Castello di Cesi – Terni
Cenni Storici
Il castello, dominato dall’imponente mole del monte Eolo, si affaccia con un magnifico panorama sulla conca di Terni e sull’ampia catena di monti che la circondano.
Il luogo era abitato da popolazioni di origine umbro-sabina già cinque secoli prima di Cristo, e, in epoca romana, ospitava una piccola cittadina, Clusiolum “supra Interamna“.
Durante il periodo del tardo impero romano il diverticolo della Flaminia che transitava per Carsulae diminuì di importanza e gli insediamenti ivi allocati entrarono in crisi.
Dopo la caduta dell’impero romano la città fu gradualmente abbandonata e si ebbe, come in altri luoghi, il ritorno sulle montagne da cui erano venuti, la tradizione, non priva di fondamento asserisce che l’attuale Cesi fu costruita dai carsolani in cerca di un sito più sicuro, in un certo senso si è trattato di un ritorno alle origini.
La storia di Cesi durante il Medioevo coincide in larga misura con quella delle Terre Arnolfe, di cui fu il luogo maggiore e, a più riprese, capitale.
Il grande feudo era costituito da un gruppo di castelli, posti tra Terni, Narni e Spoleto, la cui unità amministrativa, in ricordo di una precedente autonomia politica, fu per molti secoli, dal Mille al principio del Seicento, serbata dal governo ecclesiastico.
Oltre che da Cesi, il feudo era composto dai castelli di Sangemini, Acquasparta, Gallicitulo, Portaria, Macerino, Porzano, Collecampo, Cisterna, Firenzuola, Scoppio, Val Peracchia, Perocchio, Messenano, Fogliano, Rapicciano, Palazzo, Arezzo, Ponte di Cordigliano, Mogliano, Boilano, Montiella, Balduini, Sterpeto, Polenaco, Rivosecco, Castiglione, Poggio Azzuano, San Mauro, Isolito, Icciano, San Severo, Panaria, Magnavacca, Montemartano, Murice, e da altre terre minori.
In un diploma dell’imperatore Ottone I, del 13 febbraio 962, figura come testimone un conte Arnolfo, in cui storici moderni hanno voluto ravvisare il grande feudatario che possedette quel vasto territorio cui diede il nome; l’ipotesi non è sostenuta da alcun elemento probante, è pero probabile che l’Arnolfo in questione sia stato il fondatore della famiglia.
La prima notizia sicura delle Terre Arnolfe risale al 1002, quando Enrico II ebbe dal papa certi territori della Carinzia, dando in cambio “a illam terram quam inter Narniam, Teramnem, vel Spoletum, ex regni nostri parte habuimus“.
Per cui i discendenti di Arnolfo, da feudatari imperiali, di probabile origine tedesca, divennero vassalli della Chiesa.
Nel 1014 Enrico II, disceso in Italia per essere coronato imperatore in San Pietro, nel confermare alla Chiesa romana i diritti e i privilegi concessile dall’Impero nel periodo intercorso tra Carlomagno e gli Ottoni, donò al pontefice Benedetto VIII le Terre Arnolfe.
Contemporaneamente, la Chiesa cedeva all’imperatore i diritti vescovili su Bamberga e su Fulda.
La donazione dell’imperatore completava quella delle terre del ducato di Spoleto, iniziata da Ottone I con la cessione alla Chiesa di sette città fra le quali Terni e Norcia.
Nel giugno del 1241, l’imperatore Federico II, nel ricevere in grazia gli spoletini, confermò ad essi il territorio comunale, e facendo riferimento ai Monti Martani precisò: “usque ad sommitatem montis“; per cui una modesta porzione delle Terre Arnolfe, forse per un errore di definizione, passò teoricamente sotto la giurisdizione di quel comune.
In effetti il rettore del ducato di Spoleto per l’imperatore, Diepoldo di Dragona, il 9 settembre 1249, fu costretto a riconoscere e definire i nuovi confini.
Un rettore pontificio presiedette al governo delle Terre, sennonché, nel 1247, il cardinale Raniero Capocci, pur di guadagnare la città di Spoleto alla Chiesa, dovette largheggiare in concessioni più’ di quanto aveva fatto l’imperatore; infatti gli cedette a “totani terram Arnulforum“; Innocenzo IV da Lione diede il suo assenso il 20 maggio 1248, e Alessandro IV confermò tutto il 9 febbraio 1255.
