causa del ritrovamento di alcune monete recanti l’effige dell’imperatore nei suoi pressi.
Risale, probabilmente, all’età augustea, la sua costruzione dovette avvenire in concomitanza con gli interventi di restauro della via Flaminia e con il programma di monumentalizzazione della città, avviato in tale periodo.
La severa architettura dell’arco, la mancanza, quasi sicura, di una decorazione figurata, che è presente in genere negli archi di trionfo, stanno ad indicare che non era un monumento onorario, ma l’accesso monumentale da nord alla città, come provato anche dalla presenza, subito dopo l’arco, dell’area cimiteriale che, come da consuetudine romana, sorgeva sempre fuori dall’abitato.
È tra i monumenti carsulani più noti e sui quali si è maggiormente focalizzata l’attenzione della critica, essendo noto già dal Seicento.
Dell’originaria struttura a tre fornici si conserva solo parte di quello centrale, che ha una profondità di 1,30 m, certo superiore a quella delle corrispondenti luci laterali, che dovevano essere anche più basse.
Lo zoccolo, a tre gradini sovrapposti, reca su ogni fronte dei piloni due aggetti.
Tale particolare, insieme alla presenza di fori, farebbe pensare ad un rivestimento marmoreo.
Superato il monumentale arco si accede all’area cimiteriale, solo parzialmente scavata, che conserva imponenti Monumenti Funerari, appartenenti a personaggi o famiglie emergenti nella comunità cittadina.
Il primo che si incontra sulla sinistra, in gran parte ricostruito con i frammenti originali, è del tipo a tamburo circolare su zoccolo quadrangolare, il successivo, completamente ricostruito con i frammenti trovati sul posto e in larga parte integrato, è del tipo a torre su zoccolo quadrangolare, entrambi sono di età giulio-claudia, coevo quindi al precedente.
A breve distanza una tomba a cassone con sarcofago in piombo, conteneva i resti di una fanciulla.
Tornando indietro lungo la Flaminia, poco dopo il monumentale arco sulla sinistra della flaminia si può vedere quel che è stato riportato alla luce del cosiddetto Quartiere Nord est, ove era la zona commerciale e artigianale di Carsulae.
Si prosegue in discesa lungo la Flaminia indietro e all’inizio del foro si gira a sinistra, imboccando il cardo massimo, per raggiungere la zona ove sorgono gli edifici destinati a spettacoli.
L’Anfiteatro, costruito in parte dentro una depressione, è stato scavato interamente solo nella metà settentrionale.
Al di là di esso, in perfetta simmetria e in un insieme organico, si trova il Teatro, interamente costruito sopra terra su un piano leggermente rialzato e addossato alle prime pendici delle colline retrostanti; l’edificio, destinato alle rappresentazioni delle tragedie e delle commedie, è realizzato con cortine in opus reticolatum, rivestite, in alcuni punti, di intonaco.
Sia l’anfiteatro che il teatro, eretti nel I secolo d.C. appartengono ad un unico nucleo racchiuso da un muro di delimitazione e sono frutto di una progettazione unica e armonica, prova ne sia che sono perfettamente in asse e di larghezza pressoché uguale.
Pur risultando per misure i più modesti tra gli edifici per spettacoli degli antichi municipi umbri, sono però indubbiamente i più belli per la loro perfetta organicità, armonizzata con la felice ubicazione in un ambiente naturale particolarmente gradevole, che la luce radente del tramonto rende malinconicamente elegiaco.
Di fianco al teatro vi è un edificio del quale si conservano solo i muri perimetrali, caratterizzato da quattro colonne in laterizio, la sua destinazione è incerta, forse è da identificarsi con la sede del collegium iuvenum, del quale restano tracce epigrafiche.
La vicina cisterna è stata utilizzata come ambiente monastico.
Il Centro Visita e Documentazione “Umberto Ciotti“, realizzato grazie alla collaborazione tra il Comune di Terni e la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, ha allestita un’esposizione permanente di reperti, rinvenuti durante gli scavi condotti fra il 1951 e il 1972, in larga misura tornati nel loro contesto originario dopo esserne stati allontanati per motivi logistici e di sicurezza.
Da segnalare una statua di Bacco, rappresentante il dio che si appoggia ad un tronco d’albero, numerose decorazioni fittili, un lacerto musivo pavimentale a tessere bianche e nere con decorazioni di tipo geometrico e frammenti della statua colossale dell’imperatore Claudio, lucerne, ceramica da tavola, balsamari in vetro, monete, immagini di devote, intonaci con iscrizioni graffite, bolli in laterizio, un’anfora ed un sarcofago in piombo, che conteneva i resti di una giovane fanciulla ed il suo corredo funerario.
Fonti documentative
CIOTTI, UMBERTO, Carsulae, in San Gemini e Carsulae, Roma, Edindustria, 1978
MILIJ, EGIDIO ANTONIO Carsoli rediviva ovvero storiche ricerche intorno all’antichissima citta’ di Carsoli nell’Umbria. Opera illustrata con alcune note … aggiunta in fine un indice diplomatico – Macerata: dalla stamperia di Antonio Cortesi, 1800
NESSI-CECCARONI, Da Spoleto a Sangemini, Itinerari Spoletini 3, Spoleto, 1975
http://www.carsulae.hochfeiler.it/index.html
http://www.carsulae.it/home.php?id=26
Nota
La galleria fotografica è stata realizzata da Alberto Monti e Silvio Sorcini, il testo è di Silvio Sorcini.