Chiesa di Santa Maria di Passerina – Lama
Cenni Storici
Santa Maria di Passerina in antico Sant’Angelo di Passerina.
La chiesa sorge sulla collina di Santa Lucia ( questa denominazione non è confermata da fonti documentarie ma solo da tradizione orale) che è dominata dalla torre di Palmolaia (da “palma-olearia“). Sull’area, come dimostra questo documento si trovava un’area archeologica ad uso funerario.
La chiesa sorge lungo la strada che congiunge Lama con Parnacciano, piccolo centro a una decina di km, salendo verso nord-est.
In assenza di notizie storiche si ipotizza che la chiesa sia stata edificata nel Quattrocento e intitolata secondo alcune fonti a San Michele Arcangelo, secondo altre a Santa Barbara.
Il nome con cui viene identificata la località è da riferire alla sua posizione in un punto di passaggio: essa si trova infatti sulla direttrice che un tempo collegava la valle con il valico di Bocca Trabaria.
Il primo documento sulla chiesa risale al 1218 e riguarda un contenzioso tra il vescovo di Città di Castello, Giovanni, e l’abate Raniero di Lamoie (o Lamoli dopo Bocca Trabaria). L’atto riporta che l’abate doveva cedere al vescovo la chiesa su cui era nata una controversia a patto che l’abate e i suoi successori per tre volte all’anno potessero soggiornare nei locali adiacenti a spese loro, con tre persone al loro seguito, cavalli e staffieri.
Il fatto che già a queste date la chiesa fosse ambita dimostra che risalisse ad un’epoca anteriore, probabilmente intorno ai VIII-IX secolo (a conferma di ciò il rilievo rinvenuto sotto l’altare durante gli ultimi restauri nel 1980 da Giuliano Guerri, poi disperso) e che poi avesse subito delle modifiche.
Da un documento del 1181 sappiamo che gli abitanti di Passerina erano sudditi dei marchesi del Colle (poi del Monte Santa Maria) e che in caso questi non fossero stati in grado di difenderli i cittadini sarebbero stati tutelati dal vescovo di san Florido (del Duomo-diocesi Città di Castello).
La chiesa non fu mai Pieve e fu sottoposta prima alla Pieve di san Cipriano vicino a Pitigliano (detta Pievaccia o Pieve Vecchia citata nel 843 al tempo dei carolingi), poi passò alla Pieve di San Giustino finché nel 1800 fu soppressa la parrocchia.
La chiesa di Passerina apparteneva alla diocesi di Città di Castello ma si trovava nella provincia di Massa Trabaria come l’omonimo monastero benedettino di Lamoli cui deve il suo nome.
Essa si trovava lungo la via di Valdimonte.
La piccola chiesa, secondo una tendenza molto comune tra X e XII secolo, è orientata in base al corso del sole in modo che per l’equinozio di primavera (21 marzo) la luce entrasse dall’unica finestra in facciata e illuminasse l’altare principale.
Il portale in pietra reca ai centro una croce e a sinistra un TAU e uno stemma probabilmente da riferire all’ordine benedettino.
Si ipotizza, infatti, che in corrispondenza della chiesa esistesse un punto di ricovero o ristoro per coloro che dall’area adriatica si recavano a Roma passando per il valico di Bocca Trabaria.
Interno
Ad unica navata e presbiterio leggermente rialzato (sul gradino si notano ancora tracce del recinto che divideva abside e navata, la chiesa reca sulle due pareti laterali affreschi databili tra XIV e XVI secolo.
Sulla parete destra è possibile osservare una Madonna con Bambino incoronata da angeli collocabile a metà X secolo, una Madonna in trono con Bambino di scuola peruginesca (ispirata ai modelli di Pietro Vannucci detto il Perugino, metà XVI secolo – da notare: il bambino ha una collana e un braccialetto di coralli, un materiale che per la sua particolarità metamorfica e la sua relativa rarità è stato ritenuto particolarmente prezioso e ricercato.