Quando però gli spoletini tentarono di rendere effettiva tale signoria, precisamente nell’estate del 1262, suscitarono la reazione delle popolazioni e soprattutto della Chiesa, la quale liberatasi ormai dal pericolo degli Svevi, negò la concessione e obbligò Spoleto alla restituzione e al pagamento di una multa di 1.000 marche d’argento, nominando castellano il templare Berardo de Gallerceto.
Gli spoletini continuarono però a mantenere certi diritti su alcune località, che gli furono riconosciuti dal camerlengo del papa l’8 maggio 1276; mentre il pontefice Giovanni XXI, il 1° ottobre ingiunse agli stessi di non impedire il castellano di Cesi nella esazione di tasse nelle terre di Magnavacca, Brocano, San Severo, Icciano, Boilano.
Nel 1278 la Chiesa otteneva da un diploma dell’imperatore Rodolfo I d’Asburgo il riconoscimento della propria signoria sul ducato di Spoleto e sulle Terre Arnolfe.
Poiché Spoleto non obbediva alle ingiunzioni papali, nel 1279 si rese necessario un precetto del rettore del Ducato, e, nello stesso anno, un’azione nei confronti degli abitanti che si rifiutavano di sottostare al castellano della rocca di Cesi.
Ancora il 4 agosto 1281 il rettore del Ducato dovette ingiungere al consiglio e al comune di Spoleto, sotto pena di 200 marche d’argento, di non ingerirsi nel governo della rocca di Cesi e terre soggette alla sua giurisdizione, specie San Severo, Isolito, San Mauro, Icciano, Murice, Perocchio.
Spoleto rinunciò, per allora, a qualsiasi rivendicazione.
La sede di governo delle terre, che nel secolo XIII era stata occasionalmente a Macerino e a Portaria, fu da allora stabilmente in Cesi, che può ritenersi a buon diritto la capitale delle Terre Arnolfe.
Il 6 luglio 1312, Enrico VII confermò a Clemente V la rocca di Cesi e le Terre Arnolfe, insieme al contado della Sabina e Terni; altrettanto fecero Ludovico il Bavaro a Benedetto XII nel 1336, e Carlo IV a Urbano V nel 1368.
Nel frattempo, alcune grosse terre, come Acquasparta, Sangemini, Cesi, avevano conquistato una loro autonomia comunale; il castello di Poggio Azzuano, nel 1316, preferì sottomettersi a Todi.
Nel 1373, il 26 agosto, Bernardo Provenzano, castellano della rocca di Cesi, d’ordine di Gregorio XI, verificò e fissò i confini del distretto confermato patrimonio della Chiesa; sul finire del secolo XIV, Cesi fu occupato dal perugino Biordo Michelotti; ma dopo la sua morte, nel 1398, il papa Bonifacio IX vi nominò governatore un Orsini.
Nel 1406 Cesi si dotò di un proprio statuto, definito dagli statutari liberamente eletti nei quattro castellati in cui erano allora suddivise le Terre Arnolfe, e cioè di Porteria, Macerino, Castiglione e Gallicitulo.
Nel 1416, le Terre Arnolfe, insieme a tutta l’Umbria meridionale, furono occupate da Braccio Fortebraccio.
Tornate alla Chiesa, Martino V, il 1° febbraio 1425, le cedette in vicariato col diritto di eredità ad Annibaldo Annibaldi.
Nel 1431, il Comune di Terni occupò la terra e la rocca; per cui Eugenio IV fu costretto ad inviare due commissari ad ordinare la restituzione.
Ma non valse neppure il rinnovo dell’antica sottomissione a Todi, stipulata il 27 settembre 1433, perché Terni continuò ininterrottamente a far guerra.
Tornate di nuovo alla Chiesa, nel 1451, fu definito il loro confine verso Terni; mentre con un documento del 6 settembre 1458, Pio II le confermò sotto la speciale protezione della S. Sede, decretando che non si potessero mai né vendere né alienare in alcun modo.
Però i ternani nel 1494 la fecero assalire da truppe francesi e con l’aiuto dei Colonna e dei Savelli, Cesi fu preso, saccheggiato e dato alla fiamme, il 22 dicembre.
