Chiesa di San Benedetto – Montemonaco (AP)
Cenni Storici
Bel tempio civico, dal portale artistico ed imponente scolpito su pietra arenaria ingentilito da elementi decorativi: fiordaliso e lo stemma della comunità; reca scolpita la data 1546. Questa è la data in cui il maestro Guglielmo Lombardo ebbe l’incarico di rifare la chiesa e la facciata nel mese di ottobre, anche se non sappiamo a quanto risale la primitiva costruzione della chiesa. Da notare che la qualità della pietra tufacea molto adatta ad essere segata e lavorata, quindi molto adoperata nelle “fabbriche” del Piceno e dell’Umbria, tuttavia restando all’aperto si sgretola per il gelo e per le brine dei monti. All’interno è tutta intonacata e voltata a crociere poggianti su enormi colonne in blocchi di tufo. Molto significativa è la reliquia del braccio di San Benedetto Abate, patrono del comune, conservata in una nicchia a sinistra dell’altare. Questa fu donata alla comunità montemonachese dall’eroico concittadino Conte Domenico Garulli che, capitano delle armate di Carlo V, la tolse dalla Cattedrale di Siena nell’anno 1554 durante le guerre tra l’impero ed il Papato. Dapprima fu collocata nella Chiesa di San Giovanni Battista poi, nel 1572, fu incaricato l’orafo Cristoforo da Norcia di realizzare un braccio d’argento per custodire la reliquia e alloggiata nella Chiesa di san Benedetto. Sotto la nicchia dove si trova la venerata reliquia, è posta una statua di terracotta raffigurante la Madonna che tiene sulle ginocchia il Cristo appena deposto dalla croce. Opera d’arte marchigiana del XV sec., come molte pietà che si trovano nella diocesi di Montalto, è ispirata dall’arte germanica. La pietà della Chiesa di S. Benedetto ha la particolarità dello sviluppo orizzontale delle figura. Nella parete dietro l’altare è appeso un crocifisso ligneo del 1400, splendida espressione di scuola marchigiana. Così lo descrive Moretti nel suo diario “Una serena figurazione scolpita con grande sapienza e con profonda pietà. Il Figlio di Dio sorride con una punta di mestizia sulle labbra appena aperte . Lo sguardo basso sull’umanità ormai redenta esprime insieme all’atteggiamento della bocca l’onda immensa di quell’errore che ha riscattato le colpe di tutti. Anche le braccia sono tese nello spasimo del martirio aperte alla dolcezza di una paternità divina. fonde infatti mirabilmente l’ascetismo religioso medievale ed il sereno culto della bellezza che anima gli artisti del 400. In fondo alla chiesa vi è un affresco della scuola del Crivelli raffigurante Cristo crocifisso tra la Vergine e Santa Lucia (sec. XV°). Opera di autore sconosciuto, è l’unico affresco che troviamo in questa chiesa in quanto apparteneva all’abside della più antica Chiesa di San Biagio, così come la cella campanaria. Inoltre ha pregevoli confessionali in legno intagliato (arte locale) e dei dipinti di Carlo Farina, pittore di origine torinese che risiedeva a Patrignone nella seconda metà del XVI sec.: “La deposizione”, “La flagellazione”, “L’incoronata”, “La trasfigurazione”, “Papa Sisto V°”.
(a cura di Massimi Filippo)