Chiesa di San Vito – Ceselli di Scheggino (PG)
Cenni Storici
Si trova dirimpetto a Ceselli, nel Comune di Scheggino, dalla parte opposta del fosso, chi viaggia lungo la strada SS209 Valnerina, salendo da Terni la può a sinistra, su di un modesto poggio.
Il piccolo ed elegante edificio presenta le caratteristiche tipiche del primo periodo del romanico spoletino con muratura in filaretti di concio ben connessi.
L’intera struttura è posizionata sopra un podio in muratura atto a compensare la declività del terreno.
Dovrebbe risalire alla fine dell’XI secolo o agli inizi del successivo, il vescovo di Spoleto Carlo Giacinto Lascaris, nel corso della sua visita pastorale nel principio del XVIII secolo vi lesse la data di fondazione, 1080, ora non più rintracciabile.
Probabilmente è sorta ove era un più antico edificio di culto pagano, come mostrato da alcuni elementi di età romana reimpiegati.
Aspetto esterno
L’abside ha pianta semicircolare, tipica anch’essa del romanico spoletino, la facciata è provvista di un portale a tutto sesto, rialzato rispetto al piano di campagna, sopra cui si apre una minuscola rustica bifora, ove l’elemento centrale è costituito da un semplice mattone.
Il campanile a vela a un solo fornice è disposto al centro della struttura, probabilmente risale ad epoca più tarda.
Interno
L’interno, è stato rimaneggiato e tagliato in due vani, probabilmente nel secolo XVI, in maniera tale da creare una sorta di vestibolo, per consentire ai fedeli di sostare in preghiera al riparo e ammirare le immagini devozionali anche a chiesa chiusa.
A tal fine si è realizzata una sorta di seconda facciata nel piccolo vano di ingresso, ornata da una finta architettura dipinta.
A fianco della nuova porta si aprono due finestrelle sotto cui sono posti due blocchi di pietra, ad uso inginocchiatoi, sopra in due tondi sono effigiati San Vito e la Madonna orante.
In alto, al centro dell’architettura dipinta del portale, è dipinta la colomba dello Spirito Santo.
Ancora sopra, ma disassato e probabilmente più tardo rispetto al resto della decorazione è affrescato un santo francescano predicatore su un pulpito, con ogni probabilità si tratta di San Bernardino da Siena.
Appena dopo l’ingresso del secondo vano si trova un’acquasantiera montata sul rocchio di una colonna romana.
L’interno del secondo vano mostra sulla parete d’altare un’interessante Crocifissione del 1603, con il crocifisso raffigurato tra la Madonna e San Vito; forse è opera di uno degli ultimi Angelucci.
Ai piedi della croce si scorge sulla sinistra un panorama con un castello e a destra una vivida e patetica rappresentazione dal gusto popolare delle anime purganti, poste dentro un pentolone pieno d’acqua a bollire sul fuoco.
Interessante è anche la presenza di un cane ai piedi di San Vito.
Vi si legge la scritta DS JULIUS /COSTANI RE / SUBUS /SUIS / 1603.
Sulla parete laterale sinistra Santi Martiri entro arcate, affreschi della metà del secolo XVI, di un pittore che riecheggia la maniera di Vincenzo Tamagni.
Il primo santo raffigura verosimilmente San Vito, il secondo potrebbe essere San Modesto, suo compagno di martirio.
San Vito è uno di quei santi che in oriente furono detti anargiri e in occidente auxiliatores, cioè santi che avendo esercitato in vita l`arte medica gratuitamente ed operato miracolose guarigioni erano ritenuti i più capaci ad intercedere per il risanamento dei malati, in particolare si invocava S. Vito per le malattie della rabbia e quindi contro il morso dei cani.
Molto interessanti i rituali legati al culto del santo: ancora oggi gli anziani del paese ricordano il 15 di giugno, la gente veniva da lontano al piccolo oratorio romanico dedicato al santo portando i propri cani.
Li si faceva girare attorno all’altare dietro il quale c’era una cavità nella quale erano fatti adagiare, anche i cani affetti dalla rabbia erano chiusi nella nicchia ancora esistente in basso a destra vicino all’altare.
Nella medesima cavità era deposto, o strofinato il pane da somministrare, come profilattico, ai primi sintomi di rabbia.
Dietro l’altare il Lascaris lesse questa scritta : “Ad hanc ecclesiam adducuntur a populis qui canum rabidorum morsi bus lapsi sunt, nec non ammalia si qua laesa sint“.
Sempre per la festa del Santo, era preparato il “pane di San Vito“.
Oggi, ci si reca in processione portando la statua del santo dalla chiesa parrocchiale dedicata a San Michele Arcangelo, fino alla chiesa originaria dalla quale l’immagine fu prelevata per proteggerla da eventuali furti.
Con il tempo al culto tributato a San Vito, protettore dal morso dei cani rabbiosi e dei cani dalla rabbia, si è anche sovrapposta la funzione di protettore dal morso dei serpenti e dagli effetti del loro veleno.
Fonti documentative
AA. VV. – L’Umbria – Manuali per il territorio – La Valnerina, Il Nursino, Il Casciano – Roma 1977
A. Fabbi – Guida della Valnerina: storia e arte - Assisi 1977
A. Fabbi – Storia dei comuni della Valnerina - Assisi 1976
L. Fausti – Le Chiese della Diocesi di Spoleto nel XIV secolo secondo un codice del XVI secolo – Foligno 1913
Sacra visita di Carlo Giacinto Lascaris vescovo di Spoleto, 1715, in Archivio Storico Diocesano di Spoleto
https://www.bloglavalnerina.it/storie-di-martiri-e-chiese-san-vito-a-ceselli/
Nota
Foto e testi di Raimondo Fugnoli e Silvio Sorcini.