A questo punto i suoi dispersi abitanti, parte nella villa di S. Apollinare (oggi Polenaco), guidati da Pierdonato Chitani e Piernicola de Filiis; parte in Roma presso la Camera Apostolica, guidati da Angelo Chitani Cesi decisero la loro sottomissione al Comune di Spoleto; mentre la rocca fu occupata dallo stesso Angelo Chitani, Cesi, il quale aveva con i suoi familiari anticipato grosse somme per la ricostruzione delle abitazioni e delle mura.
Sennonché, nel 1495 i ternani brigarono intensamente in Roma per acquistarle in blocco, offrendo 5.000 ducati.
Di conseguenza gli spoletini, venuti a conoscenza della cosa, offrirono altrettanto.
Il comune di Terni, visto svanire l’affare, sollecitò i Chierici della Camera Apostolica a rivendicarle come loro possesso, ed infatti vi mandarono un commissario.
Intanto, però, Spoleto aveva occupato la fortissima rocca di Cesi, impedendo che il commissario fosse ricevuto e riconosciuto.
Spoleto, a difesa di Cesi, rimase a lungo in contatto con Bartolomeo d’Alviano.
Ma ancora Terni, nel 1500, con l’aiuto di Troilo Savelli, la riprese e la saccheggiò.
Ne seguì un’aspra guerra fra ternani e spoletini, finché il papa Alessandro VI, con bolla del 29 aprile 1502, sottopose le Terre Arnolfe e la rocca di Cesi ai Chierici di Camera, ponendo fine alla gara e alle inevitabili guerricciole relative.
La spinosa questione non cessò però di occupare e preoccupare i papi: nel 1503 Giulio II revocò il decreto di Alessandro VI e pose la rocca di Cesi alle dirette dipendenze del papa e dei cardinali privi di sede.
Nel 1525 il Papa Clemente VII assegna la signoria al cardinale Pierdonato della famiglia Cesi di Acquasparta che farà erigere il bel palazzo che tuttora si vede nel centro storico.
Sorgono, più o meno contemporaneamente, anche gli altri palazzi nobiliari che daranno lustro al centro storico.
Nel 1527, fu saccheggiata dall’esercito ecclesiastico guidato dal conte Guido Rangone e dalle truppe di Carlo V. Ora, nella prima metà del scolo XVI, la famiglia Cesi aspirava apertamente alla signoria della patria da cui aveva preso il nome; ma una sommossa popolare, scoppiata il 18 maggio 1535, costrinse tutti i suoi membri alla fuga; e morto il cardinale Paolo, la comunità ottenne di rimanere alle dirette dipendenze della Camera Apostolica.
Il 1 aprile 1545, Cesi ottenne per sé, per Macerino, Colle Campo, Porzano, Firenzuola, Cisterna e Scoppio, che in avvenire non si potessero cedere ad alcun privato.
Proprio in quel periodo Giacomo Cesi figurava con il titolo di conte delle Terre Arnolfe, e così si firmava, non si sa bene con quale diritto.
In effetti, proprio nella prima metà del secolo XVI, quel distretto territoriale si era di molto assottigliato, proprio a causa di concessioni e vendite a privati.
I Cesi dovettero, per allora, accontentarsi della modesta infeudazione del diruto castello di Poggio Azzuano, ottenuta nel 1551 da Giulio III.
Il periodo di massimo splendore di Cesi si ebbe nei secoli XVI e XVII.
Nel 1552 nuovamente la comunità di Cesi si sottopose a Spoleto e affidò agli Spoletini la sua difesa; Giulio III confermò il trattato con un breve.
Ma Pio V nel 1568, memore della particolare condizione di Cesi e delle Terre Arnolfe, beni patrimoniali della Chiesa, e delle contese sanguinose tra Spoletini e Ternani cui le Terre Arnolfe avevano dato motivo, di nuovo prepose al governo di Cesi e della regione i chierici di camera.
Ed essi ripresero a inviarvi ogni anno un vicario che le amministrasse in loro nome: Cesi tornò ad essere la sede del vicario.
Nel 1606 le Terre Arnolfe erano ridotte alle sole comunità di Macerino, Colle Campo, Porzano, Firenzuola, Cisterna e Scoppio, ed ebbero in quell’anno rinnovati gli statuti.
La sede di governo delle terre Arnolfe rimase a Cesi fino al principio dell’Ottocento.