Grazie alla sua forma, al suo colore e alla sua misteriosa capacità di indurirsi al contatto con l’aria, al corallo fin dall’Antica Roma venivano attribuite proprietà curative e apotropaiche.
Era consuetudine far indossare ai neonati dei pendenti formati da rametti di corallo e somministrare come medicinale la polvere da essi ricavata per la prevenzione e la cura delle crisi epilettiche, degli incubi e dei dolori della dentizione.
Il significato del corallo come amuleto specifico dell’infanzia venne conservato anche durante il Medioevo e il Rinascimento.
Nelle rappresentazioni rinascimentali della Madonna col Bambino questo a volte viene rappresentato con una collana di grani di corallo o d’oro con un rametto pendente, facendo assumere all’opera una probabile funzione votiva e protettiva per un nuovo nato oltre che probabilmente contrassegnare simbolicamente la natura umana di Gesù in quanto il suo colore rosso ricordava il sangue di Cristo.
Il corallo assumeva così la valenza di simbolo della doppia natura di Cristo umana e divina.
Segue un San Sebastiano, il militare romano martirizzato durante l’impero di Diocleziano, datato 1525 (si legge nella cornice in basso: questa fe[cit] f[ieri] m[ad]o[n]na Pelegrina de Sipriano la chiesa era sotto la pieve di san Cipriano- 1525).
Ad una fase anteriore quattrocentesca (visibile, oltre che stilisticamente, osservando a luce radente il livello dell’intonaco) appartiene la sacra conversazione con al centro una Madonna con Bambino e a sinistra Sant Antonio Abate eremita egiziano considerato il fondatore del monachesimo cristiano, il suo attributo è il TAU lettera visibile sull’architrave in facciata e nella, forma del bastone.
Altro suo attributo è la campanella, di cui si vede un frammento- e il maialino, che qui forse si trovava nella parte perduta dell’affresco a destra i santi Cosma e Damiano, abbigliati secondo la moda del tempo; cappelli e giacche sono quelle del XV secolo e non certo quelli in uso al tempo del loro martirio. I Santi Cosma e Damiano erano due fratelli santi medici di origine orientale e martirizzati nel IV secolo.
Si racconta che potessero operare prodigiose “guarigioni” e “miracoli” e la loro azione era completamente gratuita nei confronti di tutti, da qui l’appellativo “Anàrgiri” – dal greco anargyroi, senza denaro.
L’altare principale è in stucco e reca traccia di due cornici probabilmente contenenti due opere su tela di cui non si hanno notizie.
Sulla parete destra sono, invece, raffigurati entro la medesima cornice (ad indicare che si tratta del medesimo autore o comunque della medesima campagna decorativa): una Madonna in trono con Bambino con a destra una santa con «i mano un piatto e una croce e a sinistra San Giovanni Battista ( riconoscibile dall’abito tessuto di peli di cammello, il lungo bastone sormontato da una piccola croce e il mantello rosso segno dei martirio).
Ai piedi della Vergine è raffigurato, in maniera molto realistica tanto che è quasi- possibile osservare ogni singolo pelo della sua barba committente inginocchiato.
Nell’ultimo riquadro si trova di nuovo una Madonna con Bambino in trono, probabilmente come detto dello stesso artista ma per un diverso committente.
Altre tracce di affresco sono visibili sulla parete destra: un San Sebastiano fu cancellato per inserire una cornice in stucco e ne rimangono solo alcune tracce.
I santi raffigurati sono quelli della tradizione popolare, legati al pellegrinaggio e alla vita di campagna (Antonio Abate), alla medicina e ai luoghi di ricovero ( Cosma e Damiano), o invocati nel caso di epidemie (San Sebastiano) o da condannati a morte (San Giovanni Battista).
Bibliografia
“Pagine Aitotiberine” 5, 1998, 131-136.
Da vedere nella zona
Abbazia di Uselle infra Montes
Mulino medievale Renzetti a Ripole