Nel 1861 viene formata la prima giunta municipale di Cesi.
In data 01/11/1875 è aggregato a Cesi il cessato Comune di Portaria.
L’autonomia municipale ha termine nel 1927, a seguito dell’istituzione della Provincia di Terni.
Il nuovo capoluogo, dovendo ampliare il territorio comunale per decreto legislativo, ingloba Cesi e altri comuni come Collescipoli, Collestatte e Piediluco, tutti divenuti sede di Delegazione Comunale.
Aspetto e visita della città
Il piccolo abitato di Cesi racchiude al suo interno un patrimonio artistico di alto valore.
Prima di entrare nell’abitato, si scorge un buon tratto di mura poligonali che fanno angolo, costruite con massi rozzamente squadrati.
All’ingresso del castello, nella parte più bassa di esso, si incontra la chiesa di San Michele Arcangelo è oggi utilizzata anche come auditorium.
Appena sopra si trova Palazzo Contelori, che è stato sede del municipio fino al 1927, attualmente ospita al suo interno un ostello e un ristorante.
Nell’abitato si trovano altri palazzi di interesse storico, risalenti a diverse epoche, edificati da importanti famiglie umbre e romane.
Un palazzo visitabile è Palazzo Spada – Stocchi; questo edificio seicentesco possiede notevoli affreschi in cui sono raffigurate “scene bibliche” e “scene di caccia“.
Al piano terra si trova un bel camino: nell’architrave sono inseriti i nomi di Pietro e Silvestro Spada, i committenti del palazzo.
Da qui si accede alla famosa grotta Eolia.
Un altro edificio di grande importanza artistica è l’ex chiesa di Sant’Andrea, ora teatro.
Non sono invece visitabili palazzo Cesi Cittadini, palazzo Eustachi, con la vicina chiesa di Santa Caterina, palazzo Conti-Valentini.
Tutti questi palazzi contengono pregevoli affreschi e altre antichità.
Soltanto l’abitato storico di Cesi conta sette chiese: la chiesa collegiata Santa Maria Assunta, San Michele Arcangelo, Sant’Agnese, Sant’Onofrio, Santa Caterina, Sant’Antonio e l’Oratorio del Santissimo Sacramento.
La chiesa parrocchiale di Cesi è Santa Maria Assunta.
Nella chiesa sconsacrata di Sant’Antonio, che sorge a fianco di quella di Santa Maria Assunta, si può ammirare un bellissimo affresco del 1425 realizzato da Giovanni di Giovannello di Paolello, raffigurante il Calvario. Nell’itinerario artistico è da non perdere la chiesa barocca di Sant’Agnese, e l’Oratorio del Santissimo Sacramento che custudisce un quadro dipinto su entrambi i lati.
La chiesa di Sant’Onofrio, sorge in un luogo suggestivo che domina dall’alto l’intero centro storico di Cesi e tutta la valle ternana.
Fuori dalle mura sorgono altri complessi religiosi.
In primis la Chiesa di Santa Maria de fori.
Poco distante sono la chiesina dedicata a Santa Caterina d’Alessandria e la Chiesa della Madonna della Pittura. Percorrendo un lungo ma suggestivo percorso tra i boschi della montagna di Cesi, si possono incontrare tre chiese. La prima è la piccola Chiesa di San Biagio, anch’essa custudisce un affresco di Bartolomeo Barbiani (1640).
Seconda è la chiesa di Sant’Erasmo, eretta nel XII secolo, già monastero benedettino, che sorge sulle fondamenta della rocca medievale di Cesi.
Prendendo una stradina poco prima di Carsulae si possono ammirare i resti della chiesina di Santa Caterina e il convento dell’Eremita di Cesi.
Chi viene a Cesi non può non visitare Carsulae.
Oltre al sito archeologico di Carsulae, meritano una visita i resti dell’antica Clusiolum, i due santuari di Torre Maggiore, il sito di Sant’Erasmo e il tratto di mura lungo strada della Pittura.
Cesi è circondata da fitti boschi di lecci e querce, il suo territorio è ricco di grotte, tra le più conosciute c’è la grotta Eolia.
Aspetti culinari e folkloristici
L’Umbria, come tutte le regioni italiane è ricca di piatti tipici e di bontà locali.
Le più antiche ricette cesane sono di origine medievale, ma i prodotti più famosi della cucina di Cesi sono il prosciutto e il tartufo.
Quest’ultimo ora così pregiato era un tempo il cibo dei contadini e delle classi più povere.
Erano i maiali a trovarlo e i contadini erano soliti cuocerlo sotto la brace o avvolto nella pancetta.
Altro prodotto eccellente del territorio di Cesi è l’olio.
Fino al secolo scorso erano una decina i frantoi oleari che sorgevano nella zona.
Questo prodotto era noto fin dall’antichità.
Le pendici del monte su cui sorge Cesi sono ricche di piante d’olivo.
La qualità più diffusa è quella dell’olivo “moraiolo“.
A Cesi si trova uno degli olivi più vecchi e più grandi del mondo, forse il primatista assoluto, misura 16,90 metri di circonferenza.
Tenendo conto che l’olivo è una pianta a lento accrescimento e molto longeva, questo forse è stato messo a dimora dalle antiche popolazioni umbre.
Il territorio è anche ricco di viti e vigneti, e il vino cesano è rinomato nella zona per la sua varietà.
La fauna della montagna di Cesi è molto varia.
Nei mesi invernali la caccia al cinghiale, consente di alimentare le tavole cesane con questo prodotto che si sposa bene con i primi piatti come le pappardelle al sugo o in bianco e lo spezzatino alle spezie come secondo piatto.
I festeggiamenti in onore del patrono di Sant’Onofrio si svolgono nel mese di giugno.
In questa occasione viene allestita la “Sagra del prosciutto e del tartufo” organizzata dalla Pro Loco Cesi.
L’evento gastronomico principale dell’estate ternana è il Serpentone.
L’evento ha luogo a Cesi l’ultimo sabato di giugno.
Il Serpentone, nato nel 1990, è una cena itinerante per le vie del centro storico.
Tra le vie del borgo il turista può trovare varie postazioni culinarie.
Fonti documentative
ANONIMO, Risposta al libro intitolato Memorie historiche della Terra di Cesi raccolte da Mons. Felice Contelori, Napoli 1676.
CONTELORI F., Memorie historiche della Terra di Cesi, Roma 1675
FABBI A. Guida della Valnerina: storia e arte / Abeto (PG), presso l’autore, 1977
L. FAUSTI, I Castelli e le Ville dell’antico contado e distretto della città di Spoleto
L. FAUSTI, Le chiese della diocesi di Spoleto nel XIV secolo secondo un codice del XVI secolo, in “Archivio per la storia ecclesiastica dell’Umbria”, I (1913), pp. 129-216.
L. FAUSTI, Terre Arnolfe o Terra Arnolfa, ms. presso la Biblioteca comunale di Spoleto.
MILIJ, EGIDIO ANTONIO Carsoli rediviva ovvero storiche ricerche intorno all’antichissima citta’ di Carsoli nell’Umbria. Opera illustrata con alcune note … aggiunta in fine un indice diplomatico – Macerata: dalla stamperia di Antonio Cortesi, 1800
NESSI S. CECCARONI S. San Gemini e dintorni Pro Loco Sangemini 1975
NESSI-CECCARONI, Da Spoleto a Sangemini, Itinerari Spoletini 3, Spoleto, 1975
NOBILI R. BEFANI C. Il Comune di Cesi Edizioni Thyrus dicembre 2017
PALMIERI A Statistica dello Stato Pontificio, tipografia Forense, Roma 1859
ROSSI PAOLO Chiese storiche del territorio di Cesi
Sacra visita di Carlo Giacinto Lascaris vescovo di Spoleto, 1715, in Archivio Storico Diocesano di Spoleto
Sacra visita di Pietro de Lunel vescovo di Gaeta, 1571, in Biblioteca Comunale di Foligno
SANSI A., Storia del Comune di Spoleto, Accademia Spoletina, Spoleto, 1876
Statuto della Terra di Cesi, ed. di FELICE PASSERINI, Terni 1730.
http://prolococesi.it/la-guida/
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono state realizzati da Silvio Sorcini.
Da vedere nella zona
Clusiolum e i Santuari di monte Torre Maggiore – Cesi (TR)
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Romita di Cesi o Convento di Santa Maria Annunziata – Cesi (TR)
Pieve di Santa Maria di Fuori – Cesi (TR)
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